4 - Francesca
Paulo se ne è andato.
Mi ha lasciato lì, sul terrazzo, incapace di far altro che guardare la porta chiudersi dietro di lui.
La luna piena illumina le pietre del mio anello.
L'anello.
Io non sono mai riuscita a portare anelli, mi davano fastidio, ma questo... Questo ora mi sembra che mi stia segando le dita.
Me lo levo, rigirandolo in mano come se volessi guardarlo da tutti i lati, in realtà nemmeno lo vedo.
Riesco solo a pensare a quello che ho appena fatto.
Io, che per tutta la vita non ho mai desiderato altro che una famiglia, un marito, dei figli, io ho appena rifiutato la proposta di matrimonio dell'unica persona che abbia mai amato.
Sono pazza.
Forse sì.
O forse semplicemente c'è qualcosa di sbagliato in noi.
Il fatto che lui sia un calciatore famoso ci ha costretto a passare questi anni come nemmeno una coppia di amanti. È vero, sono stata io a chiederglielo, ma che altro potevo fare? Paulo si era innamorato di me e io di lui. Tutto il suo mondo non c'entrava niente e fuori dalla nostra storia doveva rimanere.
Ma ora il problema è un altro.
Perché se io dovessi sposare Paulo il suo lavoro diventerebbe parte importante della nostra storia. Non il riscontro mediatico, no, proprio il suo lavoro vero e proprio.
E non sto parlando del fatto che io ho sempre fatto le vacanze ad agosto e lui le ha a giugno. Sto parlando di quello che io ho sempre desiderato più di ogni altra cosa: la stabilità. Quella cosa per cui scegli un posto dove ti trovi bene, compri una casa e lì vivi per il resto della tua vita. E quando hai dei figli li fai crescere lì, permettendogli di farsi degli amici e lasciando a loro, quando saranno grandi, la scelta di quanto allontanarsi. La stabilità che in Italia è difficile avere in questo periodo, soprattutto per chi come me ha una laurea in Lettere, ma non per questo sarei andata via. E non solo perché con le lingue sono una frana, intendiamoci. Ma perché l'Italia è il mio paese e nessuna opportunità fantastica mi convincerebbe ad andarmene, se non, magari, per un periodo di tempo estremamente limitato. Ma sempre e comunque prima di essermi creata una famiglia. Mai e poi mai sradicherei i miei figli dal loro paese o costringerei mio marito a vivere lontano da me o a dover cercare un lavoro in un altro paese solo perché io ho deciso che per me era meglio andarmene.
Ma tutti questi ragionamenti valgono per me che ho sempre abitato in Italia e qui sto tutt'ora.
Anche se Paulo la pensasse anche solo vagamente come me, comunque lui dovrebbe trasporre tutto il ragionamento sull'Argentina. E tra Italia e Argentina c'è un oceano in mezzo.
E poi lui è un calciatore, dai, non raccontiamoci storie. Non esiste lavoro più nomade di questo, dove più sei bravo e più sei conteso dai club di mezzo mondo. E alla fine te lo giri, il mondo.
Ecco, io tutto questo ho cercato di dimenticarlo (e ci sono riuscita anche molto bene, a dire il vero) in questi tre anni che siamo stati insieme. Il trucco era ragionare giorno per giorno, pensare solo se sarei riuscita a passare da Torino o no e quale treno avrei dovuto prendere. Così era facile.
Ma un anello, una proposta di matrimonio... Per forza di cose non puoi più pesare solo all'oggi, ma anche al domani e, soprattutto, al dopodomani. Sì, perché io credo nell'indissolubilità del matrimonio. E, per quanto possa sembrarvi assurdo dopo tutto questo, credo anche nell'indissolubilità del mio legame con Paulo.
Quindi credo anche che se ci dovessimo sposare non sarebbe solo per qualche anno ancora, ma "finché morte non ci separi". Morte, non trasferimento. Non calciomercato.
Lo so, finora vi devo essere sembrata pazza. I miei ragionamenti devono esservi apparsi come sconclusionati e senza senso.
Ma la verità è che io non mi sento pronta.
Io amo Paulo alla follia, lo amo più di ogni altra cosa, ma non sono pronta a tutte le conseguenze che si porterebbe il matrimonio.
E non posso nemmeno dirgli "sì, ma non subito", perché non mi è mai piaciuto illudere la gente. E io so che ora non sono pronta, ma so anche che non sono per niente sicura di poterlo essere mai.
Io, che ho sempre disprezzato tutti quelli che rompevano una storia dicendo di avere paura delle conseguenze, io, che ho sempre pensato non si amassero veramente e cercassero solo una scusa, io, che ho sempre pensato che l'amore, se è vero, vince su ogni paura, risolve ogni situazione. Io ho appena rovinato tutto per questa maledetta paura.
Che poi Paulo non capisse appieno l'avevo messo in conto. Che si arrabbiasse anche. Ma che mi dicesse di scegliere in modo così drastico e definitivo no. Quello proprio non me l'aspettavo.
Perché non possiamo intanto continuare a vivere il momento?
Questi tre anni sono stati i più belli della mia vita. Ma forse non della sua.
In effetti, quella che a quasi ventun anni non aveva mai baciato nessun ragazzo ero io. Quella che non si era mai innamorata veramente ero sempre io. Quella che per la prima volta sperimentava cosa volesse dire avere un ragazzo ero ancora io.
Lui si era sempre accompagnato a ragazze bellissime, felice in tutte le foto che pubblicava sui social. Lui aveva già avuto storie importanti. Lui aveva avuto una fidanzata che neanche maggiorenne lo aveva seguito, lei sì, dall'altra parte dell'oceano. Che io scegliessi di credere o meno a Paulo (cosa che finora ho sempre fatto) sul vero motivo della loro rottura, di vero rimane sicuramente che lei lo aveva amato davvero tanto.
E se fosse questo il problema? Forse che io non lo amo abbastanza?
No. Questo è da escludere.
Però lui sa le mie condizioni, sa cos'è imprescindibile per me.
E allora perché non capisce?
Perché mi ha lasciato da sola su questo maledettissimo terrazzino a guardare una porta chiusa con in mano un anello che pesa più di tutta quest'isola?
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