Capitolo 11
La stupida festa di ieri è durata per tutta la notte, ma ovviamente sono rientrato a casa prima e non perché dovevo farlo, semplicemente non mi andava di restarci. Ho passato un'ora con Ashley, sperando di ritornare quello di un tempo e non è stato così, non sono riuscito a scoparla. Mi sono sentito davvero uno sfigato, ma cosa posso farci se non mi attrae più? Certo, è bellissima e farebbe effetto a chiunque, ma non a me, il che mi ha molto turbato, visto le ore che passavamo chiusi in camera sua, mentre i genitori non c'erano. Ora sono in bagno, sveglio da poco e non faccio altro che chiedermi perché quella deficiente di Emy si sia cacciata nei casini, è diventato un chiodo fisso. D'un tratto la porta del bagno si apre e lei appare sulla soglia, imbarazzata nel vedermi mezzo nudo. Ho come un brivido, ma lo scaccio immediatamente, ritornando lo stronzo di sempre.
«Cazzo, quando imparerai a bussare?» le chiedo irritato.
«E tu quando imparerai a chiudere a chiave?»
«Dovresti comunque bussare, idiota!»
«Cafone!» controbatte.
Dopodiché osserva il mio corpo, in particolare le mie parti intime. La guardo malizioso ed è la prima volta da quando la conosco, è divertente vederla così in imbarazzo.
«Che c'è, ti scandalizza vedere un ragazzo nudo?» ghigno.
Arrossisce ancora di più, distogliendo lo sguardo dal mio corpo. Vorrei chiederle di entrare e chiudere la porta, ma poi scaccio immediatamente quel pensiero ridicolo.
«S-mettila.» balbetta, evitando il mio sguardo.
Perché è così timida? Mi fa venire strane idee e non lo sopporto.
«Fuori di qui, prima che finisca male.» cerco di terrorizzarla, ma quella frase risulta maliziosa nella mia testa.
«Sei solo un coglione!» sbotta, meravigliandomi.
La ragazzina sta diventando agguerrita, a quanto pare. Non posso permetterle di rispondermi in questo modo, crederà che l'abbia accettata in famiglia, ma si sbaglia. La guardo in cagnesco, dopodiché le chiudo la porta in faccia. Credo di aver guadagnato qualche punto, così la smetterà di rincorrermi ovunque vada.
Ho fatto la barba, una doccia e sono ritornato in camera mia, pronto per riprendere la chitarra, ma proprio in quel momento, qualcuno bussa alla porta. Credo di sapere chi si trova al di là della porta, mi perseguita. Resto in silenzio, non voglio che entri, per oggi ne ho avuto abbastanza. La porta si apre senza il mio permesso, irritandomi ancora di più. Perché diavolo non mi lascia in pace?
«Ma non capisci che non ti voglio tra i piedi?» le urlo contro.
«Idiota, il pranzo è pronto!» mi risponde a tono e senza darmi il tempo per dibattere, richiude la porta e va via.
«Certo che voi due non riuscite proprio ad andare d'accordo.» sento dire da Tiffany, al di là della porta.
L'ha portata a casa? Non ci posso credere.
«Andiamo a mangiare, che è meglio.» dice lei, rassegnata, dopodiché si allontanano dalla mia porta.
***
Ovviamente non sono sceso per il pranzo, ormai mangio spesso fuori per colpa sua, non riesco proprio a tollerare la sua presenza. Quelle rare volte che abbiamo mangiato insieme, è capitato sempre qualcosa di spiacevole, perché miss perfettina si ritrova sempre a fare la parte della vittima, quindi preferisco evitare ogni contatto. Qualche mese fa mi divertiva prenderla in giro e farle degli scherzi innocenti, ora non mi va più e mi limito ad ignorarla. Mio padre è uscito, mentre mia madre è chiusa in cucina, come Emy in camera sua, quindi non dovrò averle fra le palle, così mi concedo un po' di tv in soggiorno. Potrei guardare qualche film, dato che abbiamo Sky, ma non ne usufruisco mai. Guardo la lista dei film disponibili e ci sono solo quelle stupide commedie d'amore e qualche sciocco film dell'orrore, che piacciono tanto a lei. Possibile che non me ne piaccia nessuno? Mentre sto per cambiare categoria, suonano alla porta d'ingresso, interrompendo la mia ricerca.
«Vai tu, tesoro?» chiede mia madre dalla cucina.
Sbuffo e controvoglia vado ad aprire la porta.
«Ciao, Emy è in casa?» dice il ragazzo davanti a me, con il viso rovinato.
Jake l'ha conciato proprio male e non immagina come potrei conciarlo io se non smette di vedere Emy. Mi mordo il labbro, chiaramente a disagio. Cosa cazzo ci fa qui? Adesso la passa a prendere persino a casa? Quindi vuol dire che è a conoscenza della nostra situazione familiare. Cazzo! E se lo dicesse in giro? Sarei rovinato.
«No!» sbotto e mi accingo a chiudere la porta, ma lui la blocca col piede.
«Strano, avevamo appuntamento.»
«Se sai che è a casa, allora perché lo chiedi?» dico irritato.
«Volevo essere cortese.»
«Cosa sai di me ed Emy?»
Si acciglia. «In che senso?»
«Cosa ti ha raccontato?»
«Nulla, solo che al momento vivi a casa sua, perché ti dà lezioni.» Che cazzo si è inventata? Adesso sarei io quello di troppo? L'ho sempre minacciata dicendole che se avesse detto la verità l'avrei lapidata. D'un tratto si intrufola in casa, sorpassandomi. «È di sopra?» fa un passo verso le scale.
Lo blocco immediatamente. «Fermo! Non azzardarti a salire oppure ti spezzo le ossa e ci gioco a domino.» lo minaccio, a pochi centimetri dal suo viso.
«Va bene, ma sta calmo!» mi sfida con lo sguardo.
«Non muoverti!» gli ordino, mentre mi dirigo al piano di sopra.
Cosa ci troverà Emy in lui? Sembra un rammollito e non è per niente adatto a difenderla se dovesse succederle qualcosa. Arrivo davanti alla porta della sua camera e senza bussare entro al suo interno. È seduta alla scrivania e legge un libro.
«Pretendi che quando vengo in camera tua devo bussare e poi entri come un pazzo nella mia?» mi rimprovera irritata.
«Sam Watson è di sotto e rompe!» la informo.
«Avete qualcosa in comune.»
Molto divertente.
«Gli hai raccontato della nostra situazione?»
«Sì!»
Inizio a boccheggiare, senza sapere cosa dire, sento solo il sangue ribollirmi nelle vene.
«Che diavolo vuole?» chiedo.
«Uscire con me, forse?» dice con quell'aria da altezzosa che non le si addice per niente.
Devo farla soffrire, colpirla dove le fa più male.
«Non dire cazzate.»
«Nessuna cazzata.»
«Non farmi ridere.» ridacchio amaramente.
«Ridi pure, ma fallo lontano dalla porta, perché devo andare.»
Colpito e affondato. Così non va affatto bene, crede che mi stia ammorbidendo e non mi va di passare per l'idiota della situazione. Mi passa di fianco, ma l'afferro per un polso.
«Non vorrai mica uscirci davvero?» le chiedo, risultando patetico.
«Uffa, Mark!»
Si libera dalla mia presa e corre di sotto, spiazzandomi per la tanta fretta. Le cose stanno andando sempre peggio e sto perdendo la testa, pensando a come cambiare la situazione. Devo impedirle a tutti i costi di continuare a vedere quello snob figlio di papà e dovrà tornare l'indifesa di prima, perché non riesco più a vivere così. A passo veloce, raggiungo il piano di sotto, afferro il giubbotto appeso all'ingresso ed esco di casa. Ho bisogno di sfogarmi e andrò in palestra a piedi.
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