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9 - Paulo

Tornare a Torino è semplicemente massacrante.

Aprendo la porta di casa, la prima cosa che vedo è il mio divano. Quel divano che tanto le piaceva, quel divano su cui abbiamo passato tante ore abbracciati.

Lancio la valigia da una parte e mi lascio cadere su quei cuscini morbidi.

Un capello. Sul bracciolo c'è un suo capello.

Già, lei si sdraiava sempre con la testa sul bracciolo e le gambe stese sui cuscini della seduta. Cioè, sempre, insomma, all'inizio si sedeva sempre in pizzo, come se dovesse scappare da un momento all'altro o come se temesse di essere troppo invadente.

Poi aveva imparato a rilassarsi ed ecco che ho cominciato a trovarmi capelli ovunque. Se li toccava in continuazione, quasi come un tic di cui non si rendeva nemmeno conto. Avevo cercato su internet cosa significava nel linguaggio del corpo (sì, non guardatemi così, io ci credo) e avevo scoperto che indica desiderio di fare sesso con la persona con cui si sta parlando. Glielo avevo detto e lei ci aveva riso su, accusandomi scherzosamente di essere talmente disperato dall'astinenza da andare a cercare proprio tutte le scuse.

E invece ho sempre aspettato. Ho rispettato il suo desiderio, sapendo dentro di me che tanto prima o poi l'avrei sposata e allora niente mi avrebbe più trattenuto.

E invece...

Cerco di distrarmi, di non pensarci e per farlo mi butto sotto la doccia.

Solo che poi mi viene in mente di quando Francesca mi aveva confessato che quando è triste fa docce lunghissime e che piangere mentre l'acqua ti scorre addosso è la cosa più liberatoria del mondo.

Ok, basta doccia.

Mentre recupero dei vestiti puliti penso al fatto che ogni tanto Francesca mi fregava qualche felpa, ma in tre anni non mi ha mai chiesto niente di tutte quelle cose che piacciono tanto ai tifosi come le magliette della Juve, magari usata in campo. Non ha mai voluto niente nemmeno di altri miei compagni di squadra, come il suo tanto adorato Perin.

Tutto il contrario di suo fratello, che ormai ho trasformato in un collezionista di oggetti usati durante le partite e che ogni anno aspetta con ancora più ansia dell'ultimo giorno di scuola il giorno di uscita della nuova maglia della Juve e del nuovo Fifa.

Sì, datemi del ruffiano, ma gli ho regalato le maglie dei suoi giocatori preferiti, Ronaldo compreso ovviamente, oltre che a una con il suo nome, e le nuove edizioni di Fifa con l'unica condizione che io sarei stato il suo primo sfidante. Sì, lo ammetto e ora me ne pento, ma sprecavo un po' del pochissimo tempo che mi era concesso avere con Francesca per giocare con suo fratello, ma in fondo mi è sempre stato simpatico ed è solo grazie a lui che ho conosciuto sua sorella, per cui mi sembrava di dovergli qualcosa.

Francesca ci guardava per un po', poi si stufava e si metteva a leggere di fianco a noi o ci lasciava soli e ricompariva solo a partita finita.

Avevo provato a far giocare anche lei, per convincerla che non era un gioco noioso come credeva lei. Aveva accettato, ma si era dimostrata una vera frana: ogni volta che il pallone capitava sui piedi di un suo giocatore cominciava a chiedere cosa doveva fare e puntualmente non seguiva i consigli miei o di suo fratello, ma schiacciava tasti a caso. Rideva coma una pazza dei suoi pasticci e aveva ammesso di essersi divertita, ma aveva rinunciato, dicendo che non sarebbe mai riuscita a imparare a giocare decentemente, le veniva molto più spontaneo andare a caso (e regalarmi perennemente il pallone).

All'inizio avevo provato a insistere un po', ma poi avevo lasciato perdere, perché, in fondo, giocare con suo fratello era molto più divertente. E poi con lei preferivo passare il tempo in modo diverso...

§§§

Tornare agli allenamenti non mi aveva mai pesato così tanto.

Mentre mi cambio non posso fare a meno di pensare che è per colpa di questo mio lavoro se ora la data più importante che dovrò segnare in agenda è l'appuntamento dal dentista.

Ascolto distrattamente i miei compagni che parlano di tutto e di più, finché non sento Lorenzo dire qualcosa a proposito dei suoi figli.

In questo momento vorrei spaccare qualcosa, ma cerco solo di concentrarmi sulle stringhe degli scarpini.

Evidentemente non è la mia giornata fortunata perché eccoti la domanda che non dovevano farmi:

- Allora com'è andata la vacanza? Vi siete divertiti?

Ma perché a me?!

- Benissimo.

- Non sembri troppo contento...

- Perché infatti ora sono qui...

Non so se ci credono o no, ma in fondo nemmeno mi interessa.

Ora l'importante è riuscire a mantenere la promessa fatta prima di partire: ora devo impagnarmi al massimo, recuperare i giorni in cui ero su una spiaggia a spassarmela.

Non so bene come, ma in qualche modo ci riesco. In campo annullo tutti i pensieri, tutta la tristezza e trasformo tutta la rabbia in potenza nei tiri.

Ancora una volta è il calcio che mi salva, è il calcio a farmi sentire vivo nonostante tutto quello che mi succede.

Anche il mister è contento, glielo leggo in faccia, anche se non mi dice niente, ma non lo farebbe nemmeno sotto tortura. So che sta pensando che in fondo ha fatto bene a farmi partire, che spesso caricano di più due giorni con la fidanzata che dieci goal in campionato. Quanto si sbaglia...

È quando torno nello spogliatoio che mi torna in mente quello che avevo detto a Mariano quando gli avevo presentato Francesca: per lei ero disposto a rinunciare al calcio.

Rinunciare al calcio.

Sarebbe la soluzione a tutti i problemi, se non fossi più un calciatore professionista non ci sarebbero più i problemi con la stabilità che lei tanto desidera.

In fondo, allora avevo detto di amarla più del calcio e questo è sicuramente ancora vero.

Certo, dovrei trovarmi un lavoro, però chissà, potrei fare il commentatore per qualche programma sportivo, oppure...

Oppure cosa?

Il problema è che non so se voglio farlo.

E non perché mi sento male alla sola idea di non correre più sull'erba appena umida, rincorrendo un pallone e provare un gioia grandissima solo perché il portiere è stato un po' meno bravo di me.

No.

Per lei sarei disposto a farlo. Ma solo se lei mi ama davvero.

E in questo momento non ne sono per niente sicuro.

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