.28. .Part One.
Attenzione: ci tengo a precisare che la foto della collana è mia, e questo piccolo aesthetic l'ho creato io. Questo capitolo è molto importante! Anche se non l'ho mai fatto, vi invito a leggere lo spazio autrice, ho un paio di cose da dirvi🖤
«Quel giorno mi hai chiesto... mi hai chiesto il significato del mio tatuaggio».
Dopo un attimo di esitazione si scoprì la spalla, indicando la delicata rondine che portava nel becco una chiave a forma di cuore, disegnata in maniera indelebile sulla sua pelle.
Ebbi un tuffo al cuore quando la osservai: era la prima volta che avevo la possibilità di scrutarla da così vicino, e la trovai bellissima, più di quanto lo avessi fatto la prima volta che l'avevo vista.
Riportai lo sguardo sul suo, curiosa di sapere cos'avesse avuto da dirmi.
«Beh, ora che sai la verità... non ho più motivo di nascondertelo».
Zade mi accarezzò il braccio dolcemente dinanzi alla mia espressione stupita. Ricordai quando, la sera in cui gli chiesi per la prima volta il significato di quel tatuaggio, mi rispose che fosse personale, liquidandomi in quel modo.
In quel momento, invece, sembrava sul punto di rivelarmelo.
Prese un piccolo respiro prima di cominciare a parlare.
«Rappresenta un ciondolo che portava Camille al collo. Non se lo toglieva mai, neppure per fare la doccia» emise un flebile sorriso a quel pensiero, lo sguardo perso nel vuoto come se fosse per lui un ricordo così doloroso, ma allo stesso tempo, così dolce.
La mia più totale attenzione si posò su quel ragazzo dai capelli corvini sdraiato al mio di fronte a me, mentre le sue dita affusolate continuarono a sfiorare la mia pelle, come se gli servisse una distrazione dalla sofferenza che parlare di Camille gli infliggeva.
«Aveva per lei un significato davvero importante: era simbolo di positività e rinascita, rappresentava la speranza» svelò. «Quando lei è... morta» deglutì pesantemente, e sul mio viso si dipinse un'espressione triste nel vedere quanto ancora faticasse a pronunciare a voce alta la tragica realtà, «sentivo che la mia vita non aveva più senso. Credevo di essere perso senza di lei, una totale nullità... come se potessi essere completo solamente con lei al mio fianco».
Fece una pausa, emettendo un lungo sospiro.
«Non riuscivo ad accettarlo, non riuscivo a vedere la realtà dei fatti, e quando l'ho capito, quando ho compreso che Camille se ne fosse andata per sempre, che non l'avrei mai più rivista... ho ceduto. Amber, io ho provato a raggiungerla».
Il suo sguardo vagò a lungo per la stanza ma, nel pronunciare quelle parole, tornò su di me, giusto in tempo per osservare i miei occhi chiari spalancarsi dallo stupore.
Zade aveva tentato di togliersi la vita perché non poteva sopportare che la sua donna se ne fosse andata per sempre.
E la colpa era solamente di Jacob.
Mio fratello.
Non avrei mai potuto immaginare che dietro alla corazza che si era creato ci fosse così tanta vulnerabilità, dolore e fragilità.
Zade doveva amare quella donna più di qualunque altra cosa.
Pochi secondi dopo quella forte rivelazione, il moro davanti a me riprese la parola.
«Ero impazzito. Credevo di non poter vivere senza di lei: niente mi aveva mai reso così debole, quanto l'amore per quella ragazza dagli occhi blu. Non vedevo alcuna via d'uscita, ero incapace di reagire; così malato, da credere che solo la morte avrebbe potuto ricongiungermi a lei. Purtroppo o per fortuna, però, i ragazzi mi hanno impedito di completare l'opera».
Ogni sua parola trafisse la mia anima: mi sentii come se non avessi mai conosciuto Zade realmente, nonostante gli svariati mesi che avevamo passato nella stessa dimora.
Un sorriso amaro si fece spazio sul volto del ragazzo, mentre il suo sguardo, ancora una volta, si perse nel vuoto.
«Non dimenticherò mai le parole di Louis quando, dopo avermi trascinato fuori dalla corrente gelida in cui avevo creduto di poter affogare quell'immensa sofferenza, riuscì finalmente a rianimarmi» morse il suo labbro inferiore.
«Mi disse che quando avrei voluto di nuovo fare una stronzata del genere avrei dovuto pensare a lei, a quanto disapproverebbe nel vedermi in quel modo. Mi chiese di essere forte per lei, di risollevarmi... di non fare in modo che la speranza mi abbandoni».
I suoi occhi sembrarono farsi lucidi mentre, parlando del passato, rammentò come l'amico, quello che lui stesso aveva tradito, gli avesse salvato la vita.
Durante le parole del moro, immaginai l'intera scena: Zade che tentava di togliersi la vita, convinto che solo in quel modo avrebbe potuto placare il dolore che divorava la sua anima, Louis e gli altri ragazzi che si gettavano nell'acqua torbida per recuperare l'amico, con la paura che fosse ormai troppo tardi.
Agitazione, angoscia, timore di perdere una parte essenziale della loro piccola famiglia.
Quasi riuscii a vedere con la mente Louis che tentava di rianimare il suo migliore amico sdraiato sul suolo e inerme, entrambi fradici dalla testa ai piedi, e il sollievo sul suo bellissimo volto nel momento in cui ce l'aveva fatta.
Mi si strinse il cuore al solo pensiero.
La loro amicizia prima di me era così bella, così pura. Avevo rovinato tutto.
La voce di Zade spezzò il silenzio che si era creato, riportandomi velocemente alla realtà.
«Quello che mi ha detto in quell'occasione è stato determinante per me. Aveva ragione, non avrei dovuto perdere la speranza: avrei dovuto affrontare ogni singola difficoltà a testa alta, come un uomo... per lei» alzò il volto al cielo, e quel semplice gesto fu capace di rendermi ancora più debole al suo racconto.
«Il giorno dopo presi il ciondolo di Camille e decisi di tatuare quella rondine sulla mia pelle. Ogni volta che lo guardo, non solo penso a lei, ma riporto alla mente anche il significato che aveva per lei, quel significato di rinascita e speranza che, ormai, fa parte di me» portò inconsciamente una mano sul suo forte braccio, sfiorando piano quella rondine blu dalle ali spiegate impressa sulla sua pelle.
Così doloroso, ma così dolce.
«Da quel giorno sono cambiato radicalmente: non ho certo dimenticato, non mi sarebbe mai possibile farlo. Ma ho preso in mano la mia vita e sono andato avanti... sono rinato» concluse, tornando a fissare i miei occhi.
Non avrei mai pensato che dietro un tatuaggio così piccolo potesse esserci un significato così profondo...
E non potevo credere a tutta la sofferenza a cui era andato incontro Zade fin da quando era solo un bambino: mi faceva sentire come se la mia vita mediocre fosse perfetta, in confronto alla sua.
Avvertii di essere in dovere di parlare, dire qualcosa dopo la confessione di Zade: mi aveva svelato una parte così sofferente del suo passato, probabilmente il momento peggiore della sua vita celato tramite un disegno impresso sulla sua pelle, e in quell'attimo i suoi occhi scuri erano fissi nei miei in attesa di un riscontro, di sapere a cosa pensassi nel mio religioso silenzio mantenuto per tutto quel tempo.
«Zade, io...» cominciai, tenendo saldo il contatto visivo nonostante mi facesse stare male vederlo in quel modo, «avrei tanto voluto sapere la verità fin da subito. Se solo l'avessi fatto, giuro... ti avrei guardato con occhi diversi» rivelai, avvicinando lentamente la mano a lui e poggiandola sulla sua spalla, all'altezza del tatuaggio.
«Se solo l'avessi saputo non ti avrei mai dipinto come una persona malvagia, capace di fare solo del male» ammisi, sfiorando piano la rondine blu da cui, ormai, ero rapita.
Mi sorpresi di come Zade emise una breve risata sarcastica alle mie parole, mettendosi seduto sul divano del salone. Dovetti sollevare lo sguardo dalla mia posizione per continuare a guardarlo.
«Il punto è che io te ne ho fatto tanto, di male, e non c'è niente del mio passato che possa giustificare le azioni che ho compiuto nei tuoi confronti» affermò il ragazzo, afferrando distrattamente un pacchetto di sigarette dal giubbotto di pelle posto in fondo al divano, estraendone una e accendendola in un gesto veloce.
Gettò l'accendino sulla pelle scura del divano, poggiandovi poi la schiena contro, prendendo un lungo tiro dalla sua sigaretta e osservando un punto indefinito davanti a sé.
Mi sollevai anch'io, osservando il suo cambiamento repentino: le mie parole scaturivano sempre reazioni diverse in Zade, e questa volta ero convinta si sentisse ancora in colpa per quanto aveva fatto, dopo la mia ultima affermazione.
Evidentemente Zade credeva che, indipendentemente dal suo passato, non avrebbe mai dovuto trattarmi in un certo modo.
Osservai come il fumo della sua sigaretta sembrasse calmare i suoi nervi sempre più ogni volta che aspirava quella sostanza cancerogena: mi chiesi come potesse qualcosa che nuoceva così tanto alla salute fungere allo stesso tempo da calmante.
L'improvviso desiderio di comprendere quella sensazione crebbe tutt'a un tratto in me.
«Hm, Zade» lo chiamai, incerta, attirando subito la sua attenzione su di me: voltò lo sguardo in mia direzione, e non potei fare a meno di essere colpita dalla sua estrema bellezza quando, poggiato al divano col corpo leggermente più rilassato, le sue iridi scure incontrarono le mie.
«Potresti... potresti farmi fare un tiro?» domandai, abbassando la manica della felpa fin sotto il mio polso in un gesto d'imbarazzo.
Il ragazzo corrugò la fronte, per poi scuotere la testa in segno di negazione.
«Neanche per sogno. Amber, questa merda non fa bene» ammise con tono autoritario, riportando lo sguardo sulla sigaretta che stringeva tra le dita, prendendone una nuova boccata. Notai come il suo corpo si rilassò nuovamente quando espirò.
«Allora perché sembra renderti così tranquillo?» domandai curiosa, scrutando minuziosamente ogni suo movimento. Zade volse nuovamente lo sguardo verso di me, squadrandomi per un attimo prima di rispondermi con estrema serietà.
«È tutta una questione psicologica. Molti fumatori credono che la nicotina abbia un effetto calmante ma, in realtà, non è altro che la sensazione di beatitudine che completa l'essere umano nel momento in cui soddisfa un suo vizio, qualunque esso sia» dichiarò, e mi ritrovai a osservarlo come se stesse svelando qualcosa di così profondo e veritiero, «per me, però, è diverso».
Aggrottai la fronte.
«In che modo lo reputi diverso?»
Zade inumidì le proprie labbra, pensieroso, e io mi sentii così in colpa solamente per averlo trovato dannatamente irresistibile con quell'unica azione.
Aspirò nuovamente del fumo bianco, osservando la sigaretta ormai quasi finita che ancora teneva tra le dita.
«La mia dipendenza dal fumo non deriva da un bisogno particolare di assuefazione alla nicotina. Per ogni sigaretta che fumo, infatti, un pensiero nuovo prende possesso della mia mente, e nel momento in cui la consumo del tutto, gettandola via, è come se, simbolicamente parlando, gettassi anche quel pensiero. Questo mi rende capace di non pensarci fino all'accensione di una nuova sigaretta» dichiarò, e nonostante impiegai un po' di tempo per comprendere appieno quel concetto, credetti che fosse qualcosa di piuttosto intelligente, ma allo stesso tempo doloroso, in quanto sapevo che Zade fosse solito ad accendersi una sigaretta dopo l'altra.
Questo significava che quel ragazzo dai capelli corvini aveva così tanti pensieri per la testa da avere bisogno di adottare quella particolare tecnica, riflettendo su qualcosa in particolare solamente per la durata di quel tubetto cilindrico di carta acceso, per poi imporsi di dimenticarlo quando la sigaretta veniva consumata, dunque buttata via.
Era così profondo e complesso che non potei fare altro che annuire, pensando a quanto la mente di Zade fosse un labirinto infinito pieno di nuove scoperte.
«Non ho mai sentito nulla del genere» ammisi stupita, mentre il ragazzo spense la causa della sua dipendenza in un piccolo posacenere verde. Una curiosità balenò nella mia mente.
«A cos'hai pensato adesso?»
Zade parve rimanere sorpreso dalla mia domanda improvvisa: non sembrava affatto aspettarsela.
Ci fu un lungo momento di quiete e silenzio in cui nessuno di noi proferì parola: mi trovavo ancora seduta sul divano dinanzi a Zade, mentre quest'ultimo, dopo qualche attimo, finalmente riprese a guardarmi.
I suoi occhi parvero volermi leggere dentro.
«Cosa provi per Louis, Amber?» mi chiese di punto in bianco, spiazzandomi totalmente.
Era davvero questo che si chiedeva mentre consumava la sua sigaretta?
Spazio autrice
C'è tanto di mio in questo capitolo.
A partire dalla collana: è un ricordo di Londra, anche se avrei potuto tranquillamente prenderla qui dato che è dì Swarovski, ma per me ha un significato veramente grande: non so perché, ma ne sono terribilmente affezionata🥺 così, ho deciso di collegare il reale significato di questa collana, che ho cercato appositamente, alla storia di Zade e Camille: credo sia uscito qualcosa di veramente bello e toccante. Voi cosa ne pensate? Vi ha emozionato il racconto di Zade?
Passiamo alla seconda parte: il fumo della sigaretta. Anche questo è un pensiero mio, maturato nel momento in cui in seconda superiore ho scritto un tema a riguardo, e nonostante sia una cosa mia, penso sia piuttosto originale, ma anche interessante.
Vi chiedo per favore di non copiare assolutamente questa parte solo perché è originale, non reagirei affatto bene🙊
Ho intenzione di pubblicare una one shot proprio su come ho sviluppato quest'idea all'interno di un tema in classe, che è presto diventato un piccolo racconto... siete curiose di leggerla?😏 Spero di sì! Per me significa molto.
Ho sempre detto che c'era un po' di me in Zade, e più passano i capitoli, maggiormente me ne rendo conto.
Ora vi abbandono, chiedendovi: cosa ne pensate di questo capitolo? Vi ha emozionato? Cosa vi aspettate per il prossimo?
Vi dico già subito che il capitolo 28 è un capitolo davvero determinante❤️
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