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Capitolo 21

Non posso credere di avere affrontato Milly e di essere stata difesa da Nicolai, il quale si è frapposto per impedirle di mettermi le mani addosso. Non posso neanche credere a quello che mi sta accadendo. Sembra assurdo ma la situazione comincia a farsi opprimente e sto continuando a guardarmi intorno da quando mia nonna ha scritto che sarebbe arrivata presto, perché pronta a farmi cambiare idea con ogni mezzo possibile. Non mi stupirebbe di certo se si presentasse con quell'uomo al seguito, la situazione sarebbe solo difficile da sostenere. È iniziata una guerra tra di noi e non so ancora se ne uscirò illesa.
Quando qualcosa sta andando bene, puntualmente qualcos'altro va storto.
Sapere che sarà di nuovo qui, a trattare con sufficienza gli abitanti che stanno cercando di accogliermi, mi fa impensierire e non solo, mi fa anche stare male.
Adesso, la paura si è fatta consistente e ho il terrore che possa strapparmi Nic e il nostro momento, solo per capriccio. Non voglio che rovini quello che sento per lui.
Per questa ragione ho provato a tenerlo lontano. Ho tentato a non cedere troppo, a mantenermi a distanza. Ma ogni gesto che fa, ogni parola che pronuncia, mi avvicinano al suo cuore rendendo il mio un po' meno mio e sempre più suo.
Adesso mi ritrovo in uno sgabuzzino che non ha niente a che vedere con i comuni uffici dei proprietari, avvolta dal costoso dopobarba di Nic, dall'aroma emanato dalla sua pelle e lui, contro la porta a farmi da muro e la verità ad aleggiare intorno a noi come fumo di sigaretta che si accumula nei polmoni fino a soffocarci.
Non ho il tempo di guardarmi intorno con attenzione. Catturo l'immagine di una scrivania in ordine, una libreria piena di documenti, una lampada e una pianta all'angolo le cui foglie sono aperte, rigogliose e di un verde acceso. Dalla minuscola finestra posta sulla parte alta, entra la luce del giorno, rendendo meno buio questo spazio.
«Un momento, cosa?»
«Mia nonna. Sta tornando e io... so già che rovinerà tutto», dico disperata, agitandomi.
Nic preme le labbra sulla mia fronte e io lo respingo lievemente. Non riesco a non immaginare quello che potrebbe accadere a causa del peso di ciò che non abbiamo ancora ufficializzato.
Serra la presa. «Non scapperai da me. Adesso io e te corriamo da Luke, firmiamo quei documenti e quando arriva tua nonna la affrontiamo insieme. E non dirmi che mi pagherà perché non ho intenzione di vendere quello che provo per un po' di soldi».
Lo fisso con tutto l'amore che nutro per lui. Perché posso anche negarlo ancora a me stessa, ma provo per lui quello che non ho mai provato per nessun altro.
«Non voglio che me lo prometti. Voglio che almeno ci provi a resistere», abbasso la testa. Mi sto sentendo sconfitta.
Mi avvicina maggiormente a sé. «Hai così poca fiducia? Cazzo, piccola, non ti ho forse dimostrato di tenerci? Non ti ho dimostrato di essere davvero preso? Cosa devo fare? Mettermi ancora in ginocchio, farlo lì fuori davanti alle persone? Oppure devo comprarti un anello di diamanti?»
Le sue parole colpiscono come dardi il mio petto. Mi manca persino l'aria e indietreggio. «Non voglio niente di tutto questo. Non sono così frivola come credi», esplodo, stizzita, non sapendo se sentirmi offesa.
«Allora che cosa vuoi?», alza il tono con frustrazione.
Sussulto. «Non ti sto chiedendo niente, Nic. È una cosa che devo affrontare perché altrimenti mi distruggerà ancora la vita. Ma non posso chiederti di farti torturare psicologicamente da mia nonna. Non posso neanche pretendere qualcosa perché...»
«Già, perché?», mi interrompe, incapace di frenare l'istinto.
«Perché siamo ancora due estranei. Io non so neanche il tuo colore preferito o il tuo piatto preferito. In realtà non so niente di te. Ciò che so è che sei quello che voglio, so che mi fai stare bene. Ma non è abbastanza con lei, che sicuramente userà tutto quello che può per farti infuriare o cedere. Avrà anche fatto ricerche su di voi per conoscere ogni singola debolezza».
Cammino avanti e indietro spaventata. Lo sono e non lo nascondo. Nonna Ines non mi ha mai permesso di avere un compagno. L'ultimo mi ha liquidata in modo davvero orribile durante una cena. Dopo quel giorno, ho fatto il possibile per tenere nascoste le mie piccole scappatelle e per tenermi lontana da lei. Inoltre, ho fatto il possibile per non avere debolezze.
Nic sospira, passa la mano sul viso e dopo un momento infila il giubbotto provando ad uscire, ma spaventata lo trattengo.
Che cosa fa? Dove sta andando?
Lui fissa il mio gesto, si accorge della mia espressione, riesce a leggere dentro la mia angoscia. «Ho bisogno di un momento. Se vuoi vieni con me fuori, fumo una sigaretta, provo a calmarmi e poi possiamo continuare a discutere».
Questa volta non mi tiene lontana, non mi fa sentire rifiutata. Cerca di rendermi partecipe dei suoi pensieri e io apprezzo molto il suo tentativo.
Fuori dall'ufficio, Luke ci sta aspettando, il negozio è meno affollato e Clayton guarda il figlio con una certa apprensione. Ma questa volta, rivolge la stessa attenzione anche su di me. Mi conforta sapere di non essere completamente sola. Di avere loro dalla mia parte. Ma che cosa sa di noi? Che cosa sa di questa storia?
Presumo che Nicolai gli abbia detto tutto. I due non sembrano avere segreti. Spero approvi e non pensi che io voglia approfittarmi del figlio.
«Prepara il necessario», è tutto quello che pronuncia a Luke mentre lo seguo, incapace di aprire la bocca.
Luke scocca un'occhiata eloquente verso Clayton poi si defila con un: «Vi aspetto in ufficio».
Fuori, nel retro del negozio, uno spiazzale simile a un minuscolo cortile pieno di neve, ghiaccioli che scendono dal tetto e un panorama a tratti meraviglioso a tratti monotono, Nic accende una sigaretta, aspira una boccata e poi lascia andare la nuvola di fumo che si perde nell'aria insieme al fiato. Rifà il gesto un paio di volte e a ritmo regolare, dopo l'inizio in cui fuma con una certa urgenza di bruciare i polmoni.
Mi appoggio al muro, il mento affondato sulla sciarpa e i pugni tenuti dentro le tasche del cappotto. Qui fuori si gela. «Ti prego, dimmi a cosa pensi e non rifilarmi alcuna bugia».
«Sto rischiando di farti sciogliere», indica la sigaretta.
Gli mollo un colpetto sull'addome e con un braccio circonda il mio collo avvicinandomi. Mi tiene stretta mentre continua a fumare in silenzio. Io adagio la schiena al suo addome e provo a seguire il ritmo del suo respiro.
Quando ha finito, lascia uscire una nuvola di fumo tenendo la testa in alto per qualche secondo. Rivolta a un cielo grigio e all'orizzonte minaccioso. «Siamo in un cazzo di casino», mormora tirando su con il naso.
«Per colpa mia».
Mi fa voltare e tenendo strette le mie braccia mi scuote e nega un paio di volte. «Tu non hai nessuna colpa. Tua nonna ragiona in questo modo perché spinta da... da cosa esattamente? Avrà un motivo, no?»
Rifletto. «Era gelosa dei successi di zia Lenore. Le ha rubato tutto e adesso che non c'è più pensa di potermi tenere in pugno perché ero come una figlia per lei».
«Willa, non scappare più da me», me lo sta dicendo con rimprovero e me lo sta chiedendo con tutto l'amore che riesce a dimostrare.
Lo fermo quando prova a rientrare. «Ho apprezzato il fatto che siamo qui insieme e non mi hai chiesto di lasciarti solo come hai fatto quando hai saputo di quell'uomo».
Mi si avvicina e indietreggio fino a ritrovare le spalle contro la porta secondaria e il suo corpo da Adone premuto sul mio. Con l'indice mi solleva il mento e mi sfiora le labbra con le sue. «Il mio colore preferito non è solo il verde. C'è anche il marrone. Adoro mangiare la carne ma non disdegno il pesce. Odio i film western e leggo libri sulle piante, sugli animali. Adesso sai qualcosa di me».
Attendo un battito, un altro e mi lancio su di lui trovando la sua bocca disponibile, un luogo pronto ad accogliermi.
Ansima. «Mi piace il sesso, ma questo penso tu lo sappia già», sorride mandando in visibilio il mio cuore. «Intaglio il legno e ho un negozio. A volte mi piace pescare. Fumo, bevo vino e raramente alzo il gomito. Ero un cecchino».
Divoro la sua bocca bruciandomi come una stella, mentre assorbo ogni informazione utile a conoscerlo. «E sono sposato».
Mi sfugge un sorriso e lui mi porta dentro prima che possa congelare. Raggiungiamo Clayton che ci aspetta con un mazzo di chiavi e dopo averlo salutato, raggiungiamo lo studio di Luke.

Il mio avvocato, nonché amico, ci aspetta nel suo ufficio, seduto sulla sua comoda poltrona, una serie di fogli disposti ordinatamente sulla scrivania e una candela accesa a far aleggiare nell'aria fresca di questa stanza, un odore tenue, legnoso ma buono.
«Fatemi indovinare, avete smesso di litigare e avete scopato da qualche parte. Per questo avete le facce stravolte?»
Stringo le dita sul dorso del naso, Nic si lascia cadere sulla poltrona, le mani intrecciate in grembo. «Ti sarebbe piaciuto unirti a noi, ammettilo», scarta un cioccolatino cacciandolo in bocca pochi istanti prima di spiazzare Luke con un sorriso strappa mutandine.
Gli mollo uno colpetto sulla nuca. «Smettila di fargli immaginare ciò che non è avvenuto. Non abbiamo fatto niente dentro lo sgabuzzino, tantomeno altrove», preciso prendendo posto, rifiutando il cioccolatino. «Penso che sia più una reazione, la nostra espressione».
«Sarebbe piaciuto anche a te. Non ti saresti tirata di certo indietro», mi stuzzica.
«Avresti preso un due di picche. Spiacente».
Luke, divertito come sempre dallo scambio di battute, mi passa la penna. Probabilmente un regalo ricercato da parte di qualche parente. C'è anche una minuscola incisione color oro. «Pronta a diventare la signora Wood?»
Esito. Sulle guance mi si adagia un calore inumano. «In realtà... noi... noi non ne abbiamo parlato».
Luke saetta da me a lui. Ci indica con la penna. «Non avete parlato dell'eventualità di cambiare il tuo cognome?»
Annuisco. «Non... non pretendo che lui...»
«Dammi quella dannata penna», interviene Nicolai. «Dove devo firmare?»
Luke indica il rigo continuando a scrutarmi. «Perché non dici niente?»
Firma. «Perché non mi interessa se vuole mantenere il proprio cognome. Mi basta che sia mia moglie a tutti gli effetti», schiarisce la voce alzandosi, si avvicina alla vetrata dandoci le spalle e si ammutolisce di nuovo.
Luke mi indica dove firmare. Esito ancora. Che diavolo mi succede? È quello che voglio.
Prendo un respiro e firmo. Appena poso la penna, le mie mani tremano. Le posiziono sulle ginocchia e torturo le dita. «Adesso cosa succede?»
«Appena arriva, lascia fare a me», indica Nic. «Avvicinati a lui», mima.
Adoro questo nostro modo di comunicare. «Che gli dico?»
Solleva le braccia. «Sei tu sua moglie», mette in ordine i documenti infilandoli in una cartella e con la scusa di una chiamata, ci lascia soli.
Mi avvicino a Nic. Mi manca il coraggio e ho il timore di dire qualcosa di sbagliato. Pertanto, lascio scivolare la mano sul suo braccio fino a raggiungere il suo palmo. Premo la guancia sulla sua spalla e come lui guardo fuori senza dire niente.
Dopo un momento, si volta ritrovandosi di fronte a me. Mi supera di una spanna e la sensazione della sua imponenza mi fa tremare le ginocchia. Sollevo gli occhi guardandolo da sotto le ciglia e lui sfiora il mio naso con un dito poi appoggia e preme la mano sulla mia guancia e con il pollice traccia il bordo delle mie labbra.
Fremo dalla voglia di sentire la sua voce ma non apre bocca. Continua solo ad accarezzarmi, a guardarmi a torturarmi la pelle e il cuore.
Faccio un passo verso di lui, adagia la mano sul mio fondoschiena. Mi avvicina, di più, sempre di più. Quando il mio petto preme sul suo, abbasso le palpebre.
Ad interromperci è Luke con un finto colpo di tosse. «Mi dispiace interrompervi, tempismo sbagliato, me ne rendo conto. Ho del lavoro da fare, posso lasciarvi qui senza trovare al mio ritorno qualche mobile distrutto?»
Sorrido e Nic mi tiene abbracciata. Preme il mento sulla mia testa facendomi oscillare.
Usciamo dall'ufficio insieme a Luke e ci separiamo all'incrocio raggiungendo la Jeep di Nicolai, posteggiata nel parcheggio, sul retro di un negozio di antiquariato.
In auto il silenzio si fa consistente. Guardo fuori dal finestrino per appigliarmi a qualsiasi cosa. So quello che dovrei dire, ma ho bisogno di capire come non farlo esplodere, perché sento che è così.
Posteggia dentro il garage di casa sua. Dal dettaglio comprendo che non ha intenzione di farmi dormire in hotel. Non vuole lasciarmi una via di fuga.
Slaccio la cintura e agisco passando a cavalcioni su di lui. Provo a premere la bocca sulla sua e mi nega il bacio che bramo. Le sue dita però si artigliano ai miei fianchi.
Lo guardo dritto negli occhi, muovendomi sul cavallo dei suoi pantaloni.
Ben presto comincia a cedere e ansima. Premo la fronte sulla sua e le mie mani agiscono scivolando lungo il suo petto, sbottono il giubbotto e raggiungo la cinta, tiro fuori il bottone dall'asola e abbasso senza fretta la cerniera.
Avvicino le labbra all'angolo della sua bocca e il suo respiro cambia, si spezza appesantendosi.
Infilo la mano dentro i suoi boxer trovando la sua erezione. Geme e premo le labbra su quel punto avvicinandomi al centro della sua bocca. Muovo la mano e tira indietro la testa. Continuo fino a quando non cede e con impeto sbottona il cappotto, sfilandomelo e tirandomi dalla testa anche il maglione.
Mi bacia il seno, sgancia l'intimo superiore, un pezzetto di stoffa trasparente che inizialmente osserva affannato e affonda la faccia sullo sterno prendendomi a morsi.
Emetto un lamento e sfilo la sua camicia di pile toccando ogni muscolo con avidità.
Il suo odore è sublime. Il suo calore è legna da ardere per la mia pelle.
Tira indietro il sedile, mi solleva lievemente e abbassa in fretta i pantaloni. Tira giù anche i miei leggings e io mi arrampico su di lui strusciandomi sulla sua erezione sempre più grossa.
Succhia i miei capezzoli premendomi a sé. Allargo le cosce, scosta gli slip e con la punta del suo membro gioca con la mia entrata.
Mi stringo a lui, mordo il suo labbro inferiore e ansimiamo riempiendo l'abitacolo di respiri strozzati.
Con uno scatto mi penetra e mi tiene ferma spingendo subito fino in fondo, senza neanche lasciarmi abituare all'invadenza. Urlo e spinge ancora, nutrendosi del mio piacere, andando avanti, per farmi sentire quanto sia mio.
Spalanco gli occhi incredula quando morde la mia spalla e mi bacia sotto l'orecchio. Sento un orgasmo arrivare e travolgermi e lui impedirmi di averlo.
Mi abbraccia e mi bacia. Finalmente la sua bocca è sulla mia e quando si libera rimaniamo senza fiato.
Sfioro con le dita e le poche forze che mi restano, le sue labbra. Mi bacia i polpastrelli e si rilassa appoggiando il capo al poggiatesta del sedile, con me tra le sue braccia, incapace di muovermi.
Quello che è appena successo, non ha niente a che vedere con quello che siamo noi. Non è solo un attimo di passione. Non è stato solo sesso.
Sollevo il viso e la sua mano mi regala una carezza sulla guancia.
Scivola fuori da me e sistema i pantaloni. Mentre io, silenziosamente, seguendo il suo esempio, indosso i miei indumenti.
Lo seguo dentro casa, al piano di sopra.
«Puoi dire qualcosa adesso?», lo supplico.
Si spoglia e mi lascia una sua maglia sul bordo del letto. Entra in bagno e lo lascio per qualche minuto da solo poi mi spoglio e lo raggiungo. Entro in punta di piedi nella doccia, trovandolo sotto il getto, con le spalle curve.
Che gli succede?
Lo abbraccio da dietro e lui si appoggia con i palmi sulle piastrelle. Lascia scorrere la cascata sulla testa e trae brevi respiri.
I minuti scorrono nel silenzio assoluto. Il mio cuore potrebbe scoppiare e fuoriuscire dallo sterno, mentre l'aria comincia a farsi assente.
Si volta e senza darmi modo di prevedere la sua mossa, mi bacia. Lo fa senza fretta, riprendendo fiato per poi tornare a baciarmi. In questo modo so che mi sta chiedendo scusa. E lo fa con le due parole che pronuncia con voce bassa e roca: «Ti amo».

❄️❄️❄️

~ N/a:
Buona sera. Che tempo c'è da voi? Qui niente neve, solo vento e freddo. Il cielo cupo, un po' come queste strane giornate.
Abbiamo visto che nonna Ines sta per tornare. Raggiungerà l'Alaska con quell'uomo?
Secondo voi, perché Nic ha reagito in quel modo? Vi stanno piacendo insieme i due protagonisti?
Grazie per esserci.
Un abbraccio virtuale,
Gio'.

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