.42.
Zade
Il suono di squilli continui provenienti dal telefono sul sedile del passeggero eccheggiò per tutta l'auto, rendendo l'attesa insopportabilmente fastidiosa e asfissiante.
Presi un lungo respiro, guardando per un istante il mio riflesso nello specchietto retrovisore: avevo lasciato che la barba crescesse di qualche centimetro in più del solito, i capelli erano ridotti a una massa indistinta di ciocche corvine e i miei occhi scuri erano spenti, vuoti, colmati solo da un costante stato di allarme e preoccupazione.
Sospirai, distogliendo lo sguardo per rivolgerlo verso il semaforo rosso dinanzi cui sostavo, portando poi una mano in viso in un gesto frustrato.
Dove si trovava Amber? Stava bene?
Era in pericolo?
Da giorni, la mia mente era un turbinio di domande senza risposta: l'unica cosa che sapevo era che se solo non avessi attaccato Louis, quella volta, lei non se ne sarebbe mai andata, e tutto questo non sarebbe mai accaduto.
Era da svariate ore che, mentre percorrevo con la macchina ogni singola strada di Londra, avevo cominciato a chiamare qualunque persona conoscesse o avesse avuto contatti con Jacob, speranzoso di sentire che qualcuno lo avesse visto o sentito ultimamente, anche se invano: ogni mio tentativo di ritrovarla pareva essere futile, e questo non fece altro che abbattermi ancor di più.
Il rumore degli squilli cessò di colpo, lasciando spazio a una voce proveniente dall'apparecchio acustico ancora appoggiato sul sedile del passeggero.
«Zade, amico!» rispose entusiasta il giovane, «che bello risentirti! A cosa devo il piacere?»
Presi un lungo respiro, pronto a rispondere in maniera chiara e coincisa a un amico di vecchia data.
«Ti chiedo scusa, Jason, ma non ho molto tempo per chiacchierare: ho solo bisogno di un favore. So che tu e Sullivan avete gareggiato un paio di volte in passato, e volevo chiederti se per caso lo avessi visto in giro, ultimamente» gli chiesi, sbrigativo.
Sperai di aver finalmente trovato qualcuno che avesse avuto contatti con lui in modo tale da ottenere qualche indizio in più, eppure, quando Jason diventò l'ennesima chiamata inutile di quella giornata, borbottai un «fa niente, grazie lo stesso», prima di attaccargli poco educatamente il telefono in faccia.
Ero esausto di quella situazione, ma soprattutto, ero preoccupato per Amber: quel verme del fratello era capace di qualunque cosa pur di ottenere vendetta, e io non avevo neppure il coraggio di pensare a cosa avrebbe potuto farle, se solo l'avesse trovata prima di noi.
Mi sentivo responsabile di quanto era accaduto; avevo visto in prima persona come le mie parole l'avessero ferita, come l'avessero fatta sentire solamente un oggetto.
Non avrei mai voluto farla sentire così, mai.
Avevo sbagliato tutto con lei, e più il tempo passava, più mi rendevo conto di non essere affatto la persona che meritava di avere al suo fianco.
In fondo, io non avevo fatto altro che trattarla come aveva fatto Jacob per più tempo di quanto mi piacesse ammettere, prima credendo che fosse una sua spia, poi ingelosito dalla sua vicinanza con Louis.
Questo non me lo sarei mai perdonato.
Ero innamorato di lei, ormai ne ero certo, ma se c'era una cosa che avevo capito, era che Amber non aveva bisogno di un ragazzo oscuro e tormentato come me: aveva già provato sulla propria pelle cosa significasse avere a che fare con qualcuno mentalmente instabile, problematico e bisognoso d'aiuto, aveva già sofferto abbastanza per qualcuno come me.
No, lei non meritava questo.
Amber meritava la luce, la tranquillità e la dolcezza di Louis, aveva bisogno di qualcuno che le garantisse costante amore e protezione, e non c'era altra persona che potesse offrirle tutto questo se non il mio migliore amico, la persona che aveva salvato la vita molteplici volte non solo a me, ma anche a Nolan, a Lincoln, ad Isaac... ad Amber.
Louis era un eroe, era sempre stato tutto ciò che avrei voluto essere nella vita, il ruolo del nemico non mi si addiceva più. Il mio migliore amico mi mancava più di quanto credessi.
Scoprire ciò che c'era stato tra lui e Amber quel mattino mi aveva distrutto, frantumato in mille pezzi: eppure, più passava il tempo, più mi rendevo conto di quanto non ci fosse cosa più giusta per lei, se non quella di stare con la persona che aveva sempre amato, che non le aveva mai fatto del male, che era stata per lei un rifugio da tutte le malvagie atrocità che il mondo aveva in serbo per lei.
Non appena mi sarei assicurato che Amber fosse stata nuovamente al sicuro me ne sarei andato, come avrei dovuto fare tempo prima, e mi sarei fatto aiutare da qualcuno capace di farmi andare avanti, farmi superare il trauma che la morte di Camille aveva scaturito in me.
In quel momento, però, l'unica cosa da fare era cercarla e metterla in salvo da quel pazzo maniaco del fratello, che avrei solamente voluto uccidere con le mie stesse mani.
Presi il telefono in mano non appena scattò il verde, decidendo di fermarmi in un parcheggio per scoprire da chi altro avrei cercato di ottenere informazioni, dopo Jason. Spensi la macchina e rivolsi la mia più totale attenzione al cellulare, scorrendo la rubrica nella speranza di trovare qualcuno di rilevante.
L'elenco dei numeri ne evidenziava una quantità infinita, eppure, nessuno parve fare al caso mio: scorsi frustrato l'intera lista delle S, delle T, delle U...
Poi giunsi alla V, e un nome che tanto avrei voluto dimenticare si insinuò dinanzi alla mia vista.
Victor.
Per quanto si fosse rivelato una persona viscida e senza scrupoli, sapevo per certo conoscesse Sullivan, e se c'era anche solo una possibilità che avesse avuto informazioni o contatti con lui, non potevo certo tirarmi indietro dal chiamarlo.
Fu proprio ciò che feci: seppure riluttante, premetti il tasto di chiamata e poggiai le braccia sul volante, prendendomi la testa tra le mani dolorante a causa di quegli assordanti squilli che avevo dovuto udire tutto il giorno.
Non dovetti attendere a lungo, perché la fastidiosa e velenosa voce di Victor si palesò dall'altro capo del telefono dopo brevi istanti.
«Peterson! Che gran piac-»
«Risparmiatelo, Murphy» lo bloccai prontamente, pronunciando il suo cognome con alto disprezzo, «ho solo bisogno di un'informazione» conclusi con la mia tipica freddezza, poggiando il telefono sul cruscotto dell'auto e incrociando le braccia al petto.
«Siamo così acidi già di primo mattino, Zade? Cos'è, non sei ancora riuscito a fotterti la ragazza del tuo migliore amico?» rise di gusto, e capii all'istante di aver commesso un errore nel credere che un essere come lui avrebbe potuto aiutarmi. «è davvero un peccato, ma vedi, spesso quello che interessa a molte è solamente l'avventura: una volta provata l'ebrezza del tradimento tornano da chi amano veramente, a differenza di come ha fatto la nostra amata Camille-»
Nel sentire pronunciare il suo nome, la mia rabbia salì a mille quando lo interruppi una seconda volta.
«Chiudi quella fottuta bocca» pronunciai adirato, stringendo le mani in due pugni, pronto a interrompere la chiamata, «avrei dovuto immaginare saresti stato solamente un tale spreco di tempo, Murphy-»
«Zade, aspetta» richiese la voce metallica proveniente dal telefono, ora più pacata, «adesso mi hai incuriosito. Se hai deciso di chiamare proprio me tra tutte le persone che conosci, significa che deve essere qualcosa di serio. Perciò... di che si tratta?»
Seppure non potessi vederlo, sapevo che sul suo viso magro si fosse dipinto un sorriso sornione e appagato: aveva capito di potermi dire qualunque cosa, persino parlarmi di Camille in quel modo, perché avevo un estremo bisogno di qualcosa che, forse, lui avrebbe potuto darmi.
Per quanto volessi trovarlo solamente per spaccargli la faccia, non potevo farmi prendere dalle emozioni: il mio unico obbiettivo era trovare Amber a qualunque costo, indipendentemente da chi avrei dovuto contattare per farlo.
Lentamente, lasciai che i miei pugni si rilassassero, stendendo le mani sulle gambe e poggiando la schiena contro il sedile alle mie spalle quando parlai.
«Hai visto Sullivan, ultimamente? A una gara, a un incontro... ovunque. Rispondi sinceramente e non ti disturberò più».
Ero disperato, ed ero sicuro che Victor avesse colto l'afflizione nella mia voce. Odiavo fargli credere avesse un qualche potere nei miei confronti, eppure, non potei agire diversamente.
Tutto questo era per Amber.
Dall'altro capo del telefono, a quel punto, cadde un profondo e lungo silenzio: espirai piano dal naso e chiusi gli occhi, tentando di mantenere la calma e il controllo, attendendo pazientemente quella che speravo sarebbe stata una risposta seria e veritiera.
Tamburellai le dita sulla curva del volante, osservando davanti a me una massa di persone camminare a passo svelto, passandosi di fianco senza neppure sfiorarsi.
L'intero genere umano andava sempre di fretta, perché la vita era troppo corta per provare anche solo per un istante a sedersi e godersela.
Dopo secondi che parvero interminabili, finalmente una risposta arrivò. La voce robotica dall'altro capo del telefono giunse forte e chiara al mio udito, pronunciando delle parole che non mi sarei mai aspettato di sentire da Victor.
«No, Zade, non l'ho visto ultimamente.
Però, se avete bisogno di lui, posso passarti l'indirizzo».
Una volta conclusa la telefonata non potei ancora credere che Victor, dopo tutto quello che era successo, avesse deciso di aiutarci: aveva fatto di più di quanto chiunque altro avrebbe potuto, mi aveva dato il suo nuovo indirizzo.
Finalmente ero riuscito a fare qualcosa di utile: erano giorni che cercavamo Amber per tutta Londra, inutilmente, e anche se nessuno di noi voleva ammetterlo, temevamo che Jacob l'avesse trovata, e che fosse finita nella tana del lupo.
La tentazione di andare da solo e uccidere Sullivan a mani nude per vendicare la mia Camille era alta, molto alta.
Era sin dall'inizio che avrei voluto affrontarlo; avrei voluto spaccargli la faccia per la violenza che aveva usato su Amber, lasciarlo morto per terra per aver tolto la vita alla donna più preziosa per me: non era un essere umano, era uno schifo vivente, e doveva essere eliminato.
Eppure, per quanto fossi ancora arrabbiato con Louis, non potei fargli questo, non potei tenerlo fuori e all'oscuro di aver scoperto dove Jacob vivesse: non me lo sarei mai perdonato.
Fu proprio per quel motivo che afferrai velocemente il telefono, componendo il suo numero.
«Novità?»
La voce profonda ma stanca di Louis giunse immediatamente al mio udito.
«Ho il suo indirizzo» dissi solamente, poggiando la testa al sedile dietro di me e chiudendo gli occhi.
Per tutti quei giorni, non avevo dormito un attimo: io e i ragazzi facevamo a turni per cercare Amber, ma la verità era che io non volevo fermarmi, non volevo riposarmi...
Dovevo trovarla.
Dovevo farle capire quanto mi dispiacesse, quanto mi odiassi per averla fatta soffrire ancora una volta...
Dovevo farle capire che, se avesse scelto Louis, io lo avrei accettato.
In fondo, non c'era persona al mondo che la meritasse più di lui.
Nonostante tutti i nostri litigi, nonostante avessi quasi cominciato a odiarlo, Louis rimaneva la persona che più al mondo mi era stata accanto. Era il mio migliore amico...
E io avevo tradito la sua fiducia, provando a scaricare tutta la colpa su di lui quando, in realtà, la colpa era solo mia.
Non avrei mai potuto odiarlo totalmente, ed era arrivato il momento di ammetterlo.
«Louis...» pronunciai, non avendo ancora udito alcuna risposta da parte del ragazzo.
«Torna a casa, Zade» disse. «Stasera è lì che andremo».
Spazio Autrice
Non mi ero resa conto di quanto effettivamente Zade mi mancasse fino a questo momento.
È e sarà sempre il personaggio che più riflette la mia persona🖤
Non potete capire quanto mi abbia resa soft quando dice che Louis è un eroe e che, in fondo, non potrebbe mai odiarlo🥺
Cosa pensate delle informazioni che Victor gli ha dato? Ci si può fidare?
Mi raccomando, lasciate una STELLINA⭐️ se il capitolo vi è piaciuto, e fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima🖤
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