Capitolo 17
C'è stato un tempo in cui ho immaginato la mia vita. Non ho osato fare progetti a causa della mia famiglia che in ogni caso avrebbe rovinato tutto. Solo immaginato. C'ero io, avevo una vita semplice, niente di complicato, ma ero felice. Lo ero con ogni fibra del mio corpo. Avevo accanto a me una persona che avevo scelto, che volevo; un rapporto in cui credevo. Ma ci si abitua a vivere con l'illusione addosso. La si porta come il maglione preferito fino a quando non ti si presenta l'occasione di essere davvero felice. E allora non ci credi. Perché a te le cose belle sono sempre state strappate dal cuore senza pietà.
La verità è che so che sono destinata a perdere. Alla fine, sta succedendo. Sto permettendo a un sogno di farsi un varco, di attecchirmi dentro, di illudermi fino a deludermi. E più tento di chiudere fuori la felicità, più mi si insinua nel cuore.
Ma sono così certe storie. Arrivano senza avvisare, ti entrano dentro, ti restano addosso. Storie che hanno il sapore dolceamaro di vissuto. Storie che sanno come lasciare il segno, come mettere a soqquadro la tua vita. Storie che neanche il tempo riuscirà a cancellare. Storie simili a tatuaggi che incidono sulla pelle la parola per sempre.
«Terra chiama Willa», esclama cantilenando Luke. «Ma insomma, che ti succede in questi giorni?»
Notandomi seduta sulla scala, il telefono tra le mani, il contenitore con il pranzo ancora intatto di fianco, l'espressione persa e probabilmente afflitta, Luke mette le mani sui fianchi poi si siede accanto a me aprendo la confezione. Lascia uscire e diffondere l'odore del bordo di manzo con pasta. Prende un cucchiaio e prova ad imboccarmi.
«Altre minacce?»
Mando giù il boccone leccandomi le labbra mentre lui ne prende un cucchiaio per sé.
«Mi ha inoltrato il contratto da firmare. È un accordo prematrimoniale. Proprio non demorde e non le importa niente della mia felicità. Mi sento in trappola».
Fa una smorfia. «Che stronza opportunista!»
Odia mia nonna in maniera evidente e non tenta nemmeno di nasconderlo davanti a me. Come biasimarlo? Ancora una volta, si sta comportando come la persona che è sempre stata: opportunista.
«Sai che cosa devi fare per impedirglielo».
Sospiro, rifiuto il boccone e mi alzo. Ho lo stomaco chiuso da giorni ormai e sto continuando a dedicarmi alla ristrutturazione per non pensare a quello che mi aspetta quotidianamente e a quello che ho lasciato a New York. Il mio lavoro, la mia casa, le amiche di una vita che non si sono ancora fatte sentire perché ho il sospetto che mia nonna abbia detto loro qualcosa di spiacevole sul mio conto e che non meritano più il mio affetto, i miei sogni. Ma è come se vedessi tutto come un incubo. Ho il terrore di svegliarmi da un momento all'altro e realizzare che il pezzetto di felicità che sto provando, non sia che polvere.
«Non so se siamo pronti, neanche se per finta».
Si solleva con uno slancio degno di un felino e mi raggiunge. «Spiegami che cosa ti turba».
«Zia Lenore non mi ha lasciato nessuna istruzione su come difendermi da mia nonna e mi manca. Ogni giorno che passa la sua assenza pesa. Lei avrebbe saputo aiutarmi a uscirne», massaggio la fronte. «Invece mi ha fatto raggiungere questo posto remoto in cui sono un pericolo pubblico e la gente mi odia».
«Nessuno ti odia, a parte Milly. E... che altro? Continua».
«Vorrei che fosse semplice».
Sbraccia fendendo l'aria con espressione di chi prende fiato prima di esplodere. «Lo è. Basta vedere le cose dalla prospettiva giusta. Vuoi evitare di sposarti con un uomo che reputi viscido? Sposane uno che ami! Perché sì, non vuoi ammetterlo, ma tu ami Nicolai. Faresti di tutto pur di restare con lui, renderlo felice e la persona migliore che sta diventando grazie alla tua vicinanza. Perché anche se non te ne accorgi, lui ha uno sguardo diverso. Sa essere stronzo, ma sta conoscendo la dolcezza e l'amore. Un sentimento che nessuno gli aveva ancora mostrato e dimostrato di poter fare entrare nella propria vita», parla con la sua tipica praticità.
Come faccio a non volergli bene?
Oggi indossa una camicia bianca, una cravatta rossa con alberelli disegnati sopra, bretelle a reggere i pantaloni un po' larghi e il cappotto che giace da qualche parte.
«Willa, lui si è avvicinato a te e senza saperlo, ha fatto entrare amore nella sua vita chiusa ermeticamente».
Passo le mani sul viso dopo avere scosso la testa. «Sono confusa, Luke. Non so che cosa fare».
Poggia la mano sulla mia spalla e stringe un po' la presa. «Fa' qualcosa per il tuo cuore e fregatene delle conseguenze. Dio, non ho mai visto una persona tanto trattenuta come te. Hai paura, ma è normale. Chi non ne ha? Ma non si vive di rimpianti perché facendolo si rischia di essere infelici per scelta».
Mi si avvicina. «So che ti hanno reso ogni momento impossibile ma adesso sei qui, stai ricostruendo la tua villa dalle fondamenta e sei una donna meravigliosa, sotto ogni punto di vista».
Mi abbraccia affettuosamente e io ricambio. «Tua zia vorrebbe che gliela facessi pagare a tua nonna».
Mi strappa un sorriso e anche una lacrima. Non so come lui lo sappia. Forse zia Lenore gli avrà parlato così tanto di lei da fargliela conoscere attraverso i suoi ricordi. «Grazie».
Mi sfiora il naso. «Avanti, so che devi buttare fuori qualcos'altro».
«Pensi che Milly farà ancora qualcosa?»
Nega. «Nic l'ha messa al tappeto questa volta. Coverà del rancore per lui, ma è impegnata a non affondare totalmente».
Mordo il labbro, non essendo convinta. «Che cosa succede in paese? So che hai spettegolato con il tuo ragazzo. E visto che fa il giornalista, sa ogni singola cosa con largo anticipo».
Gratta la tempia e sorride. «In giro si dice che Milly abbia avuto un figlio. Lo tiene fuori città e viene accudito dalle tate. Il sindaco ha avviato molteplici attività per dissipare il pettegolezzo, ma c'è poco da fare. Tutti, a distanza di una settimana, continuano a parlarne. Boe e Gina si sono chiusi in casa, nessuno li vede in giro da quella notte, non rispondono a nessuna chiamata. Boe ha persino preso un periodo di ferie. Cosa mai successa».
Salgo sulla scala per passare il rullo con il colore sulla parte alta del muro. Ho già coperto la parte inferiore realizzata in pietra e il pavimento di legno scuro. La villa sta iniziando a prendere forma, soprattutto da quando Nic e Donnie hanno portato e montato alcune porte che avevo scelto.
«Willa?»
«Uhm?»
«Cerca di non rimuginare troppo. Se sei felice adesso, trai il meglio da questo momento».
Passo il rullo. Ho gli occhi gonfi e stanchi, se ne è accorto non appena mi ha visto. È come se gli argini dentro di me si fossero rotti. «Lo terrò a mente».
«Un'altra cosa», lascia la frase a metà.
Rimango in attesa.
«Ti prego, vacci a letto. La tensione tra di voi è sempre più accentuata».
Mi ruba un sorriso tornando al suo lavoro ed io concludo il soggiorno spostandomi al piano di sopra. Mi affaccio un momento alla finestra e osservo il panorama. La vista mozzafiato delle montagne innevate, del paesino coperto di bianco con quell'albero al centro della piazza, ancora spento.
Purtroppo ho arrecato un grosso danno alla linea elettrica e ci vorrà ancora qualche giorno affinché i tecnici possano ristabilirla. Gli abitanti, inutile dire quello che pensano, anche se nessuno ha ancora scoperto il colpevole. Nonostante ciò, non hanno perso il loro spirito natalizio. Al posto della musica, adesso un coro, ad orari diversi, si esibisce in vari punti del paese. La gente ha piazzato candele ovunque e tutto sembra come prima.
Inspiro un po' d'aria e comincio ad adagiare i fogli di giornale sul pavimento. Impiego un paio di minuti per coprire tutto poi recupero dal piano di sotto un fusto di colore e un rullo.
Luke sale a vedere, scatta qualche foto, alle travi di legno del tetto, alle pareti e di nascosto persino alla sottoscritta. Non so perché lo stia facendo, ma sorride soddisfatto. «Stai facendo proprio un ottimo lavoro. Stai già rendendo questa villa accogliente».
Salgo sulla scala e infilando le cuffie, continuo cercando di essere precisa.
Canticchio ma ad un tratto la scala comincia a scivolare sotto il mio peso, a traballare, il laccio che la tiene legata all'altro pezzo si strappa e precipito insieme al fusto.
Il colore, mi arriva addosso ma atterro su qualcosa che non è sicuramente il pavimento.
Tolgo le cuffie, passo la mano sul viso scrollando il colore che scivola gocciolando e schizzando ovunque e appena sollevo il viso, mi rendo conto di essere atterrata su Nicolai.
Spalanco gli occhi, provo a sollevarmi ma scivolo e atterro ancora sul pavimento picchiando il sedere. «Merda! Scusami è stato un incidente», mi lamento dolorante.
Ride rialzandosi, porgendomi la mano. «Avresti dovuto dirmelo prima che sei una catastrofe, piccolo iceberg», esclama affatto arrabbiato, togliendo di dosso la macchia di colore e accertandosi che io sia tutta intera. «Avrei preso le dovute precauzioni».
Sono mortificata e non lo nascondo, pur notando la sua ilarità. «Mi dispiace davvero. Non era previsto che la scala decidesse di buttarsi a terra e che tu arrivassi al momento sbagliato».
«Evidentemente non reggeva più il peso dei tuoi pensieri», ci interrompe Luke.
Stava origliando?
Sorride ampiamente a Nicolai. «Io vado. Vedo che sei in buona compagnia», mi strizza l'occhio e mima: "va' a letto con lui!".
«Saluta Vincent da parte mia».
«Lo farò».
Rimasta sola con Nicolai, dondolo sui talloni come una bambina. Ho le mani sudate e il cuore che tamburella nel petto.
Lui si avvicina. «Non mi saluti?»
«Ti sono appena saltata addosso».
Ride e mi avvicina a sé.
«Così ti sporchi!»
«Forse ti sporcherai tu quando cederai».
Adoro il suono della sua voce e persino quelle parole sbagliate che escono dalla sua bocca quando tenta di farmi arrossire.
Sfioro il suo collo con un dito, tocco la vena in evidenza e tramite essa ascolto il suo battito. «Ne sei sicuro?»
Solleva l'angolo del labbro. «Lo so già che prima o poi sentirò ogni tuo gemito e per me sarà la fine».
Lo spingo e mi riavvicina con un certo impeto. Mi stringe a sé e muove di proposito il bacino facendomi indietreggiare contro la parete. «Non mi saluti?»
«Sei ingiusto. Usi le mie debolezze».
Ride. «No. Uso solo quello che vuoi. Cioè me!»
«Sei un egocentrico!»
Provo a spingerlo ma afferra il mio viso e mi bacia trovando le mie labbra pronte e avide. «Mi vuoi», mima.
Mi sfugge un sorriso e cedo facendomi sollevare. Ricambio il suo bacio. «Anche tu», mimo di rimando.
«Oggi hai intenzione di tornare in hotel o posso ospitarti a casa mia?»
«Devo recuperare un paio di scatoloni che sono arrivati e farmi una doccia», mi annuso.
«Profumi di buono anche se sudi, fidati».
«Deduco tu sia qui per accompagnarmi».
Ficca le mani dentro le tasche e conferma con un verso gutturale. «Per oggi penso tu abbia finito di combinare guai».
Lo spingo. «Non prendermi in giro. Ti ho già detto che è stato un incidente».
Mi lancia uno sguardo complice, suggerendomi la risposta.
In auto accende il riscaldamento per me ma non dice niente per tutta la durata del viaggio. C'è qualcosa di strano.
Mi volto. «Che c'è?»
Sembra in soprappensiero perché batte le palpebre e mi guarda brevemente di sbieco. «Sei turbata per qualcosa? Mi stai evitando da una settimana con ogni scusa possibile. Non so se ho fatto qualcosa di sbagliato».
Aggrotto la fronte. «È stata solo una settimana infernale, Nic».
Muove le labbra pronunciandole in una smorfia. «Da non dirmi quello che ti succede? Da non volere dormire da me?»
Penso solo un nome: Luke. Che gli ha detto quel piccolo traditore?
«Te ne avrei parlato».
«Quando?»
Non ribatto e lui soffia aria dal naso come un toro. «È questo il problema, Willa. Dovresti provare a fidarti di me e invece continui a volere fare tutto da sola e poi accumuli fino a stare male. Io non ti ho chiesto di sposarmi per farti un cazzo di favore. Voglio essere parte della tua vita», afferma con rimprovero. «Evidentemente non vuoi perché pensi che io sia una minaccia per la tua libertà. Niente di più falso!»
Mordo la lingua. La sua risposta mi colpisce e in parte mi ferisce. «Non voglio che ti fai male», guardo fuori dal finestrino dopo averlo abbassato e avere spento il riscaldamento.
Sterza bruscamente fermandosi nel posteggio di fianco all'hotel. «Non spetta a te deciderlo. Sono grande abbastanza da sapermi difendere e vorrei aiutarti. Ma continui a rifiutarmi e non te ne accorgi. Mi stai tenendo lontano da te e non lo sopporto».
«Non potrei mai sopportare che...»
«Non mi importa un cazzo di chi si metterà tra di noi per separarci, Willa. Tu resterai sempre tutto ciò che non ho cercato ma che è arrivato e l'ho fatto mio. Tu sarai sempre la mia persona. L'unica», esce dall'auto sbattendo la portiera.
Sussulto rendendomi conto che ci sono storie che sono soltanto un grosso guaio. Ma il destino si diverte a scriverne la trama, ad arricchirla di sentimenti fino a non lasciare spazio per altro. Io e lui, insieme, creiamo qualcosa di sbagliato, ma è forte, è resistente agli urti e consuma lentamente. Io e lui, insieme, forse possiamo arrivare all'epilogo.
Con questo fugace pensiero, prendo fiato, sgancio la cintura e lo seguo.
Nic cammina a passo sicuro, lo sguardo fisso davanti a sé. Preme il pulsante del telecomando e chiude l'auto.
Entriamo in hotel e Darlene ci accoglie calorosamente. Notandoci sul punto di discutere, non ci invita a metterci seduti a tavola e ci lascia andare, con un sorrisetto.
In ascensore, la tensione si innalza, accompagnandoci fino alla mia stanza, dove lui non oltrepassa la soglia.
«Non entri?»
«Mi piacerebbe, non sai quanto», replica a bassa voce e così sensualmente da farmi trattenere il fiato.
Mi avvicino. «Vieni», protendo la mia mano. Lui l'afferra dopo averla osservata. Lo tiro dentro la stanza e chiudo a chiave la porta. «Vuoi discutere ancora un po' con me? Allora propongo di farlo nella minuscola doccia».
Mi spoglio davanti a lui e in intimo mi fiondo dentro il bagno. Nic mi segue e quando toglie i vestiti lo fa in un modo da colpire il mio basso ventre con una lunga fitta.
«Perché non mi permetti di sostenerti?»
«Luke non avrebbe dovuto dirti quelle cose».
Alza gli occhi al cielo con esasperazione. «Tu sì. Adesso lo so e voglio capire, non sono all'altezza?»
Insapono il suo petto. «Mia nonna ti annienterà. Userà il denaro per farti fuori. L'ha già fatto con quelli che mi portavo a letto per sentire qualcosa che non fosse l'odio che inglobavo dentro ogni giorno».
Mi solleva il viso tenendo il mento con due dita. «Ma noi faremo fuori lei sposandoci», sfiora la collana. «Non lo hai ancora al dito, perché?»
«Lo tengo vicino al cuore».
Preme la fronte sulla mia. «Che cosa devo fare con te?»
Lo guardo negli occhi. Le mie dita massaggiano la sua cute. «Possiamo fare pace».
Ci pensa su un momento. «Hmmm mi stai tentando?»
Avvicino le labbra alle sue. Le sfioro. «Forse».
«Solo un po'?»
«Poco».
Mi insapona e attraversiamo il getto concedendoci una risata.
Fuori dalla doccia mi asciugo e lui mi osserva e si avvicina come un rapace. Ogni singola fibra del mio corpo si tende. «Ho bisogno di fare una cosa. Ma non so come reagirai».
Mi spinge sul letto, si posiziona su di me e mi slaccia l'accappatoio.
Le sue labbra percorrono il mio collo, raggiungono sotto l'orecchio e mordono la porzione sensibile di pelle facendola arrossare. Ansimo e mi bacia tirandomi su con lui. Si scosta un attimo e mi toglie di dosso, con una certa urgenza, l'accappatoio; poi sfiora la spallina del reggiseno e l'abbassa. La mia pelle si solleva, se ne accorge e prosegue con l'altra spallina. Sporgendosi mi bacia la clavicola. Fermo la sua mano quando si avvicina alla coppa, pronto a tirarla giù.
Ci guardiamo e lascio andare la presa.
Sgancia il reggiseno da dietro e lo lascia cadere sul pavimento poi senza perdere tempo, mi bacia lo sterno, si sofferma dapprima sul seno destro poi sul sinistro succhiando e mordendomi il capezzolo. Infine mi tempesta di baci fin sotto l'ombelico. Ansimo mordendomi il labbro, agitata ed eccitata. Morde il bordo dei miei slip e li tira giù facendoli scorrere lungo le mie gambe. Il tutto guardandomi negli occhi. Li scalcio e lui, in ginocchio sul materasso, mi osserva.
«Avrei dovuto farlo prima».
Mi sollevo, affatto imbarazzata e accaldata dal modo in cui mi sta guardando, slaccio il suo accappatoio. Lui si mette in piedi indietreggiando, fermandosi al centro della stanza, davanti al camino acceso. «Ti avevo detto che prima o poi ti saresti ritrovata in ginocchio».
«È quello che vuoi?»
«La visione di te in ginocchio davanti a me? Sì. Lo voglio adesso».
Ci penso su e con un sorrisino mi inginocchio e guardandolo negli occhi, passo la mano sui suoi boxer, sfiorando la sporgenza dovuta alla sua erezione e lui solleva la testa. «Così facendo mi ammazzi!»
Aggancio le dita all'elastico e li tiro giù.
Lo sento fremere e gemere. «Willa!», si libera in fretta.
Mi sollevo. «Così andava bene? Era all'altezza delle tue fantasie sessuali su di me?»
Sulle sue guance si forma un lieve alone roseo che fa emergere il colore dei suoi incredibili occhi velati di lussuria.
Inspira di scatto e spingendomi sul letto, afferrandomi per le cosce, posizionandosi davanti a me, mi tira giù e abbassandosi mi attacca con un bacio che ha tutto: possesso, passione, amore.
♥️♥️♥️
~ N/a:
Buona sera. Come va?
Ho lasciato il capitolo in sospeso di proposito.
#hot o #soft? A voi la scelta.
Spero di avervi tenuto compagnia anche oggi. Grazie per il sostegno, davvero. Sono giorni un po' strani per me, spesso vorrei solo mettermi a piangere, ma non lo faccio mai e sapere che ci siete mi rincuora. Perché almeno qui posso sentirmi apprezzata.
Ad ogni modo, Willa e Nic stanno iniziando a capire molto sui loro sentimenti. Ma saranno abbastanza?
Un abbraccio virtuale,
Gio'.
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