7. SAME AS BEFORE
\ + 49 giorni \
you'd talk to her
when we were together
loved you at your worst
but that didn't matter
▶️Traitor, Olivia Rodrigo
Lavorare con il ragazzo con cui si ha una specie di relazione -se così si possa definire-, è una delle situazioni più imbarazzanti e sgradevoli al mondo.
Se poi ci devi avere a che fare direttamente, se lui è ciò da cui dipende il tuo lavoro e se le modifiche che ordini di apportare alla macchina scaturiscono dalle sue recensioni, è un vero disastro.
Durante i tre giorni del weekend di gara sono volati frecciatine, sguardi taglienti, qualche critica di troppo e parecchi insulti velati, e sinceramente non so come abbiamo fatto ad arrivare entrambi indenni a oggi, la domenica.
Probabilmente lui è sano e salvo soltanto perché è il miglior modo che ho per mostrare al mondo i buoni risultati del lavoro che svolgo, ed io sono ancora tutta intera solo perché gli servo per esibire la prestazione più perfetta possibile durante la gara, guadagnare punti e battere Max nella lotta al mondiale.
Abbiamo bisogno l'uno dell'altra, sì, ma non nello stesso modo di prima.
Appoggiata alla parete del box Ferrari che si affaccia sulla via principale del paddock, faccio un tiro dalla sigaretta che ho tra le dita e osservo la gente che passa, salutando qualche meccanico di tanto in tanto, nell'attesa che la mia brevissima pausa finisca.
Pausa che volevo trascorrere in totale solitudine, eppure a quanto pare sembra che non sarà così, a giudicare dall'andatura svelta di Max che procede verso di me, gli occhi pregni di terrore puntati nei miei.
<<Ti prego, salvami. Ho bisogno di aiuto.>>esordisce in tono precipitoso quando mi è vicino.
Sollevo un sopracciglio, guardandolo con diffidenza e facendo un altro tiro dalla sigaretta con nonchalance.<<Che tu abbia bisogno di aiuto non l'ho mai messo in dubbio, ma perché proprio da me?>>
Max sbuffa, alzando gli occhi al cielo con aria esasperata e anche leggermente infastidita.<<Non in quel senso. L'ho chiesto a te perché nessuno mi cercherà mai lì dentro.>>afferma come se fosse ovvio, facendo un cenno veloce in direzione dell'edificio alle mie spalle.
<<Credi davvero che farò entrare un non-membro del team dentro al box Ferrari?>>chiedo retoricamente, con una risatina di scherno.
Ma lui non molla la presa, anzi si avvicina di più a me per sussurrarmi.<<Sì, dovresti farlo. Riguarda anche te.>>
<<Niente di te riguarda anche me.>>
<<E invece sì. Ci sono Sophie e Vic al gran premio, e mi stanno cercando da tutta la mattina. Ho detto loro che ci sarebbe stata anche la mia fidanzata. ma...>>dice, ma io alzo minacciosamente una mano per bloccarlo.
Sposto il mio sguardo furioso sul suo, e lui sobbalza leggermente di fronte a tutta quella rabbia che gli riverso addosso.<<Che cazzo ti è saltato in mente? Tua madre crede che la tua fidanzata sia io!>>sbotto. Guardando oltre la sua spalla, vedo avvicinarsi due donne, una bionda e una bruna, e ho proprio la sensazione che siano la madre e la sorella di Max. Però scelgo di non dirlo a lui, non ancora. Prima voglio terminare questa discussione.
<<Lo so, lo so. Non so che cosa mi sia preso, mi sembrava l'unico modo per sfuggire agli interrogatori di mia madre.>>cerca di tirarsi fuori Max, guardando altrove pur di non incrociare il mio sguardo.
<<Avevamo stabilito che la farsa era finita dopo il Belgio. Cosa non ti è chiaro?>>
Lui rimane in silenzio. Si limita a guardarsi intorno con aria preoccupata, e quando vede le due donne dietro di lui ormai non ha più scampo.
Cerco di sgusciare velocemente dentro al mio box, come avevo già pianificato, ma Victoria mi ferma bloccandomi nella sua stretta affettuosa, nella quale coinvolge anche Max.<<Ragazzi, sono così felice di vedervi!>>esclama, colma di gioia.
<<Ciao Vic.>>la saluto semplicemente, rivolgendole un sorrisino di circostanza. Saluto anche la madre di Max, Sophie, che proprio in questo momento sta abbracciando -o meglio stritolando- il figlio.
<<Max, non mi avevi detto che la tua ragazza lavora alla Ferrari. Di cosa ti occupi, Emily?>>mi chiede Sophie, e devo ammettere che fa un certo effetto essere definita la fidanzata di qualcuno.
Specialmente se non è il qualcuno che vorrei io.
Apro la bocca per rispondere, ma nel mio campo visivo si intrufola di colpo una figura vestita interamente di rosso, proprio come me. Mi volto nella sua direzione, per vedere se sia un mio collega che ha bisogno di aiuto, ma davanti mi trovo Charles. Mi guarda con aria sconfitta, amareggiata, e nei suoi occhi leggo anche chiari segni di rabbia, che lo portano a superarmi con una spinta furiosa e a precipitarsi all'interno del box.
<<Scusate, devo andare. Buona giornata.>>mi scuso con le due donne, che mi rivolgono entrambe un sorrisone e mi dicono di non preoccuparmi. Mi volto per entrare nel box del mio team, solo dopo aver sussurrato a Max in tono gelido:<<Parliamo dopo>>.
Come previsto, trovo Charles nel suo stanzino, seduto sul divanetto con la testa tra le mani e le gambe che fremono dalla rabbia. Entro con cautela, chiudendomi lentamente la porta alle spalle e cercando di fare il meno rumore possibile.
<<Perché non te ne torni dal tuo fidanzato invece che star qui a perdere tempo con me? Sai, potrebbe ingelosirsi.>>sputa velenoso Charles, guardandomi negli occhi con una sicurezza che mi suggerisce di indietreggiare. Ma non lo faccio, anzi mi avvicino ulteriormente a lui. Se il suo obiettivo è quello di intimorirmi, allora ha sbagliato in pieno.
<<Max non è il mio ragazzo.>>affermo impassibile.
Lui ignora la mia affermazione e prosegue con il suo discorso, in tono furioso eppure appena percettibile, come il sibilo di un serpente.<<In Belgio vi siete dati da fare, immagino. Beh, buon per voi. Almeno scopa bene?>>
<<Non sai di cosa parli.>>dico semplicemente, appoggiandomi alla parete lì vicino per continuare a reggermi in piedi senza mostrare alcun segno di debolezza.
<<Eppure Sophie ti ha definita la ragazza di Max, chissà perché.>>
<<È una lunga storia, ma non c'è niente tra me e Max.>>ribadisco, incrociando le braccia al petto e non smettendo di guardarlo negli occhi nemmeno per un secondo.
<<E allora perché ti stai giustificando con me?>>Charles cerca di girare la situazione a suo favore, ma purtroppo per lui in questo campo le mie abilità sono imbattibili.
<<E perché tu te la prendi così tanto?>>ribatto, e so di avere colpito nel punto giusto quando lui distoglie lo sguardo.
Osserva il vuoto per un paio di secondi, poi i suoi occhi tornano a posarsi sui miei, e li vedo totalmente cambiati. Ora non sono più colmi di rabbia, ma di risentimento. Di cose non dette, di parole usate in modo inappropriato, di pentimento. Ed è uno sguardo che mi mette i brividi, talmente è potente quel miscuglio di sensazioni.
<<Perché eri mia, cazzo.>>esordisce di colpo, e in un secondo capisco cosa mi dirà dopo.<<Eri mia e solo mia, e ora mi sei sfuggita. A quanto pare stai pure con un altro, e la vostra storia va avanti da quando io ero in ospedale. Sono incazzato perché tutto ciò che abbiamo vissuto da quando sono tornato era finto, era solo uno dei tuoi fottuti giochi. Mi hai tenuto in pugno, facendomi credere che mi amavi, quando in realtà non vedevi l'ora di andare da un altro. Se mi vuoi davvero, devi dirmelo in faccia.>>
Il respiro mi manca di colpo, e le mani iniziano a tremarmi.<<Sai che non posso.>>sussurro senza fiato.
Non riuscire ad ammettere i miei sentimenti ad alta voce è sempre stato uno dei miei difetti più grandi, e forse il principale motivo per cui tutti nel corso della mia vita mi hanno abbandonata. Non dimostravo il mio amore nei loro confronti né con i gesti né tantomeno a parole, e loro, palesemente insoddisfatti, iniziavano a trascurarmi sempre di più.
Ho sempre voluto con tutta me stessa essere in grado di manifestare amore come tutte le normali fidanzate, ma io sono sempre stata diversa. Per capire i miei oscuri segni d'affetto bisogna leggere tra le righe di ciò che dico, ciò che faccio, e nessuno ne è mai stato in grado.
Dopo un po' di tempo, ho capito che il momento in cui iniziavo a venire trascurata era il principio della fine. Partivano con l'ignorarmi, poi trovavano qualche altra ragazza più disponibile e affettuosa di me e infine mi lasciavano, ogni volta con la stessa scusa.
Tu al nostro rapporto non ci tieni.
Volevo urlargli che si, ci tenevo immensamente, che si, li volevo al mio fianco, ma qualcosa mi ha sempre bloccata. Sono sempre rimasta zitta, ad osservarli mentre si allontanavano, portando con loro anche una parte di me.
E se ne sono andati tutti, uno dopo l'altro.
Ma Charles, nonostante tutto, è rimasto, ed io mi sento tremendamente in dovere di ringraziarlo in qualche modo.
Ma non così. Non a parole. Se proprio devo scegliere tra le parole e i gesti, scelgo sempre la seconda opzione.
Mi getto in avanti verso Charles, senza mai distogliere lo sguardo da quei suoi occhi magnetici, e mi fiondo con veemenza sulle sue labbra, che mi rispondono immediatamente. Gli mordo il labbro inferiore, mentre la sua lingua cerca di fare il suo ingresso nella mia bocca, ed io schiudo le labbra per agevolarlo. Mi metto a cavalcioni su di lui, e le sue mani vanno immediatamente ad accarezzarmi la schiena fino ad arrivare al sedere e stringermelo forte, strappandomi un gemito.
Sentiamo vagamente qualcuno che bussa alla porta, ma nessuno dei due ci fa caso e continuiamo a stringerci, a morderci, ad esplorarci come se fosse la prima volta che lo facciamo. Quando sentiamo di nuovo un pugno battere sulla porta, questa volta con più energia, ci stacchiamo con uno sbuffo. Mi alzo controvoglia e fuori dallo stanzino trovo Max, che mi guarda con un misto tra divertimento e dispiacere.
<<Vi ho disturbati?>>chiede, non riuscendo a trattenere un sorrisino nel vedere i nostri capelli scompigliati e le nostre labbra rosse e gonfie.
<<A dir la verità sì.>>ribatte Charles dietro di me, infilandosi prima una manica e poi l'altra della tuta con estrema disinvoltura, come se non fosse successo niente e questi gesti facessero semplicemente parte della sua routine pre-gara.
Ignoro le sue parole e continuo ad osservare Max con frustrazione, mentre gli domando:<<Cosa c'è?>>
<<Volevo scusarmi con te. Anzi, con entrambi.>>risponde Max, guardando prima me e poi Charles alle mie spalle, il quale si blocca con mezza manica infilata per guardare in modo scioccato l'olandese. Quest'ultimo prende un grosso respiro, come se le parole che sta per dire gli costassero molto, e infine prosegue:<<Ho capito che ciò che ho fatto è sbagliato, non dovevo mettermi tra di voi. Ormai ho confessato tutto a mia madre: le ho detto che tu in realtà non sei la mia ragazza, che con Emily avevo litigato prima che andassimo da lei in Belgio e che era tutto una farsa. Lei ovviamente si è incazzata, e parecchio anche, ma me lo merito. Capisco se non volete più parlarmi, ma ci tenevo soltanto a farvi sapere che mi dispiace per ogni cosa.>>
Sia io che Charles rimaniamo in silenzio per un paio di minuti buoni, che consentono a Max di allontanarsi, soltanto dopo averci scoccato un'ultima occhiata e un piccolo sorriso. Ma, non appena l'olandese arriva sulla soglia del box, Charles urla:<<Verstappen>>
Max si gira, evidentemente sorpreso che il monegasco l'abbia chiamato, ma allo stesso tempo felice che lo abbia fatto. Charles si limita a sorridergli debolmente e a dirgli:<<In bocca al lupo per la gara, ci vediamo in pista.>>
<<Puoi contarci.>>risponde Max con un sorriso e un veloce occhiolino, prima di mescolarsi tra la gente che popola l'affollato paddock.
<<Non dire ciò che stai per dire, odio Max esattamente come prima.>>mi precede Charles, voltandosi e fingendo di recuperare i guanti e il casco, ma soltanto per non incrociare i miei occhi.
<<Forse un po' meno.>>
<<Non posso neanche più pensare in tua presenza, tu sai già tutto.>>si arrende, con un sorrisino. Passandomi di fianco mi sfiora appositamente il braccio nudo, soffermandosi in particolare sull'interno del gomito, che lui sa essere il mio punto debole. Mi oltrepassa scoccandomi un'ultima seducente occhiata, e mi lascia lì con il fiato corto e i pensieri in totale subbuglio.
Anche due ore dopo, al termine della gara, il mio corpo non si è ancora ripreso del tutto da quel brevissimo ma intenso contatto, che ha scatenato in me un mix di emozioni indomabili. E la situazione sembra voler peggiorare drasticamente quando, dopo il podio, Charles mette piede nel suo stanzino, dove mi faccio trovare coricata sul divanetto con le gambe attorcigliate tra loro e un'espressione pericolosamente maliziosa in volto.
Charles ricambia il mio sorrisino e molla casco e guanti sul tavolino, prima di fiondarsi sul divano con me e stringermi fra le sue braccia. Niente baci, niente gesti passionali, niente morsi. Solo un semplice abbraccio, che però è più intimo di qualsiasi altra cosa possiamo mai fare.
Le sue braccia mi stringono forte, il mio stomaco si aggroviglia ripetutamente e sento il suo sorriso sbocciare come un fiore contro la mia spalla non appena aumento la presa su di lui, portandolo sempre di più verso di me.
Voglio sentirlo vicino, come se fossimo la stessa persona. Voglio inspirare il suo profumo e immergermi in esso fino a scordarmi del resto del mondo, fino a che non esiste altro che noi.
Che è proprio ciò che provo per i successivi minuti, quando siamo avvinghiati l'uno all'altra e uniti in ogni modo fisicamente e psicologicamente possibile.
Gli occhi di Charles non si staccano mai dai miei, se non per concedere alle sue labbra di vagare per tutto il mio corpo, donandogli intense scosse di piacere. Le mie dita vanno a giocare con i suoi capelli e anche a tirarglieli, cosa che gli provoca un mugolio istintivo. La mia schiena è inarcata e le mie gambe sono avvolte attorno al bacino di Charles, che si muove ritmicamente mentre aumenta pian piano la velocità, senza mai spezzare il contatto visivo tra di noi.
<<Non smettere.>>lo supplico tra i gemiti, e lui aumenta un po' di più il ritmo.
<<Non lo sto facendo.>>afferma, emettendo subito dopo un sospiro strozzato che si tramuta presto in un lamento di piacere.
<<Di guardarmi, intendo.>>spiego, afferrandogli una ciocca di capelli e tirandogliela non appena sento le sue spinte diventare più profonde. Lui sorride, mettendo in mostra la fossetta più profonda, su cui prontamente vado a premere, facendolo sorridere ancora di più.
Lo sento entrare sempre di più in me e premere proprio quel punto che mi fa chiudere istintivamente gli occhi per l'eccessivo piacere, ma li riapro immediatamente per incastrarli nuovamente in quelli di Charles.
I nostri occhi rimangono così, saldamente incollati gli uni agli altri, anche quando, dopo un paio di altre energiche spinte, giungiamo entrambi all'apice, e si staccano soltanto quando invertiamo le posizioni e ci sdraiamo sullo stretto divanetto, io sopra di lui.
<<Hai ancora l'anello.>>afferma Charles, prendendomi la mano destra tra le sue e rigirandosi tra le dita l'anello nero che porto al medio, uguale a quello che lui indossa al mignolo.
Annuisco e mi lascio sfuggire un sorrisino, su cui lui appoggia delicatamente le labbra.
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