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Capitolo 5

Buona settimana e buona lettura❤️

Il mattino dopo mi svegliai presto per preparare la colazione a Dean, cercando di farmi perdonare per la mia stupida azione.

Andai in cucina, ma lui era già in piedi. Stava parlando a telefono con qualcuno.

«D'accordo, a più tardi» sentii dirgli, e poi attaccò.

«Ciao». Lo salutai con flebile voce, avvicinandomi molto lentamente a lui.

«Ciao» rispose freddo.

«Credevo stessi ancora dormendo. Volevo prepararti qualcosa» dissi andando verso il frigorifero.

«Non ce n'è bisogno. Non ho fame» disse spostandosi per non stare accanto a me.

«Dovresti mangiare. Almeno hai dormito un po', stanotte?» chiesi con la voce bassa.

«No! Senti, io sono già pronto. Tu mangia, preparati e quando ci sei, ti accompagno al lavoro» disse sempre più distaccato.

«Sicuro che non vuoi fare colazione con me?» chiesi.

«Jules, non ho fame, te l'ho già detto! Vado un secondo in bagno» disse allontanandosi, ma io lo chiamai:

«Dean!».

«Cosa?» chiese girandosi di scatto.

«Sei ancora arrabbiato con me?» chiesi abbassando la testa mortificata.

«Sì, Jules. Sono ancora arrabbiato con te» disse andando via, ma non fece che due passi, perché poi si girò e continuò:

«Ah, e giusto per dirtelo, stasera prepara le tue cose che vieni da me».

«In che senso, scusa?» chiesi perplessa.

«Hai detto che vieni a vivere con me, no? Beh... la nostra convivenza comincerà stasera».

«Ma Dean... dammi un po' di tempo, non ho niente preparato e...».

«Hai avuto tutto il tempo del mondo, adesso basta. Stavolta si fa a modo mio. Tu stasera vieni da me, fine della discussione!» disse e fece per andarsene di nuovo, ma la mia voce lo fermò.

«E se io non volessi venire?» dissi incrociando le braccia al petto come a voler tenere il punto.

«Beh, vorrà dire che ti porterò a casa mia di peso. Te l'ho già detto ieri sera, Jules: non sfidarmi! E ora mangia qualcosa» disse con durezza e si chiuse in bagno.

Sbuffai sconsolata e mi preparai una veloce colazione. Aveva fatto passare la fame anche a me!

Quando uscì dal bagno mi ignorò completamente, sedendosi sul divano e armeggiando col cellulare. Presi le mie cose e andai a prepararmi.

Quando fui pronta andammo via e quando salimmo in auto, l'atmosfera era decisamente pesante. Provai a inserire un po' di musica alla radio per riempire il vuoto che si era creato attorno a noi, ma Dean la rispense.

Si prospettava un'altra fantastica giornata del cavolo!

***

Nella sua mente

Il viaggio in auto fu estremamente silenzioso. Non avevo voglia di parlare, ero ancora molto nervoso. La tensione si tagliava col coltello, tanto che quando Jules provò ad accendere la radio, la spensi subito.

Non avevo voglia di sentire niente.

«Per quanto ancora hai intenzione di punirmi?» chiese lei riempiendo il silenzio che avevo creato.

«Punirti?» chiesi. Ma sapevo esattamente dove voleva andare a parare.

«Sì. Non mi rivolgi la parola da ieri sera. Ogni volta che provo ad avvicinarmi a te, ti scansi! Ti ho chiesto scusa, Dean. Ho fatto un errore. Non mi sembra di dover esser crocifissa per questo» disse nervosa.

«Non sto cercando di crocifiggerti. Ma sono ancora arrabbiato con te, visto che prima mi chiedi scusa e un secondo dopo fai lo stesso errore come se io non avessi proprio parlato!» risposi alterato.

«Dean ma che stai...». La interruppi prontamente e alzai il tono:

«Ti avevo detto di chiuderti in casa, quando sono sceso di sotto per beccare Martin, e non l'hai fatto. E se quel biglietto fosse stato un diversivo? Se avesse un complice? Se fossi uscita di casa e ci fosse stato lui ad aspettarti? Possibile che fai di tutto per metterti nei guai?».

«Dean, ero preoccupata per te. Sei sceso come un matto e per quel che ne sapevo io, quello che ha messo il biglietto sotto la mia porta poteva essere armato. Che sia stato Martin o un suo complice, potevi essere in pericolo!».

«Già, e visto che io potevo essere in pericolo perché non metterti anche tu in pericolo, no? D'altronde meglio due morti che uno».

«Dean ma che cavolo stai dicendo?» fece con rabbia. «Non ti permetterò di rischiare la vita per me, chiaro? Non lo permetterò a nessuno!».

Scossi la testa nervosamente e parcheggiai l'auto. Per fortuna eravamo arrivati al Wayford. Non sopportavo più quell'assurda conversazione.

Respirai a fondo e uscii dall'auto, seguito a ruota da Jules. Entrammo senza dirci una parola nell'edificio e continuammo così in ascensore.

Arrivati al suo piano, uscii con lei e la presi in disparte prima che andasse via.

«Jules, ho già rischiato una volta con te. Ti ho quasi persa per sempre. Non rischierò ancora. Perciò se anche dovessi dare la mia vita per proteggere la tua, lo farò!».

«Dean...».

«Non accetto obiezioni su questo! Buona giornata» dissi e andai via.

Qualche ora dopo, arrivò l'orario in cui avrei dovuto vedermi con l'investigatore. Mandai un messaggio a Jules per dirle che sarei andato lì e le raccomandai di non muoversi dal Wayford.

Presi l'auto e mi incamminai verso il quartiere dove si trovava Stuart Miller, l'investigatore al quale mi ero rivolto.

Il traffico era pazzesco, come al solito, così decisi di tagliare per un paio di stradine secondarie, che da quando mi ero rivolto a Stuart, bazzicavo. Ormai conoscevo New York come le mie tasche.

Arrivato nel primo vicolo, qualcosa colpì le gomme della mia auto e mi costrinse a rallentare.

Scesi dall'auto per vedere il danno e vidi le quattro gomme a terra.

Non poteva essere un caso, qualcuno mi aveva sabotato.

Mi guardai per un secondo intorno e poi venni colpito da una forte botta alla testa.

Mi accasciai a terra tramortito dal colpo e persi istantaneamente i sensi.

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