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Capitolo 25

"Bisogna salvare le cose o salvare se stessi".
Questa è la frase che mi ritorna in mente quando rifletto sul passato. Zia Lenore me lo diceva spesso. Diceva anche che per salvare le cose deve valerne la pena, prima però bisogna tirare fuori dal buio la propria anima per far sì che non si abitui troppo all'oscurità.
Per anni mi sono sentita in dovere di fare la figlia modello, di rispettare il volere della famiglia e di non disobbedire mai agli ordini imposti da mia nonna.
Adesso mi domando come posso rimediare. Anche se so con certezza, che gli anni persi non me li ridarà nessuno indietro. Ed è per questo che ho bisogno di mettere un grosso masso sul passato per riuscire ad andare avanti. Ho bisogno di chiudere per sempre quella porta e sentirmi finalmente parte di qualcosa.
La mia mano scivola dall'altra parte del materasso.
Strano come le cose cambiano. Non ero abituata a dormire con qualcuno. Adesso il risveglio è eccitante e mi fa bene al cuore. So di non dover avere troppe aspettative, ma è bello poter contare sulla presenza di qualcuno che mi ha dato tanto in così poco tempo.
Quando le dita saggiano la consistenza fredda del tessuto, in me scattano molteplici campanelli d'allarme. Mi sollevo reggendomi sul braccio destro e vago con occhi socchiusi intorno.
La stanza è avvolta nel silenzio. La luce del bagno è spenta e io sono sola.
Con una smorfia, sguscio fuori dal letto, indosso la vestaglia di seta e scendo le scale con una strana sensazione di freddo nelle ossa. Mi abbraccio e gradino dopo gradino, cerco di calmare le pulsazioni palpitanti che stanno scuotendo il mio petto già da diversi minuti.
Perché non c'era al mio risveglio? Che gli sta succedendo?
Non abbiamo fatto sesso, ci siamo solo sfiorati, abbracciati a lungo. Questo mi allarma e non poco, ma ho visto nei suoi occhi sinceri la verità. Nic non ha voluto toccarmi perché mi ha vista a pezzi e ha avuto paura di ferirmi ulteriormente. Non è così che voglio avere un rapporto con lui. Ho bisogno che capisca che non sono quella che esterna al massimo i propri sentimenti, che implode e sta male dentro sfoderando all'esterno solo il sereno. Ho bisogno che non mi veda come una principessa da salvare ma come una donna con le proprie debolezze.
Supero la cucina, apro la porta zanzariera e spingo quella principale che dà sul giardino ritrovandolo di fronte al ceppo che taglia in due con una certa urgenza.
I suoi occhi appaiono distanti e ha quell'espressione concentrata; quella di chi vorrebbe spaccare in due il mondo per tirare fuori qualcosa di positivo.
Non so dire quello che mi ha fatto con precisione. So solo che quando lo vedo, un senso di pace si appropria di me. Stargli anche solo per un paio di minuti vicino, porta sempre via tutto quello che di negativo impedisce alla mia vita di potere proseguire senza intoppi. Non riesco a descriverlo ma è come un isolotto in mezzo all'oceano. È un rifugio sicuro per i momenti di tempesta.
Passa il dorso sulla fronte imperlata di sudore, si accorge di me, taglia altri due ceppi aggiungendoli al mucchio che porta in casa e beve un sorso d'acqua prima di fermarsi davanti a me, la borraccia tra le mani.
«Ti sei svegliata prima che tornassi», si scusa e in parte mi sta rimproverando perché sto prendendo freddo.
Me ne frego se è sudato o se qui fuori si gela. Avvolgo la sua vita con le braccia e premo la guancia sul suo petto nudo, inspirando il suo odore. Le mie labbra premono sullo sterno lasciando sopra la traccia del mio bacio.
«Dovevi esserci», dico un po' più brusca di quanto in realtà vorrei.
Soppesa il mio sguardo sollevandomi il mento. «Posso sempre farmi perdonare?»
«Devi. E non accetto un rifiuto».
Esita. «Willa...»
Nego con ostinazione. «Ieri, dopo il bagno ci siamo sdraiati, abbiamo parlato e... tu mi stai tenendo lontana da te. Non voglio questo».
Passa la mano tra i capelli. «Non lo voglio neanche io!», replica pensieroso.
«Allora smettila di esitare, di trattarmi come se fossi una foglia secca sul punto di staccarsi dal ramo e spezzarsi per sempre», ribatto brusca spingendolo, entrando in casa.
Nic mi tallona. Mi ferma afferrandomi per un polso e mi fa voltare e avvicinare al suo petto. «Non ti sto trattando come se fossi fragile. È semplice: non voglio approfittarmi di te mentre sei accecata dalla furia verso la tua famiglia e stai soffrendo. Non pensi anche che io mi senta usato?»
Rifletto solamente adesso a questo. «Io non ti sto usando! Non lo farei mai! Voglio solo che ti comporti come l'uomo che sei sempre stato con me sin dal principio», strillo. «Voglio mio marito e non un uomo che pensa che io... abbia solo bisogno di scopare per sentirmi meglio. Venire a letto con te non lenirà quello che sento, mi farà solo sentire tua. È questo che voglio e il fatto che tu abbia dubbi, mi ferisce», scuoto la testa. Le lacrime pizzicano i miei occhi.
Piega la testa di lato poi mi avvicina e mi tiene abbracciata. «Io ti voglio. Credimi. Ti voglio come un pazzo. Ma non sopporto l'idea di venire a letto per alleviare quello che senti. Voglio essere tuo marito, il tuo amante e il tuo tutto. Ma non voglio essere solo un momento di svago. Quindi se devi sfogarti, fallo, nella maniera giusta», mi rimbecca piccato lasciandomi andare.
Queste sue parole mi fanno sentire una ragazzina in cerca di attenzioni. Avverto il senso di colpa per il modo in cui stiamo discutendo. E per cosa? Perché non l'ho trovato al mio risveglio e mi sono spaventata. Perché mi sono sentita sola e rifiutata.
Abbasso le spalle e lo lascio andare, credendo di avere il tempo di scusarmi. Ma lui agisce e si avvia sulle scale, verso la sua stanza. «Vado a fare una doccia».
Lascio che mi superi e rimasta sola, appoggiata al ripiano dell'isola della cucina passo le mani sulla nuca, lego i capelli e prendendo coraggio salgo di sopra con una certa urgenza.
Non mi fa stare bene discutere con lui. È l'ultima cosa che voglio.
Sento lo scroscio dell'acqua quando gira la manopola del rubinetto della doccia e agisco. Mi spoglio e lo raggiungo. Lo abbraccio da dietro baciandogli la spalla e lui sposta la mia mano sul suo cuore prima di portarla alle labbra e voltarsi per avermi davanti.
«Mi dispiace», diciamo all'unisono.
Abbozzo un lieve sorriso e lui mi accarezza la guancia poi sfiora con il polpastrello il labbro, prima di abbassarsi e baciarmi senza forza il punto colpito dallo schiaffo di mia nonna.
Le mie dita lo trattengono e lui ansima sulla mia bocca resistendo all'impulso di fare maggiore pressione. «Non voglio farti male», sussurra labbra contro labbra.
Mi premo addosso al suo corpo. «Me ne stai facendo non toccandomi, tenendomi a distanza. Ti prego, sto bruciando per te, Nic. Non farmi spegnere, ma alimentami!»
I suoi occhi ardono di lussuria. Allargo le gambe e il suo membro eretto va a strofinarsi fra le mie cosce, facendo ansimare entrambi.
Mi solleva, intreccio le gambe intorno ai suoi fianchi e cerca la mia bocca mentre la cascata si abbatte su di noi e la condensa sale verso l'alto appannando ogni superficie.
«Anch'io brucio per te», mi sussurra all'orecchio con voce rauca. «E credimi, vorrei svegliarmi e sentire la tua mano sul mio petto ogni singolo giorno per il resto della mia vita. Voglio solo assicurarmi che tu voglia la stessa cosa».
Scivolo lenta sul suo corpo scolpito, sfiorando le curve perfette formate dai suoi muscoli. Ci guardiamo negli occhi. Tiro la tendina, esco dalla vasca e lui mi segue. Indietreggio e ricado sul letto sollevando le ginocchia, intrappolandolo quando gattona verso di me e il suo corpo si posiziona sul mio.
Mi bacia il petto senza fretta e ansimo, smaniosa. Allargo le cosce e lui geme eccitato. «Piano, piccolo iceberg, così mi incenerisci», la sua voce trema.
Rido e si imbambola. Anch'io lo faccio quando davanti a me rivedo ancora quell'espressione. Tappo i suoi occhi. «Non guardarmi così, Nic».
«Così come?»
«Come se avessi davanti ogni tua certezza».
Si abbassa annusandomi la pelle, facendomi agitare mentre con il pollice massaggia il mio sesso. «Ti sbagli. Davanti a me ho tutto».
Inarco la schiena. «Vuoi che ti supplichi?»
Sorride radioso scagliando lungo la mia spina dorsale una potente scarica. «Sarebbe un inizio. In fondo, te lo avevo detto che prima o poi lo avresti fatto».
Si abbassa ancora e con la punta del suo sesso gioca con il mio clitoride. Punto i piedi sul materasso e graffio e mordo la sua spalla.
Geme abbastanza forte e mi stringe il viso con una mano. «Vuoi questo? Vuoi portarmi alla pazzia? Vuoi spingermi talmente in alto da farmi schiantare al suolo in un attimo?»
Sfioro la sua bocca. L'impeto delle sue parole ha colpito il mio basso ventre. «Voglio tutto senza barriere, senza esitazioni. Voglio te perché sei la mia scelta, perché sei veleno e sei antidoto. Sei la cura per il mio cuore rotto e sei la luce per i miei giorni bui. Voglio te perché sei il mio faro sempre acceso per ogni singola notte in cui mi sono sentita spenta».
Tira i miei capelli sulla nuca facendomi inarcare ed esporre la gola. Morde la mia pelle e la succhia ansimando. Il suo fiato caldo colpisce impetuoso la mia pelle che si solleva a causa del brividi.
Abbassa gli occhi facendoli scivolare lungo il mio sterno. Osserva i miei seni esposti, i capezzoli turgidi.
Divarico maggiormente le cosce. Non resisto. Lui trema. «Rifiutami! Dimmi di no!»
«Sì», lo contraddico.
Scuote la testa e morde la mia pelle. «Dimmi che che non lo vuoi!»
Accarezzo il suo viso, lascio che la sua barba pizzichi i miei polpastrelli e freme. «Ti prego, Nic. Voglio sentire ogni centimetro di te dentro di me. Voglio che non ti trattieni più. Voglio che tu sia il mio uomo, al risveglio, di giorno, di notte», ansimo.
Nicolai batte le palpebre. Sulle guance ha un alone roseo a rendere giustizia ai suoi incredibili occhi. Non si aspettava una simile risposta da parte mia, ma sto consumando ogni traccia di pazienza e smanio dalla voglia di sentirlo mio.
Porto la sua mano sul mio seno e ansimo mentre con l'altra gioco sul mio corpo.
Si ferma. Non ha ancora replicato. Schiude le labbra sentendomi strusciare sul suo membro. Tira sulla mia testa i polsi e mi schiaccia un po' sul materasso. «Rude?»
«Sì».
«Forte?»
«Sì. Adesso!»
Lecca il mio collo. «Quanta fretta», con l'indice traccia una scia fino al mio ventre. Mugolo scalciando e lui mi si preme ancora di più addosso. «Ferma», ordina.
Lo guardo negli occhi mentre si solleva mettendosi dapprima in ginocchio poi scende dal letto. Scuote la testa.
Confusa, mi sollevo. Incapace di aspettare lo seguo e all'improvviso mi ritrovo sbattuta contro la parete, la coscia sollevata, tenuta e premuta forte alla sua vita e il suo membro dentro di me in tutta la sua lunghezza.
Urlo e mi tappa la bocca. «Ti avevo chiesto di stare ferma, di darmi un paio di secondi per riflettere. Ma mandi sempre a puttane il mio autocontrollo», mi bacia la gola, sotto l'orecchio e spinge i reni con urgenza. «Mandi fuori uso il mio cervello e spingi il mio cuore oltre quel limite», continua.
Sollevo l'altra coscia e mi inchioda mettendoci tutto se stesso a un ritmo che non avrei mai creduto di riuscire a seguire. E mi fissa negli occhi per tutto il tempo, mi sussurra sulla bocca che mi vuole, che sono sua, che non ne avrà mai abbastanza.
Sono rapita dal modo in cui il suo corpo ha il pieno controllo della situazione e di conseguenza spinge il mio verso la stessa direzione. Nessun uomo è mai riuscito a prendermi così. Non in maniera totale. Nessun uomo mi ha mai voluto in questo modo, né mi ha mai fatto sentire venerata. Nic non trattiene niente. Si dona a me e io, mi prendo tutto quello che ha da darmi.
Tremo e mi fa ricadere sul letto dove mi schiaccia sotto il suo peso e con una forza devastante mi conduce verso quel punto di non ritorno.
Lascio uscire la mia parte animale assecondando ogni suo movimento, urlando e godendo con un sorriso che mi strappa ad ogni spinta, ad ogni movimento, ad ogni parola.
Tiene ferme le mie cosce e spinge gemendo come mai aveva fatto fino ad ora. Lo accolgo intrecciando le braccia al suo collo e quando si ferma lo tengo forte percependo ogni singola ondata prima di perdermi.

Affannata, con il cuore in gola, quando si sdraia supino, mi rannicchio e toccando il suo petto, nascondo per qualche minuto il viso nell'incavo del suo collo.
Quando il respiro si fa lento, bacio la sua guancia e la sua bocca. «Buongiorno», saluto.
Mi guarda complice e sorride scuotendo la testa. «Sei una tentazione!»
Con la coperta intorno, mi alzo. «Passerai per il pranzo?»
Tira un lembo facendomi cadere sul letto. Mi abbraccia. «Non hai visto che ore sono?», indica l'orologio e fuori.
Ero talmente annebbiata da non essermi resa conto. Quando controllo, è ancora l'alba.
Torno nella mia posizione. «Se scappi di nuovo ti costringerò a ripetere la sessione. Non che tu abbia disdegnato».
Ride baciandomi la testa. «Mi hai distrutto. Dove vuoi che vada?»
Lo guardo e gioco con il bordo delle sue labbra. «Sei il mio per sempre, Nic».
Sorride come un bambino mettendosi comodo. «Ci volevano le maniere forti per fartelo confessare».
Gli mollo un pizzicotto e torna ad abbracciarmi forte. La sua risata non è solo una carezza, è uno schiaffo sulla mia pelle è una vampata per la mia anima.
Chiudo gli occhi e al suono dei suoi battiti, mi addormento come un sasso.

Dopo avere fatto colazione e averlo stuzzicato, ci dividiamo con la promessa di vederci se non a pranzo nel tardo pomeriggio.
So che abbiamo ancora tanto di cui discutere. Ma sentirmi desiderata e poi amata in quel modo, mi ha aiutato dandomi la spinta a superare ogni ora con un ampio sorriso.
E sono talmente felice da concludere la camera da letto e da montare alcuni dei nuovi mobili arrivati per lo studio con molta energia, senza apparente difficoltà.
La villa inizia a prendere forma e non posso non essere orgogliosa del lavoro che ho svolto.
Al termine delle ore dopo pranzo, mi ritrovo a togliere dallo scatolone le ultime due mensole che appendo sulla parete davanti. Facendo un passo indietro, sorrido e scatto una foto inoltrandola a Luke, il quale mi aggiorna chiedendomi di aprirgli la porta.
Lo trovo infreddolito e in attesa. Quando si sposta in soggiorno, piazzandosi di fronte al camino per scaldarsi, i suoi occhi raggiungono immediati la casetta e la statuina sul ripiano. «Pensavo fossi in compagnia».
«Nic è stato trattenuto in negozio. Probabilmente ci vedremo per cena».
Stringendo la sua mano lo conduco di sopra. «Che te ne pare?»
Osserva le pareti, le travi, il letto, ogni singolo oggetto disposto ordinatamente sulle superfici. I suoi occhi vagano ovunque poi si posano su di me. «Sei pazzesca», sorride tornando a guardare tutto con una luce carica di dolcezza negli occhi. «Tua zia sarebbe orgogliosa».
Mordo il labbro e intuendo di avere appena toccato un tasto dolente, si scusa. «Mi dispiace, Willa. Per tutto».
Taglio corto con un gesto della mano. «Vieni, questo è lo studio. Manca ancora qualcosa, ma arriverà entro la fine di questa settimana».
Luke apre e richiude la bocca, si volta poi torna ad osservare il tavolo da lavoro, i pennelli, il ripiano pieno di ceppi non ancora lavorati. «Sbaglio o quello è...»
«Potrebbe piacergli?», mordicchio una pellicina martoriandomi le dita.
«Dio, lo adorerà!»
Sorrido emozionata. «Dici?»
«Nic ti ama. E tu ami lui. Inoltre qualcosa mi dice che avete superato qualche piccolo conflitto con della sana attività fisica».
Avvampo. «Luke!»
Ride. «Non voglio i dettagli ma se questi sono i risultati, deve proprio saperci fare».
Sono sempre più rossa e lui se ne accorge rimanendo a bocca aperta. «Ok, adesso voglio i dettagli».
Ci sediamo e chiacchieriamo un po' di fronte a una tazza di caffè caldo. Chiedo più volte come sta e lui mi ripete che è disposto a riprendersi. Non nascondo di essere in apprensione per lui e mi abbraccia rassicurandomi prima di ricevere una chiamata e correre in ufficio con uno strano cipiglio.
Rimasta sola, osservo le fiamme del camino. Mi avvicino alla casetta e sorrido sfiorando la statuina.
È quello che ho sempre desiderato di nascosto senza mai lasciarlo uscire allo scoperto per paura che fosse irrealizzabile. E penso che mai e poi mai vorrei rinunciare a questo.
«Sì, è quello che voglio», sussurro.
Sentendo bussare, corro alla porta con lo stesso sorriso. «Hai dimenticato qualcosa?»
Vengo afferrata, la mia bocca tappata, mi ritrovo sollevata trascinata fuori, incapace di combattere contro la forza sovrumana che mi sta portando sempre più lontana dalla villa.

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