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Capitolo 23

Quando perdi senza una spiegazione qualcuno che è un pezzo di te, vieni risucchiato in una sorta di limbo tra il sogno e la dura realtà. Non sai se piangere, se disperarti o se andare avanti sia l'unica soluzione logica pur tenendo dentro il dolore.
Sono settimane che barcollo tra emozioni diverse e non riesco ancora ad acquietare il mio animo. Quando penso alla vita che aveva davanti zia Lenore, mi sento smarrita e sul punto di impazzire. Perché il destino è stato abbastanza crudele con lei, sin dalla nascita. Aveva la sua felicità qui e gli è stata negata. Mi domando perché dare una briciola a chi merita una fetta intera di pane. Mi domando perché togliere a una sola persona tutto e ad altre regalare il mondo. Forse siamo noi ad attrarre la fortuna o forse sono davvero le nostre azioni a generare altre reazioni. L'unica cosa certa è che lei non c'è più e io sono confinata in questo posto, lontana da casa, a costruire una villa che spero rimanga in piedi quando finalmente avrò concluso.
Sollevo l'ultima mensola da incastrare nella libreria che ho deciso di disporre in soggiorno e faccio un passo indietro appena ho terminato. Passo una mano sulla fronte, bevo un sorso d'acqua e sorrido. «È proprio come la volevo», la osservo con orgoglio e la immagino piena di volumi, con una pianta rampicante a scivolare dall'alto e qualche vasetto di vetro o legno con dentro le candele.
Sento un fischio alle mie spalle. «Però...», esclama Luke osservando la disposizione dei mobili appena arrivati e la mia ultima opera con ammirazione. «Certo che sei brava con gli interni», sfiora la pelle del divano e si avvicina al camino che ho acceso per non sentire freddo. Sfiora la superficie e scocca un'occhiata veloce alla casetta e alla statuina perdendosi in qualche suo strano pensiero. «Potrei anche proporti di costruire e vendere ville per incrementare il turismo», propone.
Sorrido togliendo dalla scatola un'altra mensola. «Potrei prendere in considerazione la tua proposta», replico chiedendogli di passarmi le forbici.
Adagia la valigetta, che si è portato dietro, sul divano e mi aiuta alzando e arrotolando le maniche della camicia.
«Non avevi degli affari in città oggi?», indago, trovando strano che sia passato.
Corruga la fronte come se avesse dimenticato qualcosa, arrossisce e schiarendo la voce con un colpo di tosse, dandomi le spalle, apre un altro scatolone. «È stato rimandato. Non ti dispiace se sto qui, vero? In fondo devo anche supervisionare e accertarmi che porti a termine il tuo compito».
«Rimani pure. Tra poco arriveranno altri scatoloni e mi servirà un po' di aiuto per trascinarli al piano di sopra».
Luke tira fuori un tappeto, lo osserva. «Dove va questo?»
«Ai piedi del divano, quello sotto la vetrata. Assicurati di metterlo al centro».
Luke esegue, ma appare stranito dalle mie indicazioni. «Perché è come se stessi costruendo una casa delle bambole?»
«Perché non credo che starò mai qui e voglio che sia tutto perfetto per le foto».
Aggrotta maggiormente la fronte. «Stai dicendo che te ne ritornerai a New York e venderai questa villa?»
Sollevo le spalle. «Non lo so. Forse».
«E Nicolai lo sa, giusto?»
«No».
Si ammutolisce e continua ad aiutarmi. Questo però per una manciata di minuti. Luke smania dalla voglia di sapere e di dire sempre la sua. «È successo qualcos'altro?»
Tiro fuori una lampada disponendola all'angolo. Cerco la lampadina e l'avvito. «No. Non è successo proprio niente».
«E allora?»
Mi volto e lo ritrovo in una posa che dovrebbe farmi ridere ma che in realtà mi agita soltanto. «Allora, non ho nessuna certezza sul futuro e mi sto godendo il presente senza fare inutili progetti».
Assottiglia gli occhi poi il suo volto si addolcisce. «La paura di perdere quello che fa stare bene è normale, Willa. Nic ti rende felice e tu non vuoi che si sappia perché pensi che qualcosa andrà storto. Ma in questo modo non vivi davvero il momento. Prova a non pensare. Concludi questa casa e rendila tale abitandoci con lui. Non puoi di certo trascinarlo a New York di punto in bianco».
Mi avvicino a lui. «Sei troppo saggio. Terrò a mente il tuo consiglio», lo abbraccio e mi tiene stretta. «Ma adesso dovrai dirmi che ti succede. Sei malinconico».
Raddrizza le spalle. «Tu mi spaventi».
Sorrido. «Sono solo attenta. Non sei l'unico a notare le cose. Allora?», mi siedo sul nuovo divano, batto la mano sul cuscino e lui prende posto accanto a me.
Sospira sgonfiandosi come un palloncino. «Ho discusso con Vincent e... Dio, mi sento così ridicolo!», replica in fretta.
Stringo la sua mano. «Non lo sei. Per cosa avete litigato?»
«Vuole convivere e vuole che vada nel suo appartamento in centro perché è stanco di vederci solo durante il weekend».
«E tu...»
«Io ho bisogno dei miei spazi e del mio ambiente per sentirmi a mio agio. Ho passato anni a sentirmi sbagliato e adesso che ho trovato un mio equilibrio, non posso ritornare al punto di partenza».
Passo il palmo sulla sua schiena. «Ne hai parlato con lui di questo?»
Muove le labbra in una smorfia. «Non ci riesco. Appena abbiamo iniziato a discutere, me ne sono andato. Non è neanche da me scappare».
Lo guardo con apprensione. «Infatti mi stupisce che tu sia qui e non con lui. Forse è arrivato il momento anche per te di raggiungerlo e dirgli che hai bisogno del tuo appartamento e che se vuole dovrà scendere a patti o trasferirsi lui da te».
«Secondo te sono pronto?»
«La vera domanda è: lo ami?»
Balza in piedi come una molla. «Grazie. Io... io ti adoro! Sappilo!», mi bacia una tempia e si precipita fuori con la sua ventiquattrore.
Sorrido e scuotendo la testa, torno alla pulizia e alla disposizione dei nuovi arrivi.
Sento bussare e quando mi volto, Nic sta posando sul pavimento un enorme scatolone. «Come mai andava di fretta? Ho portato doni. Ho trovato il fattorino qui di fronte e ho firmato io al posto tuo, non ti dispiace, spero», sorride togliendosi la neve dal cappotto e sfilando il berretto lo scuote prima di appendere tutto dove ho lasciato l'attaccapanni improvvisato.
Mi raggiunge e ci scambiamo un breve bacio. «È andato a dire al suo ragazzo che lo ama e che vuole che vada a vivere da lui. A quanto pare hanno litigato per questo e il nostro piccolo Luke è scappato a gambe levate per la prima volta».
Nic ha la stessa espressione di Luke nell'osservare il soggiorno. Dopo un momento indica lo scatolone. «Farò quattro chiacchiere con lui. Quello va di sopra?»
«Sì».
«E pensavi di riuscire a salirlo da sola portandolo in braccio?»
«No, pensavo di sfruttare Luke, ma è appena andato via. Lascialo pure all'entrata. Non ho ancora iniziato a montare i mobili. Preferisco concludere questo piano anche se ancora non è arrivata la cucina».
«Possiamo farlo insieme, se hai finito con le mensole. Così ti porti avanti».
«Non devi lavorare?»
Ficca le mani dentro le tasche mantenendosi a distanza. I suoi occhi mi scrutano, mi scivolano addosso come cubetti di ghiaccio facendomi desiderare un suo contatto. Lui è un marchio a fuoco sulla pelle. In un attimo riesce a polverizzare ogni singola cosa e a farmi sentire in maniera inspiegabile, unica.
«Sta nevicando e abbiamo chiuso prima. Allora?»
Non me ne ero accorta. Qui dentro il tempo sembra fermarsi e tutto il resto allontanarsi. Mi avvicino. «Allora sì».
Sorride e senza apparente difficoltà, porta lo scatolone di sopra tenendolo caricato sulla spalla.
Recuperiamo gli attrezzi e iniziamo dal letto. Il materasso si trova adagiato alla parete, in attesa di essere sistemato sulle doghe in legno.
«Questa mattina non ti ho trovata a letto».
Vederlo così concentrato mi fa eccitare. È strano persino da pensare ma Nic riesce a smuovermi dentro ogni genere di reazione anche solo quando respira. È incredibile quello che riesce a provocarmi senza neanche avvicinarsi.
Mordo il labbro cercando le parole giuste per replicare alla sua constatazione con nota a margine. «Non avevo sonno e dovevo concludere il soggiorno. Ero smaniosa di vederlo completo».
Lo aiuto a sollevare il materasso e non appena è sulle doghe, mi ci lancio osservando il soffitto.
Nic si siede poi si lascia cadere indietro anche lui. «Eri così eccitata da saltare la colazione e anche il pranzo? Puoi anche dirlo, non mi offendo».
«Cosa?»
«Che non sei abituata a svegliarti con così tanta bellezza davanti».
Rido spingendolo e lui mi afferra e mi avvolge tenendomi stretta. Mi volto e agguantando il suo viso, strofino la punta del naso sul suo. «Sei un convintone, signor Wood!»
Ride e la sua espressione mi riempie il cuore. «Dico solo la verità, piccolo iceberg».
Mi ritrovo a cavalcioni su di lui. «Ah sì?»
Sorride radioso e io me ne innamoro. Mi imbambolo e lui mi passa il palmo sul viso. «Non devi scappare. Semplicemente svegliami prima di andartene».
Passa il pollice sulla mia fronte facendola rilassare. «Mi piace svegliarmi e vederti. Se dovessi scegliere una cosa a cui non rinunciare, sarebbe questa. Mi migliora le mie giornate».
Non avrei mai pensato di essere tanto importante. Anche a me piace aprire gli occhi e trovarlo accanto. Ma questo non lo dico. Gli accarezzo il viso. «Allora farò in modo di esserci. Anche se non voglio svegliarti perché non dormi molto».
Mi avvicina tenendomi per la nuca e con uno scatto mi ritrovo sotto il suo corpo statuario, la sua colonia a penetrarmi e le sue iridi a farmi formicolare la pelle.
Sfiora il mio collo lasciando una scia di baci conducendo il mio cuore verso il punto di non ritorno e il mio corpo a tendersi.
«Nic?»
«Mi devi cinque minuti di risveglio», mugugna.
Rido abbracciandolo. «Affare fatto».
Si stende e trascinandomi su di sé, chiude gli occhi. «Ti va di cenare insieme?»
«Un invito a cena?»
«Sai che...»
Premo le labbra sulle sue. «Sì. So che non sei quel tipo di uomo», lo scimmiotto.
Mi sollevo e con un sorriso raggiungo la porta. Lui mi guarda come un falco reggendosi sulle braccia. «Dove vai?»
«A concludere il piano di sotto prima della cena con mio marito».
Avanza e con due falcate mi raggiunge. «Non ti va di sistemare insieme la camera da letto?»
«Pensavo di cenare nel nuovo soggiorno», propongo.
Mi ferma. «In realtà volevo portarti da Darlene».
Sorrido. Come faccio a non amarlo? Sa che abbiamo legato e sa che ogni tanto passo a salutare e a scambiare quattro chiacchiere con lei.
«Allora faremo meglio a sbrigarci».
Riusciamo a montare tutti i mobili della camera da letto mentre ci stuzzichiamo.
Sto scendendo di sotto quando sento dapprima un colpetto, dei rumori all'esterno, delle voci concitate.
La porta, poco prima che io riesca a raggiungerla per aprirla si spalanca e la voce inconfondibile di nonna si estende in tutta l'abitazione quando alzando il tono dice: «Dov'è? Willa!»
Devo tenere a mente di chiuderla e mettere le sicure, rifletto ritrovandomela davanti. Impallidisco. Come ha fatto a trovarmi?
Indossa un pellicciotto color sabbia, pantaloni neri e stivali griffati. Trucco impeccabile e il bastone che ha già picchiato sul pavimento un paio di volte.
Eccola, mi dico atterrita seguendola verso il soggiorno dove si precipita come se dovesse marcare il territorio. Ecco il mio incubo appena arrivato in casa.
Luke si fionda dentro subito dopo, si scusa silenziosamente con me. Ha il fiato corto. Ma so che con lei c'è ben poco da fare, che ottiene sempre quello che vuole. Non lo biasimo se deve essere andato nel panico o se è stato costretto a portarla qui.
«Scusami, dovevo arrivare prima di lei, ma sono stato rallentato da un camion», dice passando una mano tra i capelli.
«Hai un aspetto orribile», esclama mia nonna guardandosi attorno accigliata, prima del disgusto stampato in faccia appena si accorge di Nicolai che sta scendendo le scale.
«Piccola, che succede?», si ferma, guarda male nonna, infine si posiziona di fianco.
«Tu sei in ottima forma. Cosa ti porta da queste parti?», fingo indifferenza.
Batte il bastone una volta. «Non sono qui da sola. Ho portato il tuo futuro marito. È rimasto fuori per una chiamata d'affari. Che ci fa lui con te? Vedo che hai rimesso in sesto questo rudere. Il tuo amico non voleva dirmi dove trovarti così ho chiesto a una ragazza di nome Milly e lei, sembrava più che lieta di indicarmi il posto», sfiora una superficie fingendo che ci sia della polvere.
Nic stringe il pugno in vita. Luke sgrana gli occhi inizialmente poi raddrizza la schiena. Reagiamo tutti all'unisono, come se sapessimo già cosa fare, come muoverci, come contrattaccare senza bisogno di darci un comando.
«Nic è qui per aiutarmi a montare i mobili. È suo il negozio che mi fornisce il materiale, non ricordi?», modulo la voce, tenendo lo sguardo fermo. «Come mai sei qui? Non credo per portarmi un mazzo di fiori per l'inaugurazione della casa».
Lei mi fissa ancora squadrandomi. «Non sono venuta qui per farmi prendere in giro, signorina. Sai bene perché sono in Alaska. Ma visto che vuoi proprio sentirtelo dire, sono venuta per farti firmare dei documenti in cui rinunci all'eredità e per riportarti a casa. I tuoi sono furiosi, le tue amiche credono che tu sia impazzita e i tuoi datori di lavoro erano preoccupati quando ho detto loro che ti prendevi solo un paio di settimane di vacanza. Lo sono tuttora, visto che non sei ancora tornata. Ma come vedi, come sempre, ho risolto tutto io. Ora dimmi: non ti sei stancata di stare in questo posto dimenticato da Dio? Non hai ancora capito che non ce la farai mai a concludere questa villa e che cadrà non appena chiuderai la porta? Non hai ancora capito che lui non ti renderà mai felice? Sei incapace, Willa. Hai bisogno di qualcuno che ti dica cosa fare e la tua vita non è di certo in mezzo a questa popolazione di strambi amanti del Natale».
Deglutisco. L'aria sta iniziando a farsi assente.
Come si permette?
Per anni ho dovuto sopportare le sue manie di protagonismo. Per anni ho dovuto ingoiare bocconi amari e fare come mi veniva detto. Per anni ho sopportato i suoi litigi con zia Lenore, per tutto. Adesso sono stanca. Non le permetterò di minacciarmi ancora o di muovere i fili della mia vita solo per trarne profitto. Se sarà necessario, farò in modo che esca da qui e si allontani il più lontano possibile da me.
«E io non ti sto rivolgendo ancora la parola per farmi dire quello che devo fare. Se sei venuta qui per questo o per offendermi davanti a loro, hai solo perso del tempo, nonna. Ma sto bene, come vedi sono viva, grazie per averlo chiesto!»
Sbuffa. Ogni sua azione è uno schiaffo sul cuore.
«Lenore ti ha proprio temprata a sua immagine e somiglianza. Stesso atteggiamento scontroso, stessa testardaggine, stessi modi diretti. Non avrei dovuto permetterle di occuparsi di te».
«È tardi per questo, non credi? E smettila di nominarla. Preferirei che almeno da morta riposasse in pace».
Inumidisce le labbra e sposta il peso da una gamba all'altra reggendosi con entrambe le mani sul bastone da passeggio. «Quella stronza non avrà mai pace finché non tornerai a casa, dalla tua famiglia e lascerai questo posto e queste persone. Era matta, Willa. Quello che le è successo molti anni fa, la sconfitta subita, l'hanno fatta impazzire. E non potendo arrivare a me, ha usato te».
Mi rifiuto di ascoltarla. Come può parlare in questo modo della sorella?
Sto per ribattere aspramente quando compare lui, l'uomo che dovrei sposare. Un viscido pezzo di merda. Un bastardo che si approfitterebbe di chiunque, soprattutto di me se ne avesse la possibilità. Alto, la pancia un po' prominente, il viso butterato e chiazzato a causa del freddo, i capelli pieni di fili grigi e quel sorriso da idiota stampato in faccia. Indossa un completo firmato e, oltre all'odore del denaro, lo segue una costosa colonia da voltastomaco.
Mi disgusta appena mi guarda leccandosi le labbra e con un sorriso avanza, credendo di potermi toccare.
Nicolai si frappone svelto. Lui si ferma, esita e lo indica come se fosse uno scarafaggio e al contempo ne avesse paura. Ha sempre avuto questo atteggiamento da stronzo borioso. In realtà so che è un codardo. «Willa, chi è quest'uomo?»
«Soltanto un capriccio», replica mia nonna, lanciandomi la sua tipica occhiata da: "Se mi contraddici, ti anniento".
«In realtà Nicolai è...»
«Sono suo marito», replica lui schioccando le ossa delle nocche come se fossero noci. Sfodera anche il suo sorriso più ammiccante.
Nonna impallidisce. Rupert avvampa, spalanca la bocca e si volta di scatto nella sua direzione. Luke si mette davanti a noi, Nicolai mi nasconde dietro la sua mole.
Nonna ride fintamente nel notare questa scena. I suoi occhi si incupiscono. «Che cosa ridicola. Smettiamola con queste scenette raccapriccianti da romanzetto, firma quel dannato documento, rinuncia a tutto e andiamo!»
«Sta dicendo la verità. Si sono sposati, Ines», interviene Luke con calma. «Lo sapresti se solo avessi letto le mie e-mail e avessi ascoltato i tuoi avvocati. Li ho avvisati e non credo non ti abbiano reso partecipe della felicità di tua nipote. In quanto al documento, non ha validità perché la mia assistita ha già deciso cosa fare».
Nonna spalanca la bocca. Saetta da me a lui mentre Rupert, fa un altro passo avanti, apparentemente inferocito. Allarga la cravatta dopo avere sbottonato il cappotto. «Sul serio? Abbiamo un accordo! Non me ne fotte un cazzo se è sposata con questo stronzo. Ci vorranno due minuti per annullare il matrimonio. Lei deve venire insieme a me. È la mia promessa sposa!»
«L'accordo l'hai fatto con mia nonna, non con me. Io non ho mai firmato niente e ti ho rifiutato sin dal primo istante. Perché non sposi lei?», ribatto stizzita. «Sono sicura che potrebbe anche non zoppicare più di fronte ai tuoi soldi. Quelli fanno sempre miracoli agli avidi di cuore».
Nonna avanza e, ancora una volta, Nicolai e Luke mi fanno da scudo. Ma so già che a breve dirà qualcosa che farà vacillare l'ago della bilancia. «Come hai osato disobbedirmi e disonorare la nostra famiglia in questo modo?», sbraita sempre più rossa in viso. «Non l'hai fatto veramente! Non sei stata tanto stupida da credere che quella pazza di Lenore avesse denaro a sufficienza per tutto questo! Ti ha solo presa in giro per tenerti lontana da noi. Per vendicarsi».
Rupert, chiede ancora spiegazioni. Infine, spazientito, sbotta: «Abbiamo un jet che ci aspetta e io non ho tempo per delle sciocchezze da adolescente, Willa. È chiaro che stai mentendo. Ti consiglio di andare a fare le valigie e seguirmi. Non tollererò più altre scuse da parte tua. Non ho intenzione di aspettare ancora mentre te la spassi con altri uomini o scappi. Io e te saremo marito e moglie entro Natale. Andiamo», dandomi le spalle, si avvia alla porta con il telefono già attaccato all'orecchio.
«Che cosa non vi è chiaro? Io sono già sposata e non ho nessuna intenzione di lasciare questo posto o mio marito per uno che ha un palo nel culo ed è un porco schifoso privo di rispetto!»
Mia nonna, avendomi vicina, mi molla uno schiaffo su richiesta silenziosa di Rupert. «Ti conviene stare zitta, piccola insolente».
Non mi scompongo, lecco le labbra sentendo in bocca il sapore del sangue. «E per la cronaca, non sono interessata alle ricchezze di nessuno. Sto qui perché è dove voglio stare».
Nicolai freme, ma sa che sarebbe un errore reagire. Sa che è quello che vogliono: che lui faccia un passo falso. Ma sono stati loro a sbagliare e lo capiranno.
Nonna mi guarda con disprezzo. «Guarda come ti sei ridotta. Non sei più una ragazzina da un pezzo. Smettila di fare i capricci e rispetta il volere della tua famiglia. Farai meglio ad obbedire».
Sfioro il labbro sentendolo pizzicare. «Non sono più una ragazzina e ho il diritto di scegliere da sola. L'ho già fatto e voi non avete nessun potere sulla mia vita. Non più. Adesso andatevene da casa mia immediatamente o chiamerò le autorità».
Mia nonna fissa in cagnesco Nic, gli punta dapprima il bastone poi l'indice. «Tu... come hai osato? Ti toglierò quanto di più caro hai al mondo!»
Lui non si scompone. «Il nostro avvocato sarà lieto di mostrarvi l'atto di matrimonio. Peccato, l'invito a partecipare alla cerimonia si sarà perso», la stuzzica.
Nonna raddrizza la schiena. La mano gli trema e la stringe sul bastone.
«Non sei niente e niente sarai, piccolo bastardo», sbotta Rupert, sempre più rosso in viso. «Non hai alcun diritto di stare con lei. Io sì!»
«Ma davvero?»
Prova a mollargli un pugno.
Urlo spaventata.
Nicolai, i riflessi pronti, riesce a parare il colpo e sbattendolo con la faccia contro il muro, tenendolo fermo, facendo scattare un coltellino appena estratto dalla tasca dei pantaloni, lo minaccia. Tutto accade in pochissimi istanti.
«Questo niente ti ha appena sbattuto in faccia che sta con Willa, che l'ha sposata e tu hai solo questo da dire? Non mi spaventano le tue minacce e faresti meglio a tornare da dove sei venuto, se non vuoi finire come finisce chi da queste parti non porta rispetto per una donna. L'hai appena fatta colpire davanti al nostro avvocato e ti sei appena avventato su di me. Mi sto solo difendendo. Sarà meglio per te avere un mucchio di soldi per il risarcimento che dovrai sborsare quando ti faremo il culo in tribunale, lurido stronzo. Adesso, se non vi dispiace e se non volete ulteriori problemi come correre al pronto soccorso, uscite da qui», indica la porta tenendo lo sguardo fermo e fisso su mia nonna.
Rupert solleva le mani in segno di resa, ma noto che non è che solo l'inizio di una guerra per lui. Mia nonna invece si mette in ordine. «Andiamo», dice brusca. Mi si avvicina e trattengo Nic. «Quando lui ti dirà che non sei abbastanza, che sei incapace come moglie e vorrà di più di quello che potrai dargli, quando ti sentirai un uccellino in gabbia, sarà tardi. Non finisce qui, Willa».
Quando la porta si chiude alle loro spalle, attutendo le urla di Rupert, io scivolo giù.
Nic mi sorregge, mi abbraccia, mi stringe al petto. «Va tutto bene», mi sussurra dolcemente.
Mi aggrappo al suo braccio e accetto il suo bacio sulla tempia. «Grazie», è tutto ciò che riesco a sussurrare prima di strozzarmi a causa delle lacrime.
Lui. Lui è un tornado di emozioni che non ho saputo affrontare. Mi sono lasciata cogliere di sorpresa e gli ho permesso di investirmi, di trascinarmi in qualcosa di folle e forse duraturo. Lui, mi fa capire che l'amore esiste. Non sempre è perfetto o speciale. A volte l'amore è sbagliato ma arriva al momento giusto. Forse a salvarti quando hai bisogno di aggrapparti a qualcosa.
Mai avrei immaginato che sposare un perfetto sconosciuto mi avrebbe fatto sentire tanto forte quanto fragile. Mai avrei creduto di potere tenere a una persona così tanto da sentirmi a un passo dal paradiso mentre sto scontando ancora la mia pena in mezzo alle fiamme di un inferno che ha appena innalzato il fuoco.
Lui mi sta salvando senza saperlo. E vorrei tanto piangere, urlare dentro dalla felicità. Vorrei tanto dire che non mi sento poi così sola dentro. Che con lui ho sentito sulla pelle più del semplice dolore che mi porto sempre appresso. Vorrei potergli dire che ho apprezzato ogni sua singola carezza su ogni livido, su ogni cicatrice non ancora del tutto rimarginata. Vorrei potergli dire che lo amo e che stavolta sono sicura di volere che mi tenga stretta e non mi faccia volare via. Ma sto zitta e lascio che mi protegga. Per la prima volta, lascio che sia un'altra persona a tenermi al sicuro. Gli permetto di amarmi.

☃️☃️☃️

~ N/a:
Buona sera. Come state? Spero tutto bene. Come festeggerete capodanno? Com'è il tempo dalle vostre parti?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Willa sta lentamente crollando. Nic sarà in grado di sorreggerla e proteggerla? Riuscirà a farla riprendere? Nonna Ines tornerà all'attacco?
Scegliere un #hashtag per questo capitolo, se vi va.
Grazie. Un abbraccio virtuale,
Gio'.

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