Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 10

Quasi due settimane dopo la festa, la mia vita era più incasinata di prima. Michael si era rifatto vivo chiedendomi di uscire e aveva già insistito un bel po' di volte nonostante i miei rifiuti.

Nel frattempo Alex mi aveva chiamato dicendomi che di lì a poco sarebbe venuto a trovarmi qui a New York.
Una parte di me voleva rivederlo, ma un'altra voleva dimenticarsi dell'estate, di lui e
di quello che c'era stato. Quella parte, la più grande dentro di me, voleva Dean... solo Dean.

Nonostante tutto. So che era da stupidi, che quando avevo avuto l'occasione me l'ero data a
gambe levate, ma non potevo farci niente.

Presi un panno e mi asciugai la fronte. Quella mattina faceva davvero un caldo insopportabile, fuori dal normale. Era fine settembre eppure sembrava di essere in pieno agosto in un deserto.

Mi sentivo senza forze.

Rachel mi salutò velocemente e andò via. Doveva lavorare.

Da quando aveva iniziato in quel giornale era sempre super impegnata. Ci vedevamo poco. Lei diceva che era normale, che era l'inizio, che doveva sacrificarsi un po', ma a me mancava la mia amica.

Mi mancavano le nostre chiacchiere, i nostri pettegolezzi. Mi mancava confidarmi con lei.

Non le raccontai della festa del Wayford, o meglio le raccontai delle premiazioni e tutto, ma non di Dean e me, dei quasi baci... non avrebbe capito, e non mi andava di giustificarmi con lei.

In realtà non lo dissi nemmeno a Liz, che quella famosa sera faceva di tutto per carpire da me più informazioni possibili. Non volevo dirlo a nessuno. Mi sentivo così stupida...

Quel giorno al lavoro attaccavo un'ora dopo il solito, così decisi di crogiolarmi un bel po' nella
doccia. Una doccia fredda, ecco cosa mi ci voleva. Faceva un caldo insopportabile, sarei morta in ufficio.

Uscita dalla doccia decisi di mettere un abito leggero di lino bianco. Si boccheggiava.

Avrei voluto legare i capelli, ma il giorno prima avevo avuto un mal di testa terribile e se li avessi chiusi in una coda sarei stata molto peggio. Così li spostai da un lato e respirai a fondo.

Quella mattina desideravo solo essere su di un'isola deserta e non farvi più ritorno....


* * *

Nella sua mente

Dio che caldo allucinante. Si moriva. Com'era possibile che le temperature si fossero alzate così tanto? Era quasi ottobre.

Mentre mi preparavo per andare in ufficio, guardai il mio completo blu appeso nell'armadio. Mi sentivo male alla sola idea d'indossarlo.

E la cravatta? Non volevo mettere la cravatta. Volevo fare un bel bagno in piscina, ecco cosa volevo... ma dovevo andare al lavoro, come tutti i giorni.

Quel caldo mi stava dando alla testa. Sentivo che avrei fatto qualche stronzata. Ero su di giri
senza nemmeno sapere perché. Respiravo a fatica e mi girava la testa.

Mi sedetti un minuto per respirare e poi mi vestii. Quando uscii di casa il calore mi colpì in faccia come uno schiaffo.

Volevo una doccia! Entrai in auto e accesi l'aria condizionata. Guardai l'orologio. Cristo, era
tardissimo. Dovevo sbrigarmi. E così sfrecciai a tutta velocità nel traffico di New York.

* * *

Quando arrivai al Wayford, ero più sudata di prima. Le labbra erano secche e la gola ancor di più. Entrai nell'edificio a piccoli passi. I volti che incrociai erano tutti distrutti, spossati. Il caldo avrebbe fatto qualche vittima di sicuro!

Mi avvicinai all'ascensore e pigiai il tasto di chiamata. Quando arrivò mi ci fiondai dentro e mentre le porte stavano per richiudersi vidi qualcuno correre e urlare: «Aspetti». Premei il tasto STOP in modo da non far partire l'ascensore, e quando le porte si riaprirono mi trovai di fronte Dean. Erano due settimane che non lo vedevo. Era bello esattamente come lo avevo lasciato...

«Grazie. Ho fatto tardi».

«Niente. A che piano vai?».

«Settimo».

«Io ottavo. Scendi prima tu» dissi e toccai il tasto col numero sette che lo avrebbe condotto al lavoro.

Il caldo in quell'ascensore era insopportabile, molto più che in strada. Dean non disse nulla quando le porte si chiusero, ma di tanto in tanto mi guardava. Lo facevo anch'io, attenta che lui non se ne accorgesse. Era madido di sudore, delle gocce gli scendevano lungo il collo. Chiuse gli occhi. Probabilmente stava soffrendo il doppio di me. Non osavo immaginare come si dovesse sentire, ingessato com'era in quel completo. Quando riaprì gli occhi fece un respiro profondo, poi li richiuse... e quando li riaprì di nuovo successe quello che aspettavo da tutta la vita.

«Al diavolo» riuscii a malapena a sentire queste parole e in un attimo fui sbattuta al muro con le sue mani sul mio viso e la sua lingua nella mia bocca. Era successo... mi stava baciando. Ci stavamo baciando. Fu un bacio pieno di passione. Durò quella che mi sembrò un'eternità. Mi aveva baciato così, senza dire niente... in maniera così... violenta... eppure mi piaceva... mi piaceva da morire. Le nostre lingue si cercavano in una danza meravigliosa. Il cuore mi batteva all'impazzata ed ero più sudata di prima. Non mi sarei mai staccata dalle sue labbra. Ma lo fece lui... dopo un bel po'... Il suo sguardo era sconvolto...

«Io... io...» cercava di parlare ma non ci riusciva. Non lo avevo mai visto così sottosopra.

«Mi dispiace» e le porte si aprirono. Lui andò via scappando, letteralmente. E io rimasi lì nell'ascensore a guardare nel vuoto. Era stato meraviglioso. Il bacio più bello della mia vita. Non ero mai stata baciata così. Nessuno mi aveva mai presa in quel modo...

Quando arrivai al mio piano ero ancora sotto shock. Raggiunsi la mia scrivania imbambolata e mi sedetti. Trassi un profondo respiro e accasciai la mia testa sulle bozze. Avevo bisogno di un minuto di pausa per rimettere insieme le forze, per rimettere insieme i pezzi...

* * *

Nella sua mente

Quando arrivai al Wayford feci una corsa incredibile. Ero in tremendo ritardo. Ero stato per mezz'ora nel traffico di New York. Da lontano vidi le porte dell'ascensore che si stavano chiudendo. Cavolo, non potevo perdere altri dieci minuti....

«Aspetti!» urlai.

Quando le porte dell'ascensore si riaprirono vidi Jules. "Cazzo no! Non lei! Non adesso che mi sento così". La guardai ed entrai dentro. Prima che le porte potessero richiudersi mi chiese a che piano dovessi andare. Le risposi. Fui un fulmine. Volevo ridurre la nostra conversazione ai minimi termini. Non potevo combinare casini. Non in un fottuto ascensore. Mentre salivamo, ogni tanto buttavo un occhio verso di lei. Era sexy da morire. Aveva un vestito di lino bianco. Cazzo quanto avrei voluto strapparglielo a morsi!

Stavo sudando, molto più di prima. L'aria ristretta che condividevamo in quell'ascensore mi faceva boccheggiare. Chiusi gli occhi e respirai a fondo. La volevo. La volevo adesso, in quel momento. Subito. Non potevo più aspettare. Richiusi gli occhi. Il sangue mi stava affluendo dove non doveva... Quando li riaprii non ci fu più scampo: «Al diavolo» dissi e mi avventai su di lei. Le infilai la lingua in bocca e lei ricambiò il mio bacio. Fu bellissimo. Non avevo mai baciato così, con quella passione, con quel desiderio. A ogni stoccata di lingua mi si faceva sempre più duro... Dio, cosa mi stava facendo quella donna?

Finalmente la stavo assaporando. Come volevo da... non so più nemmeno io quanto tempo. Era esattamente come me lo aspettavo... anzi no... era meglio. Non mi sarei mai più staccato da lei. Ma dovetti farlo. E quando riaprii gli occhi mi resi conto del casino che avevo combinato. Lei aveva l'aria stravolta. Ma non osavo immaginare come dovesse essere la mia.

Volevo dirle qualcosa, qualsiasi cosa. Ma non mi veniva in mente niente. Così pronunciai le due parole più stupide che potessi dire: «Mi dispiace» e me ne andai.

Quando le porte dell'ascensore si aprirono mi fiondai fuori. Fuggii senza voltarmi. Avevo davvero creato un bel guaio. Sentivo che da quel momento in poi... per me e lei... sarebbe stata la fine.

* * *

Dopo circa un'ora di lavoro venne la segretaria del dottor Foster per informarmi che lui voleva vedermi. Mi recai nel suo ufficio. Lo vidi mentre metteva da parte dei libri e poi mi fece cenno di sedermi.

«Prego signorina Cannygan, si segga».

«La ringrazio».

«Bene. Ho delle importanti novità per lei. Ha presente Alicia Stevens?».

«La scrittrice di libri erotici?».

«Esatto, lei. Ha avuto dei dissapori con la sua vecchia casa editrice e, visto che ci conosciamo, mi ha chiesto di pubblicare con la Families...».

«Wow. È stupendo. E io che c'entro in tutto questo?».

«Ricorda quando le ho parlato del grande progetto che ogni anno si presenta e al quale faccio partecipare i nuovi assunti? Be', questo è il suo...».

«Mio Dio, ma... è meraviglioso... non so cosa dire».

«Non deve ringraziarmi. So che lavora qui da pochissimo, ma si sta facendo già valere. La dottoressa Miller mi ha detto che è molto volenterosa e che si sta impegnando parecchio».

«Io ho un'ottima maestra» dissi sorridendo.

«Bene. Le spiego un po' il progetto» iniziò mostrandomi dei fogli. «Vede, la Stevens vuole fare un grande lancio per il suo libro erotico. In pratica sta già girando la trasposizione cinematografica. Vuole che romanzo e film escano quasi assieme, uno pochi mesi prima dell'altro. Ovviamente sta facendo tutto in gran segreto, quindi mi raccomando... acqua in bocca».

«Ma certo».

«Quello di cui ci occuperemo noi è il controllo della copia, e ovviamente faremo del nostro meglio per un'ottima impaginazione e una copertina accattivante. Dobbiamo spingere le persone a comprare il libro, anche chi magari non è interessato al genere».

«Capisco».

«Bene. Ovviamente abbiamo bisogno anche di un'ottima pubblicità. Cartelloni ovunque: per strada, sugli autobus, negli edifici pubblici. Saranno poi esposti nuovamente insieme alla locandina del film una volta che arriverà nelle sale ...».

«Sembra un'operazione bella grossa...».

«Lo è. E per fare questo abbiamo bisogno di una mano. Lavoreremo a fianco di Dean Hockester, vicedirettore della sezione pubblicità... la pubblicità è importantissima in questi casi».

Volevo morire. Dean... non lui... non dopo stamattina... non dopo il nostro bacio... e come se non bastasse, ora dovevo anche lavorarci insieme.

«Mi scusi se mi permetto, ma non crede che questa cosa sia troppo prematura per me?».

«Jules, sta' tranquilla. Sarai con noi per imparare. Il lavoro non sarà tutto caricato sulle tue spalle. Ovviamente se avrai idee o suggerimenti dovrai esporli. Ma il lavoro grosso lo faremo io e il dottor Hockester».

«Capisco» conclusi abbozzando un sorriso.

«Che ore si sono fatte? Oh santo cielo» disse guardando l'orologio «dobbiamo andare...».

«Andare dove?».

«Ho preso appuntamento di sopra col dottor Hockester. Voglio portargli la copia del progetto e presentartelo».

Mio Dio, questa non ci voleva proprio. Perché per una cosa così bella dovevo sentirmi in questo modo? Era una grande occasione per me e non potevo farmela rovinare da Dean. Eppure saremmo stati costretti a lavorare fianco a fianco per chissà quanto! In più adesso dovevo rivederlo, dopo quel bacio. Cavolo, sarebbe stato imbarazzantissimo...

«Jules? Ci sei?» fece il dottor Foster vedendomi con lo sguardo nel vuoto.

«Certo, sì...».

«Allora, possiamo andare?».

«Va bene» e uscimmo dal suo ufficio. Quando fummo vicini all'ascensore mi tremavano le gambe. Non avevo voglia di rivederlo. O meglio, avevo voglia ma allo stesso tempo mi sentivo in terribile imbarazzo. Cos'avrei dovuto dirgli? Be', niente visto che avremmo parlato di lavoro! E lui? Come si sarebbe comportato? Sarei voluta sprofondare nel più immenso degli abissi pur di non affrontare quella situazione...

Quando arrivammo al piano, il dottor Foster mi condusse lungo un enorme corridoio. Arrivammo poi a una porta fatta di vetri ed entrammo. Una segretaria molto magra e dal volto gentile ci salutò.

«Buongiorno. Dottor Foster, è un po' che non la si vede da queste parti. Come sta?».

«Io bene, e lei Maggie?».

«Bene grazie».

«La signorina è con me. Abbiamo appuntamento col dottor Hockester».

«Ma certo, da questa parte» disse facendoci cenno di seguirla. Arrivammo davanti a una grande porta scorrevole, sulla quale la segretaria di Dean bussò. «Avanti» sentii la sua voce. Chissà se sapeva che sarei venuta anch'io all'appuntamento...

La segretaria ci aprii la porta e disse: «Prego. Dottor Hockester. Il dottor Foster con una sua assistente, la signorina.... Come si chiama?» chiese sottovoce.

«Cannygan. Jules...».

«E la signorina Jules Cannygan».

Dean, seduto alla sua scrivania, appena entrammo alzò gli occhi da alcuni fogli che stava leggendo e mi guardò. Durò un attimo, poi si alzò per venire incontro a me e al signor Foster.

«Prego, accomodatevi».

«La lascio dottore» concluse la sua segretaria chiudendosi la porta alle spalle.

«Grazie Maggie! Paul... che piacere vederti» esordì Dean salutando il mio capo.

«Anche per me è un piacere rivederti Dean. Lei è...» ma prima che potesse presentarmi, Dean lo interruppe.

«Io e Jules ci conosciamo...».

«Sul serio?» chiese il dottor Foster sorpreso, voltandosi verso di me. Aspettava che parlassi io. E quindi lo feci: «Sì. Il fratello di una mia amica... cioè» cavolo mi stavo impappinando «volevo dire... il fratello di Dean è fidanzato con una mia amica. Ci siamo conosciuti un po' di tempo fa...».

«Ottimo. Allora, visto che vi conoscete, sarà ancora più facile lavorare insieme, no?» domandò sorridendo.

Dean gli sorrise a sua volta: «Accomodatevi, vi prego» disse indicando due sedie davanti alla sua scrivania. Obbedimmo, e poi sedette anche lui.

«Allora Dean, come vanno le cose qui in pubblicità?».

«Non posso lamentarmi Paul. Lavorano tutti bene e con costanza».

«Perfetto. Sono qui per quel progetto che ti accennai la volta scorsa al telefono».

«Quello per il romanzo erotico» disse guardandomi.

«Sì. Alicia Stevens è un cliente grosso, perciò voglio che tutto venga fatto per il meglio».

«Come sempre» rispose Dean continuando a fissarmi.

«Questo è il progetto. Ti ho stampato una copia, è tua» spiegò il mio capo porgendogli una cartellina.

«Ti ringrazio Paul».

«Come sai, ogni anno do l'opportunità ai nuovi assunti di partecipare a un grosso progetto. E anche se Jules è da poco in squadra, la trovo una ragazza con delle ottime qualità».

«Sì. Lo vedo» e mi squadrò. Sembrava volesse spogliarmi con gli occhi. E allora capii quello di cui mi avevano parlato Michael prima e Liz poi. Come gli era saltato in mente di dire una cosa del genere?

«Bene» assentì il dottor Foster schiarendosi la voce. «Allora non credo abbiamo altro da dirci. Leggi il progetto e fammi sapere cosa ne pensi» si alzò e feci anch'io per seguirlo, ma lui mi bloccò: «Tu resta Jules, dai il tuo numero al dottor Hockester, per ogni evenienza... a meno che non ve li siate già scambiati tempo fa...».

«No» risposi. Cioè, io avevo il suo. Ma lui non aveva il mio.

«Bene. Allora ci vediamo di sotto. Scappo che ho un mucchio di lavoro da fare. Dean, è stato un piacere».

«Il piacere è mio, lo sai» concluse Dean salutandolo. «Allora leggo tutto e ti contatto quanto prima...».

«Perfetto. Buona giornata» e andò via, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandomi sola con lui. Guardai per terra. Avrei fatto di tutto pur di non incrociare il suo sguardo.

«Così lavoreremo insieme» iniziò Dean spezzando quell'imbarazzante silenzio

«Pare di sì...» replicai, continuando a guardare a terra.

«Saremo costretti a passare un po' di tempo insieme...».

«Per lavoro» precisai, fissandolo dritto negli occhi.

«Se ti riferisci a quanto successo stamattina...».

«Non voglio parlarne. Non ce n'è bisogno».

«Io invece voglio farlo. Devo scusarmi con te Jules. Non so cosa mi sia preso. Credo che il caldo mi abbia dato alla testa. Non accadrà più!» mi rassicurò. E quelle parole suonarono come una lama nel mio petto: 'Non accadrà più'. Era perfettamente logico. Eppure io volevo che accadesse ancora. Non ero mai stata baciata così intensamente, con tanta passione. Mai, in tutta la vita!

«Io... grazie per le scuse, ma non ce n'era bisogno. È stato solo uno stupido bacio».

«Che però ti è piaciuto...» sottolineò, quasi chiedendomelo.

«E a te?» domandai di rimando. Non potevo credere che mi avesse chiesto una cosa del genere.

«L'ho chiesto prima io».

«Be', io non voglio risponderti».

«Nemmeno io».

«Bene allora!».

«Perfetto!».

Ci fu un momento di silenzio, poi mi alzai e dissi: «Sarà meglio che torni a lavorare adesso. Ci vediamo» e gli voltai le spalle.

«Jules» mi richiamò.

«Cosa?» mi voltai.

«Il numero...».

«Che?».

«Il tuo numero. Dovevi lasciarmi il tuo numero. Per lavoro...».

«Giusto» e mi sedetti di nuovo. Lui mi porse il suo telefono e io glielo scrissi: «Fatto. Devi solo memorizzarlo».

«D'accordo» disse e mi guardò di nuovo. Abbassai lo sguardo. Non potevo reggere. Non potevo resistere ai suoi occhi magnetici.

«Allora io vado».

«Buona giornata, Jules».

«Anche a te, Dean!».

Quando rientrai a casa, dopo una giornata infinita, mi buttai sul divano esausta. Avevo bisogno di un minuto di pausa.

«Ehi dolcezza» fece Rachel affacciandosi dal bagno. «Com'è andata oggi?».

«Diciamo bene. E a te?».

«Bene» disse uscendo tutta sorridente. «Ehi, hai una faccia stravolta. Sicura di stare bene?».

Mi fermai un secondo a riflettere e poi le parole mi uscirono fuori come un fiume in piena: «Dean mi ha baciata!».

«Dean, Dean? Quel Dean?».

«Conosci altri Dean?».

«Cosa?... Come?... Quando?... Com'è successo?».

«Eravamo in ascensore, faceva caldo e... mi ha sbattuta contro il muro e mi ha baciata».

«Cavolo. È proprio come nei film. Allora è vero che gli ascensori sono pericolosi...».

«Mi sembra di morire...» dissi, tirando la testa all'indietro.

«D'accordo, soffermiamoci un secondo sul bacio. È stato un bacio bacio? Un vero bacio?».

«Secondo te?».

«Oh no... cioè, ti ha infilato la lingua in bocca?».

«Be'...».

«E tu cos'hai fatto?».

«Be'...».

«Oh no, hai ricambiato? Ti sei lasciata baciare?».

«Cos'avrei dovuto fare?».

«Non lo so, tirargli un ceffone ad esempio, come hai fatto quella volta con Michael...».

«Sì, ma Dean non è Michael...».

«Oh mio Dio, Jules! Come hai potuto lasciargli prendere quello che voleva?».

«Forse perché lo volevo anch'io...».

«Tutti i miei discorsi sono stati inutili quindi...ad ogni modo cerchiamo di analizzare la situazione. Quanto è durato?».

«Un po'... fai più o meno conto dal secondo al settimo piano...».

«Un bel po' allora...».

«Be'...».

«E... c'era passione?».

«A tonnellate».

«Grandioso! ».

«Rachel... è stato favoloso... indescrivibile... unico... io... non sono mai stata baciata in quel modo. Non avevo mai provato le sensazioni che ho sperimentato con lui. Mi gira ancora la testa se ci penso. Avevo le farfalle nello stomaco... è stato... divino...».

«Jules, ti rendi conto di quello che stai dicendo? Parli come una che ha appena preso una sbandata».

«Magari è così...».

«Sì, ma lui non fa per te!».

«Può darsi, ma adesso non voglio pensarci».

«Uff! D'accordo, non dirò più una parola... ma ti avverto Jules, se ci vai a letto...».

«Ehi frena! Chi hai mai detto che voglio andarci a letto?».

«Jules, non c'è bisogno di dire certe cose. E poi non sono cieca! ad ogni modo vedi di frenare i tuoi bollenti spiriti. Se dovesse farti soffrire, non voglio stare qui a recuperare le tue ossa rotte. Ti prego, non farmi dire "Te l'avevo detto"».

«Non accadrà».

«Speriamo...».

«Ora vado a farmi una doccia. Oggi è stata una giornata allucinante... Ah, ti ho detto che a breve inizierò un progetto? Quel progetto, quello importante...».

«Davvero? Dai, finalmente una bella notizia...».

«Lavorerò anche con Dean...» dissi, quasi scusandomi.

«Come?».

«È un grosso progetto e lo faremo col settore pubblicità. Si occuperà lui della sua sezione».

«Grandioso. Le congiunzioni astrali sono decisamente favorevoli a farvi finire a letto insieme...».

«Non succederà. Sai benissimo come sono...».

«Io so che non ti ho mai vista così per un ragazzo... e questo mi preoccupa».

«Non devi preoccuparti. E comunque non lavoreremo mai da soli, ci sarà sempre il mio capo con me».

«Grazie al cielo...».

«Vado...».

«Ciao...».

* * *

Nella sua mente

«Allora? Oggi com'è andata a lavoro?».

«È stata una giornata allucinante».

«Per via del caldo?».

«Sì, per via del caldo...».

«Ha voglia di parlarne?».

Rimasi qualche secondo in silenzio, cercando di capire se fosse giusto parlarne con lui... poi decisi di farlo. Avevo bisogno di dirlo a qualcuno... avevo bisogno di sfogarmi...

«L'ho baciata...».

«Come?».

«Jules. La ragazza di cui le ho parlato. La bionda. Ecco, l'ho baciata».

«Wow. E com'è stato?».

«Meglio di qualsiasi scopata».

«Dean, quello che dice è importante. Davvero. Dovrebbe approfondire la conoscenza con questa ragazza».

«Non accadrà».

«Perché?».

«Perché non posso».

«Non è scritto da nessuna parte che non può!».

«Sì, ma non voglio. Non posso, non devo... non devo lasciarmi andare».

«Dean, si rende conto che così si fa soltanto del male?».

«È l'unico modo in cui so vivere...».

«Ma le persone cambiano».

«Non io. Io non posso e non voglio cambiare. Ne va della mia salute».

«Ma se solo lei provasse...».

«Non posso!» sbattei il pugno sul tavolo. Ero furioso. Con me stesso, con lui, con la mia vita, con Dio...

«Va bene signor Hockester, adesso si calmi».

«Sono calmissimo...».

«Va bene. Diciamo che c'è stato un bacio, un bacio a cui lei non vuole dare seguito... come farà quando la rincontrerà? Perché accadrà Dean, lei la rivedrà e la passione potrebbe scoppiare in qualsiasi momento».

«Resisterò».

«E se non dovesse riuscirci?».

«Ci riuscirò».

«Sì, ma se non dovesse...».

«Ce la devo fare. Per me e soprattutto per lei. Non è il tipo di ragazza che frequento di solito. Non posso trascinarla in questa merda. Non credo che vorrebbe da un uomo quello che posso darle io...».

«Perché, cosa crede di poterle dare?».

«Sesso. Grandioso, intenso, da strapparsi i capelli. Ma è solo sesso. E lei non è tipo da una botta e via».

«Quindi è questo che vuole da lei? Una botta e via?».

«Io non so cosa voglio, ma so che questa è l'unica cosa che potrei darle».

«E se ci fosse qualcosa? Se ci fosse qualcosa e a lei non bastasse? Se lei volesse di più?».

«Non posso darle di più».

«Perché ha paura d'innamorarsi?».

«Sì... perché ho paura d'innamorarmi» e per la prima volta in tanti anni fui sincero al cento per cento, limpido, cristallino. Forse fu un male.... Ma avevo bisogno di dirlo... avevo bisogno di essere onesto con lui... e prima ancora che con lui... avevo bisogno di essere onesto con me stesso!


SPAZIO SONGS:
Nelle card di Jules e Dean: Clarity di Foxes (Traduzione card Jules : Mantieni la ragione prima che ci schiantiamo, perché entrambi sappiamo come finirà.
Traduzione card Dean : Non parlare mentre cerco di andarmene perché sappiamo entrambi cosa sceglieremo)

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro