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X. I REMEMBER YOU

\ - 297 giorni \

dopo arrivi tu ehi
nei tuoi occhi blu ehi
trovo la paura che ho di innamorarmi
tiro su una nube fatta dalle scuse che mi invento solo per non avvicinarmi

▶️Ferma a guardare, Ernia

Non appena varco i controlli del paddock, mi sembra di entrare in paradiso.

Il cielo azzurro e privo di nuvole osserva dall'alto la moltitudine di motorhome allineati come tanti soldatini, che al momento appaiono tutti al mio cospetto, mentre una fresca brezza mi colpisce le guance bollenti, contribuendo a placare lievemente il mio nervosismo.

Percorro la via che si districa tra i vari hospitality affollati, con lo sguardo alto e una cartellina rossa sotto al braccio, e osservo lo spazio attorno a me con curiosità. Una moltitudine di colori e luci e loghi si confondono sotto il mio sguardo, a tratti anche mescolandosi tra di loro in un mix esplosivo, e non posso evitare di sorridere leggermente di fronte a quella vista spettacolare.

Arrivare qui non è stato affatto facile per me, né tanto meno lo è realizzare di avercela finalmente fatta. Tante mancanze e perdite e delusioni mi hanno spinto verso la volontà di arrendermi, eppure eccomi qui, ad un passo dalla realizzazione di una delle mie ambizioni più grandi.

Ammetto che non sono mai stata una vera appassionata di questo sport, al contrario di mio padre. Lui non si perdeva neanche una singola gara di Formula Uno, nemmeno nei suoi ultimi giorni di vita, quando era in ospedale. Ricordo che mandava me a chiamare le infermiere ogni singola domenica di gara, affinché gli consegnassero il telecomando del televisore presente nella sua stanza. Perfino quando aveva un intervento programmato in concomitanza con una gara, supplicava i dottori di spostarlo, pur di non perdersi nemmeno un minuto della corsa.

Mio padre voleva sempre che rimanessi lì con lui per tutta la durata della gara, e pian piano mi ci ero anche abituata. Di tanto in tanto osavo portare un libro con me, poiché avevo un esame a breve, ma lui me lo toglieva dolcemente di mano e mi diceva sempre che lo studio avrebbe potuto aspettare, ma la Formula Uno no. E così iniziava a spiegarmi ogni singolo dettaglio delle vetture, dei piloti, dei circuiti, e perfino dei membri del team, tra cui di tanto in tanto captavo qualche nome a me famigliare. Non c'è mai stato un solo secondo in cui io mi sia annoiata nel sentirlo parlare di questo sport che tanto lo appassionava.

Per questo sono qui ora.

Da quando mio padre è morto, ho iniziato a seguire a mia volta ogni gara e, anche se non posso ancora definirmi una fanatica dello sport, mi sto abituando a modificare leggermente la mia routine per potermi ritagliare due ore da spendere davanti al televisore. Non so ancora se sarò all'altezza di questo mondo, ma sentirmi parte intangibile di esso mi aiuta a sentirmi già un po' più unita con mio padre.

Continuo a camminare con la testa alta, immersa nei pensieri, finché non mi fermo di fronte alla mia meta. Impietrita, fisso l'imponente edificio rosso, che mi sovrasta in tutta la sua maestosità e lucentezza.

<<Tu sei la ragazza che lo scorso mese è caduta dalla seggiovia sulle piste da sci delle Dolomiti?>>sento improvvisamente esclamare, e quando mi volto mi trovo davanti niente meno che Charles Leclerc, vestito di tutto punto con una polo della Ferrari identica alla mia e un paio di jeans neri. È intento a guardarmi con il capo inclinato ed un sorrisino in volto, che mi dà parecchio sui nervi.<<Mi ricordo di te.>>aggiunge, dopo avermi squadrato il viso a lungo.

Di sicuro non immaginavo che il nostro primo incontro avvenisse in queste circostanze, ma ormai con la sua domanda mi ha messo nei guai fino al collo.

Mi ricordo benissimo di quella giornata di un mese fa, quando la mia migliore amica Isabelle mi ha letteralmente trascinata in Italia a trovare i suoi nonni e ha colto l'occasione per visitare le stupende piste da sci situate sulle Dolomiti.

Purtroppo, però, le sue lezioni di sci non hanno dato i frutti da lei sperati.

Mi ricordo in particolare del momento in cui, giunta al capolinea della seggiovia, ho calcolato male la distanza tra il mio piede e il punto più profondo della neve e sono sprofondata in essa, finendo poi per accasciarmi anche col resto del corpo. Il tutto sotto le grosse risate della mia amica, ovviamente.

Fortunatamente, un ragazzo lì vicino -che tuttavia non aveva di certo trattenuto una risata nel vedere la scena- mi aveva affiancata e mi aveva offerto aiuto. Ricordo che aveva la maschera da sci adagiata sul casco e di conseguenza gli occhi di un azzurro mischiato al verde in bella vista, tanto che non riuscivo più a distogliere lo sguardo dal suo. Quegli occhi mi avevano letteralmente ipnotizzata, e ho la forte intuizione che siano gli stessi che mi ritrovo davanti in questo momento.

Il mio cervello mi suggerisce saggiamente di negare tutto ciò che ha detto, ed è esattamente ciò che faccio, con espressione impassibile e testa alta.<<Hai sbagliato persona.>>

Mi volto per entrare dentro al maestoso edificio, ma lui è più veloce e mi si para davanti, con così tanta enfasi da farmi finire col petto ad un palmo dal suo.

<<Io sbaglio di rado. E poi il tatuaggio che hai sul collo non mente.>>mi sussurra, tanto piano che riesco appena a sentirlo.

Maledetti dadi, penso, riferendomi al tatuaggio che ho impresso sulla nuca, raffigurante appunto un paio di dadi.

Me li sono fatti tatuare poco tempo fa, quando mio padre se n'è andato. Lui mi parlava spesso di questo simbolo, della storia che ci fosse dietro esso e di quanto lui lo amasse, e per questo l'ho ritenuto un modo per far sì che lui rimanesse sempre con me, anche se in una maniera diversa da quella che avrei voluto.

Per me questo simbolo ha assunto un significato particolare da quando lui me ne ha parlato per la prima volta, descrivendolo come la rappresentazione del destino, della sorte, che agisce alle tue spalle senza darti alcun preavviso e ti sconvolge la vita nel giro di un secondo. Per questo ho voluto farmelo tatuare sulla nuca: affinché a me sia sempre invisibile, eppure so che c'è, è lì, pronto a rivoluzionarmi i piani da un momento all'altro.

<<Spero tu non l'abbia detto in giro, altrimenti...>>inizio a minacciare Charles, ma lui si fa ancora più vicino e mi incalza:<<Altrimenti?>>

<<Ragazzi!>>ci interrompe di colpo una voce maschile, che pur inconsapevolmente ha annullato -o perlomeno posticipato- l'inizio della terza guerra mondiale.

L'uomo si avvicina a noi con le braccia aperte e un sorrisone in volto, e man mano che la distanza tra di noi si accorcia lo riconosco come colui che era presente al mio colloquio di lavoro in qualità di rappresentante della Ferrari: Luca. È vestito con una polo rossa e un paio di jeans dello stesso colore, e porta i capelli corti, grigi quasi tendenti al bianco e intrisi di gel.

Per prima cosa saluta Charles con un'amichevole stretta di mano, poi rivolge il suo sguardo a me, senza mai smettere di sorridere.<<Rachel, benvenuta nel mondo della Formula Uno, dove tutti i sogni diventano realtà!>>

<<Non è un po' troppo teatrale come benvenuto?>>commenta Charles con una smorfia, e per la prima volta mi trovo d'accordo con lui.

<<Forse un po', ma sai quanto sono melodrammatico.>>ride Luca, per poi tornare a posare gli occhi nei miei.<<Vedo che hai già conosciuto Charles.>>

<<In realtà ci conoscevamo già.>>fa presente Charles, e improvvisamente dall'essere d'accordo con lui passo al volerlo letteralmente strangolare. Mi limito però a guardarlo di traverso con gli occhi sottili, mentre lui ricambia il mio sguardo e un sorrisino indolente gli abbellisce il viso.

<<Oh, molto bene. Allora penso che non vi verrà difficile lavorare insieme.>>esclama Luca, ampliando ancora di più il suo sorriso, probabilmente per placare eventuali reazioni eccessive da parte nostra.

Inutilmente.

Il mio sorriso e quello di Charles, al contrario, si spengono.<<Insieme?>>esclamiamo all'unisono.

<<Si, insieme.>>conferma Luca, con tanto di cenno del capo. Ma, vedendoci profondamente confusi e anche leggermente irritati, spiega con estrema cautela:<<Charles, il tuo telemetrista Jean si è licenziato per gravi problemi di salute. Per venerdì e sabato abbiamo nominato Jack come capo provvisorio del reparto telemetria, ma quella non è la sua vera mansione. E proprio in settimana si è tenuto il colloquio di lavoro di Rachel, quindi abbiamo pensato di farle prendere il posto di Jean, ovviamente dopo un paio di settimane di formazione. Ha anche lei una laurea in ingegneria, con tanto di specializzazione in telemetria, e inoltre al momento è l'unica opzione che abbiamo.>>

<<Jean se n'è andato? E me lo dite ora, così, direttamente presentandomi la sua sostituta?>>sbotta Charles, furioso, mentre io mi limito a stare in silenzio e ad osservare l'espressione di Luca che muta.

Questa è una discussione che devono risolvere tra loro, anche perché personalmente non me la sento di prendere una posizione, dato che non conosco affatto i membri del team. Perciò non ho alcuna intenzione di intervenire finché non avranno finito.

<<Scusami, avremmo dovuto avvisarti prima ma ieri non sembravi dell'umore giusto. Non succederà più, te lo assicuro.>>lo rassicura Luca, sorridendogli con gentilezza per provare a tranquillizzarlo. Ma Charles sbuffa sonoramente, per poi girarsi e andarsene dentro al box a passi pesanti.

<<Ti chiedo scusa anche a nome suo Rachel, purtroppo in questi giorni Charles è parecchio irascibile. Sua madre sta poco bene e...>>dice Luca, bloccandosi a metà frase dopo essersi accorto di star rivelando troppo sul monegasco.

<<Non devi spiegarmi niente. Io mi limito a fare il mio lavoro, e se le azioni di Charles lo intaccheranno allora ci penserò a tempo debito.>>affermo, sistemandomi meglio la borsa, anche un po' per ricordargli che non sono venuta qui per ascoltare i problemi delle persone, bensì per lavorare.

<<Hai ragione. Entriamo?>>chiede finalmente, indicando la struttura rossa. Annuisco, e per i successivi minuti Luca mi fornisce tutte le indicazioni e i dettagli sul mio nuovo lavoro, con tanto di giro turistico nel box e presentazioni con tutto il team.

Quando giungiamo in quello che, come mi ha spiegato, sarà l'angolo riservato a me, ci fermiamo.<<Solitamente i principali dati vengono raccolti il venerdì e il sabato, mentre le domeniche come oggi sono usate per lo più come una conferma del buon lavoro svolto durante i weekend. Quindi il tuo compito oggi non sarà molto difficile, però se non te la senti di iniziare oggi non c'è problema; Jack ti aiuterà a capire come funziona e farà il tuo lavoro.>>dice, facendo un cenno verso un ragazzo alle prese con un pc, che ricambia il gesto.

<<Ce la faccio, grazie.>>affermo con cortesia, sicura di aver capito tutte le istruzioni che mi sono state date e di poter svolgere il mio lavoro senza problemi.

Poche ore dopo, però, scopro di essermi totalmente sbagliata.

Il tablet che ho davanti mostra una moltitudine di incomprensibili dati e sigle e termini in codice tipici del team che si sovrappongono, si confondono, si allineano autonomamente in righe e colonne precedentemente denominate e organizzate dal sistema e creano nella mia testa una confusione esorbitante.

Quindi mi alzo dalla sedia, diretta verso la persona che prima Luca mi ha presentato come il mio eventuale punto di riferimento in caso di necessità: Jack.

<<Certo, dammi solo il tempo di finire questo calcolo e arrivo.>>mi risponde quest'ultimo dopo avergli chiesto aiuto, riprendendo a digitare velocemente sul suo computer.

Effettivamente, pochi minuti dopo siamo entrambi chinati sul tablet che prima mi sembrava un caos totale, ma che ora mi appare molto più chiaro e limpido. Jack ha fatto una revisione generale e mi ha fornito numerose indicazioni per comprendere e monitorare meglio tutti i dati in modo ordinato, e ora sono perfettamente in grado di svolgere il mio lavoro in autonomia.

Più tardi, quando ormai la gara è terminata con un secondo posto di Charles e sto uscendo tranquillamente dal circuito, mi sento chiamare da una voce maschile. Mi volto, trovandomi davanti il pilota monegasco che corre per raggiungermi.

<<Vai in hotel?>>chiede una volta che mi è davanti.

Alzo le spalle, domandando retoricamente:<<Dovrei passare la notte qui?>>

<<In realtà sì. Cioè, a dir la verità non esattamente.>>dice Charles, gesticolando in modo nervoso.

<<Non so leggerti nel pensiero, spiegati meglio.>>ribatto, sollevando gli occhi al cielo.

<<Daniel ha organizzato una festa per celebrare l'inizio del campionato e ha invitato tutti i membri del paddock. La festa in sé inizia alle dieci stasera, ma noi piloti andiamo alle otto per fermarci anche a cena.>>spiega Charles, con finta aria disinteressata che non riesce a mascherare del tutto.

Alzo un sopracciglio, confusa.

<<Daniel Joseph Ricciardo, classe ottantanove, pilota di Formula Uno, anche detto honey badger,...>>inizia a spiegare Charles, ma fortunatamente lo blocco prima che possa dirmi pure le credenziali del conto corrente dell'australiano.

<<So chi è Daniel Ricciardo. Ciò che non capisco è perché mi abbia invitata.>>

Charles alza le spalle, come se la risposta fosse ovvia.<<Fare amicizia, conoscerti, parlare un po', dato che sei nuova nel circus. Le solite cose che si fanno alle feste degli estranei.>>

<<Però di solito quando si va ad una festa di un estraneo si porta qualcuno che si conosce.>>gli ricordo, inarcando un sopracciglio in attesa di una risposta.

Risposta che è molto più arrogante ed egocentrica di quanto mi aspettassi.<<Ci sarò, non ti preoccupare.>>dice infatti Charles, praticamente costringendomi a levare nuovamente gli occhi al cielo con aria esasperata.

<<È proprio per questo che sono intenzionata ad optare per la seconda opzione.>>

<<Che sarebbe?>>domanda Florian, incuriosito.

Cerco di nascondere un sorrisino di soddisfazione nel constatare che he abboccato alla mia tattica, e rispondo in tono sereno:<<Starmene coricata sul mio divano a sorseggiare una cioccolata calda nel pieno di una maratona di Gossip Girl.>>

<<Ti assicuro che la cioccolata calda so farla divinamente. E credimi che ti stupiresti degli altri modi fantasiosi in cui potrei usarla.>>controbatte Charles, ampliando il suo sorrisino che mi provoca una fitta di fastidio nello stomaco. I suoi occhi si incupiscono di malizia fino a diventare di un azzurro che sembra quasi surreale, e man mano che si avvicina lentamente a me il suo sguardo assume sfaccettature sempre più nitide. Pericolosamente nitide.

<<Non so nemmeno dove si terrà.>>dico la prima cosa che mi passa per la testa, cercando di guardare altrove pur di non incrociare il suo sguardo ipnotico.

<<Daniel ha una casa qui vicino al circuito nascosta in campagna, che usa praticamente solo per le feste d'inizio campionato. E a proposito di questo, hai bisogno di un passaggio?>>

<<Scusa?>>chiedo, gli occhi sgranati e l'espressione allibita.

<<Visto che non credo che tu abbia una macchina e che tu sappia dove si trova la casa di Daniel, puoi venire con me.>>risponde lui come se fosse ovvio, come se fossi io quella che non capisce.

<<Perché dovrei? Ci conosciamo da poche ore.>>gli faccio notare, facendo un passo indietro per togliermi il più in fretta possibile da quella situazione.

<<Tecnicamente ci conosciamo da un mese, ma io non sapevo chi fossi tu e tu non sapevi chi fossi io.>>appunta lui, cosa che mi irrita profondamente.

Ma non posso rifiutare l'invito, sarebbe da maleducati.

E non posso nemmeno farmi portare da un taxi a casa di Daniel, perché non ho la minima idea di quale sia l'indirizzo e so perfettamente che Charles non me lo dirà mai.

Quindi, praticamente, non ho altra scelta che andarci con il monegasco.

<<Alle sette e mezza davanti al mio hotel, e se arrivi un minuto più tardi non scendo neanche.>>cedo infine, stanca e innervosita dalla nostra conversazione. Vedo che Charles apre la bocca per dire qualcosa, quindi lo fermo prontamente dicendo:<<E no, non ti darò il mio numero né quello della mia stanza.>>

Dopodiché mi giro e percorro a grandi passi la distanza tra me e l'uscita del paddock, lasciando Charles impietrito dietro di me senza nemmeno girarmi a guardarlo.

Raggiungo l'hotel in taxi mentre chiamo la mia amica Isabelle, che mi avvisa che in settimana uscirà con un ragazzo che mi descrive come il suo "principe azzurro": occhi blu, capelli biondi e un charme ineguagliabile. Tutto ciò che ha sempre sognato, a detta sua.

<<Là invece come procede? Com'è andato il primo giorno di lavoro? Il team è gentile? Charles è così figo anche dal vivo?>>mi chiede poi, ed io non riesco a trattenere un sorriso.

<<Diciamo che poteva essere migliore.>>

<<Il lavoro o Charles? Attenta a come rispondi.>>mi minaccia Isabelle.

<<Entrambi, forse.>>rispondo vaga, aspettandomi una reazione poco pacata dalla mia amica.

Infatti, è proprio ciò che ricevo.<<Ripeti un'altra volta che Charles poteva essere migliore e prendo il primo aereo per l'Australia con un'ascia nella valigia.>>

<<Se ti avessi detto che era un figo da paura avresti iniziato a urlare.>>mi giustifico, alzando le spalle anche se so che non può vedermi. Intanto il tassista, dopo avermi rivolto un'occhiata curiosa, svolta a destra ed entra nell'isolato dove si trova il mio hotel.

<<Quindi ammetti che è un figo da paura?>>ribatte Isabelle euforica, avendo ovviamente notato che parole ho usato per descrivere il pilota.

<<Forse>>mormoro, e se avessi quindici anni ammetterei di essere nel bel mezzo di una crisi ormonale. Ma ho superato i vent'anni e di conseguenza il periodo dell'adolescenza da un bel po' di tempo ormai, e queste cose non fanno più per me.

<<Forse un po'? Ma sei seria? Charles Leclerc è un bono atomico, talmente tanto da essere perfino radioattivo. Se ci finissi in una stanza insieme potrei non rispondere più delle mie azioni, non so se mi spiego.>>esclama Isabelle, sospirando e battendo le mani.

Rido a quell'affermazione, tuttavia non mi trattengo dal dirle:<<Puoi dire alla fangirl che è in te di smetterla di farsi film mentali su persone che non hai mai visto?>>

<<La fangirl che è in me ti sta pesantemente insultando per questo tuo comportamento menefreghista nei confronti di una delle persone più belle sulla terra.>>risponde Isabelle ma, malgrado il suo finto tono austero, sento che le scappa una risatina.

<<Izzy, devo andare.>>le dico, vedendo che siamo a pochi metri dal mio hotel.

<<Divertiti stasera, e bevi un bicchiere anche per me. Anche più di uno.>>mi saluta lei, e prima che io possa dire qualsiasi cosa lei ha già chiuso la chiamata.

Incredibilmente, nel giro di meno di un'ora riesco a prepararmi per la festa, con tanto di trucco e acconciatura perfetti.

Un vestito argentato senza spalline aderisce perfettamente alle linee del mio corpo, coprendomi soltanto dal seno a metà coscia ma con un'inaspettata eleganza e raffinatezza, senza alcuna traccia di volgarità. Sulle spalle appoggio un blazer nero nel caso facesse fresco, che si abbina perfettamente alla borsa e alle scarpe dello stesso colore.

Come accessori scelgo una collana in argento con un ciondolo a forma di rosa, un paio di orecchini pendenti tempestati di brillantini e parecchi bracciali di diverso tipo, accomunati sempre dallo stesso colore grigio argento.

Lascio i capelli sciolti e li faccio ricadere in prevalenza dietro le spalle, con solo due ciocche che mi incorniciano il volto a sfiorarmi la clavicola.

Mi guardo un'ultima volta allo specchio e sorrido di fronte all'immagine che mi rimanda, incredibilmente fiera del mio outfit.

Una volta uscita dalla mia stanza, percorro le scale fino a ritrovarmi dapprima nella gigantesca hall e poi all'esterno dell'edificio. L'afoso clima australiano mi investe non appena metto piede fuori dall'hotel e mi costringe a togliermi immediatamente il blazer dalle spalle per l'eccessivo caldo.

Alle sette e trenta precise, intravedo una Ferrari blu scura entrare nella via e percorrerla fino a fermarsi esattamente davanti a me, con una brusca frenata che fa leggermente fischiare le ruote. Poi il finestrino viene abbassato e da esso si affaccia Charles Leclerc, vestito con una camicia blu abbellita da tanti disegnini bianchi e un paio di pantaloni scuri.

<<Eccomi, puntuale come un orologio svizzero.>>mi saluta, mentre io apro la portiera e salgo sull'auto.

Il sedile nero del passeggero mi accoglie in tutta la sua comodità e leggerezza, mettendomi immediatamente a mio agio e suscitandomi una sensazione di morbidezza non appena ci sprofondo.

<<Se cerchi di impressionarmi con le tue doti da pilota, sappi che seguo la Formula Uno da sempre e di azioni sconcertanti in pista ne ho viste tante.>>lo sfotto, con un sorrisino maligno.

<<Ma io le so anche fare.>>attesta lui, accompagnando le sue parole con un occhiolino.

Sbuffo di fronte alla sua arroganza e mi spalmo sul sedile, canticchiando una canzone che sta passando alla radio.

Nel giro di mezz'ora giungiamo a casa di Daniel, che si rivela essere una meravigliosa villa a più piani situata in periferia e immersa nella tranquillità dei boschi, rotta solo dalla musica elettronica che proviene dall'interno della casa. Il cortile è ricoperto da erba verde perfettamente curata, e al centro si trova un'enorme piscina illuminata che proietta fasci di luce azzurri tutto attorno, compreso sulla casa.

<<Ciao ragazzi! Com'è andato il viaggio? Spero non abbiate trovato coda, solitamente dopo il gran premio le strade sono un vero inferno.>>ci accoglie Daniel, correndo verso di noi con un'energia invidiabile, vista tutta la stanchezza accumulata durante il giorno.

<<Il vero problema è stata Rachel che mi pregava continuamente di tornare indietro per fermarmi da lei in hotel.>>scherza Charles. Stringe amichevolmente la mano a Daniel, il quale fortunatamente capisce subito che il monegasco sta mentendo, soprattutto grazie allo sguardo contrariato e infastidito che gli rivolgo.

Una volta entrati dentro la sontuosa dimora, Daniel mi presenta al resto dei piloti e alle rispettive fidanzate, tutti già seduti al grande tavolo che occupa l'ampio salone arredato in pieno stile rustico. Appaiono tutti molto entusiasti di fare la mia conoscenza, ed insieme ceniamo con delle bistecche senza condimento per loro e sature di olio e sale per me e delle carote rigorosamente bollite.

<<Certo che voi piloti non mangiate proprio niente.>>commento a fine pasto, pulendomi gli angoli della bocca con il tovagliolo.

<<Proprio per questo ho avuto la geniale idea di portare il dolce!>>esclama Carlos, l'unico tra tutti i piloti -escluso Charles, ovviamente- che ho conosciuto già prima di questa cena, poiché pilota della Ferrari e quindi parte del mio team. Raccoglie una borsa da terra e ne estrae il contenuto, ostentando una torta composta da tre tipi di cioccolato: bianco, al latte e fondente.

Quasi tutti i presenti lo fissano con occhi sbarrati, tranne Daniel ed io, che invece lo guardiamo con ammirazione e con un sorriso enorme stampato in volto.

Alla fine, dopo tutte le proteste degli altri a cui io, Daniel e Carlos sappiamo saggiamente ribattere, tutti si decidono a mangiare almeno una fettina della torta, che si rivela essere squisita.

Dopodiché inizia la vera e propria festa.

Le luci stroboscopiche colorate si accendono e illuminano ogni angolo della sala, mentre una musica assordante e ritmica si diffonde dalle enormi casse poste vicino al camino spento. Gli ospiti continuano ad aumentare e sono in parte seduti sui divanetti, in parte al centro della stanza a ballare e in parte fuori in giardino.

In particolare io e Charles facciamo parte di quest'ultimo gruppo, non avendo trovato posto sui divani interni poiché ci siamo assentati per lavare i piatti di cena proprio quando la festa è entrata nel vivo.

Le sedie di plastica che Daniel ha sistemato in giardino di fianco alla piscina sono più scomode di quanto pensassimo, ma ci sappiamo accontentare. Anche perché non abbiamo molte altre alternative.

Tra un cocktail e l'altro, decidiamo di non più schiodarci da quelle sedie, per quanto scomode e dure e traballanti siano, e ci rimaniamo fino alle quattro del mattino, a parlare di ogni cosa ci passi per la mente.

Non che abbiamo tanta scelta, dato che la macchina di Charles è rimasta imbottigliata tra tutte le altre, i cui proprietari sono per la maggior parte addormentati dentro casa.

Nonostante ciò mi trovo davvero bene con Charles, parlare mi viene naturale così come ogni altra cosa, e perfino punzecchiarlo con battutine o smorfie mi rallegra molto.

Negli attimi di silenzio che ci concediamo per finire i nostri drink, i nostri sguardi si perdono nel vasto cielo, sereno e limpido sopra di noi, e notiamo che si sta gradualmente colorando di rosso e arancione.

<<Guardiamo l'alba insieme?>>domanda Charles, incrociando il mio sguardo.

Annuisco, rilanciando però:<<Basta che non fai il romantico.>>

Dall'interno della casa, ormai praticamente tutta addormentata, ci arrivano le note di una canzone country, che sicuramente ha messo Daniel visti i suoi gusti musicali.

Spinti un po' dall'alcool ma anche un po' dalla leggerezza del momento, ci alziamo in piedi e iniziamo a ballare a bordo piscina, con movimenti strani e palesemente non pensati eppure sorprendentemente coordinati.

Danziamo sulle note di parecchie canzoni -tutte rigorosamente country- fino circa alle sette del mattino, quando ormai il sole ha fatto capolino nel cielo e io e Charles ci buttiamo nuovamente sulle sedie, stremati ma immensamente felici.

Mai avrei pensato che bastassero solo una canzone country, l'alba più bella del mondo e Charles al mio fianco per sentirmi così completa.

⚡️⚡️⚡️

Oggi capitolo decisamente più lungo del solito per approfondire le prime ore di conoscenza di Charles e Rachel, con tanto di festa a casa di Danny che non può mai mancare (e a cui, ammettiamolo, chi non vorrebbe imbucarsi). Per scrivere le ultime scene, mi sono immaginata la scena dei due che ballano "Cotton eye Joe", mentre Daniel li osserva dalla finestra con occhi sognanti.

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