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cap 8: Scoperte.

Vedere la foto della sua mamma su quella lapide di un ormai vecchio marmo gelido e opaco gli aveva fatto male come sempre, anzi ora forse ora un po' di più.
Stava crescendo oramai e non era più quel bambino scapestrato e combinaguai che la mamma aveva lasciato dieci anni prima.
Ora che era quasi un uomo accusava, forse ancora di più, quella mancanza così sfiaccante e profonda degli occhi allegri della mamma, del suo sguardo dolce e comprensivo,  della sua voce sempre pacata e calma e delle sue mani delicate e morbide.

Sana, di ritorno dal cimitero, lo vedeva camminare con le mani in tasca e lo sguardo basso, era assorto nei suoi pensieri e sul volto aveva un'espressione di latente tristezza.
Decise di fermarsi, per aspettare che Samuel la raggiungesse, poi si voltò verso di lui e, in modo a tratti goffo, gli sorrise.

Samuel la guardò per qualche istante e poi in modo impacciato e per certi versi insicuro si sforzò di  ricambiarle il sorriso.
《Ti va, di venire a casa della nonna?》gli chiese all'improvviso.
Lui la scrutò socchiudendo i suoi occhi profondi e scuri cercando di soppesare le sue parole, poi decise di accettare.

Ricordava, che Sana qualche tempo prima, avesse descritto la casa della nonna come un posto incantato il cui unico rumore percepibile da lì era solo lo scorrere lento del fiume e lui in quel momento aveva giusto bisogno di un po' di tranquillità.

Ora aveva il bisogno di allontanare dalla mente tutti quei pensieri tristi che lo stavano tormentando in quella giornata uggiosa ed estremamente pesante e senza un'apparente fine.

Così, man mano che si avvicinavano alla villetta in mezzo al verde, Samuel provava sempre più una sensazione di pace e di isolamento dai suoi pensieri che fino a qualche minuto prima urlavano e scalciavano nella sua mente.

Quella  villetta, che si ergeva dinanzi a loro man mano che vi avanzavano, era costeggia dal fiume e da quella direzione si sentiva solo lo scroscio calmo delle sue acque ed in lontananza, si udiva il garrire delle rondini, che in stormo si dirigevano verso sud.

《Sei mai stato a pesca qui?》gli chiese Sana, facendo comparire sul viso, un' espressione di pura curiosità.
Samuel fece segno di no col capo poi tornò a guardarsi intorno stupefatto da quell'immagine così rassicurante e serena che quella visione gli trasmetteva ogni passo sempre di più.

Una volta che entrarono in casa gli si avvicinò la nonna di Sana.

《Ciao, tu sei Samuel, vero? Sana mi ha parlato tanto di te!》gli pose la mano per salutarlo.
《Io sono Adelaide, ma per gli amici Adele, la nonna rompiscatole di Rossana.》continuò, facendo comparire sul suo viso segnato dall'età e dal tempo un sorriso gioioso.

Samuel si sforzò di superare l'imbarazzo che in quel momento provava ed in silenzio strinse la sua mano con un presa salda e decisa.
La scrutava nelle movenze e nei dettagli più nascosti e si sentiva stranamente sempre più a suo agio.

Adele, era una donna sulla settantina,aveva lunghi capelli brizzolati raccolti in un morbido chignon ed i suoi vistosi e grandi occhiali bianchi le illuminavano il viso  sorridente ed allegro che aveva.
Il colore degli occhi era del nocciola caldo di Rossana ed anche il loro taglio, che andava leggermente all'insù, era simile a quello della nipote.

《Allora, Samuel questa è la mia umile dimora!》gli disse, scoppiando in una fragorosa risata.
Poi, dopo averlo preso per sotto il braccio, lo condusse per l'intera villa.
Samuel, inizialmente fu colto da un momentaneo imbarazzo, poi però, quella signora così allegra che sorrideva spesso ed aveva un buon profumo,  gli era diventata stranamente simpatica, quindi si lasciò condurre da lei, sotto gli occhi divertiti di Sana.

《Questa è la cucina, questa invece è la sala da pranzo
e questa è la stanza in cui Sana resta chiusa per ore!》esclamò, poi, come era sua abitudine e gli sorrise nuovamente.

Samuel, era sempre più spiazzato da tutto il contesto, dalla nonna sprint e dalla bellezza disarmante di quella casa immersa nel vede.

Sebbene quella villetta fosse al centro di un paradiso fatto del verde, del giallo e del rosso di quel vasto terreno che la circondava e del blu puro del fiume e del cielo che la incorniciavano, non era, tuttavia, una villa elegante e neanche una villa moderna e sontuosa di quelle che si vedono nelle prime pagine delle copertine del settimanale casa glamour.
Ma aveva un non so cosa di speciale, per Samuel, era, in un certo senso, unica ed originale nel suo essere così country e vintage allo stesso tempo,

La cucina era tutta tinteggiata di azzurro con dettagli in legno massiccio che contribuivano a dare carattere a quella stanza così luminosa.
C'era poi, una porta a scrigno che affacciava sulla sala da pranzo,
anche quest'ultima era tinteggiata di azzurro con rifinimenti in legno di noce,
al centro si trovava un grande divano blu e lungo la parete vi erano, appesi come fossero quadri di gran valore, dei piatti con fantasie gialle, azzurre e blu.
Sulla parete destra, vi era una piattaia fronteggiata da un piccolo tavolino di legno di ebano al di sopra del quale c'era un vaso di tulipani e lillà.

Una volta che finirono il giro turistico che includeva l'interno ed anche il giardino della casa giunsero alla stanza di Sana.

Quella camera, era grande almeno 80 metri suddivisi tra un angolo giorno ed un angolo notte.

Appena si entrava, sulla sinistra, c'era un grande tavolo rotondo bianco con delle sedie di modelli e colori diversi.

Poi dall'altro lato della stanza, c'era un immenso divano angolare color panna con dinanzi una televisione di ultima generazione appoggiata ad una panca dalle sembianze retrò.
Affianco alla tv, vi era poi, uno stereo anni '90 con enormi casse nere laterali.

Nel lato sud della stanza, c'era un letto a baldacchino fiancheggiato da un comodino sopra al quale vi era un vaso di margherite e ciclamini.
Davanti al letto c'era un balcone che affacciava sul fiume e dal quale si potevano ammirare i colori caldi e contrastanti dell'autunno.

Lungo tutta la parete di quella stanza, c'erano tante fotografie che immortalavano svariati momenti della vita di Sana.

In una cornice si vedeva Sana da piccola in braccio alla nonna.
In un'altra, c'era Sana al suo terzo compleanno, impegnata a leccarsi le dita piene della panna della torta della sua festa, con un faccino buffo e furbo allo stesso tempo.
C'era poi, Sana con il visino imbronciato e Sana a cinque anni in teatro, davanti ad un pubblico esultante.

In ultimo, vi era la foto di Sana con la mamma.
La somiglianza con la madre era evidente in quella foto: avevano gli stessi occhi nocciola e lo stesso nasino all'insù.

Questo è il mio rifugio!
esclamò, d'un tratto Sana.

Samuel, si voltò di scatto verso di lei.

Quando il mondo non va come vorrei, io corro qui!》si fermò.

《Lei è tutto per me!》 gli confessò a voce bassa, indicandogli col capo la nonna.

Samuel sorrise imbarazzato.

Era così diversa da come se l'era immaginata lungo tutti quegli anni.

Non era così presuntuosa ed indistruttibile come appariva tra le mura della classe.
L'aveva sempre tenuta distante per la vita che conduceva, sempre in giro da un set all'altro, sempre sugli schermi televisivi e sulle copertine dei settimanali.

L'aveva sempre considerata una ragazza viziata e superficiale.

Ed ora da quelle foto si stava accorgendo che in realtà non le aveva mai dato una possibilità.

Solo ora, si rendeva conto di quanto aveva sbagliato a giudicarla in quel modo.
Più le stava accanto e più notava che era l'esatto opposto di quell'immagine che lui le aveva, per tutti quegli anni, forzatamente attribuito.

Anche lei aveva le sue fragilità,
anche lei aveva i suoi momenti no,
anche lei aveva un posto in cui amava rifugiarsi lontano da tutto e da tutti.

Ed ora quel posto lo stava condividendo con lui.

《Vieni, non fare il timido!》gli fece cenno di sedersi accanto a lei sul divano non appena la nonna se ne fu andata in cucina.

Lui la raggiunse.
Era impacciato e confuso.
Non erano mai stati così vicini.
La guardava mentre parlava, parlava e parlava.
Gesticolava animatamente ed ogni tanto rideva, lui spesso sorrideva di riflesso ai suoi modi buffi e divertenti di esprimersi.
E più la guardava più restava meravigliato dalla sua semplicità e spontaneità.
Poi, d'un tratto, la sua attenzione si spostò sul collo di lei.
Notò che tra l'angolo del collo e la sua spalla c'era un neo,
la sua forma si avvicinava a quella di un piccolo cuore.
Restò a fissarlo per un po', la conosceva dalle elementari e non lo aveva mai notato.
Neanche nelle ore di educazione fisica, in cui, quelle rare volte lui avesse partecipato, era capitato giocassero a pallavolo nella medesima squadra.

Più la guardava e più capiva che forse tutto quel tempo a farle guerra era stato solo del tempo perso.
Poi, dopo qualche secondo,  distolse lo sguardo da quel neo e ritornò al suo viso,
lei stava continuando a parlargli, sebbene l'argomento fosse diverso da quello di qualche minuto prima.

Fortunatamente non si era accorta dei suoi viaggi mentali, pensò Samuel.
Si sfregò le mani nervosamente e si sforzò di sorriderle.

Il pomeriggio passò in fretta e tra una fetta di crostata al cioccolato, un tè e qualche film in tv arrivò sera e decisero di tornarsene assieme a casa.

Grazie!》le disse prima di salutarla.
《Per cosa?》gli rispose confusa.
Per tutto!...per stamattina, per tua nonna, per la bella giornata che mi hai fatto trascorrere!》le disse d'un fiato.

Si portò imbarazzato la mano dietro la testa ed alla luce dei lampioni della strada i suoi capelli neri sembravano ancora più lucenti e morbidi.
Poi, involontariamente abbassò lo sguardo ed arrossì.

Lei ricambiò il sorriso imbarazzato, poi gli si avvicinò un po' di più,
si alzò sulle punte, quel tanto che le serviva per recuperare i centimetri di altezza che le mancavano rispetto ai suoi, e lo baciò, teneramente, sulla guancia.

La sua pelle morbida sapeva ancora del mentolo della sua acqua di colonia.

A domani!》gli disse.
Lui non le rispose.

Il suo respiro si era fatto un po' più veloce ed ebbe l' impressione che le sue guancia si fossero accese di un rosso intenso.

"A domani" pensò Samuel, mentre la guardava accedere piano, nel portoncino della sua villetta.

Dopo di allora, a pomeriggi alterni, Sana, Samuel, Max, Martina, Cristian e Marika si ritrovavano, sempre più spesso, al BARcentral per trascorrere del tempo assieme.

Il BARcentral, era la meta preferita di tutti i ragazzi, in quanto distava solo qualche metro dalla scuola e dai giardinetti.
Aveva al centro della sala un grande bancone di legno stile vintage, contornato da piccoli sgabellini lungo tutta la sua lunghezza.

Nel lato ovest della sala vi erano dei tavolini, disposti in modo ordinato, l'uno accanto all'altro, mentre nel lato est vi era un grande divano verde con delle poltroncine laterali.

Lì i ragazzi, impararono a conoscersi sempre di più tra loro, giungendo, nel giro di poco tempo, a creare una solida confidenza ed una profonda amicizia.

Questo, ovviamente, portò al ripristino dell'equilibrio tra i due gruppi in classe, quindi i litigi si dimezzarono e le lezioni si iniziarono a tenere indisturbate con la buonapace dei professori.

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