Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 22

«Ti amo».
Cazzo se è vero! La amo come mai in tutta la mia vita. E quello che sento, mi sta uccidendo lentamente, proprio come un veleno senza antidoto.
Lei non se ne accorge. Non si accorge come la guardo, come cerco di proteggerla. Non comprende i miei gesti perché nessuno le ha mai mostrato l'amore. Il nostro, ci sta investendo come un treno in corsa che non ha fermata.
Quello che è successo prima in auto, non è stato solo un momento di pura estasi, non è stato un modo per liberarsi, è stato amore. Un amore che distrugge. Un amore che ti spezza una ad una le ossa e poi te le risalda.
Willa scruta nei miei occhi e scava dentro una buca sempre più profonda in cui ci ficca dentro lei. Solo lei. Inizia ad essere indispensabile. Mi piace il suono che emette quando è eccitata. Mi piace come le diventano lucidi gli occhi.
Chiudo il getto, le avvolgo l'asciugamano intorno per non essere ancora tentato ed esco dalla doccia.
In camera infilo un paio di boxer, accendo il camino e quando lei fa la sua comparsa, infilando la maglia che le ho lasciato prima sul bordo del letto, sistemo i cuscini sulla testiera del letto e mi sdraio.
Sale sul letto, si avvicina e mi si rannicchia addosso. Un qualcosa che mi mancherà di lei se le cose dovessero andare male.
«Adesso sei calmo?»
Mi stupisce il modo in cui comprende i miei stati d'animo e riesce a reggerli. Non vorrei fare paragoni, ma con Milly non era possibile avere questo tipo di reazioni, non mi sono mai messo così tanto a nudo quanto adesso. Le nostre litigate non portavano da nessuna parte. Invece con Willa conducono sempre in un nuovo posto. Le passo le dita lungo la schiena. «Sì, grazie».
Sorride in quel modo singolare e dolce. «Adesso puoi dirmi che ti è preso?»
Fisso le fiamme, ascolto il crepitio, il lieve scoppiettio della legna che arde nel camino. «Hai esitato, Willa. Quando Luke ti ha detto che saresti stata la signora Wood, tu hai esitato come se non lo volessi. Come se non mi volessi. Mi sono sentito rifiutato».
Abbassa lo sguardo, porta una ciocca dietro l'orecchio. «Non volevo incasinare ulteriormente la tua vita. Poi ho pensato al testamento, non volevo avere problemi e...»
«Hai esitato», rimarco deluso.
Mi afferra il viso. «Non c'è niente che ho voluto così tanto come voglio te. Sembrerà una frase scontata, già detta o sentita, ma è così, Nic. Non ho esitato perché sei tu. Ho esitato perché la mia vita è un completo disastro e tu non meriti di vivere niente di simile!»
È sincera. Gli occhi le tremano, le narici guizzano. «Mi dispiace», dice alla fine.
Guardo il tetto. «Sei mia moglie adesso. Come pensi di organizzare la nostra vita?»
«Mi stai chiedendo di stare qui?»
«Non possiamo vivere ancora come due fidanzati», le faccio notare. «Pensi che in questo modo la gente non capirà che stai fingendo?»
Si solleva a metà busto. «Io sto fingendo? Ti stai comportando da stronzo, lo sai?»
Mi sollevo a mia volta, pronto ad affrontarla. «Willa, non possiamo più giocare. Adesso o fai in modo che sia credibile o ti abitui al pensiero che tua nonna non ci crederà e troverà davvero un modo per strapparmi da te».
Rimane interdetta. Esita. «Fai sul serio, Nic? Adesso è colpa mia?»
«Smettila di avere paura», alzo il tono andando al nocciolo della questione.
«Ne ho così tanta da non riuscirci. Perché se perdo te perdo anche me stessa. Ma questo non credo tu possa capirlo perché sei solo abbagliato dalla prospettiva di tenermi qui come il tuo canarino», sbraita alzandosi. Cerca gli indumenti e indossandoli si avvia alla porta. «Ho bisogno di stare un po' da sola».
La lascio andare e quando sento lo scatto della porta al piano di sotto, mi sollevo e corro a guardarla dalla finestra.
Attraversa spedita la strada, entra nella nuova villetta e sparisce al suo interno.
«Cazzo!», lancio un cuscino dall'altra parte della stanza.
Mordo il labbro, recupero il telefono e chiamo l'unica persona che potrebbe aiutarla. Ma non risponde. «Andiamo, andiamo!», dico ad alta voce avviando un'altra chiamata.
«Se le hai fatto qualcosa, ritieniti fuori dai giochi».
«Devi raggiungerla e capire che cosa le sta frullando per la testa perché non so più che cosa fare!», sbotto spazientito.
«Non posso, Nic. Proverò a chiamarle, ma ti consiglio di lasciarla sbollire e di raggiungerla. Che avete fatto?»
Silenzio da parte mia.
Lui esita. «Avete fatto sesso e poi litigato? Dio, non avreste dovuto sposarvi così in fretta!»
«Luke!», cantileno.
«Scherzavo», si concede una risata che va a urtare la mia sensibilità e in parte anche la mia pazienza. Odio quando sono serio dovere sopportare quelli che si prendono gioco di me. «Vedo che cosa posso fare. Ma tu sbollisci e tieni il tuo cazzo dentro i pantaloni per le prossime due ore», mi prende ancora in giro. «Le avrai fatto sicuramente pressione su qualcosa facendola sentire in gabbia e sarà scappata per rimuginarci sopra. Ti avrà anche risposto dandoti il benservito».
Alzo gli occhi al cielo. Come ha fatto a capire?
«Falla ragionare, falle capire che non possiamo fare passi falsi! Sei suo amico e ti ascolterà! E per la cronaca: ho solo detto come stanno le cose. E se continuerà a negare l'evidenza, nessuno crederà mai a quello che abbiamo fatto».
«Ricevuto», riaggancia.
Fisso incredulo lo schermo. «Mi ha appena tagliato fuori dalla conversazione, incredibile!»
Salgo di sopra, continuo un lavoro sul legno e aspetto due ore prima di decidermi che è arrivato il momento di prendere il toro per le corna.
Quando sono concentrato, mi sento meno nervoso e credo di essere pronto, mi preparo e scendo di sotto con il regalo appena confezionato. Esco di casa, supero il cancello e mi ritrovo, dopo appena pochi passi, di fronte al portone della villetta. Busso due volte e attendo, impaziente di vederla.
Willa mi apre con sguardo severo, rientra e si sposta di sopra senza dire una sola parola.
La seguo, sta facendo davvero un ottimo lavoro, nonostante sia da sola ad occuparsi di tutto. Ma è testarda e talmente precisa da non avere bisogno di nessuno.
La trovo dentro il bagno piastrellato. Sta stringendo una vite. Ha appena montato i primi mobili che le abbiamo lasciato ieri. Sapeva che saremmo tornati a montarli, ma ha preferito fare da sola.
Appoggio il sacchetto di iuta con il fiocco rosso e oro sul ripiano marmorizzato del lavandino.
Lei lo guarda. «È un regalo o una scusa?»
«Entrambe le cose».
Si avvicina, lo scarta e tira fuori la statuina con i due innamorati intagliati all'interno di una cornice a forma di cuore. Sfiora i bordi e si sposta di sotto, dove la sistema di fianco a una casetta di ceramica, scheggiata, che si trova già sul nuovo e spesso bordo di legno del camino. Non so dire quello che sta provando, appare in combutta.
«Grazie», dice con le mani dietro la schiena, oscillando lievemente come farebbe una bambina timida.
Mi avvicino. Non tollero più questa distanza. L'abbraccio e lei nasconde il viso sul mio petto. Stringe le braccia intorno alla mia schiena e sospira. «Ho chiesto a Luke, quando ha chiamato per farmi ragionare, di passare all'hotel e recuperare la mia valigia. Negli ultimi giorni avevo già messo tutto dentro per trasferirmi qui. Saluterò Darlene con un regalo».
«Non voglio obbligarti, Willa».
Si allontana dal mio abbraccio. «Mi sono comportata da ragazzina egoista. Ho riflettuto solo su me stessa, su come mi sono sentita. Hai ragione, devo affrontare le cose e per farlo bisogna non commettere errori».
Apro la bocca ma lei nega. «Per una volta puoi non contraddirmi? In fondo, ti sto dicendo che hai ragione», mi lascia in soggiorno come uno stupido e torna di corsa al piano di sopra.
Sento un suono alquanto inquietante mentre sfioro l'inferriata di legno della scala. Come se l'acqua non riuscisse a passare dalle tubature. Salgo di corsa e trovo Willa allarmata. Sta provando a fare scorrere l'acqua ma dal rubinetto non esce neanche una goccia. «Cosa c'è che non va adesso?», sbotta irritata. «Che cosa ho sbagliato?»
Controllo i tubi e sembrano essere a posto. «Hai aperto la leva collegata alla cisterna?»
Morde il labbro. «La cosa?»
«Chiudi tutti i rubinetti, ci penso io».
Esco fuori in giardino, cerco la leva e provo a spingerla ma è bloccata a causa del ghiaccio che si è formato intorno. Scavo un paio di centimetri togliendo la neve e provo a tirare via anche la patina ghiacciata. Gli operai avrebbero dovuto metterci una cassetta.
Willa si affaccia e guarda fuori dalla finestra prima di abbassare lo sguardo. «Che succede?»
«Non riesco a tirare la leva. Dovrai fare installare una cassetta per proteggerla. Hai chiuso tutti i rubinetti?»
Nel medesimo istante, la maledetta leva, va giù e si sente uno sfiato. Un rumore sinistro abbastanza forte muove i tubi poi Willa strilla così forte da atterrirmi. Mi precipito di sopra trovandola alle prese con il tubo sotto il lavandino non ancora avvitato del tutto. Strano, prima mi era sembrato il contrario.
Mi affretto ad aiutarla e mentre preme una pezza per tappare il getto che sta inondando il bagno, provo a stringere il tubo.
Riusciamo a non far allagare il resto della stanza e appoggiati alla pareti opposte, zuppi da capo a piedi, scoppiamo a ridere.
«Dovremmo correre a casa e asciugarci o ci verrà un brutto raffreddore».
Annuisce si rialza e rischia di scivolare. Agisco senza esitazione. Tutto sembra risolversi nell'esatto istante in cui le mie mani trovano il loro posto: il suo corpo. Si aggrappano ai suoi fianchi e le mie braccia, facendo leva, sostengono il suo peso. Lei diventa il mio centro di gravità, l'unico posto giusto, appena i nostri occhi si incontrano. Ci ritroviamo faccia a faccia, tra di noi c'è solo un singolo respiro di distanza. Tutto quello che vorrei dirle, rimane incastrato, trattenuto dai secondi e dal silenzio che lei stessa spezza quando si allontana e va a recuperare un panno con cui asciuga il pavimento.
Io, turbato, confuso ed emozionato, mi avvicino alla vetrata di quella che sarà la camera da letto e guardo fuori.
Per fortuna, gli abitanti sono riusciti a riavere la luce elettrica, pur non rinunciando al coro che continua a vagare per le strade. La stella dell'enorme albero di Natale è già accesa e sembra un faro.
La terra all'improvviso trema. Willa si avvicina preoccupata proprio quando davanti a noi si vedono esplodere getti d'acqua ad ogni entrata delle ville, in prossimità dei tubi esterni.
Spalanca gli occhi tappandosi la bocca mortificata mentre io rido. «Sta volta penso sia colpa mia», la rassicuro.
«Mi stai dicendo velatamente che non sono sempre io quella a fare danni?»
Tendo il braccio, le mie dita si muovono e lei le sfiora con le sue, lasciando che le afferri la mano. Le sto chiedendo scusa per il modo in cui l'ho fatta sentire. Non era mia intenzione. «Avranno qualcosa da sistemare, a quanto pare», sollevo le spalle.
In contemporanea e tempestive, giungono delle vetture con gli operai, pronti a riparare il danno. «Succede spesso, tranquilla».
Tornati nella mia villa, vedendola battere i denti e saltellare, le passo un asciugamano pulito e un altro maglione.
Di sotto, preparo una cioccolata calda e quando mi raggiunge, si siede sul divano, i piedi sotto il sedere, a distanza da me.
Odio quando succede. Mi fa sentire maggiore il peso della sua mancanza. Lei c'è, eppure è distante e questa cosa tortura le mie viscere e strizza il mio cuore.
Le passo la tazza aggiungendoci sopra un marshmallow dietro l'altro. Lei dapprima osserva i miei gesti ed infine nasconde un sorriso.
«Odio quando ti mantieni a distanza da me come se fossi un mostro dal quale proteggerti».
«Sei più un ranocchio che bacerei per farti trasformare in principe», si concede un sorso della cioccolata e appoggiando la tazza sul tavolo basso, mi si avvicina e si stende con la testa sulle mie gambe.
Le tiro addosso la coperta morbida. Le mie dita, incapaci di fermarsi, le accarezzano la testa e lei chiude gli occhi godendosi le mie carezze, ogni mia attenzione.
«Sicura di volere vivere qui con me?»
«Siamo sposati. Sai già che dovrò lavorare lo stesso alla villa e tu non dovrai intrometterti se dovesse succedere qualcosa con l'arrivo di mia nonna».
Storco le labbra. «Questo non lo posso fare, piccolo iceberg».
Solleva la testa. «Spiegami la ragione».
«Perché non le permetterò di trattarti male o di metterti alle strette. Interverrò se sarà necessario, questo concedimelo».
Morde il labbro. «Stiamo facendo un affare? Stiamo contrattando?»
«Non puoi chiedere di più perché ci ho già aggiunto una tazza di cioccolata», le sorrido.
Sbuffa spingendomi e torna con la testa sulle mie gambe. Gioca con il bordo del mio maglione. «Adoro i romanzi rosa, i thriller e il mio piatto preferito sono i gamberi fritti e il purè di patate, ne mangerei a quintali senza mai saziarmi. Ho la strana tendenza a cacciarmi nei guai e non ho il pollice verde o almeno non credo di averlo. Odio il Natale».
Mi faccio subito attento. Quando Willa parla di sé mi sento strano, uno spettatore che tenta di frugare tra i suoi effetti personali. «Ti va di spiegarmi perché?»
«Non è solo uno il motivo, Nic. Zia Lenore è andata via lasciandomi sola ad affrontare cene di famiglia in cui come sempre vi erano degli scontri. È successo prima di Natale, quel giorno l'ho passato a sentirmi sola e a disagio. Durante la vigilia passata invece, mia nonna ha cacciato via il ragazzo con cui stavo. Lui... ha accettato di buon grado i suoi soldi, umiliandomi davanti agli ospiti in un modo alquanto riprovevole. Sono sempre successe cose spiacevoli».
Mi irrigidisco. Se ne accorge e accarezza la mia mano portandola al petto. «Ho iniziato a vedere questo periodo con distaccato interesse e a non vivere la magia di cui tutti parlano, perché il mio spirito è stato rovinato. Per me ormai è un giorno normale».
«C'è altro?»
«Tante di quelle cose da non saperle raccontare tutte».
Si ricompone e mi guarda. «Non vuoi dirmi perché odi il Natale?»
Ripensare a quel momento è doloroso, non lo nascondo, non a lei, che sembra già avere intuito la causa scatenante. Prova a scusarsi ma sono più veloce. «Odio il Natale perché mi fa ricordare il momento in cui mia madre, nel cuore della notte, durante la vigilia, ha preferito chiudere quella porta alle sue spalle lasciandomi solo. Preferiva bere e scopare invece di prendersi cura di me o di mio padre. Gli unici a tenere davvero a lei. Il Natale è unione o così dicono, ma non per me».
«Quindi... non monteremo nessun albero accanto al camino e non ci comporteremo da idioti quando e se ci ritroveremo sotto il vischio?»
Sorrido rilassando le spalle. Appoggiando la schiena al divano. La amo anche per questo. «Il pensiero mi terrorizza».
Ride. «Almeno su questo abbiamo qualcosa in comune», mi fa notare.
Annuisco. «E non parteciperemo nemmeno ad altre gare».
Spalanca gli occhi. «Dio, non di nuovo! L'ultima volta ho fatto esplodere un tacchino».
Rido. «È stato divertente».
Mi guarda. «Solo il seguito».
Lancio uno sguardo fuori dalla finestra poi a lei. «Posso portarti in un posto?»
Corruga la fronte. «Mi stai invitando ad uscire? Non è tardi?»
«Non sono il tipo di uomo da inviti. Abbiamo ancora qualche ora di luce e il tempo non minaccia neve».
«Lo terrò a mente».
Mi avvio alla porta e lei mi segue. Le indico il cappotto, lo indossa e senza obiettare cammina al mio fianco.
Stringe la mia mano e proseguiamo in direzione del lago. Si trova dietro un piccolo boschetto dove sono solito tagliare la legna.
Willa si stringe a me e l'aiuto quando rischia di scivolare a causa del terreno instabile o quando troviamo dei tronchi a impedire il passaggio.
Dopo appena cinque minuti di camminata, raggiungiamo il lago. In questo periodo è una spessa lastra di ghiaccio sul quale è possibile pattinare o pescare. È uno specchio opaco capace di riflettere il cielo e le montagne.
«È meraviglioso», sussurra estasiata ed esita quando supero il minuscolo ponte di legno, avanzando sulla superficie.
«Potrebbe rompersi», mi fa notare.
«Hai paura?»
«Con te accanto no. Ma... lo stiamo facendo davvero?»
Le porgo la mano. Le sue dita sfiorano le mie e la guido sulla lastra di ghiaccio mantenendomi lungo i bordi per non rischiare che vada nel panico. «Non hai mai pattinato a New York?»
«Una sola volta e non è andata bene».
Mi fermo e guardo tutto, il boschetto, il paesino con le sue luci colorate accese un po' in basso, il tetto della mia villa a qualche metro. Questo è il mio posto, mi dico. Questa è la mia casa.
«Grazie, Nic».
«Sto contando le volte in cui me lo dici».
Fa un passo avanti. «Riguardo a prima».
Scrollo la testa. «Abbiamo chiarito».
Nega, le si increspano le labbra. «No! Fammi dire quello che penso e sento», prosegue prendendo fiato. «Sono felice di avere firmato quei documenti. Stiamo correndo? Forse. Siamo stati avventati? Sicuramente. Ma quando sto con te, tutto si annulla e le cose non sembrano avere alcuna importanza. Persino la paura riesci a scacciare. E anche se c'è, se si annida dentro, sei in grado di non farmi sentire persa o sola. So che con te non lo sono. E mi dispiace se spesso non riusciamo ad andare d'accordo. Mi dispiace se non sarò la moglie perfetta o che avevi sperato di avere accanto. Ma ho detto sì perché penso che sei tu il mio fino alla fine».
Nuvole di condensa escono dalle nostre labbra. Willa, sotto la luce del tramonto, gli occhi luminosi, le labbra carnose e il naso rosso, è bellissima. Di una bellezza rara. E non posso credere che sia mia.
«Sai qual è il problema? Che tu sei... tu. È pressoché impossibile paragonarti o pensare lontanamente di farlo. Nessuno è riuscito a incastrarsi saldamente al mio cuore come hai fatto tu. E sai una cosa? Fino ad ora non avevo mai avuto bisogno di nessuno. Mi piaceva la mia solitudine. Adoravo vivere dentro la mia bolla tranquilla. Da quando ci sei, non c'è nessun altro posto in cui desidero rannicchiarmi e stare bene, se non premuta al tuo corpo caldo e protettivo».
Cavolo. Ogni singola barriera si è appena abbattuta e la sua voce è come velluto: seducente, delicata, morbida. Mi fa palpitare forte il cuore come se lo stesse cullando, trascinando via ogni insicurezza o traccia di rabbia.
L'amore. Già, chi avrebbe mai immaginato che potesse colpire anche uno come me?
È un gioco pericoloso, rischioso. Non è logico. Non è razionale. È un terremoto che smuove la terra, che fa vibrare abbastanza forte il cuore.
Probabilmente non potrò mai trovare un amore come il nostro. Le nostre anime sono fatte per crearne una sola. Un po' come il nostro cuore che sembra fatto di pezzi unici, capaci di incastrarsi tra loro alla perfezione.
Non resisto e facendo un altro passo verso di lei, l'abbraccio poi mi abbasso e la bacio imprimendo sulle sue labbra tutto l'amore che non sono mai stato in grado di dimostrare.
«Non voglio pensare al domani. Mi basta questo momento e so con certezza che lo vivrò per l'eternità».

♥️♥️♥️

~ N/a:
Buona sera, come va? Ho sentito la notizia del terremoto. State bene?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ci avviciniamo alle battute finali, anche se mancano ancora un paio di capitoli, a nuove rivelazioni, a importanti sorprese. Non posso fare spoiler ma... secondo me non siete pronte a quello che ho in mente.
Grazie per avere letto.
Un abbraccio virtuale,
Gio'.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro