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7. Stupido

È buffo. Stamattina mi sono svegliato e ho pensato: perché continuare a provare?

Non devo nemmeno soffocare, se nel momento in cui la nave andrà in avaria mi sparerò un colpo in mezzo agli occhi. La prospettiva non è poi così male.

Eppure… non sono l’unico a bordo.

Cazzo, quanto devo essere mostro per restare a letto a vegetare e fregarmene di tutto? Per decidere che no, non ne vale la pena, muoiano tutti e chi s’è visto s’è visto.

L’avrei fatto.

Ci sono cose peggiori, ha detto. È successa una cosa con te.

E io l’avrei fatto, sarei rimasto. Avrei condannato migliaia di persone a una morte orribile per il solo motivo che lui me l’ha chiesto.

Perché è tornato a casa con sua moglie? Che razza di rapporto hanno? Non capisco.

Non capisco più niente.

Stupido, e io che sono anche stato felice per un attimo.

Io, io che penso che qualcuno potrebbe scegliere me. Potrebbe scegliere me su un ammasso di roccia anziché una nettuniana spaventosa e bellissima a bordo di una nave di lusso. Potrebbe scegliere me e basta.

Sono davvero diventato uno stupido.

Ora è sera, mi restano due giorni di tempo. Se al termine della giornata di dopodomani non avrò trasmesso i dati, moriranno tutti qua dentro.

Mi resta una sola cosa da fare, quella che mi spaventava. Non mi sento di aver più paura di morire, quindi la farò.

Benché Cillian non l’abbia lasciata nemmeno per un attimo, mi introdurrò nella sua cabina. È notte fonda, agirò mentre lui e sua moglie stanno dormendo.

Avrà guardie nelle stanza? Mi sparerà a vista? Non lo so. È un tentativo goffo, stupido, sconsiderato.

Non mi resta molto altro da fare, per cui ci proverò. Se morirò poco male, in poco meno di quarantotto ore sarei stato comunque condannato.

Sguscio nel corridoio cercando di non tenere un aspetto troppo guardingo. È normale che un servo del piacere possa spostarsi di notte, non è così strano che qualcuno abbia bisogno a quest’ora tarda di scaldarsi il letto.

Ecco, magari quando sarò in prima classe sarà un po’ più sospetto.

Questi vestiti attillati che devo tenere sempre addosso non sono molto pratici per un’incursione di spionaggio. Per esempio, devo tenere la strumentazione per scassinare la porta della cabina in una mano, dal momento che sono sprovvisto di qualsiasi tipo di tasca.

Quando Neeve mi ha consegnato tutto l’armamentario, mi ha fatto giurare che non l’avrei usato se non per situazioni di massima necessità e urgenza. Direi che meno due giorni alla mattanza di ogni essere umano presente a bordo si classifica come tale.

Arrivo davanti alla cabina 156, così tardi il corridoio è deserto. Siamo sul fuso orario di Titano, che adotta il sistema a ventiquattro ore di origine terrestre, benché abbia i giorni astronomici di durata molto diversa.

Ad Alaska sono le quattro e un quarto del mattino, anche qui tutti stanno dormendo.

Almeno, è questo che penso sinché il pannello della cabina accanto non si sposta da un lato ed emerge un volto familiare, che mi osserva con cipiglio preoccupato.

Per un attimo mi domando che razza di coincidenza assurda abbia portato proprio lui fuori dalla sua cabina proprio adesso.

Non mi soffermo troppo a pensarlo. Perché dovrei? Del resto questo è il suo ponte, dorme qui, ha tutto il diritto di gironzolare se non sta dormendo.

Ha i capelli biondi legati in una coda elegante, e gli occhi di un blu intenso riflettono le luci soffuse che la nave abbassa di intensità per simulare il passaggio dal cielo diurno a quello notturno.

Dopo che siamo arrivati a un passo dallo sparire insieme su Atlante, qualcosa tra noi è cambiato. Non ne abbiamo parlato, ma posso sentirlo.

È per questo che mi fido. È per questo che non mi preoccupa neanche ora l’idea che mi abbia visto.

«Ancora sveglio?» domando, giocherello con la strumentazione che stringo nel mio pugno.

«Venivo a cercarti.»

È strano. Non è mai sceso al mio piano così tardi. «Perché?»

«Avevo voglia di vederti. Tu cosa ci fai qui?»

Devo dirglielo. Non mi giudicherà. Lui può capirmi, è dalla mia parte. In queste settimane non ha fatto altro che proteggermi, glielo devo.

«Devo fare una cosa importante.»

Occhieggia la cabina davanti a cui sono piantato. «È per Cillian?»

«Sì.»

«Non devi… non devi farlo per forza.»

Non sembra sorpreso. Che fossi meno discreto di quel che credevo? «Sì, invece. È molto importante, te l’ho detto.»

«Troverò un’altra soluzione.»

Mi fa quasi tenerezza. Non sa neanche di che cazzo sto parlando, eppure è sempre convinto di trovare una soluzione a tutto.

«Non ci sarà bisogno. Farò in fretta, e tutto andrà a posto.»

«Vengo con te.»

«No.» 

«Vengo con te.»

Non posso lasciarglielo fare, neanche se insiste tanto. È troppo pericoloso. «Non voglio metterti in pericolo. Devo farlo da solo.»

«Se non mi lasci venire con te mi metto a urlare. Sveglio tutto il piano, te lo giuro.»

Cazzo. Chiudo gli occhi. Perché fa così proprio adesso? Se sarò preoccupato per lui non riuscirò a pensare in modo lucido, e se qualcuno ci scoprisse gli farebbero del male e non credo di riuscire a sopportarlo. 

«Farò il bravo. Non ti accorgerai nemmeno della mia presenza, lo prometto.»

Esalo un lento respiro. Quando riapro gli occhi, mi sta ancora osservando. Mi ha messo all’angolo. «Non fiatare, intesi? E controlla che non arrivi nessuno.»

Gli lascio appena il tempo di annuire e gli rivolgo le spalle. Ho stretto il passepartout così a lungo che sento la mano destra indolenzita. Lo appoggio accanto al pannello di apertura, proprio sotto il sensore di movimento. Mentre attendo che faccia il suo corso, tento di non fissarmi sul peso degli occhi che sento addosso, sul respiro caldo che mi sfiora la pelle sul retro del collo. Si è avvicinato, sento le sue dita che mentre armeggio con l’entrata in cabina mi si infilano tra i capelli e mi massaggiano la nuca.

Se sta cercando di tranquillizzarmi, in parte c’è riuscito. Mi appoggio appena all’indietro, le mie spalle si rilassano e mi godo il momento prima che tutto cambi per il meglio o per il peggio.

Se porterò a termine la missione, dirò a Neeve che ho chiuso. Dopo questo scherzone che mi ha combinato non voglio più saperne di lei, e allora non avrò più un posto nell’universo.

Potrei davvero seguirlo. Che patetico che sono, mi ha proposto una volta di scappare con lui e ci sono finito ancora più sotto.

La spia si illumina di verde e il pannello slitta a incassarsi nel muro senza emettere suono.

All’interno della cabina il buio è così fitto che, al sigillarsi della parete, devo attendere almeno un minuto prima di riuscire a distinguere i contorni di quel che mi sta intorno.

Mi formicolano le gambe, ho il cuore che batte troppo in fretta nel petto. Potrei svenire, ma non posso permettermelo.

Inspiro un filo d’aria, così densa di un profumo chimico da portarmi le mani davanti alla bocca e trattenere un colpo di tosse.

Cazzo. Devo fare in fretta. Cazzo.

I piani sono infilati nel droide che, a detta di Neeve, tiene sempre attaccato al culo. Faccio scorrere gli occhi per la stanza man mano che riesco a mettere a fuoco tutto.

Lui è sul letto, appena coperto dal lenzuolo. Respirare in questa cabina è pure più difficile che su Atlante, eppure sembra che stia dormendo sereno.

La figura accanto a lui sul letto, rotolata scomposta a un margine, dovrebbe essere la moglie eppure… mi avvicino. C’è qualcosa di strano. Non sembra esserci alcun droide qui, sempre che questa sia la moglie sul serio.

Il corpo è inerte, dall'aspetto androgino. Per capire se si tratta di una persona o meno, faccio qualche passo silenzioso e avvicino il palmo al suo volto per percepire un eventuale spostamento d’aria.

Niente. È il droide, non c’è dubbio.

Che la moglie sia in bagno? La luce è spenta.

Qualcosa non va.

«Kay» il sibilo che sento mi porta a voltarmi appena alle mie spalle. «Ti prego, ti prego, usciamo di qui. Non è sicuro.»

È per il suo bene. È anche per il suo bene. Quando saremo al sicuro fuori da questa cabina gli spiegherò tutto. «Reggi questo» sibilo, e gli allungo gli strumenti che non servono più. Li afferra, titubante, e torno al mio lavoro.

Fanculo, la moglie sarà a spassarsela da qualche parte. Volto la testa al droide, senza un comando diretto non si attiverà. Non ho tempo di frugare nella sua memoria, così faccio scattare lo sportello che porta dietro la nuca, nascosto tra i capelli.

Preleverò tutto ciò che posso, invierò i file a Neeve e poi se la vedrà lei. Con questa merda ho chiuso.

Chissà, magari tra un mese o due sarò sulla terra a guardare il mare mentre l’uomo che mi sta aiutando anche se non era obbligato a farlo mi spiega la ragione della differenza di gradazione tra il vino bianco e quello rosso.

Afferro il sottilissimo velo di nichel che compone la memoria esterna e allungo indietro anche quello. L'abito di Mads è più pratico del mio, è una fortuna che sia qui. Lo vedo con la coda dell’occhio infilare tutto nella tasca della giacca.

«Possiamo andare.»

Mi affretto fuori dalla cabina, che si chiude al nostro passaggio. Prima che possa anche solo aprire la bocca per ringraziarlo, mi afferra il polso e mi trascina nella sua.

Strabuzzo gli occhi, ma non emetto fiato. Un conto è lui, ma non posso dire anche a Ivanka quello che ho fatto. Non la conosco così bene e–

Tutte le luci si accendono con un suo movimento del braccio. «Vanja! Vanja, svegliati, cazzo.»

«Mh?»

Vorrei dirgli di star zitto, ma è troppo tardi. Sua moglie si sta svegliando.

Resto pietrificato, ho smesso persino di respirare. Forse se spiegherò che è per il bene di tutti capiranno. Devo stare calmo.

«Vanja, siamo stati nella cabina del capo. Ha preso i piani. Svegliati, avanti. Cazzo, cazzo…»

Coperta solo in parte da un lenzuolo leggero,  con un abitino da notte striminzito, strizza gli occhi e si solleva a sedere. «Mads, che cazzo è successo?» li schiude, con una smorfia assonnata. È allora che mi guarda. «Cucciolo

«I piani, Vanja.»

«Cosa?»

Cosa? È una bella domanda. I miei respiri si affannano, cerco di concentrarmi sull’abbassarsi e l’alzarsi forsennato del mio petto. Inizio a vedere sfocato.

Qualcosa non va. Qualcosa davvero non va.

Poi lui tira fuori la scheda dalla tasca, e gliela mostra. La tiene sollevata per qualche secondo.

Ivanka si accascia di nuovo sul letto e si porta le mani al volto. «Mads, maledetto idiota, come ha fatto a trovarli? Ti abbiamo chiesto di tallonare questo tizio per l’esatto opposto.»

Non riesco a respirare.

«Sono le quattro passate, non posso stargli addosso ventiquattr’ore su ventiquattro!»

Non so perché gli occhi mi si riempiono di lacrime. Era ovvio. Del resto, neanche i miei si sono interessati a me, perché avrebbe dovuto farlo qualcun altro?

Ci ho creduto perché sono stupido.

Fa male ammetterlo, ma non lo rende meno vero.

È per questo che tutto quello che sono riuscito a ottenere dalla mia vita è questo momento. Perché sono stupido.

Non mi sarei dovuto aspettare niente di diverso.

Lo guardo, ma non riesco a vederlo. Ho la vista appannata, riesco solo a capire che ho un’arma puntata, non fa differenza. Non sarei riuscito a muovermi neanche volendo.

«Sei un coglione» sibila Ivanka, sento che si è mossa, forse si è alzata dal letto.

«Vai tu da lui, okay? Non voglio vederlo. Se chiede qualcosa dai la colpa a me, solo... diglielo tu. Ti prego. Non ci riesco.»

«Cosa ne facciamo di quest’altro? Non possiamo ucciderlo prima della fine del viaggio, te l’avevo già detto.»

Io mi affannavo tanto per trovare una soluzione e sarei morto lo stesso. Riuscire o meno ad arrivare ai file non avrebbe cambiato niente.

Sono morto nell’istante esatto che, qualche settimana fa, sono salito a bordo.

Questo perché sono stupido. Perché la mia vita non ha nessun valore per nessuna persona in tutto l’universo. Perché sono solo e non conto un cazzo.

Sto per morire. Non voglio morire. E riesco solo a pensare a quanto sono stupido perché sarei morto lo stesso.

Sarei morto lo stesso.

«Tu vai. In qualche modo me ne occupo.»

«Resta qui e tienilo d’occhio. Ti sei superato stavolta» la donna sospira e non si infila neanche le scarpe. Esce a piedi scalzi in silenzio.

«Kay» la sua voce sta tremando. Bastardo, ha finito di manipolarmi.

Devo restare calmo. Devo–

Mi scappa un singhiozzo e le gambe mi cedono, cado in ginocchio.

«Kay, alzati. Alzati, ti prego. Non c’è tempo.»

Non posso credere che ho creduto a tutte quelle cazzate. Sono stupido, stupido, stupido.

«Sei davvero un terrestre?» riesco a domandare, recuperando un po’ di fiato.

Le lacrime mi colano bollenti lungo il volto e mi schiariscono la vista. Alzo la testa, mi guarda. Mi tiene ancora l’arma puntata contro.

Un bel viso e una briciola di gentilezza e ci sono cascato come un coglione solo perché nessuno mi ha mai trattato bene in vita mia. Sono patetico.

Quanto sono patetico, cazzo.

«Sì. Sì, sono un terrestre.»

«Ti chiami come mi ha detto?»

«Sì anche a questo.»

Mi viene da ridere tra le lacrime. Perché continuo a fare domande? Potrebbe non essere vero nulla di quello che dice in questo momento.

Altro singhiozzo. «Devi esserti fatto belle risate alle mie spalle.»

«Ti sorprenderebbe saperlo.»

«Sarai contento.»

Sono un casino. Non riesco neanche a provare imbarazzo per me stesso. Dovrebbe uccidermi adesso.

«No. Non sono contento.»

«È un peccato. Sei stato così bravo… dovresti andarne fiero.»

Chiudo gli occhi, forse le lacrime si fermeranno. Ho mal di testa, mi mancano le forze e sto per morire. Sto per morire.

Tutte le persone su questa nave stanno per morire. Per questa volta, davvero non riesco a convincermi che sia colpa mia. Mi viene da ridere di nuovo.

Scivolo steso sul pavimento. Non ho più forza di reggermi e non avrebbe senso. Dovrei mettermi a dormire. Sì, dovrei mettermi a dormire, farà meno male. Con un po’ di fortuna non avrò incubi, e se anche li avessi non saranno peggio di questo.

Con un po’ di fortuna nemmeno mi sveglio.

«Ti prego, lasciami solo.»

«Non posso.»

Ah, già. Ha ricevuto ordine di non farlo da… «È davvero tua moglie?»

Chissà perché mi è venuto il dubbio proprio adesso.

«No.»

«Chiaro. Era ovvio, ti fa dieci a zero.»

Non so perché l’ho detto, non lo penso. Ivanka – sarà il suo vero nome? – è bellissima, ma lui lo è di più. Forse ho tentato di fargli del male con questa frase sciocca e non me ne sono nemmeno accorto.

Che cosa stupida, perché dovrebbe fargli male il fatto che non lo trovo bello?

Stupido. Stupido, stupido, stupido.

«Hai ragione, non la merito.»

Vorrei vedere la sua espressione in questo momento. Chissà se mostra del risentimento. Non apro gli occhi per sbirciare. Non aprirò gli occhi mai più, mi farò ammazzare qui, non ho voglia di alzarmi e non ho voglia nemmeno di parlare. Cazzo, non ho voglia di continuare a respirare.

«Potresti stare zitto? Vorrei fingere che tu non fossi qui. Credo che dormirò, adesso.»

Le lacrime si sono fermate. Mi fa male il petto.

Questo è il momento in cui dovrei ripensare alla mia vita, alle persone che amo, a quello che ho fatto di bello.

Non vedo niente. Non che mi sorprenda, certo.

L’ho detto che non ho mai costruito della mia vita niente a parte il dolore che mi sono scelto.

Sento un sospiro profondo. Vorrei dirgli che non ha diritto di sospirare, quello che sospira qui sono io, ma non ho le energie per fare neanche questo.

Sento uno scatto.

Non sono nato ieri, lo riconosco. Ha tolto la sicura dalla sua arma.

Cosa ne facciamo di lui? Non possiamo ucciderlo prima della fine del viaggio.

In qualche modo me ne occupo.

Codardo. Preferisce mettersi nei guai che sopportarmi al mio peggio.

Tanto meglio così.

Avevo deciso che non avrei più aperto gli occhi, che non mi sarei più alzato, e non lo faccio.

Con un po’ di fortuna ha inserito il silenziatore e non sentirò nemmeno il colpo.

Alla fine di tutto, è così che arriva il mio momento.

Per un lungo, interminabile secondo non è neanche più vero che non voglio morire. Ho accettato quello che sta succedendo.

Per un lungo, interminabile secondo non sento più nulla. Nemmeno la paura.

Poi un gemito strozzato mi porta a sobbalzare, seguito da una serie di profanità sibilate tra i denti e un singhiozzo.

Spalanco gli occhi, vedo rosso.

E capisco che si è sparato un colpo.

Note autrice
Oooookay, santissimo cielo.
Beh, Kieran ha scoperto che Mads l’ha preso in giro tutto il tempo. No, non l’ha presa bene. Per niente, direi.
E Mads che si spara?! Persino lui riconoscerà, nel prossimo capitolo dal suo pov, che si è bruciato il cervello.
Intanto, Neeve è ancora su Titano ad aspettare i piani che se tarderanno ammazzeranno ogni persona a bordo, e Kieran è ancora l’unico a saperlo.
Che situazione del cazzo, eh?
A questa storia mancano gli ultimi due capitoli più l’epilogo. Come credete si sbroglierà la matassa?
Ho lasciato qualche indizio a riguardo...
A martedì, restate sintonizzati!

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