8. Niente di personale
«Fanculo! Cazzo. Cazzo.»
Mi ficco il pugno in bocca e lo mordo sin quasi a sanguinare. Male. Fa male. Sono cieco, sto piangendo, cazzo, ma perché sono così idiota?
«Cazzo. Cazzo. Cazzo.»
Il dolore è tanto forte che mi ritrovo a boccheggiare. Sbatto le palpebre e le lacrime mi colano copiose lungo le guance.
Non credo di aver urlato. L’ho fatto? Non posso esserne certo.
«Che stai facendo?!»
La prima risposta che mi viene in mente è: “L’idiota, ecco che sto facendo”. La seconda, invece: “Come mai questo interessamento?”.
Non dico nessuna delle due cose. Mi allungo verso il pannello, che si apre in un soffio. «Vattene. Adesso.»
Cazzo, che male. È ufficiale, mi sono bruciato il cervello.
«Cosa…»
«Kay, vattene. Ti prego.»
Se salta fuori che l’ho fatto scappare questi mi ammazzano. Se si berranno che è stato lui a spararmi forse riusciamo entrambi a sbrogliarci da questa situazione del cazzo.
Ora sono solo io che sto piangendo. Non trovo strano aver iniziato a farlo, mi sono fatto saltare una spalla del resto, trovo più strano che lui abbia smesso.
Mi guarda, con gli occhi grandi ancora liquidi. Che aspetta, là impalato? Deve sbrigarsi.
Sento la giacca fradicia appiccicata sulla pelle. Merda, ma quanto sangue ho perso?
Ora svengo.
Mi afferra il polso del braccio ferito, e mi strattona all’esterno. Guaisco di dolore, lo sento appena sibilare: «Fai silenzio.»
Perché deve fare così male? Ora muoio, cazzo.
Mi strattona ancora e mi ritrovo sulle scale mobili. Meno male che è notte fonda e non c’è nessuno, ma cosa cazzo mi è saltato in mente?
Non riesco a smettere di lamentarmi, sento le lacrime che continuano a scorrere. Sbatto le palpebre per schiarire la vista ma continuo a vedere sfocato. Forse non è per via del pianto, ma perché le gambe sono a un passo dal cedere.
«Credo di stare per svenire» farfuglio.
In genere sono bravo a colpire senza uccidere, ma non l’avevo mai provato su me stesso. Credo di essere andato troppo a destra, vicino al petto.
«Tu ora stai zitto e vieni in cabina con me.»
Sento l’arma che mi sta per scappare dalle dita. Perché non me l’ha ancora sfilata? Si vede proprio che è un novellino.
Provo a dirglielo, ma le parole si diradano come fumo da qualche parte tra i polmoni e la gola.
«Mh» è tutto quello che riesco ad articolare mentre le scale mobili ci ingoiano sempre più in basso.
«Shhhh» ripete. «Non vorrai svegliare qualcuno.»
Non so come faccio a reggermi in piedi sino ad arrivare in cabina, ma quando mi ritrovo spinto sopra il letto posso permettermi di chiudere gli occhi e tirare un sospiro di sollievo. Il dolore sta passando, forse perché sto perdendo conoscenza? Non riesco a capirlo.
Sento un rumore confuso, lo sbattere di uno sportello. Delle mani mi sbottonano la camicia e scostano la giacca scoprendomi la spalla. Quando la stoffa ormai appiccicata alla pelle viene strappata via non riesco a trattenere un lamento.
«Perché lo fai?»
Non sono sicuro di essere riuscito a dirlo, e comunque non riesco a sentire la risposta. Un freddo tanto forte da provocare uno spasmo incontrollato si irradia dalla spalla a tutto il lato sinistro del mio corpo.
«Coglione, idiota, stronzo…» riesco a distinguere un borbottio e capisco che mi sta insultando. «Ma tu guarda che cazzo mi tocca fare per questo deficiente... bastardo...»
Il coagulante analgesico che ora riconosco sta già facendo effetto. «Perché lo fai?» chiedo di nuovo, mi sento più lucido e più sveglio.
«Non potevo lasciarti lì» sbuffa. «Hai i piani, mi servono.»
I piani, già. In realtà non me ne è mai fregato un cazzo. «Li ho nella tasca.»
Sospira, imbronciato. Quanto è bello, se fosse l’ultima cosa che vedo nella mia vita sarei comunque contento. «Perchè l’hai fatto? Ti sei quasi ammazzato. Sei diventato pazzo?»
«L’ho chiesto prima io a te.»
«Io ti ho risposto.»
«Non è vero.»
Crede davvero di saper giocare a questo gioco? Avrebbe potuto prendere i piani e filarsela, ero armato ma inoffensivo. Invece mi ha trascinato qui, ferito e sanguinante, e sta persino provando a rimettermi in sesto.
Oltre a provarci, azzerderei nel dire che ci sta riuscendo.
Mi agita la mano davanti al volto e aggrotto la fronte. «Che fai?»
«Bene, i riflessi sono buoni, sembra ti stia riprendendo.»
Cerco di sollevare la schiena e sedermi sul materasso, ma una mano premuta sul petto mi tiene fermo. «Devi riposare.»
Faccio una smorfia. «La prima cosa che faranno sarà venire a cercarci qui dentro. E comunque ho un localizzatore addosso, dobbiamo dividerci o ti troveranno.»
«Non preoccuparti, i miei sono nel sistema centrale. Se chiedo loro di chiuderci dentro non si potrà accedere neanche col passepartout.»
Mi abbandono all’indietro. Le forse ancora mancano, ma mi sento già meglio. «Non possono essere nel sistema centrale, il Titan è impenetrabile.»
«Che dolce. Credi a tutto quello che scrivono sulla fiancata di una nave per vendere il biglietto?»
«Comunque non è il massimo» borbotto. «Significa solo che faremo la fine dei topi in trappola.»
«È una cosa brutta?»
Odio che non sono sulla Terra. La gente qui non capisce niente di quello che dico, voglio tornarmene a casa. «Non avete nemmeno i topi, su Titano?»
«No. Però in compenso abbiamo un sacco di scarafaggi.»
Si china verso di me, sul letto. Che sta facendo? Con tutta la calma del mondo, mi strappa l’arma e me la punta al petto. «I piani, prego.»
Sollevo gli occhi al cielo. «Puoi metterla via, non c’è bisogno di tenere su questa sceneggiata.»
Lo vedo assottigliare lo sguardo. «Già, perdonami se non mi fido, del resto sinora sei stato così sincero.»
«Quasi quanto te.»
Okay, è ingiusto. Mi rendo conto di quanto sia diverso. Eppure funziona, spalanca gli occhi per un attimo e resta in silenzio. Scuote la testa e si sgonfia, il braccio con cui reggeva la pistola casca lungo il fianco accompagnando un sospiro profondo. «Non posso credere che ti sei sparato addosso.»
Per qualche motivo mi viene da ridere. E lo faccio, una risata leggera sufficiente a farmi arrivare una fitta di dolore alla ferita che mi provoca un verso contrariato. «Già. Non posso crederci neanch’io.»
Si butta accanto a me sul letto, mi infila la mano in tasca e osserva la memoria esterna tenendola sollevata a qualche centimetro dal volto. «Sai, sparandoti ti sei salvato la vita.»
«Mh?»
«I miei avrebbero mandato la nave in avaria per non fare attraccare questi su Teti. Se non fossi riuscito a metterci mano, tu saresti morto. Beh... tu, io, ogni persona a bordo.»
Wow. Questo è… inaspettato. «Ci sei anche tu a bordo.»
È voltato verso di me, sta sorridendo. «Già. Ma a quanto pare di me non importa a nessuno. Divertente, vero?»
È orrendo.
«No» rispondo. «Non lo è. Non lo è affatto. Mi dispiace che ti ho ingannato. Ho dovuto farlo, mi hanno costretto.»
Distoglie lo sguardo. «Come facevi a sapere che sarei venuto da te, quel giorno?»
«Sapevo che Mercury era tuo cliente fisso, sapevo che avevi bisogno di cercare un aggancio in prima classe… gli ho dato una mancia generosa, nella speranza che corresse da te e ti rifornisse un po’, poi sono salito al ponte aperitivo e ho aspettato.»
«Astuto» commenta, asciutto. «O forse no. Forse sono solo io che sono stupido e ci sono cascato.»
Non mi piace che parli così, e non mi piace che la colpa sia anche mia. Voglio… cosa voglio? Voglio che mi creda. Voglio essere sincero con lui e con me stesso. «Vanja non è mia moglie, ma non sono stato così bugiardo. Sono comunque un terrestre. Analizzo flussi di credito. Mi chiamo Mads. Mi piacciono il mare, i cani, il buon vino…» raccolgo un po’ di fiato. «E mi piace il servo del piacere sbagliato.»
«Non sono un servo del piacere» replica, asciutto. Fa saettare gli occhi verso di me, ma quando incontra i miei li riporta sul soffitto. «È vero anche che odi i miei clienti?»
«Sì. Ho mentito solo sullo stretto necessario.»
Silenzio per qualche attimo. «Ti farai perdonare. Mi porterai sulla Terra, sì. Lo faresti?»
«Non posso. Non ho più niente, per essere residente della Terra servirebbe un reddito troppo alto. Cillian si è mangiato tutto, è lui che mi stipendia, adesso.»
Sospira, il suo volto si adombra di una smorfia corrucciata. «Grande. Non potrebbe andare meglio.»
«Lo ammazzo.»
A quelle parole sgrana gli occhi. Non so perché l’ho detto.
Cazzo, non è vero, lo so benissimo.
L’ho detto perché è da troppo che desidero farlo, dalla prima volta che l’ho visto. Ero un adolescente, lui mi aveva portato via tutto, e ho pensato: un giorno lo ammazzo.
«Scusa?»
«Abbiamo un’arma. Lo ammazzo. Avevo paura dei suoi scagnozzi, ma qui ci siamo solo noi. Vanja… lei sarà d’accordo. Oppure no, non importa. Lo ammazzo, ci prendiamo i suoi crediti, e ce ne torniamo sulla Terra. Tu e io.»
Io non so come facevo a respirare prima dei suoi occhi. Sono ossigeno. «Stai bluffando.»
«Devo spararmi all’altra spalla per farti capire che dico sul serio?»
Un angolo delle sue labbra si piega all’insù. «Mossa del tutto inutile, per quanto scenografica, tra l’altro.»
«Non volevo seguirti, ho il localizzatore, te l’ho detto. E se mi avessero trovato lì tutto intero…» a sapere che la sua porta era inespugnabile non l’avrei fatto, sono un idiota ma non così tanto. «Tu l’hai mai vista una cascata?»
«Ma ce la fai, per una volta, a non cambiare argomento come uno squilibrato?»
«Rispondi.»
«No, non l’ho mai vista. Non so neanche cosa cazzo è.»
«Non l’ho mai vista nemmeno io, ma so che sulla Terra ce ne sono di splendide. L’hai mai vista una giraffa?»
Aggrotta la fronte. «Ora mi stai prendendo in giro.»
Lo ignoro. «Non l’ho mai vista neanche io! Ma sulla Terra ce ne sono. Non morirò prima di aver visto una giraffa e non lo farai nemmeno tu. Perché noi andremo sulla Terra coi soldi di quel bastardo.»
Ecco, l’ho detto. Le carte sono tutte sul tavolo, adesso. Voglio solo che mi dica di sì. Non mi serve altro.
L’universo si ferma. Smette di espandersi solo per noi due, per cristallizzare all’infinito questo momento. «Giuralo.»
Torturo il mio anello di barite tra le dita. «Lo giuro.»
L’attimo dopo è saltato in piedi. «Chiamo i miei. Faccio sigillare la porta, mi libero di questi file di merda e poi penseremo a che fare.»
Sarei rimasto su Atlante con lui e sarebbe stato un errore. La vera soluzione è questa, adesso. Non poteva essere altro.
«Neeve?»
Lo guardo parlare mentre attraversa avanti e indietro la stanza. Lo sto facendo davvero.
Certo, dovrò aspettare che la nave attracchi di nuovo su Titano, per farlo. A bordo hanno un sistema che misura il consumo in volume di ossigeno, se qualcuno perdesse la vita in viaggio se ne accorgerebbero subito, è per questo che non hanno voluto che eliminassi la spia alla partenza. Sarebbe saltato fuori in tempo zero.
Mi terrò buono Cillian fingendo di tenere Kieran prigioniero, e quando sarà il momento–
«Vuoi morire?» Ivanka è dentro la cabina. Sta tenendo Kieran sotto tiro, ma parla con me. «Mads, vuoi morire? Dimmelo. Perché sarà proprio quello che otterrai se continuerai con questa idiozia.»
Non ho tempo per questo. Chiudo gli occhi e prendo un profondo respiro. Non credo che mi ucciderà, non prima di aver sentito una spiegazione ragionevole.
Ora le farò la mia proposta e lei accetterà perché so che lo vuole e so che ha senso.
Mi alzo a fatica seduto sul letto. Che male. Che male, non devo pensarci, cazzo. La guardo.
Ha ragione Kieran, è bellissima e non la merito. Non merito nemmeno lui.
La sua vestaglia da camera, in seta cerulea, copre appena la pelle bianca che va dal seno al punto in cui le cosce si toccano sotto i fianchi.
Mi guarda, tiene gli occhi fissi su di me e la pistola puntata su di lui.
Non permetterò che prema quel grilletto, ma voglio arrivarci con le buone.
Se lo merita. Si merita almeno che ci provi.
«Sta già trasmettendo i piani. Puoi mettere via l’arma, è troppo tardi.»
«Cillian ci farà a pezzi. Sei contento?»
Non rispondo. «Andrà tutto bene. Ti va un goccetto? Ho comprato dell’etanolo, dovrebbe essere nell’armadietto a gravità zero.»
La spalla mi fa ancora un po’ male, la sento tirare, ma la cura sembra aver funzionato.
Seguo la canna dell’arma puntata e sposto gli occhi sul ragazzo che non ci ha degnati di uno sguardo.
Lui è sotto tiro, eppure si è malapena accorto che è arrivata, l’ha liquidata con un gesto e continua a discutere con la sua gente in tono agitato.
«Sai che grazie a questa tua idea geniale sarò costretta a ucciderlo subito. Hai idea di come faremo a evitare che ci arrestino?»
Mi ritrovo in piedi, non so neanche io come ho fatto. Sono debole, forse perché ho perso molto sangue, ma per ora non mi sento sul punto di svenire come quando scendevo ai piani di sotto.
Stelle di un rosso vivo danzano davanti ai miei occhi per il gesto troppo repentino. Sbatto le palpebre, devo restare lucido. «Te la faccio semplice: prova a premere il grilletto e sarà l’ultima cosa che fai. Lo prometto.»
«Davvero? Siamo arrivati a questo?»
Lui neanche ci ascolta. O ha troppa fiducia nei miei confronti, o è già sceso a patti con l’idea della morte, o quello che gli stanno dicendo è così interessante che non prova neanche a dedicare alla sua presunta assassina un briciolo di attenzione.
«Prova a fargli del male e muori. Sì. Siamo arrivati a questo.»
«Ti prego, non costringermi a lottare con te.»
«Se non avesse passato i piani, avrebbero mandato la nave in avaria. Era l’unico modo.»
«E tu ci hai creduto?» sbuffa. «Tanto Cillian adesso ci farà giustiziare lo stesso.»
«Non se arriviamo prima noi.»
«Cosa?»
Quel lampo di incertezza, vorrei approfittarne. Se fossi in forze l’avrei disarmata, ha abbassato la guardia per un attimo.
Sono ferito, potrebbe finire in un disastro, quindi non lo faccio.
Sollevo le mani, faccio un passo in avanti e sposta l’arma verso di me. Tanto meglio, proprio quello che volevo.
Saperlo sotto tiro mi stava davvero annebbiando il cervello, ho bisogno di stare tranquillo.
«Vanja, ascoltami. Perché dobbiamo fare quello che dice? Ci siamo solo noi. Possiamo liberarci del problema. Abbiamo il suo droide del cazzo! Gli fottiamo i crediti, ce li spartiamo e ce ne andiamo via. Via dove vogliamo. Vuoi tornare su Nettuno? Potrai farlo. Cazzo, potrai venire sulla Terra con noi! Scommetto che una giraffa tu non l’hai mai vista.»
«Che cos’è una… lascia stare. Non mi interessa. Ci troveranno.»
«Abbiamo il suo droide. E quasi nessuno di quegli idioti gli è fedele per un motivo sincero. Quando sarà più che trapassato, dopo che avremo cancellato le nostre tracce, a nessuno importerà abbastanza da venire a cercarci. Te lo assicuro.»
Sto aspettando che ceda. Sono convinto che cederà. Perché non dovrebbe? Odia quell’uomo persino più di me, scommetto che mi chiederà il permesso di avere per sé l’onore di ucciderlo.
Poi sento Kieran che chiama il mio nome.
«Mads. Mads, ho fatto un casino.»
Poi tutte le luci sulla nave si spengono. Le spie di sicurezza di un rosso lampeggiante si accendono. E la sirena di emergenza comincia a suonare tanto forte che i mobili vibrano sul pavimento.
Mi volto, stralunato. Ha gli occhi lucidi di nuovo. Sbagliato. C’è qualcosa di sbagliato.
«Che cazzo è successo?»
«“Niente di personale. Hai fatto un ottimo lavoro. Niente di personale.” È stato così che ha detto.»
Allarme numero uno – ter.
Tutte le comunicazioni con l’esterno sono interrotte. I filtri dell’ossigeno sono andati in arresto. Totale incompatibilità della vita a bordo: dieci ore, quarantasette minuti e ventidue secondi.
Non riesco a capire. Giuro, ci provo ma non ci riesco.
Ivanka abbassa l’arma. È lei a dar voce a quello che sta succedendo. «Hanno mandato la nave in avaria lo stesso.»
Note autrice
Moriranno tutti, siete felici? Lol.
Devo dire che comunque il piano di Mads di far fuori Cillian e andare sulla terra coi suoi soldi non era malvagia... peccato.
Comunque questi scapestrati vi terranno compagnia anche durante un ultimo capitolo e un epilogo, per cui non disperate! Non tutto è perduto.
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