13. La carbonara se fa cor guanciale!
Vorrei svegliarmi presto la mattina
E ritrovare tutto com'era prima
Uscì dal locale e si accasciò a terra, portandosi le mani tra i capelli e poi sul viso, nascondendo alcune lacrime che minacciavano di scendere.
Scosse ripetutamente la testa e tornò dentro al locale, prese una bottiglia d'alcol, fregandose del tipo o della marca e lo portò alla bocca, appoggiandosi al pianoforte perdendo l'equilibrio. No, non stava bevendo per dimenticare, sarebbe stato incoerente dopo tutto quello detto in precedenza, oltre che impossibile, più che dimenticare, cercava di non pensare.
Il locale era vuoto, il gestore aveva abbandonato il luogo uscendo dalla porta sul retro, tornando a casa dalla sua famiglia che lo aspettava impaziente, mentre Niccolò era lì, ad ubriacarsi e rovinarsi la salute avvinghiato al passato e a versare lacrime cariche di nostalgia.
Tornò fuori e barcollò fino al parchetto, ancora con la bottiglia mezza vuota in mano e un giramento di testa che non gli permetteva di distinguere le figure davanti a sé, senza badare alla poca gente circostante che lo guardava con disgustato mischiato alla paura, paura di finire come lui.
Non riuscì a trovare un angolo dove sedersi e metabolizzare che un giramento di testa improvviso, aggiunto a quello precedente dovuto all'alcol ingerito che probabilmente era più forte di quanto credesse, lo fece cadere a terra privo di forze.
Si risvegliò il giorno dopo, in una casa a tratti sconosciuta con Gabriele che lo fissava preoccupato
-te sei svegliato finalmente- lo accolse non badando al tono della voce che pur essendo normale ed equilibrato, per il moro sembrò come se fosse stato urlato al megafono dritto nell'orecchio; tant'è che si portò subito le mani alle tempie, accigloandosi in un un espressione di fastidio, e il ragazzo alzò gli occhi al cielo prima di passargli un bicchiere d'acqua assieme ad una tacchipirina.
-sei stato fortunato ieri sera, stavo appena tornando da lavoro quando t'ho visto crollare al parchetto- spiegò rendendo più chiare le sue idee del perché sei trovasse lì.
-serataccia?- gli chiese poi con tono comprensivo, sedendosi sul divano affianco a lui
-come sempre- sbuffò in risposta alzandosi col busto -ieri so andando al locale per cercare di risolvere col gestore, ma ho solo peggiorato la situazione- raccontò massaggiandosi la testa
-quindi hai perso il lavoro?- domandò preoccupato, a tratti allarmato, Gabriele. Sapere che uno dei suoi migliori amici viveva senza in realtà vivere realmente e con un peso sul petto, lo faceva star male, ma adesso, venire a conoscenza che aveva perso anche l'ultimo luogo che era in grado di farlo sentire meglio, gli provò un senso di tristezza, quasi pena, che non riuscì a spiegarsi.
-me la so' cercata io. Inizialmente stava andando tutto bene, poi lui ha cominciato ad uscire quel discorso, io me so ncazzato, ho sbottato, non c'ho visto più e me ne sono andato. Quella ragazza me fa uscì de testa...- raccontò sospirando alla fine, fissando lo sguardo su un punto vuoto della stanza
-te ricordi quando le hai regalato quella macchina fotografica e lei per settimane non fece altro che fotografare qualsiasi cosa le capitasse attorno?- domandò Gabriele rievocando un vecchio ricordo che lo fece sorridere leggermente
-fotografava de tutto...il cane, me, i piatti de pasta, a volta anche alcuni angoli della casa che secondo lei avevano un non so ché di artistico.- raccontò Niccolò senza spegnere il sorriso nostalgico che gli si mostrava sulle labbra.
-in fondo se ad oggi ho ancora qualcosa di lei è tutto merito suo- aggiunse tirando un sospiro
-manca a tutti...- lo rassicurò Gabriele mettendogli un braccio sulle spalle, leggendogli nella mente
-ma i miei occhiali?- chiese poi Niccolò cambiando discorso, accorgendosi solo allora di non portare più le lenti nere davanti gli occhi
-gli ho messi da parte, so che te servono da scudo o qualcosa del genere, ma non potevi dormi' co' quelli addosso- rispose prendendoli da sopra il tavolo della cucina e glieli porse, vedendo subito il suo amico infilarseli
-non ti sono ancora passate?- domandò poi alludendo alle macchie violacee che il ragazzo cercava sempre di nascondere con gli occhiali, oltre alle occhiaie profonde che gli contornavano gli occhi sempre stanchi.
-no, probabilmente perché non mi sono ancora ripreso- rispose pensandoci su con tono svogliato, per poi alzarsi dal divano e raggiungere la porta
-aspe non ti ho detto na cosa- lo fermò Gabriele alzandosi di scatto anche lui
-dimme-
-ieri ho incontrato Alessia pe' strada e me ce so messo a parla'. Era preoccupata, era da una settimana che non ti vedeva e lei già si stava preoccupando- raccontò vedendolo alzare gli occhi
-grazie Gabrie' ma che vuoi che te dica? Io e lei non siamo...- provò a parlare ma venne interrotto
-aspe famme fini'. Se vede che ormai almeno nel rapporto di "amicizia" ce siete entrati, quindi non provare a spara' cazzate per pararte er culo- premise -e poi è un tesoro, te lo dico davvero, si vede che non ha cattive intenzioni e poi è fidanzata quindi potresti smetterla di evirarla! Lei ti vuole bene e scommetto che anche tu gliene vuoi almeno un po'-
-non la sto evitando!- provò a difendersi davanti allo sguardo scettico del suo amico -e certo che le voglio bene, è una brava ragazza, questo l'ho capito anch'io. Ma non sento semplicemente il bisogno di starle vicino, tutto qui- spiegò convincendolo
-come vuoi, ma non ti sorprendere se poi ti bussa alla porta di casa- lo lasciò andare con queste parole e, per quando Niccolò non ci volesse credere, andò esattamente così, e se ne accorse una settimana dopo, quando suonò il campanello di casa e dietro la porta si rivelò la figura di Alessia più preoccupata che mai.
-ancora tu?- borbottò sorpreso senza dare conto alle condizioni vergognose con cui si era mostrato. Aveva i capelli scombinati, due enormi occhiaie sotto gli occhi che si intravedevano persino dietro gli occhiali, il viso pallido e stanco e la camicia completamente aperta davanti.
Ringraziò il cielo di aver preso il vizio di indossare gli occhiali da sole ogni volta che qualcuno suonasse alla porta, in questo modo era sempre preparato, anche nelle peggiori condizioni.
-certo che sono ancora io, chi ti aspettavi che suonasse? Non ti sbarazzarai così facilmente di me- entrò dentro casa facendolo spostare e quella domanda, per quanto scherzosa potesse sembrare, al ragazzo fece solo ragionare e riflettere. "per un secondo ho pensato fosse stata lei a suonare, ho sperato fosse lei"
-ti piace collezionare bottiglie vuote?- domandò scherzosamente facendo riferimento alle numerose bottiglie di alcol presenti sul pavimento e sui mobili.
Lui in risposta abbassò lo sguardo imbarazzato, pentendosi della pessima figura che aveva appena fatto.
-non fa niente, si pulisce- lo tranquillizzò avvertendo il suo disagio, liberando così il tavolo dalle bottiglie, gettandole nella differenziata, facendo poi la stessa cosa con quelle che stavano per terra.
-ok, ora mi dici qual è il problema?- domandò poi poggiando le mani sui fianchi e voltandosi verso di lui che la guardava confuso
-a cosa ti riferisci?-
-al fatto che non ci parliamo né incontriamo più; che non passeggi più sul ponte che non suoni più al locale; e ora anche le bottiglie d'alcol sparse per la casa! Stai bene?- gli fece presente, per poi calmare il tono e mostrarsi nuovamente preoccupata, fissando quelle due lenti scure con le sue iridi verdi, curiose di conoscere quelle del ragazzo.
Egli sospirò e scosse lentamente la testa, non avendo più nemmeno le forze per incazzarsi e poi perché avrebbe dovuto? Dopotutto si stava solo preoccupando per lui.
-è un periodo di merda, la mia vita è diventata una merda da quando...no niente, è diventata una merda e basta- spiegò arreso poggiandosi al tavolo della cucina
-io...io non so perché tu pensi che questo sia un brutto periodo o addirittura che tutta la tua vita sia così, non lo so e non ho intenzione di spingerti a dirmelo perché, ok lo ammetto, per quanto sia curiosa non sono affari miei- spiegò lei avvicinandosi di poco, come sempre, in totale onestà
-ma il fatto che questo periodo sia un po' così, non significa che tu debba viverlo da solo- continuò facendogli alzare lo sguardo
-e assillare gli altri con i miei problemi ricevendo parole di conforto e tanta pena in cambio? No grazie- rifiutò con arroganza incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo, facendola sospirare
-chi ti dice che per gli altri sia un problema? Cioè ok, magari alcuni non sapranno che dire e riceverai parole di conforto fatte e rifatte, ma perché probabilmente non sono molto bravi a gestire certe situazioni... e poi è normale che riceverai sguardi di pena, questo la gente non può controllarlo- spiegò ricevendo la sua più completa attenzione
-e poi allontanando sempre tutto e tutti finirai per rimanere da solo...e credimi che superare i problemi da solo non è una delle migliori soluzioni, parlo per esperienza- aggiunse sentendolo sospirare pesantemente
-lo so, ci sono già passato e ora sto cercando di recuperare, ma...come ti ho detto questo periodo è molto più...pesante ecco, l'unica cosa che mi sento di fare è rinchiudermi a casa e svuotarmi la testa di pensieri con queste stupide bottiglie- confessò Niccolò aprendosi finalmente con qualcuno. Era strano come confessarsi con lei gli risultava più semplice che farlo con una psicologa o un prete (anche se l'ultima opzione non l'avrebbe mai presa in considerazione).
-loro non sono la soluzione ai tuoi problemi, ma penso che tu già lo sappia. Molti lo sanno eppure continuano a cascarci, come le sigarette. Tutti sanno che fanno male eppure c'è chi continua a fumarle, per molti motivi. Chi per stress, chi per noia, chi per dipendenza...alla fine rientra tutto nello stesso giro e non ne esci più- confessò anche lei una parte di sé, anche se impercettibilmente.
-perché sei venuta qui?- cambiò discorso Niccolò che solo a sentirsi nominare di nuovo il discorso delle sigarette gli tornarono in mente tutte le disgrazie che aveva dovuto affrontare per via di queste.
-te l'ho detto, avevo capito che stavi male e non volevo che rimanessi da solo. Non te lo meriti...- e a quelle parole, il moro gettò via il pensiero dell'atteggiamento burbero e distaccato, cercando di mostrarsi perlomeno accogliente con una delle poche persone che si era interessata a lui; nonostante desiderasse che nessuno mettesse piede dentro casa sua, per non farli imbattere nelle foto di Wendy, ma d'altronde doveva capire che doveva smettere di trattare casa sua come se fosse la tana di un orso.
-quindi?- domandò Alessia facendolo ritornare con i piedi per terra
-quindi cosa?-
-posso rimanere a pranzo o ti dà fastidio?- domandò con un lieve sorriso sulle labbra e il ragazzo si domandò dove trovasse la forza di farlo ad ogni situazione che le si presentava
-ahm...s...si, si certo, va bene. Solo...non soffermati troppo sull- rispose imbarazzato non sapendo esattamente cosa dire, ma si bloccò quando la vide sparpagliare vari cibi sul tavolo da cucina
-che fai?- domandò confuso
-preparo il pranzo, guarda ho comprato pure la pancetta per fare la carbonara che ti piace tanto!- annunciò estraendo la scatoletta contenente la pancetta con aria fiera e il ragazzo si passò arreso una mano sul viso
-la carbonara se fa cor guanciale! La riproverò- alzando gli occhi al cielo dandole dell'incampace mentalmente. Eh no, probabilmente non sarebbe riuscito a mostrarsi accogliente e gentile nel giro di una giornata.
-ma il sapore non dovrebbe cambiare, o mi sbaglio?- domandò alzando le spalle cominciando a preparare.
Il fatto che avesse cominciato a preparare come se si trovasse a casa sua, non era una cosa che a Niccolò diede fastidio, anzi gli fece quasi piacere, anche perché fosse stato per lui se proprio avesse avvertito i crampi della fame si sarebbe scongelato qualcosa di già pronto, data la mancata voglia di mettersi ai fornelli.
-se vede che non sei de Roma-le disse poggiandosi allo stipite della porta con aria annoiata, prima di scivolare su di esso e toccare a terra.
-ehi, ehi ehi ehi che hai? Che succede? Stai bene?- si allarmò la ragazza correndogli contro, lasciando andare le robe che poco prima teneva in mano
-tranquilla è normale, è solo un calo di pressione- la tranquilizzò socchiudendo gli occhi e poggiando la testa al muro, lasciando la ragazza confusa
-"è normale"? Niccolò non è normale, non è normale soprattutto per te che sei ipocondriaco! Ok, io non ti ho detto nulla perché pensavo che saresti andato in panico, ma stai male. Stai male Niccolò, il tuo viso sta perdendo via via sempre più colore, non ti reggi in piedi e... NON STAI BENE- spiegò allarmandosi ad ogni parola. Il suo istinto da futuro medico le diceva di agire alla svelta, che nonostante fosse solo un mancamento di forze, era doveroso farlo mangiare e riposare, magari aiutandolo con qualche altro medicinale in caso di bisogno, ma la cosa che più la preoccupò fu il disinteresse da parte del ragazzo, cosa che da parte sua, era molto strana.
-lo so. Lo so non sto affatto bene- rispose quest'ultimo a fil di voce, chiudendo dolorasamente gli occhi prima di prendere un respiro, allarmandola ancora di più. Lui sapeva che stava male e allora perché, ipocondriaco com'era, non aveva agito subito? Perché se ne stava lì a terra invece di misurarsi la pressione come routine? Perché non voleva riprendersi?
-ah lo sai? Lo sai! Tze... Lo sa! Lui lo sa ma preferisce soffrire lentamente piuttosto che darsi da fare per curarsi e riprendersi!- parlò da sola la ragazza alzando la voce e allargando le braccia sui fianchi.
-a quanto pare è diventato un vizio soffrire in silenzio senza fare nulla, in questa casa- borbottò Niccolò tra sé e sé, a voce troppo bassa per essere sentito dalla ragazza.
Si alzò velocemente da terra, forse un po' troppo velocemente dato barcollò all'indietro, ritrovandosi di fronte a due occhioni verdi che lo fissavano preoccupati e le mani della mora sul suo viso.
Si perse nel fissare quelle iridi verdi, troppo sconosciute per i suoi occhi che da tempo osservavano e pensavano solo ed esclusivamente a quel paio di occhi azzurri.
Il contatto durò poco dato che la ragazza prese immediatamente parola, come suo solito fare.
-per favore, vatti a stendere nel letto. Due secondi, il tempo che finisca di preparare qui- quasi lo implorò e lui non poté fare a meno che ritirarsi dalla presa delle sue piccole mani
-no, sul letto no- rifiutò stringendo gli occhi nella speranza di far sparire quelle macchie nere che gli si manifestavano davanti a causa della pressione bassa.
-mettiti sul divano allora, ma sdraiati e cerca di riposarti!- ordinò la ragazza indicando il divanetto nel salotto ancora scombinato
Niccolò si sdraiò sul divano senza proferire parola. Non avrebbe mai toccato il letto, non più almeno. Troppo oppresso dall'idea di sentire l'altra metà del materasso vuota e fredda.
Con le dita premette sulle tempie, sbuffando per giramento di testa improvviso e chiudendo gli occhi per cercare di calmarlo.
-tieni- li riaprí riconoscendo la voce, ritrovandosi Alessia che gli porgeva un bicchiere con dentro dell'acqua
-dell'acqua non mi calmerà il giramento di testa- si lamentò rifiutando il bicchiere
-è acqua zuccherata, dovrebbe farti alzare la pressione- spiegò avvicinando di più il bicchiere al suo viso.
A quel punto Niccolò lo afferrò e ne bevette il contenuto, facendo una smorfia strana una volta finito e strappando così un sorriso divertito alla mora.
-ti chiamo quando è pronto- lo avvisò la ragazza afferrando il bicchiere e dirigendosi in cucina soddisfatta.
Niccolò fissò il soffitto per parecchio tempo, provando a svuotare la mente per un secondo, fino a quando non sentí le palpebre farsi finalmente più pesanti e crollare, senza accorgesene, tra le braccia di Morfeo.
-allora? Come mi sta?- domandò la rossa facendo una giravolta su sé stessa, sotto lo sguardo innamorato del moro che nel mentre fumava del tabacco.
-sei favolosa- rispose del tutto sincero, buttando fuori del fumo
-peccato per il prezzo...- sbuffò sconsolata, propensa a rientrare nel camerino per cambiarsi, ma la mano del suo ragazzo la fermò da un braccio
-t'ho prendo io, te sta troppo bene pe nun pijallo- le disse facendola sorridere ampiamente, prima di essere stretto tra le sue braccia.
-Ti amo-
-questo è talmente bello che voglio che me lo mettiate il giorno del mio funerale!- esclamò con no-chalance osservando il vestito tra le mani
-eddaje amò... Questo vestito è troppo per un'adorabile vecchietta, non trovi?- le domandò nonostante sapesse che lei non si immaginava vecchia nella tomba
-sai a cosa mi riferisco Nic..- sospirò quest'ultima
-Nic è pronto!- sentì urlare dalla cucina, ma gli occhi erano ancora troppo stanchi per aprirsi
-ehi Nic- ecco che la voce si fece più vicina e si sentí scuotere delicatamente dalla spalla.
Socchiuse leggermente gli occhi e sospirò prima di mettersi seduto
-va meglio?- domandò la ragazza alludendo al dolore alla testa e il ragazzo annuì
-andiamo a mangiare dai- lo invitò ad alzarsi dal divano porgendogli la mano e portandolo in cucina, come se fosse casa sua.
-non ho molta fame io...- premise il moro prendendo posto a tavola e fissando il piatto di pasta
-dai anche se c'è la pancetta al posto del guanciale fai uno sforzo! Altrimenti poi come ci arrivi in Congo per festeggiare?- provò a convincerlo strappandogli un sorriso leggero, prima di vederlo prendere una forchettata dal piatto e portarla alla bocca
-allora? Com'è?-
-commestibile- rispose vago non negando che effettivamente nonostante la pasta avesse un sapore diverso dal suo solito, non era per niente male
-commestibile equivale ad un discreto per cui sì! Mi accontento- rispose soddisfatta sfoggiando uno dei suoi sorrisi.
-ma che volevi di' prima? Cioè...in Congo ce devo veni' pure io?- domandò confuso
-beh sempre se vorrai, quando mi laureerò voglio che ci siano tutti i miei amici a festeggiare e passare una giornata diversa- spiegò bevendo un sorso d'acqua dal bicchiere e Niccolò non seppe bene il perché, ma a sentirsi compreso nella parola "amici" nascose un sorriso.
Ciao ciao ❤️
-Fla :)
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