cap 9: ed ora?
Un giorno di ritorno da scuola, Sana e Samuel, videro dal finestrone del BarCentral, i loro rispettivi genitori parlare serenamente tra loro e restarono, di primo acchito, stupefatti per la confidenza che sembrava esserci tra i due.
《Samuel, tu sapevi che i nostri si conoscessero? 》domandò, dubbiosa Sana.
Mentre sul volto, man mano che osservava quella scena così anomala ed improvvisa, le compariva un'espressione di incredulità e disorientamento.
Samuel non le rispose, ma dalla sua espressione era chiaro che anche lui era stato colto alla sprovvista proprio quanto lei.
Lo osservò, mentre, con un movimento lento, si appoggiò contro quell'enorme vetrata del Bar facendo aderire alla perfezione il suo corpo a quella lastra di vetro gelida ed umida al tatto. Si portò, poi, le mani ai lati degli occhi e provò a focalizzare meglio quella situazione che si stava consumando davanti ai loro sguardi increduli.
Più lo guardava, e più notava che sul suo volto in quella frazione di secondo, scorrevano veloci, un miscuglio di sensazioni negative.
Mentre continuava a fissare la sua reazione, lo vide, dapprima, irrigidirsi e poi successivamente premere forte i pugni contro al vetro fin quando le sue nocche non divennero completamente bianche.
Sana all'inizio faticò a capire cosa lo avesse turbato, poi, però, quando si voltò verso i genitori capì subito da cosa fosse dipesa quella reazione di sua chiusura improvvisa.
Scorse, la mano del padre di Samuel sulla gamba di sua madre che, stranamente, non sembrava affatto sorpresa da quell' improvviso contatto fisico da lui appena instaurato.
Il suo pollice si muoveva libero sulla gamba di lei, il suo movimento era a tratti veloce, poi, si interrompeva per qualche secondo, per poi riprendere la sua corsa lungo la pendenza liscia e morbida del suo ginocchio.
Felicia, continuava a parlare serena, il suo viso era rilassato e le mani gesticolavano come sua abitudine.
I ragazzi osservavano interdetti quanto stava accadendo a pochi metri da loro, quella complicità così forte, quegli sguardi di intesa e quelle mani che, con discrezione, si cercavano, iniziarono ad innescare una miriade di pensieri nella loro mente.
Come si erano conosciuti? E perchè, avevano l'impressione che i loro genitori fossero gli unici custodi di un segreto sconosciuto ai più e bellissimo?
Qualcosa sembrava non quadrare ed i ragazzi iniziarono, nei giorni successivi, ad indagare.
Le loro indagini, alla fine condussero ad una scoperta sconvolegente:
i loro genitori si stavano frequentando già da più di un anno a loro insaputa.
E questa rivelazione destò non pochi malumori in Sana e Samuel.
Samuel, non si spiegava come poteva essere che il padre avesse dimenticato la madre, rifacendosi la vita con un'altra donna, mentre Sana, non si raccapacitava sul perchè la madre l'avesse mantenuta all'oscuro di quella sua frequentazione così duratura e seria.
Da quel momento in poi tutto sarebbe diventato troppo complicato per loro ed i sentimenti di risentimento, che iniziavano a nutrire verso i loro genitori, diventavano ogni giorno sempre più forti e persistenti.
Così, un giorno, Sana decise di chiedere delle spiegazioni direttamente alla madre.
《Mamma, Tu ed il padre di Samuel Martini, state assieme?》le chiese, una sera mentre Felicia si apprestava a preparare la tavola per la cena.
Quella domanda le nacque spontanea e non ebbe nè modo nè voglia di fermarla.
Aveva bisogno di chiarimenti che solo la madre avrebbe potuto renderle.
La madre, colta alla sprovvista, per un po' rimase in silenzio cercando di trovare il coraggio di confessare tutto alla figlia.
Poi, si costrinse a trovare la forza per iniziare a mettere in fila qualche parola.
Sana più la guardava in volto e più pensava che non l'aveva mai vista tanto in difficoltà.
《Sì, Sana, ci frequentiamo più o meno da un anno e mezzo, mi dispiace che lo abbia scoperto così, da sola, avrei voluto parlartene...ma non ho mai trovato il coraggio di affrontare il discorso con te.
Sapevo che tra te e Samuel non corresse buon sangue e poi non sapevo come l'avresti presa...
Insomma, siamo sempre state solo tu ed io e non sapevo se la mia storia con Tommaso ti avrebbe potuto creare problemi.
Ti prego di scusarmi, Sana.》le disse d'un fiato, evitando di incrociare i suoi occhi.
Sana, in quell'attimo sentì la terra tremare sotto i suoi piedi.
La fissava con aria di chi spera in un "suvvia sto scherzando!", ma quella frase proprio non arrivava e la madre, in compenso, si era scurita in volto.
Aveva lo sguardo basso e l'espressione sconfitta di chi sa che sta per essere giustiziato, e con tutto la dignità che ha dentro, attende il suo turno.
Sana, dal canto suo aveva smesso di respirare da un pò ', le mani le cadevano lungo i fianchi e sul suo viso l'espressione iniziale di stupore fece presto spazio ad un'espressione carica di ira e rancore verso la donna che le era di fianco.
Come poteva averle mentito per tutto quel tempo?
Un anno e mezzo di menzogne ed un anno e mezzo di omissioni.
Si ammutolì per qualche minuto e si lasciò cadere sulla sedia più vicina sforzandosi di metabolizzare quella risposta così immediata e sincera.
Il ticchettio dell'orologio in cucina, in mezzo a tutto quel silenzio, sembrava sempre più assordante, ed il rumore delle gocce d'acqua che scendevano dal rubinetto e si inseguivano dispettose nel lavabo diventava sempre più pesante ed irritante.
《Sana, tesoro, avrai tutte le risposte che meriti di avere, promesso!》si sforzò di sorriderle, ma la delusione che Sana stava provando in quel momento, le si leggeva chiara sul volto.
Poi, Felicia, si alzò di scatto e, dopo averle dato un bacio sulla fronte, si incamminò verso la sua camera da letto e lì rimase fino al mattino successivo.
Il giorno dopo di ritorno dal BARcentral, dopo che Samuel accompagnò a casa Rossana, la madre di lei lo chiamò affacciandosi dal balcone della cucina e lo invitò ad entrare in casa.
Una volta entrati nell'immenso e sontuoso salone, li attendeva una tavola addobbata a festa, con leccornie di ogni tipo e gli addobbi di Natale, posizionati lungo tutta la lunghezza della ringhiera della scala a chiocciole, partivano dal piano terra fino ad arrivare al piano superiore, il camino nel salone scoppiettava ed irrogava calore per tutta la casa.
I ragazzi si fermarono a qualche metro dalla porta, soffermarono per un po' Felicia, che a sua volta si sforzava di tenere un atteggiamento disinvolto e naturale, nonostante le sue guancia un po' più rosse tradivano il suo stato di imbarazzo ed agitazione.
Sana guardava la mamma, elegante come non mai e con addosso il suo sorriso migliore, i suoi lunghi capelli castani le cadevano liberi sulle spalle lasciate scoperte ed i suoi occhi nocciola erano più truccati del solito, aveva persino addosso il suo profumo preferito ed all'anulare l'anello di ambra che lei le regalò qualche mese prima per la festa della mamma.
《Mamma...》 iniziò a dire.
Avrebbe voluto chiederle delle spiegazioni sul perché avesse deciso di invitare Samuel ad entrare e sul perché fosse così in ghingheri quella sera, ma da quella prospettiva alle spalle della madre, notò poco più avanti, in cucina, una sagoma maschile.
Si interruppe, declutì e sul suo volto comparve un'espressione di stupore mista a paura.
Samuel spostò il suo sguardo verso la direzione in cui Sana stava così insistentemente fissando e capì subito che qualcosa non andasse per il verso giusto.
Man mano che si avvicinavano a quella sagoma iniziavano a cogliere dei dettagli sempre maggiori.
Dava le spalle alla porta e da lontano, quell'uomo, dai capelli brizzolati e dall'aspetto curato, sembrava fosse intento a guardare il giardino sul quale affacciava il balcone della cucina.
Man mano che si avvicinavano a lui, quel profilo diventava sempre più familiare.
Poi finalmente, quell'uomo si voltò verso di loro, rivelando la sua identità.
Samuel, in quell'istante, riconobbe in quella sagama all'inizio sconosciuta e misteriosa, suo padre.
I ragazzi, rimasero sull'uscio ad osservarlo faticando a trovare le parole da dire in quella circostanza inusuale e così tanto temuta.
Il momento della verità era vicinone loro avrebbero voluto stoppare il tempo per ritornare a qualche giorno prima, quando ancora erano ignari di tutto.
Non volendo, con le loro pressioni, avevano portato all'inevitabile.
Ora sarebbe diventato tutto reale e concreto e loro stavano per essere messi spalle al muro dai loro genitori.
《Ragazzi, abbiamo organizzato tutto questo per comunicarvi che da oggi, io e Felicia, stiamo ufficialmente assieme!》disse d'un fiato, Tommaso.
Poi lentamente si avvicinò a loro, accorciando quella iniziale distanza fisica che li separava.
I ragazzi sgranarono gli occhi stupefatti da quella dichiarazione improvvisa e fin troppo, a loro avviso, affrettata.
《Stiamo anche pensando di andare a convivere!》intervenne, Felicia.
Tommaso, si avvicinò a lei e con il braccio le cinse i fianchi in maniera decisa.
《Ma cosa stai dicendo?》urló disorientata, Sana.
《Ragazzi, capiamo perfettente il vostro stato d'animo, ma cercate di capire anche noi...
Io e Felicia, stiamo assieme già da due anni, ed il fatto che ora voi lo sappiate per noi è davvero una liberazione!》
Tommaso, si fermò per qualche secondo, si staccò da Felicia e raggiunse i ragazzi verso la porta.
Poi continuò.
《Non avevamo il coraggio di dirvelo perchè tra voi all'inizio non correva buon sangue...
Samuel, ogni volta che ti guardava in tv, ad esempio, cambiava canale!》
disse, rivolgendo il suo sguardo verso Sana.
《Poi, all'inizio tua mamma era titubante, aveva paura che non l'avessi mai accettato e questo ci ha portato ad aspettare per tutto questo tempo.
Si fermò di nuovo, prese un respiro forte, quasi di sollievo e poi continuò.
《Ora però, le cose sono cambiate!》esclamò.
Samuel, aveva lo sgurdo basso, di chi si rifiuta di vedere la realtà che gli scorre inesorabile davanti ai propri occhi. Con la mano destra si tormentava il braccialetto di cuoio che aveva al polso spostando la sua attenzione verso altro.
Poi, si sforzò di alzare lo sguardo verso quella che sarebbe diventata, a breve, la sua nuova famiglia, si irrigidì dinanzi a quel pensiero ed indietreggiò, allontanandosi di qualche metro dal padre.
《E se noi non volessimo?》gli chiese, alzando di colpo la voce.
《 E per quale motivo voi non dovreste volerlo? godereste nel saperci tristi? e poi voi avete quasi diciotto anni, tra un po' vi toccherà andare all'università, Dio solo sa quale sceglierete e dove!》gli rispose, in modo deciso, Tommaso riavvicinandosi, poi, a Felicia.
Poi la guardò e le sorrise teneramente per darle coraggio, lei peró, abbassò lo sguardo.
《Ragazzi, voi avete tutte le ragioni dalla vostra... siete cresciuti come figli unici, avete le vostre abitudini ed avete diritto che le cose non mutino in peggio.
Ed è proprio per questo che nella futura casa, abbiamo deciso di riservarvi un piano solo per voi due e per i vostri amici.》intervenne Felicia, con tono pacato e calmo, cercando di mascherare l'ansia del sempre più imminente rifiuto dei ragazzi a quella loro relazione da anni così difficile e tormentata.
《Ma di quale casa state parlando?》 la troncò Sana, furiosa.
《 Tesoro, della casa dove andremo a vivere tutti assieme, fu una casa che Tommaso costruì qualche anno ed è rimasta invenduta per diversi anni a causa dell'enorme valore monetario che ha e che mal si concilia con la bassa domanda immobiliare che affligge la nostra economia Nazionale.
Però, credimi, è davvero bellissima!》provò a sorriderle con tenerezza ma Sana ignorò quel contatto che la madre avrebbe voluto instaurare con lei.
Di fatti, abbassò repentinamente lo sguardo, evitando che i suoi occhi potessero incrociarsi con quelli della madre e sbuffò con un'espressione di tristezza e di rassegnazione.
Poi, alzò il suo sguardo verso Samuel.
Le sue mani erano strette in pugni chiusi e lo sguardo era puntato tutto verso il padre, aveva assunto d'un tratto un'aria di sfida e di chiusura verso ciò che lo stava circondando. Si era persino allontanato anche da lei, quasi a colpevolizzarla per tutto quello che stava accadendo quella sera.
Ormai era tutto già deciso. E questo rendeva Samuel ancora più nervoso e deluso.
Tommaso, poi, decise di mostrare ai ragazzi, il prospetto grafico della loro futura casa tentando, in tal modo, di fare calmare gli animi dei presenti.
《Vedete, queste saranno le vostre camere da letto, ed in ognuna di essa ci ricaveremo un bagno indipendente!》 esclamò orgoglioso.
Fu proprio allora, guardando lo sguardo fiero di Tommaso, che i ragazzi capirono che non potevano fare altro che accettare tutto, lo avrebbero dovuto fare per i genitori che, così felici ed appagati, non lo erano ormai, da parecchio tempo.
Il giorno successivo, Samuel e Sana si recarono assieme ai mercatini di Natale che si tenevano per le strade della città.
Quella mattina faceva un freddo più pungente degli altri giorni ed il cielo minacciava pioggia, le lucine illuminavano le strade e nell'aria si percepiva l'odore delle caldarroste che un carretto, al centro del viale illuminato a festa, arrostiva sul fuoco ardente.
I bambini guardavano felici le bancarelle di giocattoli e palloncini e le musichette natalizie risuonavano per la città.
Appena furono arrivati, si fermarono a prendere una cioccolata calda sotto un gazebo bianco illuminato da lucine intermittenti.
Proprio lì, sotto quel grande gazebo, c'era un anziano che vendeva allegri palloncini colorati, quel vecchietto, dalla schiena curva e dai capelli bianco latte, era seduto tra le ultime file dei tavolini, il suo capo era chino ed il suo sguardo era fisso nella tazza che aveva tra le mani; era palesemente sovrappensiero e sul volto aveva, un'aria triste e rassegnata, mentre con la mano rugosa, ed ossuta girava, a ritmo discontinuo, il cucchiaino nel suo caffè.
Sana, rimase per qualche secondo a fissarlo.
Più lo guardava e più notava quanto quella gente così felice e spensierata attorno a quell'uomo dall'aria afflitta stonasse parecchio.
Avrebbe voluto urlare a tutti il presenti di uscire fuori e di non disturbare il silenzio di quell'uomo all'apparenza così triste e fragile.
《Cos'hai?》le chiese Samuel, per poi girarsi verso la direzione in cui lei stava, così attentamente, osservando già da un po'.
《Sana, ci sei?》le domandò preouccupato da quel repentino cambiamento d'umore.
《Quell'uomo.》gli bisbigliò, indicandolo con un movimento veloce del capo.
Samuel, si voltò indietro seguendo lo sguardo di lei.
《Ha un nonsochè di familiare, a tratti mi ricorda mio nonno.》si fermò per qualche istante, cercando di trattenere le lacrime.
《Eravamo inseparabili, lui e la nonna erano bellissimi assieme... ridevano sempre e si divertivano come matti, erano soliti fare una crociera all'anno e l'ultima fu quella ai Fiordi norvegesi.》si interruppe per qualche istante cercando di trovare la forza per continuare.
Di colpo aveva fatto gli occhi lucidi e la voce le era iniziata a tremare.
《...L'ultima, perchè così come tutte le cose belle finiscono, anche lui, man mano se n'è andato via.
Di colpo, era diventato pelle ed ossa, la barba diventava sempre più incolta e sul viso si accentuarono delle rughe, che io giurerei non aver mai visto prima.》si interruppe, ed abbassò, velocemente, lo sguardo.
《Insomma, per non portartela per le lunghe, da un giorno all'altro, resettò i nostri volti, i nostri nomi e tutti i momenti belli che avevamo vissuto assieme.
Questo credo, sia la cosa più dolorosa che abbia mai provato: volere, disperatamente, del bene ad una persona che a tratti non sa neanche chi sei e perché sei lì di fianco a lei.》si interruppe di colpo, e strinse i pugni sul tavolo, poi, lentamente, scosse la testa a destra ed a sinistra, quasi come a volere cancellare quel dolore che portava dentro da tempo e che ora premeva, più che mai, per uscire fuori.
《Secondo te, ha qualcuno che lo aspetta a casa?》gli chiese, puntando di nuovo lo sguardo su quell'uomo così abbattuto e pensieroso.
《Certo che c'è qualcuno che lo aspetta, Sana! 》le rispose, avvicinando la sua mano a quella di lei, poi la strinse forte nella sua presa.
Ogni giorno era una scoperta nuova, ogni giorno, Samuel, veniva a conoscenza di alcuni dettagli, di alcuni particolari della vita di lei, che gli facevano capire quanto avesse sbagliato a trattarla in quel modo fino a qualche giorno prima.
Lei gli sorrise, ma il suo sorriso non era lo stesso di sempre, quel sorriso aveva qualcosa di triste e malinconico.
《Signorina!》 Quel signore anziano con le guancia rosse e le mani ossute, la stava chiamando verso il suo tavolo.
I ragazzi si voltarono verso di lui con aria confusa e dubbiosa.
Poi, Sana, lo raggiunse titubante.
《Scelga un palloncino, glielo voglio regalare!》 le disse, con aria seria, poi i lati delle sue labbra salirono, pian piano verso su, fino a formare un sorriso sul suo volto barbuto.
《Perchè?》 gli chiese, timidamente, Sana.
《E' da un po' che mi sta guardando ed è da un po' che io sto guardando lei.
Ha uno sguardo dolce e buono e spero che la purezza che trapela dal suo viso, possa accompagnarla per tutta la vita!》 le disse, porgendole, con una mano tremante, un palloncino fuxia.
Poi si alzò, pagò il conto alla cassa ed uscì fuori mischiandosi tra la folla.
Samuel osservò confuso tutta quella scena da lontano e poi una volta che lei ritornò al tavolo, le sorrise.
《Ora stai meglio?》 le chiese.
Sana, lo guardò per qualche secondo prima di rispondergli, aveva le guancia rosse per il freddo e le mani in tasca.
《Si... ora sto meglio!》 gli sorrise.
Una volta usciti fuori, tra la folla, iniziarono a camminare lungo le bancarelle che costeggiavano le rive del fiume.
jingle bells e MerryCristmas risuonavano tra le strade della città.
La gente passeggiava piano ed i bambini erano felici guardando i numerosi Babbo Natale situati ad ogni angolo della strada.
《Ti sembrerà strano vivere con me?》le chiese, d'impeto Samuel.
《Beh sì, un po'... più che altro, temo che le cose possano complicarsi, proprio ora che tra noi va tutto per il verso giusto!》gli rispose, abbassando di colpo lo sguardo.
Samuel, che camminava qualche passo più avanti di lei, si fermò per aspettare che lo raggiungesse.
Quando finalmente lo fece, alzò la testa verso di lei e la guardò dritta negli occhi.
Sana, gli sorrise.
《Sana, tu sei mai stata con qualcuno?》quella domanda gli uscì d'un fiato,
era da parecchio che avrebbe voluto chiederglielo.
《Ma che domande fai?》gli sorrise imbarazzata.
《Beh sai, hai diciassette anni
e sei bellissima, pura curiosità!》
Le aveva inconsciamente detto che era bellissima.
Samuel abbassò, d'istinto lo sguardo, imbarazzato, si ammutolì e pregò che Max li raggiungesse presto.
Fortunatamente, subito dopo Max si fece spazio tra la folla e si avvicinò a loro.
《Ragazzi, scusate per il ritardo...ho incontrato una ragazza divina e sono rimasto a parlare un po' con lei, sarà la volta buona?》chiese a Samuel, dandogli una pacca sulla spalla.
I suoi occhi azzurri erano più chiari alla luce del sole ed aveva un sorriso a trentasei denti che gli illuminava il volto.
Samuel gli sorrise.
Era da parecchio che non lo vedeva così soddisfatto per una sua conquista.
《Per cosa?》gli domandò, Sana curiosa.
《Per si ...insomma, per baciarla!》le rispose raggiante, Max.
《Perchè...tu non hai mai baciato nessuno?》scoppiò, in una risata fragorosa.
《Sono una frana, lo so!》ammise Max, portandosi il braccio dietro al capo.
Samuel, approfittò del loro botta e risposta per allontanarsi e camminare qualche passo avanti a loro.
Come gli era venuto in mente di farle quella domanda?
E perchè lei non gli aveva risposto?
E perchè poi, come se quella situazione imbarazzante non bastasse,
le aveva persino detto che era bellissima?
Aveva perso il controllo con Rossana qualche minuto prima e questo proprio non se lo perdonava.
Dopo che Max se ne fu andato, rimasero nuovamente da soli.
Sana, osservava Samuel, che in silenzio continuava a camminare a pochi passi avanti a lei, con le mani in tasca e con il viso contratto; e più lo guardava così pensieroso e taciturno e più si chiedeva come mai avesse cambiato umore così repentinamente .
《Che hai? Perchè ti sei stranito?》gli domandò, accellerando di qualche passo, per raggiungerlo.
《Nulla!》la troncò, poi per evitare che lei indagasse oltre, si sforzò di sorriderle.
《Andiamo dalla nonna?》gli chiese, saltandogli davanti tagliandogli la strada,
con la sua solita espressione solare.
Lui accettò.
Così, di ritorno da quella passeggiata, si fermarono a pranzare dalla nonna Adelaide e dopo che Sana le ebbe raccontato, per filo e per segno, cosa c'era in quel mercatino di Natale e le ebbe mostrato ciò che aveva comperato fra le varie bancarelle sul corso, i ragazzi andarono in camera di Sana a sdraiarsi sul divano ed a guardare la televisione.
Dopo qualche minuto, Sana, addormentandosi, chinò il capo sulla spalla di Samuel che accorgendosene glielo poggiò delicatamente sul morbido bracciolo del divano.
Poi le tirò su la soffice coperta, avvolgendola tutta e restò per un po' a guardarla alla luce del camino scoppiettante.
Mentre dormiva notò che era ancora più bella di quanto avesse mai notato prima.
Si chinò e la baciò sulle labbra.
La baciò senza neanche accorgersene.
Quel bacio nacque da un gesto così spontaneo e naturale che quasi si stupì perfino lui.
Per un attimo sembrò che il tempo si fosse fermato in quella stanza.
Le sue labbra erano così morbide e soffici,
il respiro di lei sul viso di lui.
i suoi capelli profumati.
Era troppo forte la sensazione che stava provando.
Era tutto troppo per lui.
I suoi morbidi capelli castani alla luce del camino prendevano tonalità ramate,
e, sul volto, aveva una dolce espressione fanciullesca.
Se ne staccò lentamente per evitare di svegliarla.
Sorrise per qualche secondo continuando a fissarla.
Tuttavia, però, più la guardava e più capiva che tra loro non sarebbe mai potuto funzionare. Lei era troppo per lui.
Spense la tv, prese il giubbino e si chiuse la porta alle spalle.
Sana, nonostante avesse gli occhi chiusi, dormiva di un sonno leggero e quindi ebbe modo di sentire tutto.
Aveva sentito le sue soffici labbra sulle sue e la sua pelle morbida che le aveva sfiorato il viso.
Non appena sentì il rumore della porta chiudersi, spalancò gli occhi restando in silenzio tra sè e sè. In quel momento non aveva la forza di dire o fare nulla, aveva solo il cuore che le batteva forte e le mani che le tremavano dall'emozione.
Si alzò dal divano e si affacciò alla finestra che dava sul vialetto che portava alla casa della nonna.
Lo vide indossare il casco, poi, accendere la sua vespa blu, ed allontanarsi sempre di più dalla casa.
Il profumo che lui le aveva lasciato addosso, però, le ricordava che quel bacio, davvero c'era stato.
Un bacio così tanto da lei segretamente desiderato.
Però c'era qualcosa che non andava.
Il suo primo bacio dato in quel modo,
il suo primo bacio dato a chi dopo, anziché abbracciarla, se n'era andato.
Samuel, era andato via.
Neanche una carezza.
Se n'era andato, semplicemente, chiudendosi la porta alle spalle.
Quella stessa sera, Samuel le inviò un messaggio:
"Ciao, oggi sono dovuto scappare e non ho voluto svegliarti.
Grazie per la bella giornata.
A domani."
Dietro quel grazie si celavano tantissime cose:
-grazie per quel bacio,
-grazie per il tuo respiro sulle mie labbra,
-grazie per il tuo profumo che porto ancora addosso,
- e scusa se non te l'ho detto prima ma mi piaci per davvero,
Quindi grazie!
Sana lesse il messaggio e decise di non rispondergli.
Lui non sapeva che lei aveva sentito tutto.
Lui non sapeva che lei aveva deciso di accettare quel bacio.
Come avrebbe dovuto comportasi ora?
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