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PROLOGO

Nero.
Tutto ciò che riuscivo a vedere era nero.
Per un attimo ho pensato che mi ritrovassi all'inferno, ma ad essere sinceri, nei prossimi minuti che mi stavano aspettando avrei preferito decisamente quello.
Ho provato ad aprire gli occhi, ed una forte luce ha invaso le mie pupille; stava dando davvero fastidio, così ho socchiuso le palpebre. In quel momento, delle figure si sono fatte spazio nella mia visuale. Non sono riuscito a vederle nitidamente per i primi due o tre minuti, ma ero sicuro che un brusio di voci si stava ampliando nelle mie orecchie.
Ho sentito frasi come "si sta svegliando" e "eccolo...adesso rinviene".
Pensavo di essere all'ospedale, ma a dire il vero non sapevo come sarei potuto andarci. Non ricordavo niente. Solo nero.
Mi è arrivata una frase come "uscite, deve stare in pace". Poi nient'altro, oltre una porta che si chiudeva.
Quando mi sono abituato alla luce ho aperto un po' di più gli occhi, e sono riuscito a vedere ciò che mi circondava.
Ho esaminato bene la stanza in cui mi trovavo: era prevalentemente bianca, e le pareti avevano macchie rosse quà e là. In un angolo, lontano dal letto su cui ero disteso, una ragazza era seduta su una sedia. Aveva lunghi boccoli marroni che le incorniciavano il viso, coperto da un foulard nero con una croce rossa ricamata sopra. Gli occhi grandi e marroni guardavano altrove, fuori da una vetrata che dava su un bosco. In capo portava un cappellino nero da infermiera, e il completo che indossava era anch'esso nero, con le cuciture rosse. Aveva tutta l'aria di essere un'infermiera, e la stanza in cui mi trovavo sembrava propro un'infermeria. Ma qualcosa mi diceva che non dovevo esserne del tutto sicuro.
Una flebo era collegata al mio braccio attraverso ad un tubicino di plastica che finiva con un'ago che penetrava nella mia vena.
Penso di aver avuto uno sguardo piuttosto confuso, perchè a quel punto la ragazza parlò.
《Sei arrivato qua privo di sensi, così ho dovuto curarti e somministrarti dei farmaci. Eri davvero in pessime condizioni.》 La sua voce era fredda e distaccata, come i suoi occhi. 《D-dove sono? E chi sei tu?》 Ho chiesto abbastanza scioccato. 《Sono Nurse Ann. Sei in una casa non lontana dai confini di Londra.》 Ha spiegato la donna. Era sorprendente come mi stava informando; rispondeva al minimo necessario, come se volesse nascondere qualcosa. Oppure, era solo abituata a rispondere alle domande che le venivano poste. Nè un'informazione in più, nè una in meno. Ho deciso che la seconda opzione era la più credibile, anche perchè non avevo la più pallida idea del perchè un'infermiera dovesse nascondere qualcosa. Mi sono fatto coraggio, e ho posto qualche domanda in più, ricevendo sempre risposte brevi e dirette. 《Per quanto tempo dovrò restare ancora qua?》 Ho chiesto infine.《Non te ne andrai.》 Rispose secca Ann. 《C-come scusa?》 Ero incredulo. Come poteva dirmi una perfetta sconosciuta dirmi una cosa del genere? Non potevo più andarmene da lì? In quel momento speravo stesse scherzando.
Nei pochi secondi che passarono dopo la mia mente è riuscita ad ordinare certi dati che non avevo preso davvero in considerazione: ero in una stanza assieme ad un'ipotetica infermiera vestita di nero con un carattere a dir poco pungente, in una casa al di fuori del confine di Londra, circondata da un fitto bosco.
La prima cosa che è risultata sensata nel mio cervello in quel momento era "scappa".
In fretta e furia mi sono staccato l'ago che mi collegava alla flebo, e sono schizzato fuori dalla stanza più veloce che potevo.
Percorsi un corridoio buio e silenzioso; le pareti ed il pavimento erano in legno, probabilmente vecchio dato che scricchiolava ad ogni passo che facevo. C'era puzza di muffa e sangue: un odore disgustoso.
Arrivai davanti a due rampe di scale: una portava giù al piano inferiore, ed una portava su da qualche parte in quella casa maleodorante e buia.
Decisi di scendere, poichè al piano inferiore ci sarebbe stata sicuramente una porta da cui sarei potuto uscire.
Sono sceso di corsa le scale scricchiolanti, rischiando di inciampare più di una volta.
Appena arrivato al piano terra, la visuale che mi si è proposta era terrificante: una specie di bordello, oserei dire. C'era puzza di alcool e fumo, delle ragazze stavano sedute su un divano decrepito, mentre altri ragazzi stavano giocando a carte o a freccette. La cosa che mi ha colpito di più, però, è sato il loro aspetto. Un ragazzo aveva una maschera blu, con due gandi fori per gli...occhi? No, non erano occhi. Era una sostanza simile al catrame che gli colava ai lati della maschera.
Un altro ragazzo era seduto in mezzo alle ragazze che gli stavano facendo la corte. Era moro con gli occhi bianchi, fatta eccezione per la pupilla, contornati da ustioni e pelle bruciata, un largo sorriso inciso dai lati della sua bocca, fino a metà guance, rendeva lo spettacolo ancora più raccapricciante; la felpa bianca macchiata di sangue.
Una specie di clown dal naso a cono ridacchiava assieme al ragazzo con la maschera blu. Era alto ed aveva capelli corvini. Gli indumenti erano completamente bianchi e neri, e dietro le sue labbra si potevano ben vedere i suoi denti aguzzi.
Ciò che provavo in quel momento era puro terrore. Ho sgranato gli occhi, e cacciato un urlo tutti i presenti si girarono verso di me.
《Guarda guarda chi si è svegliato!》 Ridacchiò il ragazzo dalla felpa bianca. 《Piacere Benjamin, sono Jeff. Jeff The Killer!》 Ha detto il ragazzo alzandosi e tendendomi la mano. Un coro di risolini e moine si è innalzato dietro di lui, sicuramente proveniente dalle due ragazze sul divanetto. Sbarrai gli occhi e lentamente, molto lentamente, strinsi la mano di Jeff. 《P-piacere mio...》 Dissi timoroso. 《Benvenuto nella famiglia nanetto! Sono contento che ti sei ripreso! Eri davvero in pessime condizioni...》 Disse il clown in bianco e nero, sorridendo allegro. 《Sono Laughing Jack nella scatola, il clown sorridente!》 Disse sempre col suo fare allegro e sciolto. Sorrisi con aria nervosa, e cercai di fare una battuta scherzosa. 《Che sei sorridente si vede, piacere mio!》 Dissi tirando un sorriso.
Il ragazzo dalla maschera blu si alzò e si avvicinò spaventosamente a me, fissandomi con quelle orbite inquietanti. 《Vedo che stai meglio Benjamin. Sono Eyeless Jack, colui che ti ha portato qua.》 Disse quasi in un sibilo, con aria misteriosa. 《Oh, okay...p-piacere mio.》 Risposi in un soffio.
《Ragazzi non spaventatelo troppo. L'Operatore lo aspetta nel suo studio, dobbiamo portarlo su.》 Disse un nuovo ragazzo, spuntato dietro a Laughing Jack. Aveva una giacca giallastra e una maschera bianca dai tratti femminili. Accanto a lui un altro ragazzo dalla felpa gialla, ed un passamontagna con un'espressione triste cucita sopra era calato su tutto il viso.
《Io sono Masky, e lui -fece un cenno verso il ragazzo col passamontagna- è Hoodie.》 Disse il ragazzo con la mascera bianca. 《Seguici.》 Mi fece infine.
Salimmo le scale da cui ero arrivato in quella stanza, e di nuovo quell'odore acre e malsano inondò le mie narici. Che schifo mi ritrovai a pensare perchè diamine sono qua poi? Ah, la devo proprio sapere questa!

Salendo le scale notai che ogni venti gradini c'era un lungo e largo corridoio, ed ai lati di esso erano ancorato varie porte di diverse dimensioni e colori. Ognuna era "decorata" a modo suo, a seconda dei gusti del proprietario pensai.
C'erano almeno una ventina di corridoi, perciò dovevano essere in tanti in quella casa. Solo ora mi accorgevo di quanto gande era quell'abitazione, e mi chiesi come avevo fatto a non perdermici prima.

Notai che ogni due o tre corridoi quella puzza insopportabile scemava sempre di più. Anche i corridoi ai piani più alti erano più ospitali di quelli in basso. Forse qua c'è una sorta di gerarchia ipotizzai.
Imboccammo l'ultimo corridoio della scalinata, quello più elegante, pensai.
Le pareti erano in moquette verde scuro, tappezzate di quadri che davano un tocco elegante ma antico. Le rappresentazioni erano piuttosto macabre, e mi facevano uno strano effetto, come se non mi rivoltasse l'idea di qualcuno sbudellato in maniere indescrivibili.
In quel corridoio erano presenti solamente quattro porte. Una nera, al centro rappresentate due rose: una rossa ed una blu. I petali dei due fiori erano pitturati ad olio probabilmente, stando alla vivacità che emanavano i due colori.
Una seconda porta, nera anch'essa, decorata però da pallini colorati di tutte le misure e tonalità.
La terza porta era invece di vetro opaco, lo stipite e la cornice di legno bianco, lucidati talmente bene che pensai fosse in truciolato, se non fosse sato per una piccola crepa che si estendeva per pochi centimetri, al lato destro di uno dei due stipiti.
Ci fermammo di fronte alla quarta porta: una semplice, in legno scuro. Mi sorpresi di tutta quella modestia e serietà.
Hoodie bussò alla porta, ed un rumore statico ed assordante si propagò nella mia testa. A dire il vero, non capivo se fosse nella mia testa o tutt'intorno a me. Sentivo solo questo rumore statico che mi limava il cervello. Finì pochi secondi dopo, quando il ragazzo col passamontagna entrò nella stanza.
Era piuttosto spoglia: una scrivania lignea stava al centro, alle pareti laterali due vaste librerie, colme di tomi dall'aria antica. Alle spalle della scrivania era situata una grande finestra da cui si poteva vedere tutto il paesaggio attorno alla casa. Di fronte a questa vasta lastra di vetro si ergeva un...uomo? Non seppi descrivere benissimo cos'era. Era vestito elegante, come per una festa importante: uno smoking nero ed una cravatta rossa. Era davvero alto, quasi fino al soffitto, e sul suo viso non c'era ombra di tratti somatici.
Soffocai un grido; avevo pensato di aver già visto abbasanza, ma a quanto pare non era così.

L'uomo scostò una sedia con una mano grande dalle dita ossute e lunghe, dopo essersi seduto mi fece un cenno verso la sedia posta all'altro lato della scrivania. Terrorizzato mi sedetti con una lentezza straziante. 《Benvenuto, Benjamin.》 Disse l'uomo alto, con un tono pacato ma freddo. Io continuai a fissarlo, gli occhi sbarrati e la mascella tremolante. Aveva parlato, ma non aveva la bocca. Che diamine di posto è questo? Mi chiesi, spaventato.《Beh, ragazzo, questo è un palazzo dove tutti i killer come noi dimorano in pace. La Slender Mansion, un luogo di sicurezza e tranquillità per tutti noi, gestito da me.》 Restai basito dalla sua affermazione. Mi aveva letto nella mente? 《K-k-KILLER?》 Riuscii a balbettare impaurito. 《Dove credevi fossi finito? Un ospedale? Un bordello? Certo, dal piano inferiore si può anche definirlo tale, ma di sicuro non un'ospedale.》 A pensarci bene, aveva ragione. Ma restava una perplessità... 《M-ma io non sono un...un k-killer.》 Sussurrai incerto, abbassando lo sguardo. 《Non ancora, ma ne hai le sembianze. Ti sei visto allo specchio?》 Chiese l'uomo, scrutandomi con quel vuoto terrificante che aveva stampato sul volto. Alzai la testa di scatto 《Cos'ho che non va?》 Chiesi con voce tremolante, sentivo gli occhi pizzicare, ma non ci feci caso. 《V-voglio tornare a casa...》Mi mancò l'aria, ero impanicato e non sapevo che fare. 《A casa? Quella vecchia dove abitavi priva? Dove tuo padre ti picchiava e violentava? Benjamin, tuo padre è morto dopo averti ucciso.》 Rispose calmo, ma con una nota di fastidio nella voce. 《U-ucciso? UCCISO? S-SONO MORTO? QUESTO È L'INFERNO? CHE HO FATTO DI MALE?》 Urlai terrorizzato alzandomi violentemente dalla sedia e guardandomi le mani, toccandomi il corpo per accertarmi di qualcosa che non sapevo neppure io. 《BENJAMIN!》 La voce autoritaria dell'uomo alto mi distolse e portò i miei occhi su di lui, ancora scoccati per la scoperta. 《Mantieni la calma. Tuo padre ti ha ucciso ed io ti ho salvato, con l'aiuto di Nurse Ann.》 Ripensai alla donna nella stanza bianca, quella simile ad un ospedale. Ero morto? Come? Perchè mi avevano salvato? Ma soprattutto come mi avevano salvato? 《È capibile la tua confusione in questo momento. Comunque, io sono Slenderman; capo della struttura e delle Creepypasta terrestri. Per qualsiasi cosa ti puoi rivolgere a me.》 Conluse lui. 《Va bene...avrei una d-domanda...》 Dissi esitando, ma poi lui annuì, appoggiando i gomiti sulla scrivania, quindi proseguii 《Com'è fatto l'edificio? Ci sono regole?》 Chiesi titubante 《Il palazzo è costruito in mezzo ad un fitto bosco in America. Non ti posso dare molte informazioni per ora, poichè sei nuovo e potresti combinare qualcosa. In ogni caso, l'edificio è costituito da venti piani, ognuno di essi è dotato dalle sette alle dieci stanze. Qua siamo al diciassettesimo piano, dove però ci sono sllo quattro stanze: la mia, e quelle dei miei fratelli. Qui l'assegnazione delle stanze è giudicata dai poteri che una Creepypatsta possiede, ed ogni tre piani si sale di "livello". I piani occupati dalle stanze sono dodici, il resto dei piani contengono stanze comuni, ricreative, o delle specie di riserve per cibo e ogetti utili.》 Finì di spiegarmi lo Slenderman. 《Grazie tante.》 Risposi sicuro 《In ogni caso sulla tua scrivania troverai una piantina della casa ed il regolamento.》 Istruì, io annuii riconoscente. 《Masky, Hoodie, accompagnatelo nella sua stanza.》 Si rivolse ai due ragazzi con un cenno del capo, loro annuirono e uscirono aspettandomi sulla soglia, li seguii lungo il corridoio, guardandomi attorno e osservando curioso tutto ciò che mi suonava insolito.
Arrivammo davanti ad una porta in un corridoio sotto a quello dei due proxy -mi dissero di essere proxy durante il tragitto, e mi parlarono anche di altri tre proxy assieme a loro-. Era in legno verniciato di un verde bosco brillante. Hoodie mi consegnò una chiave ed un doppione, in caso perdessi la prima. Entrai nella stanza, richiudendo la porta dietro di me, mi voltai, non sapendo che quello era solo l'inizio di una grande, eterna avventura.

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