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Capitolo 19

Zia Lenore diceva sempre: «L'amore non ha fretta di mostrarsi. Non bisogna accontentarsi, ma aspettare la persona giusta; quella capace di rendere il per sempre non abbastanza lungo».
Quanta verità nelle sue parole. In parte, quando lasciava uscire queste frasi, faceva trasparire il dolore provato per l'amore che nonna le aveva rubato. Ma so che era andata avanti, perché un giorno mi ha detto che forse aveva scansato un fosso con il nonno. Che lui non meritava il suo amore e che lei, presto o tardi, avrebbe trovato la persona che avrebbe reso il suo per sempre del tutto insignificante.
Ho sempre pensato che il per sempre fosse soltanto un qualcosa da scrivere sui libri per fare sognare. Perché ho sempre saputo che i rapporti prima o poi si spezzano, non importa come o per cosa, succede e basta. Quello che lasciano dietro, sono ricordi pronti a ingiallire.
Ma che ne posso sapere? Non ho molti ricordi della felicità. Perché per me l'amore è anche questo. E io non sono mai stata veramente felice. Tranne in questi giorni in cui ho raccolto stralci di sensazioni, pezzetti di vita che ho vissuto pienamente e con un sorriso. Quindi non posso solo pensare che il per sempre sia un segno permanente lasciato nel mio oggi.
Adesso che zia Lenore non c'è, mi domando cosa direbbe, cosa penserebbe di me, di quello che sto facendo e di come sta cambiando la mia vita.
Una mano accarezza la mia schiena nuda raggiungendomi in una forte scossa, capace di farmi tremare le ginocchia e formicolare il basso ventre. Stringo la coperta sotto il mento e traggo un breve un respiro per calmare il tumulto che mi ha generato dentro con un solo gesto: una carezza.
«A cosa stai pensando?»
Nic mi bacia la spalla e quando mi volto, con la guancia affondata sul cuscino, trattiene il fiato rimanendo con lo sguardo fisso nei miei occhi. Non mi muovo, rimango abbracciata al cuscino, esposta in parte al suo sguardo. «A cosa direbbe mia zia», provo ad essere sincera.
Riflette, si volta supino e fissa il tetto con la mano sull'addome scolpito. «Piacevo a tua zia e lei piaceva a me», ribatte.
Mordicchio il labbro tirando distratta una pellicina. «Non sono riuscita a vederla quella settimana. Mi sento in colpa. Non so... vorrei tanto sapere com'era il suo umore».
La sua mano cerca la mia e la porta al petto. «Era serena e tu non hai nessuna colpa, Willa».
Faccio una smorfia. «Non riesco a capire che cosa l'abbia spinta ad andare in quel posto. So che forse era destino che il suo tempo si concludesse, ma...»
«Avresti voluto avere più tempo», conclude al posto mio.
Annuisco. «Mi sarebbe piaciuto abbracciarla un'ultima volta. Ma la morte si è portata via un pezzo importante della mia vita prima che potessi farlo. Doveva raggiungerci e non è mai arrivata».
Nic si stende su un fianco. Il lenzuolo attorcigliato intorno alla vita, la lieve peluria sul basso ventre. Ha un fisico da copertina, un carattere a tratti scontroso a tratti dolce. È il mix perfetto e letale. Lo è per me, che non avevo ancora assaporato niente del genere; non conoscevo la passione, il tormento, certe attenzioni.
Lecco le labbra come un gatto e mi avvicino perché attratta, bisognosa del calore sulla mia pelle.
Ho il timore che adesso, dopo avere assaggiato un po' di questa felicità, non ne avrò abbastanza e sarò sempre più avida fino a consumarmi. E c'è una minuscola parte di me che ha paura che lui possa svanire.
«Eravate molto legate», constata.
«Era una mamma per me. La mia, non ha mai badato molto a me. Zia Lenore si è occupata della mia istruzione, di sfamarmi, di crescermi. Aveva ancora tutta la vita davanti», mi sollevo, porto le ginocchia al petto. Appoggio il mento su di essi e sospiro osservando le braci dentro il camino.
Nic, accorgendosi dei miei brividi, alzandosi, va a mettere un ceppo ravvivando le fiamme. Torna a letto ma sale dalla mia parte e mi tira sotto il suo peso. Scosta la coperta e sistemandola sulla schiena, mi placca adagiando la testa sul mio addome. «Lo so. Mio padre la amava».
Sorrido. «Mi dispiace per tuo padre».
Soffia dal naso. «Stiamo davvero parlando della vita amorosa di mio padre con tua zia mentre siamo a letto?»
Mi concedo un sorriso. «Mi sarebbe piaciuto saperlo prima, di loro. Avrei approvato».
Solleva la testa. «Pensi che avresti conosciuto prima lui e poi me se avessi saputo di loro?»
Sollevo le spalle. «Non so. Forse noi due eravamo destinati ad incontrarci a un funerale».
Mi bacia la pancia. «In cui non mi hai detto neanche il tuo nome, che stronza!»
Rido massaggiandogli il collo. «Forse era destino anche quello».
Solleva la testa inarcando un sopracciglio. «Ma davvero?»
Scivolo ritrovandomi faccia a faccia con lui. Le sue dita sfiorano i miei fianchi poi piazza le mani ai lati. «Prima non mentivo», dice in un sussurro così roco e virile da farmi gemere.
Si sta riferendo al fatto che mi ama?
Sollevo le ginocchia. «Lo so».
Mi bacia il seno in una sequenza distruttiva per i miei sensi, in quanto lo fa senza fretta. «E sai anche che hai detto di sì?»
Arrossisco. «Non lo dimentico di certo».
Gioca con la collana mostrandomi l'anello come un pegno del suo amore.
Stringo le mani sulle sue guance e abbassandolo sfioro la sua bocca. «Quindi non dimentichi neanche di avere dei doveri coniugali?»
Sorride e mi abbraccia. Il suo fiato raggiunge a sbuffi la mia spalla nuda. «Come potrei mai dimenticare di procurare piacere alla mia donna».
Avvampo come una scolaretta. Ha appena detto che sono la sua donna?
Mi morde facendomi ridere e io in questi istanti sereni farei qualsiasi cosa per averne altri identici. Apporrei la firma per quel per sempre di cui ogni libro che ho letto racconta.
«Ti sei imbambolata», mi fa notare. «Riguarda quello che stavi leggendo prima che mi attenessi ai miei doveri coniugali?»
Recupero me stessa. Sento le forze venir meno al pensiero di quel dannato messaggio, l'ennesima minaccia da parte di mia nonna che rischia di spedire qui il mio futuro marito per non darmi la possibilità di rifiutare.
Non so se Nic sia pronto, ma l'ultima volta ha reagito male e non voglio rovinare ancora il nostro momento, pur sapendo di dover essere sincera nei suoi confronti. Sono un po' in combutta e ci penso in questo breve lasso di tempo che mi concede.
«Che succede? Chi ti ha scritto?»
«Mia nonna», replico, incapace di sapere gestire il segreto.
Fino ad ora l'ho tenuto lontano dalla questione perché so che tenterebbe di proteggermi. Ma stiamo andando oltre e nel nostro strano rapporto, non c'è spazio per i segreti o le bugie, neanche quelle dette a fin di bene.
«Che cosa vuole da te?», si fa attento, mettendosi di nuovo sdraiato sul fianco. In questo modo, mi fa capire che c'è.
«Mi ha minacciata dicendo che sarà costretta ad avvisare quell'uomo e a farlo venire qui in Alaska se non mi presento alla cena di Natale. Verrà per farmi firmare dei documenti. In questo modo sa che non potrò rifiutare perché sarò in trappola. Dio, è sempre più complicato».
Nic non ha una vera e propria reazione, il che mi stupisce. Ma so che si sta solo trattenendo per non balzare fuori dal letto e dire qualcosa di forte o peggio: vestirsi e correre direttamente a New York.
«Deduco non sappia ancora che sei mia moglie».
Batto le palpebre. «No, non ancora. Glielo dirò quando lo sarò e quando sarà il momento di metterla al tappeto».
Nic prende la mia mano, gioca con le mie dita. «Ci servono le promesse», escogita qualcosa e non mi dà il tempo di fermarlo, visto che si alza, indossa i boxer e mi tira giù dal letto. «Che stai facendo?»
Trovandomi costretta a vestirmi, recupero il suo maglione e lo infilo. Lui mi fa una radiografia quasi soddisfatto della scelta.
Prende le mie mani. «Non sarò l'uomo perfetto, ma spero di rendere sopportabile ogni momento, di farti sorridere e incazzare a giorni alterni», comincia.
Ridacchio e sollevandomi sulle punte, con una spinta, incrocio le braccia intorno al suo collo. «Mi spieghi che stai facendo?»
Adagia i palmi sul mio fondoschiena e con una lieve pressione mi tiene stretta a sé. «Le mie promesse. Ci stiamo sposando. Possiamo sempre firmare il documento ufficiale davanti a Luke. Anche se darà di matto perché avrebbe voluto essere il testimone».
Soppeso il suo sguardo. «Tu sei matto».
Sorride in quel modo. Agli angoli degli occhi gli si formano minuscole rughe e sulla guancia gli si forma un piccolo solco simile a una fossetta. Quando succede, quelle rare volte, mi fa perdere concentrazione.
«Pretendo le tue promesse», mi provoca.
Inspiro piano, cerando di rallentare il battito cardiaco, l'emozione. «Non sarò la moglie perfetta, combinerò sicuramente qualche guaio, farò esplodere qualche altro tacchino o cavo elettrico. Ma anch'io spero di portare sorrisi nei tuoi giorni di sole e non solo in quelli grigi. E non ti prometto che farò la brava, che non ti stuzzicherò o che non ti farò arrabbiare».
Sono pronta a proseguire e mi tappa la bocca con un bacio. «Non era ancora il momento del: "può baciare la sposa"», mugugno.
Ride e la sua risata mi si riverbera sul petto. Muovo i fianchi e lui raddrizza la schiena accarezzandomi la guancia. «Sappi che per me non è più un gioco, piccolo iceberg».
«Neanche per me. Ma non capisco, perché io?»
Comprende al volo, mi sto riferendo al fatto che non si sia mai sposato con Milly.
«Perché sei tu».
Sento affiorare sulle guance il calore dato dalla sua risposta spontanea e diretta. Percepisco che è sincero e convinto e questo mi dà coraggio. Accarezzo il suo viso e lui mi bacia sollevandomi fino a lanciarmi sul letto. «Adesso fatti togliere il mio maglione, bisogna festeggiare».
Mi aspetto che mi si butti addosso, ma quando sale sul letto, si limita a togliermi il maglione, a fare lo stesso con i boxer e ad abbracciarmi da dietro dopo avere tirato su di noi le lenzuola. Mi bacia la nuca facendomi quasi svenire dal piacere che sento scorrere insieme al sangue, in ogni parte del mio corpo.
«Penso che ci toccherà dirlo a mio padre».
«Reagirà male?»
«Al contrario. Sono anni che vuole vedermi sposato, anche se non l'ha mai apertamente detto».
Mi volto ritrovando il suo viso vicino, la punta del mio naso sfiora la sua. «E tu?»
«Mi godo il presente, non penso mai al futuro perché quello che ho è qui. Adesso sono sposato e ho una moglie che mi fa perdere la testa».
Prova a baciarmi e tiro indietro la testa. «Ti va di parlarmi dell'incubo?»
Appare spiazzato dalla mia domanda. Fino ad ora ho lasciato correre per non apparire insensibile, ma non voglio che pensi che non sia importante per me; inoltre è la seconda volta che gli succede quando è accanto a me e non vorrei essere la ragione scatenante.
Si sistema con la schiena sulla testiera del letto. «Mi ritrovo intrappolato sempre nello stesso incubo. Non c'è poi così tanto da dire. A volte cambia per i dettagli, a volte si amplifica, ma è esattamente lo stesso che mi fa svegliare di soprassalto. È ricollegabile al periodo nell'esercito. Sono stato per un po' in terapia ma quando Milly mi ha tradito ho avuto una sorta di crollo», confessa.
Lo faccio parlare a ruota, non lo interrompo. Anche se muoio dalla voglia di confortarlo, di dirgli che ci sono, che ha me se vuole.
«Vedo quello che ho visto in quei luoghi. Vedo la donna che mi ha abbandonato e vedo me: solo, arrabbiato, ferito», passa la mano sulla fronte. «Forse non voglio vedere che te ne vai».
Mi avvicino. Non so se posso toccarlo ma lo faccio ugualmente adagiandomi a lui.
Lui che mi bacia la testa e mi avvolge con le sue braccia. «Sto mentendo a me stesso nelle ultime settimane. Ti aspettavo. E adesso che sei arrivata, ho il terrore di vederti svanire».
«Ho la stessa paura».
Ci guardiamo. Nell'aria si solleva il rumore dei nostri respiri e in sottofondo, pelle su pelle, quello dei nostri cuori agitati.
«Preferirei vivere un solo giorno con te piuttosto che passarne tanti senza».
I suoi occhi, calamite in grado di avvicinarmi sempre di più alla sua anima piena di minuscole crepe. Come i segni sulla sua pelle, vecchie cicatrici che sto toccando ad occhi chiusi, perché ho già memorizzato il posto che occupano sulla sua pelle.
Nic mi porta sotto il suo peso. «Hai impegni oggi?»
Fingo di pensarci. «Sì, un paio».
Sorride intuendo il gioco. «Riformulo allora. Hai un paio di minuti per me?»
È ancora un po' teso e io ho bisogno di non pensare. «Nic?»
«Sì, piccolo iceberg?»
Tengo il labbro tra i denti. «Fai l'amore con me».
Abbassa le palpebre per poi guardarmi in maniera intensa, sensuale. Le dita passano dalla mia faccia, costringendomi a risucchiare l'aria dalla pancia, alle mie cosce dove mi tocca.
Mi divarica le gambe e dopo avermi torturata abbastanza, provocandomi gemiti a affanno, mi penetra e non usa alcuna delicatezza. Riversa nelle sue spinte tutta la voglia che ha di avermi.
Emette un verso virile e si ferma godendosi i miei spasmi prima di tremare e con le ultime spinte, riempirmi.
Preme la fronte sulla mia. «Mi stai già dando tutto senza pretendere niente in cambio. Sono io quello in debito con te», continua a muovere i fianchi, facendomi eccitare e raggiungere un nuovo orgasmo. «Ti assicuro che mi stai ripagando», stringo le dita sulla sua pelle e lui non accenna a fermarsi. Spinge penetrando fino in fondo. Inarco la schiena.
«Sei qui. Sei dove sei stato destinato».
Mi bacia il collo, mi tiene ferma e si muove con forza maggiore. Divarico le gambe accogliendolo dove nessuno è mai riuscito ad arrivare. Voglio sentirlo di più. Ho bisogno di sentirlo di più. Ho bisogno di lui. Ondate di desiderio più forti di quelle provate prima, mi fanno tremare il corpo mentre mi muovo lentamente andando incontro ai suoi movimenti. Mugolo e lui ascolta, si riaccende e scarica su di me. Rallenta e infine, mi ricade addosso. «Morirei dentro di te».
Sorrido, non ho la forza di dire niente, ancora stordita da quello che mi fa provare. Non saprò niente dell'amore, ma so senza ombra di dubbio che i nostri corpi e i nostri cuori sono fatti per stare insieme. Siamo tessere di un puzzle sparpagliate, abbiamo bisogno di incastrarci al posto giusto.
Solleva la testa. «Quando sarai pronta... puoi venire a stare da me».
Chiudo gli occhi. «Stai correndo troppo, non credi?»
«Forse».
Sollevo gli angoli del labbro. «Forse ci penserò».
«Sarai più vicina alla villa», mi tenta.
«Darlene senza di me e le mie tragedie comiche da film come farà?»
Ride. «È già tanto che qui dentro non sia saltato qualcosa. Forse è l'unico posto che hai risparmiato, visto che hanno ancora la luce».
Lo spingo giocosamente e mi abbraccia. «Ho fame e tu sei invitante».
Non replico, vorrei appagarlo, ma ho esaurito ogni energia. Nic, intuendo, mi copre con il lenzuolo lasciandomi un bacio sulla tempia. «Buona notte, piccolo iceberg».
Abbasso le palpebre sentendomi completa. «Notte, amore».

🎄🎄🎄

~ N/a:
Buona sera, buona vigilia e buone feste stelline. Vi auguro di passare questi giorni serenamente.
Un abbraccio virtuale,
Gio'.

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