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2 - Francesca

Sento il respiro delicato di Paulo di fianco a me. Si è addormentato quasi subito. Proprio non so come abbia fatto.

Guardo il soffitto, debolmente illuminato dalla luce della luna che entra dalla finestra aperta.

Sedici giorni fa mi sono laureata.

Quando, quella sera, ho raggiunto Paulo a casa sua pensavo di aver raggiunto il massimo della felicità possibile.

Lui mi ha accolto con un tocco in mano che mi ha subito messo in testa. Sapeva quanto lo preferissi alle corone d'alloro che usano nella nostra università. E sapeva anche che i miei non erano riusciti a trovarlo.

- È vero americano, - mi aveva detto infatti quando gli avevo chiesto dove l'aveva preso, - e c'è anche il mantello!

Il "mantello", come quello dei supereroi. Avevo riso nell'indossarlo, ma mi ero sentita al settimo cielo. Sentivo di aver trovato il mio posto nel mondo.

Poi c'era stata la cena.

Mangiare con un calciatore, normalmente è un supplizio: o ti strafoghi di porcherie davanti a i suoi occhi che dicono solo "lo voglio anch'io! Non è giusto!" oppure ti metti a dieta pure tu.

E io, lo ammetto candidamente, non sono in grado di fare nessuna delle due cose.

Però Paulo aveva avuto una grande idea: carne alla griglia. Lui è davvero un maestro a prepararla e io adoro qualunque cosa sia grigliata.

A cena, scherzando, gli ho pure chiesto se avesse fatto arrivare anche quella da oltreoceano.

Lui mi aveva fatto un sorrisetto strano e mi aveva allungato una busta, dicendo solo che preferiva portare me, oltreoceano.

Avevo guardato nella busta e ci avevo trovato due biglietti per i Caraibi, anzi no, per l'isoletta dei Caraibi dove ci eravamo conosciuti tre anni fa. Anche l'albergo in cui aveva prenotato era lo stesso.

Ecco, è stato esattamente in quel momento che ho capito che non esiste un limite alla felicità.

Essere felici è come sollevarsi da terra.
Quando ti alzi contenta la mattina, cammini a pochi centimetri da terra.
Quando ti succede qualcosa di bello, ti alzi di qualche metro.
Quando ti senti il cuore gonfio di felicità, è come se prendessi un aereo.
Ma il cielo non finisce dove ci sono le rotte degli aerei, il cielo va ben oltre.
Ci sono i razzi.
E poi c'è semplicemente l'universo. Che è infinito.

E così quando sei felice non fai altro che salire nello spazio infinito e non ci sarà mai un tetto a segnare il limite.

Ecco, è così che mi sono sentita in questi giorni: in orbita.

Siamo partiti due giorni dopo la mia laurea e per quattordici giorni ci siamo stati solo io, Paulo e il nostro amore.

Amore, sì, perché in questi anni ho capito una semplice verità: quelle due parole che tutti sognano di sentirsi dire, "ti amo", non sono solo due parole.
"Ti amo", se nasconde dietro quelle semplici cinque lettere tutto un mondo che prima non avresti nemmeno sospettato esistere, diventa la cosa più importante della tua vita.
"Ti amo" non significa solo quello che il vocabolario ti indica, ma qualcosa che solo tu, e solo se lo provi davvero, puoi sapere cos'è.
"Ti amo", se è vero, è molto più bello da dire, che da sentirsi dire. Perché se qualcuno ti ama lo sai anche senza che te lo dica, ma se tu ami qualcuno, la cosa più bella che puoi fare e quella che ti può rendere più felice è dirglielo.

Su queste spiagge che hanno visto nascere il nostro amore (e hanno assistito alla fatica che ho fatto fare a Paulo per conquistarmi, come mi rinfaccia lui), abbiamo passato quattordici giorni fantastici.

Questo albergo che per primo ci ha visto dormire sotto lo stesso tetto, ora ci ospita nella stessa stanza, nello stesso letto.

Già, ho insegnato a Paulo (e provato a me stessa) che si può dormire con la persona che ami. Solo dormire.
Lui scherza, dicendo che per colpa mia è condannato a farsi decine di docce gelate, ma so che per niente al mondo forzerebbe la mano. Prima di conoscerlo non l'avrei mai detto, ma ha un grandissimo rispetto nei miei confronti, più di quello che credevo possibile per chiunque. Perché non è solo rispetto, magari sentito come costrizione, ma è qualcosa di totalmente naturale, che fa parte di lui e che non è mai esagerato od ostentato.

Mi giro su un fianco per osservarlo mentre dorme.

Ha una faccia da bimbo, nonostante i suoi quasi ventisette anni.

Anche da questo punto di vista siamo una bella coppia, entrambi dimostriamo molto meno della nostra età, solo che a lui non dà alcun fastidio, visto che per essere preso sul serio basta che prenda a calci un pallone, o che qualcuno lo riconosca. Io invece ancora combatto con questo problema. Sì, perché avere ventitré anni, essere laureata e sentirsi chiedere se quest'anno ho la maturità è terribilmente frustrante. Mi ricordo ancora che quello dell'età è stato l'argomento delle prime parole che abbiamo scambiato io e Paulo. E che lui ha indovinato subito quanti anni avessi. Forse è stato proprio quello a farmi innamorare di lui... Sicuramente non me l'aspettavo.

Come non mi aspettavo quello che è successo stasera.

È vero, ho sempre detto che per sposarmi avrei aspettato la fine dell'università, ma non per questo potevo immaginare che Paulo decidesse di concludere questo magnifico viaggio con una proposta.

Stavamo passeggiando sulla spiaggia dopo cena e siamo arrivati nel punto esatto dove ci siamo baciati la prima volta, dice lui, io proprio non sono in grado di ricordarmelo. E lì ha cominciato un discorso strano, bellissimo, ma non esattamente quello che mi sarei aspettata da lui.

E poi, come nei film, ha tirato fuori una scatolina di velluto blu e si è inginocchiato.

Ancora prima che lo facesse, sapevo che stava per chiedermi di sposarlo.

Non ci ho pensato due volte a dirgli di sì.

Ecco, in quel momento, il mio razzo della felicità, che era in orbita, è salito ancora, è uscito dal Sistema Solare, dalla Via Lattea, ha raggiuto i confini dell'Universo.

Solo quando mi ha infilato l'anello, l'ho guardato per la prima volta. Sì, perché prima ero troppo concentrata su Paulo, per vedere cosa c'era dentro alla scatolina. E francamente non mi importava affatto di come fosse stato, l'importante era il resto.

Però anche l'anello era perfetto. Raccontava di me, di noi.
Sottile, in oro bianco, con un diamante purissimo, ma discreto. Esattamente come l'avrei voluto io, qualcosa che puoi anche portare al dito, non nato solo per essere esibito.
E poi una piccola coroncina di smeraldi. Perché il verde è il mio colore preferito. E perché lui dice di essersi innamorato prima dei miei occhi che di me.

È stato tutto perfetto. Davvero perfetto.

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