cap 12: se non parlo, tu mi ascolti lo stesso?
Da quel martedì sera Samuel e Sana condivisero sempre più attimi di vita quotidiana assieme.
Loro due, agli occhi di chi li guardava dall'esterno, apparivano sempre più a loro agio in quella casa che sembrava quasi venir fuori da un disegno di un bambino troppo vivace per la sua età: ricca di colori e circondata da alberi e fiori.
Quella villetta, in centro città ed a due passi dal fiume, era arrivata così per caso nelle loro vite e pareva essere destinata persino a cambiare irrimediabilmente il corso delle loro esistenze.
Lì tutto sembrava al posto giusto: lo stereo sul tavolino accanto al divano, la piscina a pochi passi dall'entrata principale, la sala relax che diventò, nel giro di pochi giorni, il rifugio di tutti i ragazzi della loro comitiva, la tazza di latte a poise rossi e bianchi di Sana nel mobile sopra il lavello della cucina, la divisa di Samuel costantemente lasciata sulla poltrona davanti alla TV in salotto, le foto di Felicia e Tommaso sorridenti, appese lungo il muro del corridoio che portava verso la loro camera da letto, la toletta piena di profumi e rossetti nella camera di Rossana e la scrivania stracolma di riviste di auto e fumetti giapponesi nella camera di Samuel.
Lì nell'aria era sempre percepibile un buon profumo di caffè, cannella e coccolino.
Ogni mattina si intravedevano, dalle scale che dividevano le camere dei ragazzi dal resto della casa, i cristalli del lapadario del salone che luccicavano riproducendo sui muri circostanti mille colori e molteplici sfumature, le voci si alternavano a ritmo costante gioiose e libere, il rumore delle stoviglie faceva eco nel silenzio delle 7 e 30 am, affiancato dal sottofondo della tv e dai: "mi passi il miele" di Sana ed i :"tocca a me decidere il canale oggi" di Samuel.
In quel contesto così familiare fatto di così tanta serenità e quotidianità, Tommaso e Felicia erano sempre più fieri e convinti della scelta fatta, il loro amore, infatti, cresceva ogni giorno sempre di più e la sua possenza li trasportava verso terre quasi del tutto inesplorate.
Rossana si divertiva a guardarli ogni mattina bisticciare su chi avrebbe dovuto portare il caffè a letto e la notte, in silenzio, se si sforzava riusciva persino ad ascoltare il loro parlottare provenire dal piano sottostante, molto spesso era più che certa che il motivo della voce rimproverante stanca ed assonnata di Tommaso dipendesse dalla passione per la lettura di Felicia che spesso la portava a tenere la luce della lampada sul comodino accesa nonostante il compagno avesse già preso sonno da un pezzo.
Rossana era entusiasta di tutto quello che quell'esperienza nuova le stava regalando. Spesso, quelle rare volte che Samuel la sera restava a casa, una volta che ognuno si chiudeva in camera propria, Rossana abbassava la voce della sua TV per cercare di capire, dalla camera affianco, lui cosa stesse facendo; era curiosa delle sue abitudini, era curiosa dei programmi che lui amava guardare in TV e di quello che era solito leggere la sera nel letto prima di prendere sonno, era curiosa di sapere quali fossero i suoi gusti musicali ed anche di sapere la marca del profumo che portava addosso di cui spesso lasciava la scia quando passava davanti alla sua camera.
Sana, da figlia unica quale era stata per quasi diciotto lunghi anni, era entusiasta, ora, di condividere la sua vita con Tommaso e con Samuel e sentiva quest'ultimo sempre più vicino e complice.
Tuttavia, sebbene, all'apparenza le cose sembravano filare per il verso giusto, Samuel, a differenza di Rossana, ancora non aveva accettato del tutto quella loro convivenza "forzata".
Ancora faticava ad accettare di vivere con Sana, alla quale, certo, non era indifferente e
la sua presenza costante al suo fianco era per ciò stesso per lui sempre più estenuante e difficile da gestire.
Inoltre, ciò che iniziava a pesargli di più era vivere sotto lo stesso tetto con il padre che la notte dormiva accanto ad una donna che non era la madre.
Troppe volte, infatti, si sorprendeva più agitato del solito nel dover rientrare a casa e spesso capitava, che per tale ragione, si fermasse a dormire a casa di Max o di Cristian per evitare di rincasare.
La presenza di Felicia, di fatti, delle volte lo irritava parecchio.
Gli infastidiva, ad esempio, vederla preparare la cena per lui e per il padre, così come gli infastidiva vederli sul divano fino a notte fonda a guardare la tv avvinghiati l'uno all'altro come fossero dei ragazzini.
Certe volte gli dava persino la nausea pensarli a letto assieme.
Non aveva praticamente nulla contro Felicia la cui unica colpa era essere venuta dopo la madre.
Per di più, gli iniziava a dare noia il fatto che questa situazione a Sana non pesasse almeno quanto pesasse a lui.
E nonostante provasse per lei una forte attrazione fisica, purtuttavia, iniziava a disturbargli la sua presenza tra le mura di quella casa che sembrava appartenergli sempre meno.
Quello che proprio faceva fatica ad accettare era il fatto che Sana, da quando erano andati a vivere lì, non si fosse lamentata una sola ed unica volta di quel contesto, così delle volte, per lui, opprimente ed asfissiante.
Involontariamente stava maturando nei suoi confronti un sentimento di rancore che poi lo avrebbe portato ad esplodere poco più avanti.
Il primo segnale del suo astio nei confronti di lei era dato dal fatto che spesso si era ritrovato a criticare il suo atteggiamento, a suo avviso troppo superficiale, sia davanti agli amici che davanti agli stessi genitori.
Il fatto che lei fosse sempre così di buon umore, il fatto che ogni mattina appena la incrociasse per la colazione fosse sempre così raggiante e serena, il fatto che non ci fosse stato un solo giorno in cui l'avesse vista giù di morale o semplicemente con un atteggiamento a suo dire "normale" gli iniziava a dare pesantemente sui nervi.
Inconsapevolmente si stava allontanando da lei.
Era strano ciò che stava iniziando a provare nei suoi confronti: da un lato, c'era una parte di lui che aveva voglia di stringerla forte a sè, ma dall'altro, una buona parte di lui iniziava quasi a detestarla.
Si sentiva sempre più solo in quella casa e quella situazione gli andava sempre più stretta.
I giorni lentamente passarono e l'insofferenza di Samuel si acuì sempre di più.
Era il 22 Dicembre, mancavano tre giorni a Natale ed a breve sarebbe arrivato a casa il fotografo che Tommaso aveva chiamato per scattere delle foto alla sua "nuova" famiglia.
Tommaso, quella mattina, si alzò su di giri dal letto, raggiunse felice la compagna in cucina e le scostò una ciocca di capelli ribelli dalle guancia.
Felicia sapeva di menta e caffè e le sua labbra erano un poco più rosse del solito.
Tommaso si fermò a guardarla per qualche istante evitando accuratamente di rivolgerle la parola, le 6 e 30 di quel sabato mattina erano già scoccate ed a breve avrebbe coronato il suo sogno: avere degli scatti raffiguranti la sua famiglia da poter appendere al camino il giorno di Natale.
Provò invano a trattenere un sorriso fin quando, però, il labbro superiore non salì incontrollabilmente all'insù e Felicia percepì all'istante la gioia che lui stava provando, gioia che era tanto simile alla sua.
Dopo qualche minuto li raggiunse Sana con lo sguardo ancora assonnato ed i capelli arruffati, la ragazza lentamente si lasciò cadere stanca sulla sedia ed al contempo appoggiò la testa tra le braccia conserte sul tavolo della cucina.
Quella notte, infatti, aveva dormito poco, la sera prima rimase fino a tarda ora in giro per la città con le ragazze e poi, una volta tornata a casa, fece fatica a prendere sonno: era eccitata e felice per la nuova esperienza che a breve avrebbe vissuto.
Quella foto per lei non era solo una foto, a partire da quella foto tutto sarebbe diventato più reale e tangibile, da quel giorno, infatti, non sarebbero state più sole lei e la madre, ora a loro fianco c'erano anche Tommaso e Samuel e finalmente quella sensazione di eterna solitudine, che provava da quando era nata, stava lentamente sbiadendo.
《Sana, tesoro, tra una ventina di minuti viene Mirco per le foto, corri a prepararti, non può restare qui tutta la giornata!》esordì Felicia lasciandosi scappare una risata divertita.
Sana sbuffò e fece per alzarsi, quando però si voltò indietro vide, alle sue spalle, Samuel col capo chino e con i pugni stretti, sembrava apparentemente iroso e scontroso e, dopo aver udito la frase di Felicia, senza pronunciare alcuna parola, si voltò verso le scale e fece ritorno in camera sua.
《Cosa gli è preso stamattina?》esclamò Sana voltandosi verso i genitori.
Felicia fece spallette e Tommaso rimase in silenzio a fissare la sagoma del figlio fin quando non scomparve su per le scale.
Pochi minuti dopo
Una volta che si raccolse i suoi lunghi capelli in uno chignon ordinato e che ebbe indossato il suo vestito preferito, Sana, raggiunse la madre e Tommaso in salotto.
Anche loro erano molto eleganti: la madre, aveva sciolto i suoi capelli lunghi castani,
ed aveva truccato gli occhi così da mettere in risalto il loro colore castano che quella mattina era stranamente più ricco di venature verdi, Tommaso invece, aveva optato per un classico completo grigio ed i suoi occhi nocciola brillavano di una luce diversa.
Sana più li guardava e più percepiva quanto fosse significativa anche per loro quella foto.
Era un nuovo inizio.
Era un'esperienza, che d'ora in avanti, li avrebbe uniti ancora di più.
Sorrise guardandoli.
Erano buffi mentre litigavano su chi fosse il più bello tra i due.
Erano teneri mentre fingevano di mettersi il muso a vicenda per poi rincorrersi come fossero due ragazzini in piena fase adolescenziale.
Poco dopo anche Samuel li raggiungesse.
Quando finalmente lo videro scendere l'ultimo gradino, però, capirono all'unisono che le cose non si sarebbero messe per nulla bene.
I loro sorrisi svanirono all'istante non appena la sua figura gli fu più evidente:
i suoi jeans strappati e la sua felpa larga blu erano tutt'altro che in linea per l'occasione ed i suoi capelli neri e folti erano completamente nascosti da un vecchio cappello di lana nero.
《Quanto tempo ci vuole perchè questa farsa finisca? 》chiese ai genitori non appena scorse sul loro volto un'espressione di palese confusione.
Felicia, Tommaso e Sana rimasero a guardarlo senza pronunciare alcuna parola.
Il suo atteggiamento freddo e distaccato, assieme al suo sguardo assente e glaciale non suggeriva nulla di positivo.
Dinanzi al loro silenzio, Samuel li sorpassò e con aria austera ed arrogante si lasciò cadere sul divano in attesa che qualcuno di loro gli desse risposta.
Quel silenzio quasi irreale fu poi interrotto dal suono stridulo del campanello di casa, Mirco era arrivato, dalla finestra del salotto che dava sul giardino, era ben visibile la sua auto carica delle attrezzature che gli sarebbero servite per scattare il book fotografico che Tommaso gli aveva commissionato.
Sana, prima di andargli ad aprire, rivolse un ultimo sguardo verso Samuel, che con un atteggiamento quasi indifferente, noncurante del forte disagio che stava creando a tutti loro, continuava a giocare col telecomando facendolo roteare in aria per poi prenderlo tra le mani con scatti rapidi e precisi.
Sana, continuava a fissarlo e più lo guardava e più si convinceva che le cose sarebbero andate sempre peggio quella mattina.
Una volta che Mirco fu dentro casa Felicia lo condusse in cucina per offrirgli del caffè, avendo prontamente intuito che Tommaso e Samuel avrebbero, a breve, discusso.
Così, approfittando del fatto di essere rimasti soli per qualche minuto Tommaso si avvicinò al figlio.
Sana rimase in silenzio ad osservarli da lontano.
Scrutando il viso di Tommaso notò che la sua precedente espressione di gioia pura aveva lasciato posto ad un'espressione di forte delusione e rabbia, poi, ancora, spostando lo sguardo verso Samuel notò che aveva assunto il sua classico atteggiamento di difesiva.
《Samuel, ma come ti sei vestito? ...si può sapere cosa ti è preso ?》gli domandò, cercando di mantenere il tono di voce basso, Tommaso.
In attesa che Mirco portasse le attrezzature in cucina, Felicia li raggiunse di nuovo in salotto.
《Avrei dovuto mettermi la cravatta per l'occasione?》gli rispose insolente,
per poi puntare i suoi occhi in quelli di Sana.
《Certo! Lo sapevi, cosa avremmo dovuto fare!》gli urlò con aria esasperata, il padre.
《Ma che problemi avete tutti voi?
Dobbiamo farci una foto come un'allegra famiglia felice, ma io non sono felice!》esclamò Samuel, alzandosi di colpo dal divano.
《Ma cosa?》cercò di chiedere, perplesso, il padre.
Sana e Felicia si scambiarono, per qualche secondo, uno sguardo incredulo
per poi continuare ad osservare impotenti quella scena.
《Hai deciso di andare a vivere con un'altra donna, bene, per caso, mi hai chiesto come la pensavo a tal riguardo?
Mi hai chiesto se ero d'accordo?
Se ero pronto?
Hai costruito una casa su misura per me, è vero, ma che senso ha se poi non ci vivo bene?》gli urlò, avvicinandogli sempre di più con aria di sfida.
Sana lo guardava, e per qualche frazione di secondo gli parve di riconoscere il Samuel dei mesi precedenti, quello che urlava, quello che picchiava chi gli andava contro,
quello che discuteva animatamente con i professori ed anche con lei.
Quello che aveva sempre un velo di tristezza ed irrequietezza negli occhi.
Fissava i suoi occhi e più li guardava più li vedeva bui, neri e tristi.
《Noi, credevamo che l'aveste accettato!》gli bisbigliò Tommaso, che, dopo quello che gli aveva riversato addosso il figlio, non aveva neanche più la forza di parlare.
Si sedette esausto sul divano mentre da lontano Felicia sentì un tonfo al cuore.
《Sana forse, ma Sana non fa testo...
Sana è sempre felice da far schifo,
è sempre così tremendamente serena...
Sana, non ha nulla in comune con me!》gli urlò a pieni polmoni, Samuel.
Poi, con uno sguardo pieno di astio si voltò verso di lei.
I loro sguardi si incrociarono per qualche istante.
Sana, dopo aver udito quelle parole sentì come se qualcuno le avesse dato un pugno dritto nello stomaco, sul volto le comparve un'espressione di sofferenza e gli occhi, d'un tratto, le iniziarono a pizzicare un po' di più.
Poi, Samuel, tornò a rivolgere il suo sguardo verso il padre che nel frattempo balzò di scatto dal divano.
《Chiedi subito scusa a Sana!》gli ordinò Tommaso.
Così Samuel, indietreggiando di qualche passo dal padre, alzò le mani in segno di resa, poi, con un movimento veloce si tolse con rabbia il cappello lasciando finalmente liberi i suoi capelli neri e disordinati.
Lentamente si incamminò verso la porta d' ingresso, per poi chinarsi verso l'orecchio di Sana che inerte era rimasta ad assistere, in silenzio, quella scena così a tratti surreale.
《Hai vinto tu, Miss felicità!》le bisbigliò, nervoso.
Il suo respiro le sfiorò il collo e Sana socchiuse gli occhi per qualche istante.
Poi prese il giubbino dall'attaccapanni dietro di lei ed uscì di casa sbattendosi la porta alle spalle.
Così la tempesta si era abbattuta su quella casetta che sembrava perfetta ma che invece, nonostante le apparenze, stava iniziando a scolorirsi ed a sbiadire lentamente, quasi fosse un disegno di un bambino su di un foglio lasciato sul tavolo del giardino in un triste giorno di pioggia.
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