Capitolo 13
È strano quando senti di volere qualcuno nella tua vita così tanto da lasciarlo camminare liberamente tra i tuoi pensieri, di conoscere ogni tua rinuncia o di soddisfare ogni tua voglia.
È strano quando sento l'effetto che ha lui su di me. Non importa quello che fa, riesce comunque a riempire il mio mondo. Ma inizia anche a innescare la paura per i lividi e il dolore che lascerà quando andrà via. Non so se succederà, ma il pensiero di vedere questo attimo sereno della mia esistenza, strappato via da qualcosa, mi incupisce. Ma so che non posso più scappare. Il mio cuore si è spinto troppo oltre, si è impigliato ed è rimasto incastrato.
Ho avuto poche relazioni stabili nel corso degli anni, tutte rovinate dalla mia famiglia. I miei hanno sempre guardato con occhio critico ogni mia scelta e più volte, spinti da nonna Ines, hanno rovinato tutto. Pertanto mi sono sempre accontentata di qualche storiella, mai niente di duraturo, mai niente di serio. Solo sesso, nessun legame stretto. Perché per me le cose belle, hanno sempre avuto una data di scadenza. E adesso che sento di avere qualcosa che mi fa sentire serena, ho il terrore di ritrovarmi di nuovo vuota, arrabbiata, sconfitta.
Ho molto di cui parlare con Nic. Devo rivelargli il piano elaborato da anni da mia nonna, che ha permesso a uno stronzo di entrare nella nostra famiglia e ai miei genitori di accettare e di vendermi, per arricchire ulteriormente il loro patrimonio.
Ho provato a scappare andando a vivere da sola quando avevo poco meno di diciotto anni. Ho aperto un conto tutto mio, attualmente ancora nascosto, ho lavorato duramente e trovato scuse per non essere presente alle loro cene, in cui ci sarebbe stato anche lui. E, in quelle volte in cui non ho potuto dire di no, sono stata costretta a sopportare quell'uomo viscido e disgustoso, sentendomi sporca dentro quando mi sfiorava anche solo un braccio per accompagnarmi in sala o mi guardava con malizia dall'altro lato del tavolo facendo persino battute squallide su di me.
Forse zia Lenore mi ha dato una possibilità, quella di scappare, di poter essere libera e di non sentirmi più in trappola. E io, non voglio sprecarla. Perché sono venticinque anni che vivo di rimpianti.
Devo essermi addormentata sul divano, dopo la lunga serata trascorsa a battibeccare, non solo sulla cena, conclusa in maniera disastrosa con una pentola piena di fonduta da buttare. Nic, mi ha rivelato i suoi dubbi sul lavoro di ristrutturazione che sto portando avanti. So che per lui avrei dovuto rinunciare, ma se c'è un pezzo di zia Lenore da conservare, devo farlo, ad ogni costo.
Batto le palpebre colpita dalla fioca luce che filtra dalla finestra. Una coperta grigia felpata scivola giù dal mio corpo finendo a terra. Mi sollevo guardandomi attorno un po' intontita, piego la coperta e vago alla ricerca di Nic.
Quell'uomo sa essere tanto dolce quanto spietato. Forse è per questo che mi piace.
Merda. L'ho ammesso. Mi piace. Ma non è solo perché mi fa impazzire. È per un qualcosa che non riesco ancora ad accettare, proprio per le paure e i segnali che continuano ad ammonirmi.
Ma Nicolai Wood è un uomo dalle mille risorse. Non mi aspettavo si preoccupasse tanto per me e a tal punto da coprirmi per non sentire freddo.
Mordo il labbro per restare con i piedi ben piantati a terra e con un sorriso mi sposto in cucina, dove spero di trovarlo. Ma non è così. «Nic?», lo chiamo ai piedi della scala.
In casa c'è solo silenzio, fatta eccezione per un rumore secco, di qualcosa che si spezza, che arriva dal giardino sul retro della villa.
Mi stringo sotto il maglione, spingo la porta e di seguito la zanzariera e non posso credere ai miei occhi.
Petto nudo, sguardo concentrato e freddo, Nic solleva l'ascia e la cala su un ceppo disposto su un enorme resto affondato nel terreno di quella che penso sia quercia. Il ceppo si spezza in due parti e piegandosi sulle ginocchia, dopo avere passato il dorso della mano coperta dal guanto sulla fronte sudata, li dispone su una piramide sotto la quale vi è un sacco di iuta. Altri, continuando la sua opera, li ammassa dentro un piccolo ripostiglio, dove sbirciando all'interno noto molteplici attrezzi di lavoro.
Appoggiata allo stipite, le braccia incrociate, lo osservo all'opera, notando un nuovo dettaglio di lui.
Mi aveva detto che era un boscaiolo, ma è anche proprietario di un negozio. Quante altre cose non so sul suo conto?
Beve un sorso d'acqua e si accorge di me, del mio sguardo sul suo corpo allenato, sudato, con i muscoli che continuano a guizzare.
«Torna dentro, arrivo».
Non sono solo i suoi polsi, le sue vene in evidenza o la barba che sembra ispida a renderlo prepotente. Nicolai profuma di qualcosa di intenso, di simile alla perdizione e questo mi piace. Sa di peccato.
Nego. «Voglio guardarti ancora un po'», sostengo il suo sguardo vitreo. «Continua pure».
Gratta la guancia, strizza lievemente una palpebra poi ricomincia. «Non ti piace ricevere ordini, eh? Preferisci congelare il tuo grazioso culo, invece di ascoltare».
Strofino le braccia. Non gliela do vinta, pur avendo ragione, perché c'è davvero freddo qui fuori. Quello che indosso, non è sufficiente. Dovrò ordinare qualche altro capo d'abbigliamento online nei prossimi giorni. «Esatto. Preferisco battere i denti e godermi lo spettacolo invece di rientrare».
Spacca altri ceppi e rende il tutto una tortura per i miei sensi, per la mia pelle.
Quando ne ha abbastanza, solleva la piramide portandola dentro casa, disponendola di fianco al camino acceso dentro il quale lancia altri due ceppi prima di attizzare un po' il fuoco.
Si volta e va nel piccolo bagno a lavare la mani, passa anche un panno bagnato sulla nuca e sul petto.
Continuo a seguirlo e a guardarlo come una stupida invaghita.
Spegne la luce e mi si avvicina come un rapace. Indietreggio con il cuore che batte all'impazzata.
«Ma guardati, stai già tremando e hai un po' di saliva proprio lì, all'angolo del labbro. Dovresti provare un briciolo di vergogna», mi deride con quel sorrisetto sfrontato e io avverto sulle guance il calore emanato dal suo sguardo che è come fuoco che arde, quando con il pollice osa toccarmi proprio quel punto.
Mi ricompongo scacciando la sua mano. «Non stavo affatto sbavando. Inoltre, non so se hai notato, fuori sta iniziando a nevicare e prima ho preso freddo. Diciamo che... stavo solo memorizzando i tuoi tratti», replico, con la convinzione di avere detto qualcosa di appropriato; data la situazione. «E ti stavo chiedendo di indossare qualcosa invece di girare mezzo nudo per casa».
Mi fissa con sfida e avvicinandosi posiziona i palmi ai lati delle mie tempie, abbassa e piega lievemente la testa. In questo modo mi intrappola, senza darmi la possibilità di correre via da questo corridoio in cui la temperatura non è più la stessa ormai da diversi minuti.
Vorrei andarmene per impedirgli di farmi a pezzi.
«Vuoi scappare senza prima avermi salutato? Dov'è il mio buongiorno, Willa?»
Chissà come è appena riuscito a interpretare i miei pensieri. Mi fa paura con quanta facilità mi comprende e mi anticipa.
Il mio cuore suona appesantito al ritmo del suo respiro che si adagia sulla mia pelle quando le sue labbra raggiungono sotto l'orecchio. Uno dei miei pochi punti deboli.
Che cosa fa? Perché mi tortura in questo modo?
Stringo le ginocchia che tremano e serro i pugni in vita, per non lasciarmi abbindolare. Ma i suoi occhi così chiari, rappresentano solo l'inizio di una tragica fine per il mio universo pieno di buchi neri.
Lecca con la punta rosea della lingua il labbro inferiore sollevando poi l'angolo. «Sai, è dal primo istante che ho la curiosità di sentire la sinfonia dei tuoi gemiti», afferma con voce tanto roca da raggiungere quella corda particolarmente sensibile del mio corpo e sfiorarla.
Deglutisco a fatica. «Non dovrebbe essere tanto diversa da quelle che hai già avuto modo di trascinarti a letto», riesco a ribattere per mantenermi lucida e avere ancora un briciolo di dignità, mentre il mio corpo rischia di cedere a causa di una sola carezza.
Le sue dita, infatti, scivolano lente sulle mie braccia, lasciando al loro passaggio solo brividi.
«Vedi, tu non capisci. Le altre sono state solo una scopata. Tu sei desiderio improvviso e forte», afferma indietreggiando piano, rendendo il momento ancora più pericoloso per i miei sensi. «Sappi che non saranno di certo i tuoi tentativi di sabotaggio a fermarmi. Non finché non ti avrò vista in ginocchio, davanti a me».
«È questo quello che vuoi?»
Sorride sornione, facendomi capire di essere appena caduta nella sua trappola. «Lo vorrai anche tu. Solo che ancora devi riflettere», mi strizza l'occhio dandomi le spalle per salire di sopra.
«Riflettere? Forse sei tu quello che ha paura che ti piaccia così tanto da non averne più abbastanza, non credi?», lo rimbecco. «Per questo non ci hai ancora provato seriamente».
La sua mano sfiora il pomello dell'inferriata di legno. Questa casa al suo interno è meravigliosa, ha un non so che di intimo e accogliente, pur nella sua semplicità, da farmi sentire al sicuro.
Nic gira il busto e voltandosi torna a guardarmi. «Sei convinta del tuo potenziale, mi piace. Continua pure ad alimentare il tuo ego, Willa. Ma non sarà quello a farmi cedere».
Sale i gradini raggiungendo il piano superiore, poco prima di entrare in camera, mi guarda. «Ricorda, mi supplicherai. Ah e per colazione gradisco caffè e uova strapazzate», sorride lasciandomi come una stupida a riflettere sul senso reale delle sue parole.
Nic è una scoperta pungente per la mia esistenza. Non posso più negarlo a me stessa.
«Non ti preparerò la colazione, uomo delle nevi!»
Ride e sbuca ancora con quell'espressione carica di strafottenza e sicurezza che mi fa strizzare lo stomaco dal nervoso. «Lo farai, perché hai fame».
Mi guardo intorno mentre il mio stomaco brontola. «Fottuto stronzo», mormoro pestando il piede nudo sul pavimento.
In cucina controllo in frigo e mettendo sul ripiano gli ingredienti, preparo per lui uova strapazzate e bacon croccante; mentre per me, opto per un po' di caffè con panna e biscotti alla cannella.
Non mi sento a disagio qui dentro, sto solo cercando di non abituarmi e di non essere invadente.
Sto canticchiando un motivetto rigirando le uova, quando vengo avvolta dalle sue braccia e ricevo un suo bacio sulla guancia. «Visto?»
È in grado di regalarmi emozioni senza neanche accorgersi che con i suoi gesti improvvisi, strappa via dalla mia vita ogni singola mancanza.
Con il sedere lo spingo per allontanarlo e lo minaccio con la spatola. «Sto cucinando solo perché ho fame».
Sorride disponendo sul ripiano, dietro il quale vi sono due sgabelli alti di legno con lo schienale basso, l'occorrente per fare colazione. «Ci credo. Vedermi mezzo nudo come adesso, deve stuzzicare il tuo appetito», indica il suo corpo sfiorando con l'indice il mio mento prima di afferrarlo e senza preavviso baciarmi, rischiando di rovinare ogni mia azione volta a resistere.
Ricambio il bacio protendendomi verso di lui, che mi avvicina ulteriormente premendo i palmi forti sulle mie natiche.
Morde il mio labbro inferiore tirandolo dopo averlo succhiato senza fretta.
Gemo sulla sua bocca e non allenta la presa. «Potrei prenderti qui», mormora affannato.
Lo respingo. «Potresti, ma non lo farai perché devo capire quando è il momento di mettermi in ginocchio, Nicolai Wood».
Spiazzato, rifiutato, rimane qualche secondo a fissarmi.
«La colazione è pronta», servo tutto nei piatti e superandolo vado a sedermi sullo sgabello addentando un biscotto indispettita ed eccitata.
Lui si appoggia un momento al ripiano poi, come se niente fosse, si siede accanto a me mollandomi un pizzicotto sul sedere. «Stronza!»
«Ahia!», lo spingo. «Perché l'hai fatto?»
Beve un sorso di caffè attutendo una risatina. «Così capisci come mi sono appena sentito».
Nascondo un sorriso e mi guarda storto. «Non puoi prendermi in giro adesso».
«Stavi sbavando. Hai ancora un po' di saliva proprio», sfioro l'angolo del suo labbro, «qui», rido.
Scuote la testa. «Me la farai pagare», constata.
«Contaci!»
Addenta una forchettata di uova e beve in fretta un sorso di caffè. Sono distratta da accorgermi quello che ha in mentre. Urlo appena mi attira a sé inchiodandomi contro il ripiano. «Ti sembra divertente?», con un ginocchio divarica le mie gambe.
Il cuore mi balza in gola e la mia pelle sfrigola quando la sua bocca affonda sul mio collo e il suo corpo si struscia sul mio. «Sei una forte distrazione, Willa».
Mi tengo in equilibrio sulle sue spalle, mentre il tempo si ferma, ci guardiamo, le mie dita si intrecciano alla sua nuca e fanno pressione. «Mi piacerebbe sapere quanto», chiedo con un filo di voce, memorizzando ogni tratto del suo viso, delle sue labbra che si avvicinano alle mie.
La sua mano sfiora le mie cosce. Trattengo il fiato inarcando la schiena ma questa volta non si ferma, decide di mettermi alla prova nel più subdolo dei modi: tentandomi.
Le sue dita premono tra le mie gambe, trovando attrito nel tessuto dei pantaloni.
Fa una smorfia e li sbottona. Gioca con la mia bocca, infila la mano dentro i pantaloni e sfrega le dita sul tessuto degli slip.
Ansimo e aumenta il ritmo baciandomi. Provo a fermarlo prima che possa farmi sciogliere, ma è disposto a sfidarmi, a farmi sentire in balia delle onde, a farmi inginocchiare al suo cospetto, smaniosa di avere di più.
L'indice scosta il bordo degli slip e trattengo il fiato quando accarezza i petali della mia intimità baciando e mordendomi la spalla. Stringo le gambe o ci provo, ma con lui nel mezzo a torturarmi è impossibile, in particolare quando insinua un dito dentro di me.
Emetto un lamento che attutisce con la sua bocca e serro la presa sulle sue spalle provocando in lui un gemito. Muovo i fianchi e le sue pupille guizzano. Sorride come un sadico figlio di... buona donna.
«Vuoi ancora sapere quanto?»
Nego deglutendo a fatica. Credo che stia per togliere la mano e lasciarmi con una forte voglia addosso e forse sarebbe un supplizio dolce e sopportabile, ma continua aumentando persino la pressione, giocando con quel minuscolo bottone che trova senza difficoltà e rischia di farmi perdere l'equilibrio.
«Da quanto?»
Il mio corpo risponde alle sue stoccate lente ma decise, andando incontro alle sue dita. «Da un po'. Ti prego, non proseguire se non hai intenzione di farmi ricambiare».
Mi schiocca un bacio e mi tremano le gambe, mi trema il cuore. «Da un po' quanto, Willa?»
Ansimo stringendo le dita sulla spalla. Fregandomene se lo sto graffiando. Chiudo gli occhi con la fronte sul suo petto nudo. Se continuerà così, mi sfalderò. «Nessuno mi ha mai toccata in questo modo», sussurro arrossendo.
Annuisce tra sé. «Prima hai detto che vuoi ricambiare?»
Le mie dita agitate, sbottonano i suoi jeans e lui trema schiacciandomi sul ripiano. «Willa», mi ammonisce.
Lo guardo dritto negli occhi e febbricitante e smaniosa, infilo la mano dentro i suoi boxer trovando il suo membro eretto, duro.
«Mi si sta ritorcendo contro la situazione», sibila quando muovo la mano verso la punta morbida.
Tira indietro la testa. «Fermati!», la sua voce roca ridotta un sussurro. Smette di torturarmi e facendo un passo indietro, con lo sguardo carico di eccitazione, sale al piano di sopra.
Mi occorrono un paio di secondi per riprendermi. Salgo nella sua stanza e lo trovo sdraiato, il braccio a coprirgli il viso.
Che gli succede?
Fuori intanto nevica e grossi fiocchi vanno a riempire ogni angolo mentre il silenzio comincia a farsi forte. Si sentono anche dei tuoni in lontananza, segno che arriverà una spaventosa bufera.
Mi fermo sulla soglia e dopo un attimo di esitazione, me ne frego delle conseguenze e decido di fare qualcosa che voglio. Sfilo il maglione lasciandolo a terra e poi anche i pantaloni avanzando verso il letto. Salgo a gattoni sistemandomi su di lui.
Mi abbasso e lo bacio. «Spogliati».
Capovolte la situazione. «Che vuoi fare?»
Sbottono di nuovo i suoi jeans e li tiro giù. Li toglie e torna supino a fissare il tetto.
Mi avvicino. Afferro la sua mano portandola verso le mie cosce dove con le dita gioca dapprima sul tessuto. La mia mano si infila nei suoi boxer. Bacio delicata il suo collo provocandogli uno spasmo. «Permettimi di farti capire quando ti voglio».
Si rilassa e anch'io lo faccio quando torna a regalarmi piacere; che ricambio con la stessa intensità, con la stessa passione fino a farlo tremare.
Accaldati, affannati, rilassati, ci guardiamo negli occhi. Mi sento ubriaca del suo inebriante profumo e stordita dalla bellezza del suo viso. So che non siamo andati oltre, ma è qualcosa che mi ha trasmesso emozioni mai provate e di cui non mi pentirò mai.
Provo a dire qualcosa ma, scatta mettendomi ancora una volta a tacere, premendo le labbra sulle mie. Sono morbide, calde, e perfette. Il suo bacio è lascivo, profondo, a tratti diventa disperato. Così tanto da lasciarmi priva di fiato sotto il suo dolce attacco. Mi annienta, mi distrugge in tanti piccoli pezzi sul punto di sparpagliarsi, ma mi fa sentire viva e voluta.
Quando allontana la sua bocca dalla mia, avverto già la mancanza. Il mio cuore in questi ultimi secondi, potrebbe uscire dallo sterno e fare danni. Lui lo percepisce e mi avvolge con le braccia per tenermi attaccata al suo corpo e non ancora del tutto in sé, prende piccoli respiri tentando di calmarsi.
«Sai, ci sto provando a comportarmi bene con te. Ma ogni volta è una sfida quella che mi lanci», accarezza la mia guancia tenendomi ferma sotto il mento.
Chiudo le palpebre attraversata dai brividi che continuano a raggiungere la mia pelle. «Non voglio che ti comporti bene, Nic. Voglio che mi mostri chi sei al cento per cento senza mai mentirmi».
Si scosta per guardarmi. «Sei tu quella che ha ancora qualcosa da dire, no?»
Mordo il labbro. «Già. Ma quando te lo dirò ti arrabbierai e non so che cosa penserai di me».
Si accorge che ho freddo e spinge la coperta fin sopra la mia schiena. «Provaci».
Prendo un respiro. «Prima promettimi una cosa».
«Non sono uno da promesse».
Lo guardo spaventata dalla prospettiva di distruggere tutto. «Lo so che non sono la persona più equilibrata di questo mondo. Lo so che commetto tantissimi errori, che spesso parto in quarta o che non riesco a non ribattere a tono e a trattenermi. Ma da quando sono accanto a te, sento di potere fare tutto senza essere giudicata, sento di essere libera, nonostante il mondo continui a fare rumore e il passato a bussare a quella maledetta porta che dovrei solo chiudere a chiave. E ho bisogno di te per farlo. Ho bisogno che mi prometti che ci sarai ancora. Se cado, se mi rialzo, se mi graffio, se odio tutti, se odio me stessa. Ho bisogno di sapere che ci sarai lo stesso. Non importa come, lontani o vicini, mi basta che resti», parlo in fretta, mi agito.
Aggrotta la fronte a causa del mio discorso sconclusionato e passo le dita sulla sua pelle per fargliela rilassare. «Per favore, questo puoi farlo?», lo supplico.
Inspira appesantivo dalla mia richiesta e abbassa le palpebre. «Posso provarci».
Il mio corpo si tende e stringo il suo viso. «Non so da dove iniziare», mi agito maggiormente e mordo forte il labbro inferiore.
Mi ferma. «Quanto è grave?»
«Da un sei una stronza dovevi dirmelo quando ti ho fatto la domanda a non voglio rivederti».
La sua attenzione adesso sale di livello e il mio cuore rischia di scoppiare. Schiarisco la voce. «A New York...»
Raddrizza la schiena. «A New York cosa?»
«Ricordi che ho detto che prima o poi mi toccherà tornare per chiudere una questione?»
Indurisce i lineamenti. «Continua».
Non riesco a guardarlo, ma devo dirgli la verità. Devo dirgli quello che succede nella mia vita, le cose che tengo sospese e che fanno male. «Mia nonna qualche anno fa ha stipulato un accordo con una famiglia e...»
Scuote la testa, intuendo. «Non dirmi che è quello che penso, Willa», sbotta.
«Ha offerto la mia mano a un uomo più grande che ha accettato. Ma io ho rifiutato, nonostante tutto e continuerò a farlo. Lui non mi ha mai toccata, avrebbe voluto, ma è... lui è così viscido», riprendo aria. «So che è qualcosa di grosso da digerire, che avrei dovuto dirlo subito ma... io... non ero pronta a trovarti e...», la voce mi si inclina e gli occhi mi si appannano. «Non eri nei miei piani. Il mio obiettivo, quando sono venuta in questo posto per il funerale era quello di mantenermi alla larga per qualche giorno e quando ho saputo del testamento, ho deciso di lasciarmi tutto alle spalle, ma...»
Mi solleva il mento per costringermi a guardarlo negli occhi.
«Mia nonna non ha digerito la questione e adesso continua a farmi pressioni inviandomi e-mail, continuando a chiamare, pur trovando la segreteria. Luke mi sta aiutando, sta cercando una soluzione. Ma lei vuole che io mi sposi entro il prossimo anno, perché il tempo sta per scadere o...», singhiozzo.
Nic trattiene il fiato. Non tollerando più le mie parole, si allontana e alzandosi, raggiunge l'armadio. Indossa un maglione e dei pantaloni. «Ho bisogno di un momento», dice brusco, gli occhi che fiammeggiando. «Non seguirmi!»
La sua voce si insinua nella mia testa come un tuono, sferza con prepotenza come vento impetuoso tra i miei pensieri e mi si abbatte con furia addosso, nel mio cuore che precipita nel vuoto. Ed io, colpita, lascio che la sua risposta mi abbatta. Pertanto lo lascio andare portando le gambe al petto. «Non metterci troppo», sussurro nascondendo il viso tra le ginocchia scoppiando a piangere. Butto fuori ogni frustrazione che ho tenuto dentro per anni e piango anche perché ho la certezza di avere appena rovinato tutto.
Dovevo essere sincera, ma ho pensato di farlo in un momento sbagliato.
Tiro su con il naso, asciugo le lacrime e scivolando dal letto, cerco i miei indumenti rivestendomi. Metto in ordine la stanza, in bagno sciacquo il viso e guardandomi allo specchio intuisco e prendo una decisione su quello che devo fare.
Non mi aspettavo che reagisse bene. Non mi aspettavo nemmeno che mi abbandonasse così, non dopo quello che abbiamo provato.
Non so come si cancellano certi brividi o come si elimina quel nome inciso per dispetto dal destino dalla pelle. So solo che non posso fingere di non avere provato niente dopo avere provato tutto e così tanto da non saperlo descrivere. Ma voglio smettere. Non posso essere solo una novità, un passatempo o un gioco. Voglio essere il posto caldo di qualcuno anche quando fuori c'è il sole. Voglio che in mezzo a tutto il resto, io sia una scelta e non un'alternativa.
☁️☁️☁️
~ N/a:
Buona sera. Come state oggi?
Mi dispiace, ce la metto tutta a non farli battibeccare. 🤣 All'inizio vi ho dato un po' di peperoncino. Ma... il capitolo si è concluso con una nota amara per i nostri protagonisti. Willa ha deciso di essere sincera, di mostrare a Nic una parte della sua vita, un problema che deve risolvere. Si è aperta con lui, ma quest'ultimo non ha avuto una reazione positiva. Secondo voi perché? Che cosa succederà?
L'hashtag di oggi: #dolceamaro.
Grazie per avere letto questo capitolo.
Un abbraccio virtuale,
Gio'.
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