cap18: Natale
Venticinque Dicembre -Natale-
L'orologio sul comodino segnava le 10:30 del mattino e dalle bianche tende della camera di Rossana penetrava la luce tiepida del giorno nato appena da qualche ora.
Lentamente il bianco, che qualche ora prima aveva invaso tutto ciò che si trovava sulla sua traiettoria, stava lasciando spazio ai colori della città: il nero dell'asfalto, il rosso dei tetti delle case, il blu intenso del fiume immerso nel verde dei prati e delle aiuole che lo affiancavano.
Dal suo letto, Rossana, sentiva la città lentamente svegliarsi ed affacciarsi al Natale: il rumore delle auto che passavano per le stradine del centro, il suono melodioso delle campane della chiesa che annunciavano la nascita del Salvatore, le grida di gioia dei bambini che facevano a gara, tra le bancarelle del viale alberato, su chi avrebbe acquistato più marshmallows, lecca lecca ed orsetti gommosi.
Erano ore, ormai, che lei continuava a fissare il soffitto di camera sua in cerca di un qualche misterioso segnale che l'aiutasse a risolvere il suo problema più grande: Samuel.
Quello spettacolo di ragazzo della stanza accanto, così testardo e deciso, era in grado farle andare in pappa il cervello.
E più pensava a quanto era accaduto tra loro la sera precedente e più le sembrava di impazzire.
L'aver trascorso l'intera notte in quella posizione così innaturale e scomoda aveva fatto sì che iniziasse ad accusare una forte tensione che si protraeva lungo tutti i muscoli della sua schiena.
Con difficoltà si tirò su alzando il busto e, dopo essersi guardata un po' intorno, provò a massaggiarsi il collo con la mano destra esercitando una leggera pressione sul punto in cui sentiva maggiormente i suoi muscoli contrarsi.
Tuttavia quel movimento sortì l'effetto opposto a quello da lei sperato provocandole un immediato lancinante dolore che partì dalla nuca per poi estendersi alle spalle fino, in ultimo, a coinvolgere l'intera zona lombare.
Contrasse i muscoli facciali in un'espressione di puro dolore e si lasciò scappare un flebile e breve lamento.
Si alzò dal letto scalza e si diresse verso la toletta, si sedette sullo sgabello e specchiandosi raccolse i suoi capelli in una cipollina improvvisata.
Poi fissò il suo riflesso nello specchio.
Sul suo volto erano ben visibili i segni della notte insonne appena trascorsa.
Quell'uragano di emozioni che l'aveva travolta e trascinata verso orizzonti mai scoperti prima era assai lontano da tutto quello che aveva mai provato in vita sua.
Aveva il cuore che a furia di battere così veloce quasi le faceva male.
Si passò l'indice sul labbro inferiore e nella mente le tornarono alcuni flashback della notte appena trascorsa.
Le sue mani tra i capelli morbidi di lui.
Le mani di lui sui suoi fianchi.
Le loro lingue che vogliose giocavano a rincorrersi.
Passò gran parte del tempo a cercare di convincersi che quella fosse stata la scelta giusta.
Ma purtroppo però razionalizzando era ben consapevole che di giusto, quel bacio, non aveva avuto proprio nulla.
Provò un senso di agitazione pensando a quello che sarebbe accaduto di lì a poco con Samuel.
Sana, infatti, era conscia che lui quel bacio non l'avrebbe mai e poi mai considerato un errore e questa loro diversità di pensieri avrebbe generato, ben presto, una serie di altri infiniti litigi a catena che li avrebbero portati ad allontanarsi sempre di più.
Sbuffò.
In quel periodo non aveva voglia di discutere con nessuno, ancor meno con il suo più caro amico.
Aprì la porta di camera sua e si affacciò verso quella chiusa di lui, trattenne il respiro per qualche attimo così da poter captare eventuali tracce della sua presenza all'interno della stanza, ma l'unica cosa che udì fu il rumore delle stoviglie provenire dal piano di sotto ed il vociare allegro dei suoi alle prese con la colazione giù in cucina.
Si fece coraggio e scese il primo gradino, poi il secondo, ancora il terzo fino a giungere agli ultimi, da quella posizione, attraverso le colonnine del parapetto, riuscì a scorgere tutti e tre loro intenti a gustarsi beatamente ogni ben di Dio presente sul tavolo.
In aria c'era una forte essenza di caffè appena fatto ed un dolce profumo di ciambella al cioccolato appena sfornata.
Deglutì.
Iniziava fortemente ad avere un urgente bisogno di un notevole apporto di zuccheri e calorie.
Si sedette sul terzultimo gradino e puntò dapprima la sua attenzione verso la madre e Tommaso che come ogni mattina erano intenti a guardare con estrema attenzione l'evolversi della telenovela alla quale erano da sempre molto affezionati.
Solo due tipi matti come loro potevano seguire una serie tv tanto demente come quella e trovarla persino divertente. Sorrise.
Poi, si focalizzò su Samuel che maneggiava distrattamente il cellulare.
Si sporse più avanti evitando di farsi vedere da loro e rimase a scrutarlo per un po'.
Le sue mani affusolate, i suoi capelli neri e perennemente disordinati, le sue labbra carnose e morbide.
Chiuse gli occhi e lo ricordò a due passi da lei.
Ricordò il suo sguardo deciso; le sue labbra curiose; le sue mani vogliose che viaggiavano con foga sul corpo di lei.
Riaprì di nuovo gli occhi e d'un tratto visualizzò, nella sua mente, il momento in cui, subito dopo quel contatto così intenso e profondo tra loro, lei si staccò dalla sua presa e senza dargli alcuna spiegazione si allontanò improvvisamente da lui.
Prima di rintanarsi in camera sua si voltò a guardarlo per l'ultima volta notando il suo profilo deciso illuminato dal solo riflesso della luna piena unitamente ai suoi occhi che, confusi, saettavano veloci dalle sue scarpe al viso di lei.
Era come se in quel momento le avesse voluto dire qualcosa per fermarla, per farla ritornare da lui, per farle capire che non si doveva preouccupare di nulla e che andava tutto bene.
Tuttavia rimase inerte a scrutarla fin quando lei non si chiuse la porta alle spalle.
Di quella scena gli era rimasto impresso proprio quel suo sguardo languido, un mix di curiosità e passione, oltre alle le sue labbra carnose ancora estremamente vogliose di continuare quello che avevano iniziato.
Come avrebbe dovuto spiegargli in quel preciso momento che per lei per quanto bello, quel bacio, continuava a non essere giusto?
Come avrebbe dovuto spiegargli in quell'istante, mentre le loro lingue si assaggiavano vogliose, che quel bacio la faceva sentire sbagliata perchè con esso stava tradendo la fiducia della persona più importante della sua vita: la madre.
D'altronde cosa avrebbe mai potuto pensare, Felicia, se mai avesse scoperto che la figlia formicava segretamente con il figlio del suo compagno?
Nonostante tutti questi pensieri più lo guardava quella mattina e più le veniva da sorridere.
Un sorriso che non aveva nulla di positivo però ma che era unicamente dettato dalla forte rabbia che provava verso tutta quella situazione.
Era bello da qualsiasi prospettiva lo guardasse e questo le faceva ancora più male.
Una volta che li raggiunse a tavola, Samuel alzò il suo sguardo dal display del cellulare e la fissò in silenzio per qualche secondo.
《Sana, ma cosa hai fatto stanotte? Hai delle occhiaie!》 esclamò, scoppiando in una risata fragorosa, Felicia.
《Sembri un panda!》intervenne scherzosamente Tommaso distogliendo per un attimo lo sguardo dallo schermo della televisione.
《Già!》confermò Samuel, abbozzando un innocuo sorriso.
Era pazza per quel maledetto sorriso oramai.
Prese il suo posto evitando accuratamente qualsiasi tipo di contatto visivo con lui che da lontano continuava a scrutarla con fare indagatore.
Dopo essersi versata del succo di albicocca rimase per un po' a fissare il bicchiere, creando curiosità nella madre che più la guardava e più notava che molto stranamente la figlia non fosse del suo solito buon umore.
《Amore, si può sapere a cosa stai pensando?》le domandò Felicia, facendo in modo che anche gli altri commensali puntassero l'attenzione su di lei.
《Nulla !》mormorò.
Poi si voltò verso Samuel.
I loro sguardi si incrociarono e lui azzardò un timido sorriso.
Più la guardava e più percepiva che c'era qualcosa di diverso dalla Sana della sera prima.
Dagli sguardi fugaci che gli indirizzava e dall'insolito silenzio in cui versava gli era palese tutta l' irrequietezza che lei stava provando in quel momento.
Si incantò a guardarla, però.
Era bella con il suo pigiama a poise azzurro e bianco.
Era bella senza trucco e con i capelli sfatti.
E più la guardava e più non riusciva a smettere di farlo.
《Mi passi il latte?》gli chiese d'un tratto.
Samuel si disincantò e le passò la brocca, in quell'attimo le loro mani si sfiorarono e lui credette di impazzire.
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