La mia realtà.
A me continua a girare la testa come se m'avessero caricato di peso su una giostra per bambini e cominciato a spingere finché, anziché ruotare, il sediolino prende direttamente il volo.
In qualche modo fuori dalla mia comprensione siamo arrivati a casa mia e me ne accorgo solo quando quel piacevole ronzio che faceva da sottofondo al vuoto che mi alberga nella mente si interrompe.
Manuel ha spento la moto e ora sta attendendo paziente che io scenda così da poterlo fare anche lui.
Metto i piedi sulla ghiaia, ma pare più una sabbia mobile. Non ne avverto la consistenza, ma più che mai percepisco solo il tremore delle gambe, come un formicolio spiacevole che accompagna un movimento del corpo dopo tanto tempo fermo.
Ecco, mi sento così, come se fossi ancora intorpidito.
Dopo giorni e settimane immobile in un punto ad aspettare, adesso sono attivo. Questo non è più un sogno statico nella mia mente, ma è tutto reale e dinamico e pretende che io esca dalla mia testa per vivermelo davvero.
"Simò" Manuel sussurra piano "dove sei andato di nuovo?" sorride e mi sta squadrando come si farebbe con una bestiola ferita che ti si para davanti e non sai come raccogliere e medicare per non spaventarla ancora di più.
"Sta testolina tua è un mondo a parte, si? Ogni tanto mi ci devi portare pure a me, vabbè?"
Non so come dirgli che è inutile portarcelo, che lui è già lì, in ogni angolo sia esposto che recondito del mio cervello. Il suo nome è la parola al neon che ti accoglie all'ingresso, come quei locali con le insegne scintillanti che vedo sempre nei film americani.
"Non penso ti convenga" rispondo mentre litigo col casco che proprio non si slaccia "c'è ben poco che valga la pena vedere..."
"Ma che stai a dì? Io voglio sapé tutto di te" dice scostando le mie mani tremanti dalla fibbia e procedendo con movimenti netti e sicuri a liberarmi dalla morsa del casco "anche le cose meno interessanti, anche le più micragnose... essere parte della tua vita come tu sei della mia."
E se prima la testa girava, adesso vortica talmente tanto che la sento svitarsi del tutto dal collo e iniziare a volare.
«Stai con i piedi per terra Simone» mi ripeto.
"Io-" mi schiarisco la voce cercando di non mostrare il tremolio che la accompagna "io sono parte della tua vita?" chiedo stupito.
Lo sguardo che mi riserva è tutto un programma.
"Simo..." sento un piacevole calore irradiarsi dal centro dello stomaco fino al petto.
"Simone" insiste "c'è davvero bisogno che te lo dica?"
Ed ecco la familiare sensazione di delusione che mi pervade al pensiero che siamo di nuovo qui, con me sempre esposto e scoperto ai suoi colpi e con lui che invece schiva ognuno dei miei con un talento francamente invidiabile.
Apro la bocca per reagire, sospiro, poi la richiudo. Non mi era mancato per niente sentirmi così.
So già che se parlo lo farò scappare via.
In realtà non escludo possa accadere anche domattina, alla luce del giorno, quando tutto sarà più chiaro anche per lui. Ma quello è un problema per il Simone del futuro. Solo suo.
Il Simone di stasera vuole prendere tutto il buono che può ricevere e basta.
Evidentemente il mio volto tradisce più di quanto io cerchi di camuffare perché la mano di Manuel è ora direzionata verso la mia guancia. Sento la carezza prima ancora di riceverla. L'impronta delle sue dita sulla mia pelle come un marchio. E' caldissimo e io avvampo già solo per questo tocco impercettibile.
«Sei patetico.» mi dico.
"Io non te merito proprio." mormora lui.
"Manue-"
"No, famme finì. Io non te merito proprio Simò e sto pensiero me logora un giorno si e l'altro pure. L'unico motivo per cui in ste settimane dopo il ricovero non so venuto a casa tua armato di fiori e cioccolatini è che me sentivo un infame di proporzioni bibliche." Si avvicina ancora di più senza mai staccare la mano dal viso.
"Tu sei puro, sei buono e soprattutto sei gentile. Sempre così gentile con me che invece so stato il peggio stronzo. Da quando sei arrivato nella mia vita hai portato luce in ogni cosa. E all'inizio era troppo intenso. Per me abituato sempre al buio è stato come essere abbagliati. Ci ho messo un po' ad abituarmi a tutta questa luce, a capire che non stavi cercando di accecarmi, ma solo di guidarmi, come una nave che segue un faro verso un porto sicuro." Respiro a fatica con la bocca che si schiude sotto la leggera pressione del suo pollice sul mio labbro inferiore.
"Sei il mio faro e il mio porto sicuro, l'unico in cui posso stare." sussurra facendo scontrare lievemente i nostri nasi. "L'unico che poteva tirarmi fuori dalla tempesta che stavo vivendo." e, senza mai interrompere il contatto visivo, poggia un bacio casto sulla mia bocca.
Non ci sto capendo più nulla, tremo in ogni punto del mio corpo. Sono in uno stato d'estasi mai sperimentato prima. Qualunque domanda affollasse il mio cervello prima è stata spazzata via da questo minimo contatto.
Il tonfo del casco che cade dall'altra mano di Manuel mi riporta sulla Terra. Stringe il mio fianco in modo famelico. Vorrei imprimermi questo tocco nella mente per sempre. Non so come ho vissuto finora senza conoscerne il piacere.
"Manu..." sospiro sulla sue labbra.
"Simo" stringe ancora di più il fianco e continua a far scorrere il pollice sul labbro, poi sul mento e infine si assesta sul pomo d'Adamo.
Respiro piano mentre le sue dita creano un ostacolo fra me e l'aria.
Sono in affanno. Manuel mi guarda come se volesse mangiarmi. Non resisto un secondo di più.
Un impercettibile cenno della mia testa ad indicare che sì, sono nelle sue mani e non c'è altro posto in cui vorrei trovarmi, scatena in lui una reazione quasi animale.
La mano sul fianco diventa una morsa e la sua bocca si sposta al lato del mio viso.
"Dobbiamo andare in camera tua." e non è una richiesta, una domanda, una supplica. E' un comando e io sento la materialità del mio corpo sciogliersi sotto il peso dell'implicazione che questa frase racchiude.
Il caldo che mi assale ora non l'ho mai provato in vita mia.
Sono nudo ma il mio corpo è in fiamme.
Il petto di Manuel che sale e scende ritmicamente a contatto con la mia coscia è tutto ciò che mi mantiene vigile, cosciente della realtà di questo momento.
"Simo" mi sussurra dolce mentre una mano percorre il contorno del mio stomaco.
Non possiamo fare troppo rumore, lo so, ma io vorrei soltanto urlare al mondo intero che Manuel Ferro è qui, sul mio letto, lo stesso nel quale ho sempre e solo potuto immaginare quello che ora concretamente sto vivendo.
"Simone" la sua voce adesso è più severa.
Spalanco gli occhi e lo fisso interdetto.
"Ho bisogno della tua completa attenzione, lo capisci questo?" questo cosa? Non so più niente.
Sospira, si porta in ginocchio sul materasso e scende in avanti col busto. Mi prende il mento fra pollice e indice della mano destra.
"Simo" avvampo per la vicinanza ritrovata "Sei davvero sicuro di volerlo fare?" mi chiede con rinnovata dolcezza.
Ah. Ecco cos'era questo.
"Manuel" lo sto guardando come si guarda una statua del Bernini, un cielo stellato dopo una giornata di pioggia, un ragazzo di cui si è follemente e irrimediabilmente innamorati "non chiedo altro" espiro alla fine.
Un lampo gli attraversa gli occhi. Preme con forza le sue labbra sulle mie e spinge la lingua nella mia bocca fino a che non rispondo al bacio.
Finisce così come è iniziato e io che ne vorrei ancora mi spingo in avanti con la testa per riunire le nostre bocche.
Una mano pesa sul mio petto a placcarmi e l'altra mi lascia il viso per avvicinarsi alle labbra.
Ci guardiamo ancora e capisco. Apro la bocca in silenzio.
E' la pressione di indice e medio di Manuel sulla lingua a darmi una scossa che si trascina fino al bassoventre.
Inizio a succhiare le falangi come se ne andasse della mia vita. Lo osservo e noto che il sudore gli imperla la fronte mentre il suo sguardo è del tutto rapito dai miei movimenti.
E' così che si sente lui costantemente? E' questo il senso di potere che prova ogni volta che lo fisso imbambolato?
Il suo pene è caldissimo e sta liberando i primi segni del piacere contro la mia gamba.
Deve essersene accorto anche lui perché d'improvviso si ridesta dal torpore ed estrae con vigore le dita dalla bocca rischiando di farmi mordere la lingua.
Ridacchia per la mia reazione spaesata.
"Basta così o finimo prima ancora di cominciare" dice ritornando alla posizione originale.
Una mano accompagna le mie gambe verso l'alto e, nonostante le ginocchia siano in sofferenza e non sia mai stato più esposto di così, sento che tutto è al posto giusto.
Potrei morire adesso e sarei contento.
Mi guarda ancora una volta come a conferma che ha capito bene e che può davvero fare ciò per cui siamo qui.
Il mio pene è duro come il marmo e il corpo è in una tensione fortissima. So che se non mi darà ora ciò che voglio rovinerò tutto lasciandomi andare prima del tempo.
"Manuel non ce la faccio più" sussurro "ti prego."
E forse erano queste le parole magiche che avrei dovuto dire sin dall'inizio perché è un attimo: prima mi guardava come se fossi un cristallo prezioso che può rompersi al primo tocca e ora è qui che mi da una pacca forte sulla natica e che mi fa vibrare come una corda di violino. Non ho neanche il tempo di godere di questa piacevole sofferenza che, con sicurezza disarmante, va con le dita ancora luccicanti per la mia saliva a trovare il punto in cui tutte le terminazioni nervose esplodono dentro di me.
Non è la prima volta e non è neanche con qualcuno di inedito. Alla fine c'è sempre stato solo lui per me, ma adesso è come se anche il mio corpo sapesse che può abbandonare lo stato di tensione che da sempre lo accompagna.
In quel cantiere fatiscente l'amplesso è stato più una lotta contro la paura che mi bloccava: paura del domani, paura delle sensazioni che provavo, paura di essere lì con lui solo perché non ci poteva essere lei.
Qui e ora invece so che vuole me, che non sono un rimpiazzo, ma esattamente ciò che desidera. Ed è bellissimo.
Quel «con te è diverso» l'ho finalmente capito anche io.
"Ma quanto casino fai? Meno male che tu padre e tu nonna dormono come scannati" dice con tono di voce divertito riportandomi alla realtà.
"Non è colpa mia" mi lamento lievemente imbarazzato "sei tu che-" una spinta più forte interrompe il mio flusso di pensieri.
"Io che?" mi chiede curioso mentre continua imperterrito a prepararmi.
Il calore delle sue dita nel mio corpo è qualcosa per cui varrebbe la pena scrivere poesie. Ma Manuel mi toglie il fiato e mi impedisce di elaborare un concetto coerente che sia uno.
"Sai Simò" borbotta ad un certo punto mentre aggiunge l'anulare a farsi spazio dentro di me "quando t'ho visto stasera con quel manichino lì-"
"Non parliamo di Luca adesso" riesco a mormorare.
"Quando ti ho visto con Luca..." continua con tono dispregiativo e come se io non avessi mai parlato. La mano che unisce i nostri corpi d'improvviso interrompe il contatto. Sento freddo ovunque. "...che ti tirava su e ti muoveva..." sta ansimando. Afferra le mie cosce con decisione e si posiziona in modo tale da sovrastarmi completamente. "... come fossi creta nelle sue mani..." Vedo il riflesso del preservativo con la coda dell'occhio.
Ci mette un attimo ad aprirlo e indossarlo.
La mia gola è secca. Non saprei parlare manco se volessi.
Riporta la mano nel punto in cui tutto il fuoco che mi pervade si dipana e inizia di nuovo la sua lenta tortura. "Quando t'ho visto con lui" ripete tra una spinta e l'altra "avrei voluto essere io."
Il fiato mi si mozza e porto un braccio a coprirmi gli occhi già chiusi sotto il peso di queste sensazioni fortissime.
Morirò oggi tra le sue braccia e va bene così.
"Hai capito Simò?" insiste, muovendosi con una forza tale per cui sussulto anche io con tutto il letto. "Hai capito che volevo essere io li? Volevo essere io a toccarti."
"Sei tu-" mi blocco. Sto singhiozzando, sento le lacrime agli angoli degli occhi per il troppo piacere.
Con la mano libera provo a darmi tregua. Ho bisogno solo di un movimento, uno solo, leggero, da giù verso su. Non mi serve altro. Ma, a quanto pare, Manuel non è d'accordo e, arrivando prima di me, scaccia via le mie dita e chiude le sue attorno alla base del mio pene.
"Dimmelo" impone risoluto mentre sento il vuoto pervadermi per un attimo per poi una sensazione di pienezza assoluta, quasi eccessiva, riempirmi come non mai. Spinge dentro di me come se volesse trapassarmi.
Non so più neanche dove mi trovo, tutto ciò che esiste è il punto di congiunzione tra me e lui.
"Simone" ripete spazientito, prima di assestarmi un'altra pacca, questa volta al lato della coscia.
"Sei tu Manuel, solo tu!" affermo delirante "sono tuo!" mugolo dimenando la testa da un lato all'altro senza sosta.
"Sei mio" si abbassa su di me "come io sono tuo" sussurra mentre si svuota al mio interno e le sue dita mi liberano dalla stretta soffocante.
E' un'esplosione di colori dietro le mie palpebre, un rumore sordo che preme nelle orecchie e un senso di pace che mi pervade in modo totalizzante e mai provato prima.
Quasi non me ne accorgo quando finalmente anche io, tra il mio corpo e il suo, rilascio tutto quello che ho dentro.
Svuotato di ogni cosa mi lascio andare così, abbandonando le membra stanche sul materasso, sotto il peso di Manuel che adesso ansima sul mio petto.
Si solleva appena, esausto, quel che basta per uscire da me.
"Scusa" dice quando nota lo sguardo contrito e lasciandomi un bacio sottile sul petto.
Prende fiato ancora un secondo e poi si alza di scatto con gambe tremanti per andare a gettare il preservativo e cercare qualcosa con cui pulirsi lo stomaco alla meglio.
Due minuti dopo torna sul letto e con una premura inedita pulisce anche me, per poi percorrere il contorno della pancia con un dito.
Sembra quasi affascinato, preda di un incantesimo che ho il terrore di rompere pronunciando anche una sola parola.
Alza gli occhi su di me che prontamente li abbasso, imbarazzato nell'essere stato colto così in flagrante.
La mente è già in azione con scenari apocalittici.
"Simo" mi richiama e "guardami" insiste quando io non accenno a obbedirgli.
"So quello che stai pensando e vorrei che non lo facessi" mi dice con voce quasi irriconoscibile.
"E tu invece a che pensi?" provo a chiedere.
"A quanto tempo ho passato ad immaginare questo momento."
"Davvero?" e anche la mia voce non è neanche più la mia, è qualcosa al di fuori di me che trema incredula.
"Non sei l'unico che si perde nella sua testa..." è indifeso e non l'ho mai visto così.
"Per me è stato... importante, Manuel." sospiro e giro la testa di lato, preparandomi al peggio.
I ricordi dell'ultima volta in cui ho pronunciato queste stesse parole si ripetono come un film di cui conosco il mancato lieto fine ma che mi ostino comunque a rivedere sperando cambi.
Le ginocchia di Manuel puntate sul letto provocano uno scricchiolio fastidioso che arriva ad interrompere questo silenzio surreale.
Lo intravedo che si avvicina a me fino al punto che i ricci mi solleticano l'orecchio.
Fa aderire completamente i nostri corpi, siamo nudi e non c'è parte che non sia in contatto diretto. Sento bruciare dappertutto eppure ho i brividi.
Ogni lembo di pelle è a fuoco e penso che con nessuno mai ho provato così tante sensazioni tutte assieme.
"Per piacere me puoi guardà?" chiede, ma io sono ostinato. Non la voglio sta delusione. Voglio stare nella mia testa a immaginare noi che riviviamo all'infinito il nostro idillio e nessun ripensamento arriva mai a distruggerlo.
"Simò... te prego..." la voce gli si incrina pericolosamente e vorrei tanto girarmi un secondo per far incontrare i nostri occhi, ma so che se lo facessi capitolerei.
"Come faccio a-" si sta arrabbiando "come faccio a dirti che ti amo se manco me guardi?"
Il movimento della mia testa è talmente repentino da provocarmi un momento di buio davanti agli occhi "Manuel" mi sento furioso "davvero non sei divertente!" sbotto.
"Divertente? Cos'è per te un gioco?" mi risponde lui servendosi di una frase a me fin troppo familiare.
Lo guardo in faccia adesso, scruto i suoi occhi nel tentativo di cogliere l'infamata che mi sta facendo, ma tutto quello che vedo è solo amore e disperazione.
Voglio così tanto cedere, voglio così tanto che questo momento sia reale, ma la paura mi paralizza sul posto. Fuori dalla mia testa c'è l'imprevedibile, l'ignoto, il mio peggior nemico che non ho mai imparato ad affrontare.
Il pollice di Manuel passato sullo zigomo è ciò che mi dà contezza del fatto che sto piangendo.
"Ti scongiuro parlami. Non lasciarmi di nuovo nel buio." sta tremando come una foglia "non ti sto prendendo in giro. Sto qui, sono con te nella realtà. Non te direi mai na cosa simile se non fosse vero." conclude prima di chiudere le palpebre e permettere anche ai suoi occhi di versare una singola lacrima.
La consapevolezza che segue a questo momento mi travolge in pieno.
Nei miei 17 anni ho sempre sentito di non essere come tutti gli altri, di aver involontariamente messo un muro, un filtro impenetrabile, tra me e la vita.
Rifugiarmi nelle certezze incrollabili - dalla matematica, così sicura, ai miei sogni, di cui ho il pieno dominio - è sempre stato il modo per proteggermi da qualcosa che in fin dei conti non ho manco mai provato a conoscere.
La soluzione a quel senso di incompletezza che mi accompagna da quando ho memoria, a quel desiderio di lasciarmi andare e vivere come chiunque altro e che mai riuscivo a provare, adesso è qui, accanto a me, pronta a darmi tutto ciò di cui ho bisogno.
Non posso permettere che vada via, non di nuovo.
"Manuel" chiamo sottovoce "Manuel" lo prendo per le mani e lo scuoto un po'.
C'è urgenza nel mio tono.
Ora che so cosa voglio, chi voglio, non posso perdere un minuto di più senza averlo.
"Tu sei la mia realtà" gli dico con fermezza "tu sei il legame fra me e la vita. Non è un caso che quando abbia tentato di interromperlo del tutto sia venuto sotto casa tua. In cuor mio sapevo che solo tu avresti potuto tenerlo assieme, impedendomi di distruggerlo in modo definitivo."
I suoi occhi sono enormi e completamente concentrati su di me. Voglio essere guardato così per sempre.
"Prima mi hai chiesto di portarti nella mia testa, ma non ce n'è più bisogno perché adesso quello che c'è qui dentro" dico toccandomi una tempia "è esattamente identico a quello che c'è qua fuori" lo indico con un movimento della fronte. "Ci sei tu e solo tu. Sei ovunque per me."
Il momento in cui finisco di parlare vengo travolto dalla sua bocca che si scaglia con violenza sulla mia. Mi bacia come se fossimo stati sul punto di morire e solo ora avessimo avuto la certezza di essere salvi. E forse è davvero un po' così.
"Ti amo Manuel" glielo dico con naturalezza, con la convinzione di chi sa che non potrebbe essere altrimenti.
Sorride in modo accecante. "Ti amo così tanto Simò. E non è vero che non esisti. Esisti in ogni cosa che faccio, che tocco, che vivo. Non c'è vita per me senza di te." è vicinissimo "Sei la mia realtà anche tu." pronuncia sulle mie labbra.
Sorrido anche io ora, mentre copiose lacrime, questa volta di felicità, mi rigano il volto "È tutto quello che ho sempre sognato di sentirmi dire."
nota dell'autrice: eccoci arrivatə alla fine di questo travagliato parto.
Sentivo di poter elaborare qualcosa anche io su questi due tortelli che mi hanno stregato il cuore, ma mai avrei pensato di scrivere più di 5000 parole.
Spero tanto che il mio contributo possa intrattenervi ed essere di vostro gradimento.
Come già detto in precedenza, i commenti sono sempre ben accetti.
Ciao! 🧚🏼♀️
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro