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Capitolo 29

Buon anno nuovo, girls! Approfitto di questo spazio per augurarvi ogni bene... tutto ciò che il vostro cuore desidera ❤️
Vi lascio al nuovo capitolo! With love, always
Dani

Il mattino dopo raccontai a Rachel tutto ciò che era successo alla festa e come al solito la mia migliore amica mi consolò. Provò a dirmi che mi sarebbe passata, che il tempo avrebbe guarito le ferite, ma io mi sentivo a pezzi. Non avevo nemmeno voglia di andare a lavorare. Rimanemmo a parlare per un bel po' e Rachel face di tutto per convincermi ad andare al Wayford e fare il mio dovere. Dovevo essere forte, dovevo andare avanti con la mia vita e dimenticare Dean.

Arrivai al lavoro verso le 11.00 Per fortuna avevo attaccato più tardi e avevo avuto modo di crogiolarmi a casa un pochino in più tra la colazione e la doccia.

Appena arrivai, la mia amica Liz mi informò che il capo voleva vedermi, così mi recai nel suo ufficio: «È permesso?» chiesi aprendo con cautela la porta.

«Vieni, Jules» la voce squillante del dottor Foster mi disse di entrare.

«Grazie. Come sta?».

«Io bene, tu? Accomodati».

«Grazie, sto bene comunque» dissi fingendo.

«Mi fa piacere. Ieri non ti ho più vista alla festa, sei andata via all'improvviso».

«Ah, sì, mi dispiace ma non mi sono sentita bene. Ho avvisato più tardi Liz...» spiegai, continuando a fingere.

«Tranquilla, nessun problema. Ora stai meglio?».

«Sì» e abbozzai un sorriso.

«Perfetto! Ti ho fatta chiamare perché mi ha telefonato Alicia Stevens stamattina presto, dicendomi che sarà qui a New York per alcune riprese del film e che vorrebbe che io, te e il dottor Hockester andassimo a trovarla sul set tra un paio di settimane. Non sa ancora bene in che giorno ma... ci terrà informati!».

«Oh!» feci sorpresa. L'idea di passare una giornata con Dean non mi piaceva affatto, così pensai che quando sarebbe arrivato il momento avrei dato forfait all'ultimo minuto con una scusa.

«A proposito di questo, ho qui i dati delle vendite del libro. La Families sta facendo soldi a palate, e anche il settore pubblicità non è da meno. Vorrei a questo punto che portassi i dati delle vendite a Dean e gli dicessi anche dell'invito di Alicia. Lo farei io ma sono oberato di lavoro».

«Adesso?» chiesi spaventata.

«Ma certo! C'è qualche problema?».

«No... no» balbettai «nessun problema».

«Benissimo. Allora salutamelo tanto!».

«Certo, non mancherò» dissi alzandomi e andando via.

Quando fui fuori dal suo ufficio respirai profondamente. Ero a pezzi. Non volevo rivedere Dean, non dopo ieri sera, non dopo avergli detto che l'amavo. Ma era il mio lavoro, dovevo farlo e dovevo dimostrare a me stessa e a lui che potevo riuscirci, che ero una donna forte...

Uscii dal mio settore e mi incamminai verso l'ascensore. Era già sul mio piano. Che fortuna...

Quando scesi al settimo piano mi ritrovai nella hall del settore pubblicità dove la segretaria di Dean era intenta a scrivere qualcosa al computer. Mi notò e si tolse gli occhiali: «Buondì!».

«Buongiorno» risposi sorridendole, ma in realtà ero agitata.

«Ha appuntamento col dottor Hockester?».

«Cosa? No... a dire il vero mi manda il mio capo, il dottor Foster».

«Sì, ricordo...».

«Sì, ehm... devo consegnarli dei documenti e... parlargli di una cosa di lavoro».

«Glielo chiamo» disse e compose un numero. Attesi impaziente, poi Dean rispose perché sentii la sua dolce segretaria parlare con lui.

«Sì, dottor Hockester... ha una visita. È una ragazza dell'editoria da parte del dottor Foster. La faccio entrare? Bene...» e attaccò.

«Se è impegnato posso ripassare» dissi sperando che lo fosse davvero.

«Oh no, ha detto di farla entrare. Immagino conosca la strada...».

«Sì, grazie» salutai e mi avviai verso il suo studio. Quando fui alla sua porta bussai e sentii la sua voce...

«Avanti».

Aprii la porta con cautela e quando fui dentro lo vidi. Era in piedi accanto alla finestra e aveva uno sguardo accigliato. Sarei voluta scappare via per non affrontarlo, ma il mio lavoro era il mio lavoro e veniva prima di tutto. Non avrei lasciato che una stupida pena d'amore avrebbe compromesso il mio operato.

«Ciao» esordii entrando.

«Chiudi la porta» rispose Dean continuando a guardare fuori dalla finestra.

«Ok» ubbidii. «Non ti ruberò molto tempo».

«Vuoi sederti?».

«Non ce n'è bisogno» dissi senza guardarlo mai negli occhi. Probabilmente se l'avessi fatto sarei scoppiata a piangere «Ehm... questi sono i documenti sulle vendite del libro della Stevens, te li manda Paul, cioè... il dottor Foster» dissi appoggiandoli sulla sua scrivania, e quando lui si girò per prenderli, notai che aveva la mano destra ingessata, che cavolo aveva combinato?

«Com'è successo?».

«Cosa?».

«La mano».

«Sono caduto!».

«Oh... niente di grave spero».

«È rotta, ma si aggiusterà» disse guardandomi negli occhi. Lo feci anch'io ma per un attimo, distolsi subito lo sguardo.

«Ok. Sono qui anche perché il dottor Foster mi ha chiesto di dirti di un invito che ci ha fatto la Stevens».

«Un invito?».

«Sì. Sta girando il film del suo libro e... tra due settimane sarà a New York per alcune riprese, così ci ha chiesto se vogliamo andare a visitare il set».

«Quando?».

«Ci farà sapere lei».

«Ok».

«Bene, direi che ti ho detto tutto! Adesso vado e... ti lascio lavorare».

«Mi dispiace» esclamò alzando la voce, io ero di spalle e avevo le gambe che mi tremavano.

«Non c'è bisogno...» dissi voltandomi con cautela.

«Sì, invece! Ho fatto io tutto questo casino... io ho sbagliato... io, non tu... perciò sono io a doverti chiedere scusa».

«Se ti fa sentire meglio...» dissi accigliata.

«So che nulla di quello che dirò potrà cambiare le cose».

«No, infatti» risposi guardando per terra.

«Ma ci tengo a dirti che non è mai stata mia intenzione usarti, né farti soffrire, né farti innamorare di me... che tu ci creda o no è la verità».

«Devo andare ora» dissi voltandogli ancora una volta le spalle.

«Spero che possiamo rimanere amici» concluse e io sorrisi.

«Tu e io non siamo mai stati amici, Dean».

«No, ma potremmo diventarlo».

«Se è quello che vuoi».

«Io... non voglio perderti».

«Ok!» affermai con poca convinzione. «Ora devo andare. Buona giornata».

«Anche a te» disse e io uscii richiudendomi la porta alle spalle.

Volevo solo che la giornata passasse più in fretta possibile. Volevo tornare a casa e continuare a essere la depressa, disperata e innamorata Jules...

Quel pomeriggio Liz mi pregò più e più volte di uscire. Era venerdì sera e lei voleva andare in discoteca a ballare. Io non ero per niente dell'umore, ma lei mi disse che solo divertendomi avrei dimenticato Dean. Poi riflettei anche sulle parole di Rachel, sul fatto che dovevo pensare a me e tornare a vivere, così dopo averla fatta dannare per un bel po', accettai. Mi sarebbe passata a prendere lei per le 22.00.

Pensai alla serata che mi si prospettava... decisi che mi sarei fatta bellissima e avrei fatto di tutto per rimorchiare uno carino e dimenticare Dean. Niente mi avrebbe fermato...

Quella sera mi preparai a dovere. Misi un tubino nero di pelle super aderente e dei tacchi vertiginosi. Mi truccai molto e mossi i miei capelli lisci col ferro. Presi un cappotto pesante e lo indossai. Andai via dando un bacio fugace a Rachel e salii in macchina con Liz alla volta del Poseidon, una delle discoteche più in di New York.

Quando arrivammo lì, entrammo in breve tempo e posammo le nostre cose al guardaroba. Poi ci avvicinammo al bancone e ordinammo da bere. Mi scolai quattro vodke e sentii la testa girarmi vorticosamente.

«Jules, non esagerare! Non voglio riportarti a casa ubriaca!».

«Sto bene» dissi toccandomi la testa.

«Ci buttiamo in pista?» propose e mi trascinò al centro.

Andammo a ballare e più mi muovevo, più la testa mi girava. Iniziai a ridere e capii che l'alcol stava facendo effetto. Mi sentivo bene, divertita... libera. Ero su di giri e quando un tizio mise una mano sul mio fianco cominciai a muovermi con più malizia. Strofinai il mio sedere sul suo coso e, ancora di spalle, gli misi un braccio intorno al collo. Il ragazzo mi voltò e mi baciò. Lo lasciai fare e mi sentii disgustata. Aveva un brutto sapore, probabilmente aveva appena fumato... inoltre la mia bocca d'alcol non aiutava. Mi sentii fuori posto... quel bacio non sapeva di buono, non sapeva di Dean.

Nonostante ciò lo lasciai fare e lo ricambiai con tutta la passione che potevo. In un modo sciocco volevo vendicarmi di Dean e fargli capire che non era l'unico in grado di trovare milioni di spasimanti ai suoi piedi. Fu quanto di più stupido potessi fare visto che lui nemmeno era lì.

A un certo punto il tizio mi lasciò e disse: «Andiamo in bagno?».

«Ok» dissi senza pensarci e feci per seguirlo, ma Liz mi fermò.

«Dove stai andando?».

«A divertirmi!».

«Jules, sei ubriaca...».

«Lasciami stare».

«Jules!».

«Voglio divertirmi Liz, non rompermi!» affermai e seguii il tizio lungo la folla di persone che accalcavano il locale. Arrivammo nel bagno delle donne e lui ci chiuse in una delle toilette. Iniziò a baciarmi e in un secondo provò a sfilarmi gli slip. Lo fermai... ero ubriaca ma non fino a quel punto.

«Piano» dissi ridendo. «Un passo alla volta...».

«Come vuoi angelo» e mi sbottonò il vestito per poi abbassarmelo sul seno. Avevo un reggiseno a fascia color carne e lui non perse tempo cacciando fuori uno dei miei seni. Lo prese e iniziò a toccarmelo. La sensazione della sua mano su di me mi dava fastidio, ma ero talmente ubriaca da illudermi che in realtà stessi provando piacere. Lo lasciai fare e continuai a baciarlo. Volevo perdermi in lui e dimenticare Dean...

* * *

Nella sua mente

Quella sera arrivammo al locale verso le 22.15. Rick aveva insistito per farmi uscire visto che al lavoro mi aveva visto a pezzi. Non avrei mai voluto, ma l'insistenza del mio amico era stata tale che alla fine dovetti cedere.

Magari avrei bevuto un po' per dimenticare...

Quando arrivammo lì, ci sedemmo al bar e io ordinai una birra. Mentre la sorseggiavo vidi Elizabeth, l'amica di Jules, che camminava con aria preoccupata vicino alla porta dei bagni.

«Scusa un attimo» dissi a Rick e mi avvicinai a lei. «Elizabeth, giusto?».

«Hey. Ciao Dean. Che fai qui?».

«Sono con un amico. È tutto apposto?».

«No. Jules ha bevuto e adesso è chiusa in bagno con uno sconosciuto. Ho provato a fermarla ma non mi ha dato retta».

«Tranquilla, ci penso io» dissi ed entrai nel bagno delle donne. C'erano 8 porte, e mi avvicinai a ognuna di esse per sentire se ci fosse qualcuno dentro. Arrivato all'ultima porta sentii ansimare e la voce di un uomo: «Sei buonissima, cazzo». Il sangue mi salì al cervello e aprii la porta con un calcio. Quando li vidi mi si fermò il cuore. Jules era avvinghiata a lui in estasi, un seno di fuori, il vestito alzato con le mutande in bella vista, e questo stronzo aveva la cintura slacciata e una forte erezione che gli premeva dai pantaloni.

Alla mia vista sussultarono entrambi.

«Lasciala andare coglione, non vedi che è ubriaca?» urlai e trascinai Jules fuori dalla toilette.

«Chi cazzo sei?» disse il tizio ricomponendosi.

«Vattene, prima che ti prenda a calci».

«Vaffanculo» concluse e andò via. Aggiustai il vestito di Jules mentre lei urlante mi diceva di lasciarla stare: «Lasciami. Non toccarmi. Vattene!» delle donne entrarono e ci videro. Da come lei urlava sembrava quasi che la stessi violentando. Qualcuna uscì fuori, probabilmente per chiamare la sicurezza.

«Jules, calmati!».

«Non toccarmi!».

«D'accordo, adesso basta» dissi e la presi sulle spalle. Jules continuava a dimenarsi. Attraversai il corridoio e quando vidi la sua amica dissi: «La porto fuori!».

«Vengo con te» rispose e vidi che anche Rick ci seguì. Quando fummo nel retro del locale l'adagiai a terra e lei iniziò a riempirmi di pugni.

Liz cercò di fermarla: «Jules, basta smettila!».

«Lasciami! Sei uno stronzo! Non avevi il diritto!» urlava continuando a picchiarmi.

«Il diritto di salvarti da un coglione che voleva solo portarti a letto?».

«Esattamente come hai fatto tu!».

«Jules per favore, datti una calmata» disse la sua amica allontanandola da me.

«Ma che è successo?» chiese Rick preoccupato.

«È ubriaca».

«Sì, questo lo vedo!».

«Era con un tizio... dovevo intervenire...».

«Tu non dovevi fare proprio niente!» gridò Jules. «Tu non hai alcun diritto su di me. Io vivo la mia vita come meglio credo, chiaro? Non provare mai più a...» provò a parlare ma vomitò.

Fu terribile. Liz le manteneva i capelli mentre lei si contorceva.

«Grandioso!» dissi mettendomi una mano fra i capelli.

«Rick, puoi tenerla tu? Vado a prendere le nostre cose. Dovrei avere qualche fazzolettino in borsa».

«Posso...» provai a dire che potevo aiutarla io, ma Liz mi interruppe.

«È meglio di no, diventerebbe una belva» affermò e Rick prese il suo posto. Jules smise di vomitare e Rick l'aiutò a tenersi in piedi. Ero scioccato. Le cose peggio di così non potevano proprio andare.

Quando Liz tornò, aiutò Jules a mettersi a posto e le poggiò il cappotto addosso. Poi ci disse: «Ragazzi, grazie del sostegno, adesso sarà meglio che l'accompagni a casa».

«Siete con la tua auto?».

«Sì» disse Liz con una Jules quasi completamente priva di sensi tra le sue braccia.

«Bene. Puoi accompagnare tu il mio amico? A Jules ci penso io».

«Che?» fece Rick.

«Per favore!» chiesi a entrambi.

«Se riesci a uscirne vivo» disse Liz lasciandomela.

«Andiamo Rick» lo esortò Liz, e il mio amico mi fece una faccia come a dire "Non mi è andata poi tanto male".

Io e Jules rimanemmo da soli e l'accompagnai alla mia auto. La feci sedere, le misi la cintura di sicurezza e poi andai al posto di guida. Per tutto il viaggio non disse una parola. Era esausta.

Quando arrivammo sotto casa sua, l'aiutai a scendere dall'auto, ma lei disse: «Lascia, ce la faccio!».

«Sicura che...».

«Lasciami» disse spingendomi via e prendendo le chiavi di casa dalla borsa. Le fece oscillare e poi inciampò. Rotolò per terra e le chiavi finirono in un tombino.

«Stai bene?» dissi aiutandola ad alzarsi.

«Ti ho detto che ce la faccio!».

«Le tue chiavi sono finite nel tombino».

«Ho visto».

«Chiamiamo Rachel?».

«È andata a dormire da una collega».

«D'accordo, allora vieni a stare da me per stanotte».

«Che?».

«Tranquilla, non dormiremo insieme».

«Ok» disse e rientrò in macchina.

Mi rimisi alla guida e quando arrivammo sotto casa mia Jules si era addormentata. Era la visione più bella del mondo, con tutto il vestito sporco di vomito e la faccia stravolta. Rimasi per un bel po' a guardarla...

Poi uscii dall'auto e la presi in braccio. Quando arrivammo al mio appartamento stava ancora dormendo. La portai in camera mia e l'adagiai sul letto. La spogliai togliendole quel vestito sporco e le infilai una mia maglietta. Poi la coprii con le coperte e la lasciai sola.

Tornai in salotto e rimasi a riflettere su tutti i guai che avevo combinato e su quanto i miei errori avessero portato scompiglio nella vita di altre persone.

Ero davvero una brutta persona. Tutto ciò che sapevo era questo. Nient'altro!

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