Grimmauld Place
Martha, seduta nell'ufficio di Silente, fissava il Preside con aria sconvolta. "Ed è riuscito ad ammazzare il Basilisco?" domandò.
"Esattamente: come saprai, ha il fegato del padre e la furbizia della madre."
Sirius sospirò. "Ho già rischiato di perderlo tre volte, professor Silente: non voglio che accada ancora."
"Oh, Sirius, non lo vorrei nemmeno io; ma temo di non poter fare niente per l'incolumità del ragazzo."
"Niente?" domandò Martha. "Silente, lei può fare tutto."
"Sono lusingato da questa tua convinzione, Martha. Ma davvero, non posso fare niente per tenerlo al sicuro dal suo stesso passato. Posso metterlo in guardia, posso insegnargli a difendersi, posso offrigli protezione qui dentro e a casa vostra ma non posso proteggerlo da ciò che fece quando era solo un bambino. Soprattutto alla luce degli ultimi avvenimenti ..."
Martha guardò Sirius. "Amore" annunciò "abbiamo convinto Caramell a rendere Peter un ricercato."
Martha abbassò la testa. "Dovremo raccontare tutto anche ad Harry e Kayla, non è vero?"
"Ogni cosa ha il suo tempo!" esclamò Silente. "Harry mi sembra ancora troppo giovane per conoscere quanto brutale possa essere la mente umana: dovremmo cercare di proteggerlo, nascondendogli parte della verità."
"E come?"
"Beh" rispose lui "se Harry fosse solo, non saprei come fare: ma per fortuna ha voi, Kayla e Robert, e posso assicurarvi che quei tre sono molto più che fratelli: sono una cosa sola." Martha sorrise. "Ad ogni modo: diremo loro che Peter cerca voi. Cosa che non credo del tutto falsa; se Peter ne avesse la possibilità, suppongo che eliminerebbe ciò che resta dei suoi Malandrini."
"Se Peter si presentasse alla nostra porta, Albus, non avrebbe il tempo di fare del male a Remus e Sirius."
"Oh, ne sono certo. Ma commetteresti un grande sbaglio, Martha." Silente guardò Martha attraverso gli occhiali a mezzaluna. "Vorrei che mi chiedeste un consiglio su cosa fare." Li invitò, con il suo sorrisetto più astuto.
"Che cosa dovremmo fare?" domandò immediatamente Sirius.
"Dovrete nascondervi, mentre lanceremo l'allarme: prendete i ragazzi e teneteli lontani dal mondo magico. Vi consiglierei di partire, dopo i dieci giorni che Harry passerà a Privet Drive."
"Partire?"
"Oppure nascondervi nella Londra Babbana."
"Non credo che i ragazzi reggeranno, soprattutto Robert: è grande, conosce la storia e non ci metterà più di qualche giorno a capire cosa sta succedendo! Senza contare che mia madre sta morendo, e non posso portarla con me in giro per il mondo."
Silente annuì, lentamente. "Posso capire, Martha. Ma dovrete ugualmente nascondervi, se non vogliamo che Harry corra rischi inutili."
Sirius scosse la testa, pensieroso. "Possiamo nasconderci a casa di mia madre."
Martha osservò suo marito, perplessa. La casa dei Black (così come la casa dei Redfort, ancora appartenente a Marie) non era stata presa in considerazione quando i due avevano cambiato casa, decidendo di allargare la famiglia. Tuttavia, il terzo erede non sembrava voler arrivare (Rose giurava che fosse solo perché l'inconscio di Martha era 'offeso' dai dieci anni passati in assenza di Sirius, e che fosse per questo che ora si rifiutava di procreare per la terza volta) e le case dove i coniugi erano cresciuti sembravano essere state dimenticate. Per questo Martha era stupita: il ricordo della sola volta in cui aveva messo piede in quella casa ancora la terrorizzava, e l'idea di tornarci sicuramente non le piaceva.
"Si trova in una piazza ed è invisibile ai babbani: credo che ci sarà un gran bel da fare per metterla a posto, così i ragazzi non sentiranno la necessità di uscire, e ci sono stanze in abbondanza per i Weasley al completo e Hermione, se lo volessimo."
Silente annuì, lentamente, mentre Martha si lasciava andare sulla sedia: ancora una volta, non era stata minimamente presa in considerazione.
"Ciao, campione." Disse Sirius, entrando nell'ufficio della McGranitt, guardando Harry con sguardo fiero. "Che hai combinato, questa volta?"
Harry sorrise. "Ho solo ucciso il Re dei Serpenti."
Martha gli si avvicinò e gli accarezzò il viso. Quindi gli baciò la fronte, salutò con un cenno Ron, e si sedette accanto a Sirius e a Molly Weasley, che teneva Ginny sulle gambe, e Harry raccontò loro tutto quello che era successo: l'incantesimo mancato di Allock, l'ingresso alla Camera, ciò che Riddle gli aveva raccontato, l'attacco del Basilisco, l'aiuto di Fanny e del cappello parlante, che gli aveva consegnato la spada con cui poi aveva ucciso il Basilisco. Raccontò di quel particolare con orgoglio, il che quasi commosse Sirius.
Quando ebbe finito, Martha sospirò. "Sono fiera di te, Harry James Potter." Sussurrò.
"Quindi, Ginny ..." balbettò arthur Weasley "lei è stata ... non è stata ... posseduta ... o sì?"
"È stato il diario." Rispose Harry. "Riddle lo ha scritto quando studiava qui."
"Riddle?" domandò Molly. "E chi sarebbe?"
Silente, con estrema delicatezza, le spiegò che Lord Voldemort, da ragazzo, si chiamava Tom Orvoloson Riddle, che cinquant'anni prima aveva studiato a Hogwarts, ed era riuscito ad aprire la Camera dei Segreti facendo ricadere la colpa su un innocente. Ginny confessò di avere trovato il diario in uno dei libri comprati a Diagon Alley insieme a Kayla, e Martha si irrigidì. Dove era sua figlia? Perché non sapeva nulla di ciò che era accaduto alla sua amica?
La risposta arrivò immediatamente: Silente spiegò loro che Hermione si sarebbe risvegliata nel giro di pochi minuti, e, probabilmente, Robert, Kayla, Fred e George erano accanto a lei. Quando anche Martha si fu tranquillizzata, Silente domandò a Molly e Arthur di accompagnare Ginny in infermeria, disse alla McGranitt di avvertire le cucine che venisse allestito un banchetto, facendo così in modo di trovarsi davanti a Ron e Harry.
"Mi sembrava di essere stato chiaro dicendovi che, se avreste nuovamente infranto le regole, vi avrei espulsi."
Sirius, alle spalle del suo figlioccio, abbassò la testa: quella frase, lui e James, l'avevano sentita un milione di volte.
Silente, intanto, lasciò che i due ragazzini si spaventassero a morte, per qualche secondo. Poi non riuscì a trattenere un sorriso. "Questo significa che, anche i migliori, a volte, sono costretti a rimangiarsi quel che dicono."
Martha sentì chiaramente che Harry aveva ripreso a respirare. La donna sorrise di quel piccolo spavento che avrebbe aiutato il ragazzo a crescere, e Silente chiese a Ron di lasciarlo da solo con Harry ed i suoi tutori. Quando il rosso ebbe lasciato la stanza, Harry si voltò a guardare Sirius e Martha, con sguardo colpevole.
"Mi dispiace di avervi fatti preoccupare." Disse. "Robert e Kayla hanno cercato di aiutarmi, ma ... beh, volevo fare da solo, perché ... se io fossi stato l'Erede, loro non meritavano di ..."
"Tranquillo, piccolo." Lo bloccò Martha. "Non siamo arrabbiati con te, e sicuramente non lo sono Robert e Kayla."
"Oh, no ... no, Kayla ha litigato con tutti i suoi compagni di Casa per difendermi, soprattutto con Malfoy, e ..."
"Kayla e Draco litigherebbero anche se fossero i soli abitanti di un'isola deserta, sai?" cercò di tranquillizzarlo Martha.
"E Robert ... settimana scorso lo hanno cacciato dalla biblioteca, perché ha urlato ai Corvonero di smetterla di fissarmi ..."
Sirius parve inorridito all'idea del suo primogenito in biblioteca. "Loro non sono arrabbiati con te, Harry, parola mia." Lo tranquillizzò il padrino. "E nemmeno noi."
"E poi, Riddle ... Voldemort ... ha detto ... ha detto che io e lui siamo simili, e che sono come lui." Rispose, triste.
"E tu che ne pensi?" domandò Martha, con voce colma d'amore.
"Io ... io sono un Grifondoro!" esclamò Harry. "E non voglio essere come lui. Ma parlo il Serpentese, e il Cappello Parlante mi disse che sarei 'stato bene', tra i Serpeverde ..."
Sirius e Martha guardarono Silente, il quale annuì. Poi, si mise accanto a Sirius, davanti al ragazzo.
"Harry, tu parli Serpentese perché Voldemort è l'ultimo erede di Salazar Serpeverde, e la notte in cui uccise i tuoi genitori e ti lasciò quella cicatrice, involontariamente, ti trasmesse alcuni dei suoi poteri." Spiegò, con garbo. "Sei intraprendente, determinato, e disprezzi le regole. Non sei molto diverso da tua sorella Kayla, in questo, ottima Serpeverde. Ma tu sei un Grifondoro. E, se ci pensi bene, sai anche perché."
Harry parve rifletterci qualche secondo. "Ho chiesto io al Cappello Parlante di essere un Grifondoro ..." ammise.
"Esatto, piccolo." Lo rassicurò Martha. "Ed è esattamente questo che ti rende diverso da Tom Riddle."
"Sono le scelte che facciamo a determinare ciò che siamo, molto più delle nostre capacità." Aggiunse Sirius.
Silente, muovendo leggermente la bacchetta, Appellò a sé la spada che stava sulla scrivania. "Se ti servisse, per caso, una prova ..." e, lentamente, porse ad Harry la spada. Lui la osservò in ogni modo possibile, fino a soffermarsi sul lato della lama. "Godric Grifondoro." Lesse, ad alta voce.
"Esatto." Disse di nuovo l'anziano Preside. "Solo un vero Grifondoro avrebbe potuto estrarla dal Cappello, Harry."
Il ragazzino, il tutta risposta sorrise. Silente capì che il momento di estrema confidenza era finito anche quell'anno, e riprese il tono da eccentrico Preside autoritario. "Ora vai, ragazzo, dai tuoi amici e dai tuoi fratelli, mentre i scrivo ad Azkaban: rivoglio indietro il mio guardiacaccia!"
Harry abbracciò Martha e Sirius, ridendo.
"Sei stato grande, Harry." Gli disse la donna. "Abbi cura di te e dei ragazzi, okay?"
"Ci vediamo al binario tra una settimana, campione." Gli disse Sirius. "Ci sarà una grossa novità, quest'estate." Aggiunse, strizzandogli l'occhio. Prima che Harry potesse chiedere di più, Padfoot gli fece segno di andarsene, e lui si ricordò immediatamente che Hermione, ora, doveva essere più che sveglia.
Raggiunse la porta e la spalancò, trovandovi l'espressione più furiosa mai vista sul viso di Lucius Malfoy. Sirius e Martha si irrigidirono, mentre Silente mantenne il suo tono pacato. "Buonasera, Lucius." Salutò.
"Allora, è tornato!" sbraitò l'uomo, precipitandosi nella stanza, ignorando i Black e Harry. "L'avevamo sospesa, eppure lei è tornato!"
"Lui è tornato e le cose si sono sistemate, Lucius." Rispose immediatamente Martha. "Questo, di grazia, a cosa ti fa pensare?"
"Mi fa pensare che dovresti farti un po' più i fatti tuoi, Redfort." Replicò Malfoy. "Prendere il tuo maritino e sparire, prima che vi faccia fare la fine dei genitori del ragazzo che avete adottato."
Martha serrò la mano attorno alla bacchetta. "Non osare, Lucius."
In quell'istante, Harry notò l'elfo domestico rimasto nell'angolo della stanza, che fissava Harry a sua volta, indicando il diario e Malfoy, picchiandosi la testa con una mano magra.
Malfoy ignorò l'ira di Martha e si rivolse a Silente. "Quindi, è stato trovato un colpevole?"
"Oh, si." Rispose l'anziano.
"E chi è?"
"Lo stesso dell'ultima volta." Silente raccontò a Lucius Malfoy quanto accaduto, più che certo che lui fosse già al corrente di tutto.
Poco dopo, Sirius seguì lo sguardo di Harry verso l'elfo, ed il ragazzo capì. "Signor Malfoy" disse, gentile. "Non vuole sapere in che modo Ginny è venuta in possesso del diario?"
"Come faccio a saperlo?" domandò lui, con schifo. "Se la ragazza è stata tanto stupida da ..."
"Glielo ha dato lei, signore." Rispose immediatamente Harry. "Davanti ai miei occhi: io, Ginny Weasley e Kayla Black stavamo uscendo dal Ghirigoro quando abbiamo incrociato lei e suo figlio Draco. Lei, fingendo di fare conversazione, ha preso il libro di Trasfigurazione di Ginny e vi ha fatto scivolare dentro il diario."
Sirius non riuscì ad evitare di sorridere, mentre Lucius era rosso di rabbia. "Dimostralo, Potter!" tuonò.
"Oh, questo non è possibile." Replicò Martha. "Il ricordo di Riddle ha finalmente cessato di esistere. Ma in condizioni come questa, Lucius, la parola di mio figlio vale molto più della tua." Martha accennò un sorriso, e per Malfoy fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Dobby, andiamocene!" tuonò nuovamente. L'elfo si affrettò a raggiungerlo, e lui gli diede un forte calcio per farlo atterrare a metà del corridoio.
"Sirius, svelto. Come si libera un elfo?" sussurrò Harry.
Ma Sirius aveva già levato ad Harry il calzino con un colpo della bacchetta. Martha fece segno a Silente di passarle il diario, e subito vi mise il calzino di Harry. "Corri, tesoro: saremo sempre dietro di te."
Harry eseguì, uscendo dalla stanza di corsa.
Martha e Sirius osservarono la scena a una scarsa dozzina di metri di distanza. Harry raggiunse Lucius quasi subito, il quale fu schifato dalla proposta di riavere indietro il diario, ma lo accettò ugualmente. Quando lo affidò all'elfo e questi lo aprì, il suo urlo di gioia fu memorabile.
"Il padrone ha dato a Dobby un calzino!" strillò. "Dobby è ... liberooooo!"
Lucius Malfoy rimase di sasso, poi capì ciò che Harry aveva fatto. "Tu! Per colpa tua ho perduto il mio servitore!" alzò la bacchetta contro di lui, senza notare che Sirius e Martha si stessero avvicinando. "Farai la medesima fine dei tuoi genitori, Potter: anche loro erano degli insulsi ficcanaso!"
Nel momento in cui Martha lanciò l'Incantesimo di Disarmo, Dobby schioccò le dita e Malfoy si ritrovò scaraventato all'indietro, senza bacchetta.
"Presta attenzione, Lucius." Lo avvertì Martha, avvicinandosi. "Harry sarà anche figlio di due insulsi ficcanaso, ma avrà sempre me e mio marito a proteggergli le spalle dai bastardi come te!" Detto questo, posò una mano sulla spalla di Harry, e, accanto a Sirius, se ne andò.
Il giorno stesso, a cena, Hermione Granger si sedette accanto a Robert Black con assoluta nonchalance. "Buonasera, Black." Salutò.
Lui la guardò, e sul suo volto apparve uno splendido sorriso. Tuttavia, rispose con uguale cortesia. "Buonasera, Granger. Gradisce un po' di pasticcio di carne?"
Hermione rispose al sorriso di Robert. "Oh, si, grazie, ho una fame pazzesca: come se fossi rimasta pietrificata per settimane!"
Il giovano Black mise nel piatto della ragazza un'abbondante porzione di ciò che gli elfi offrivano quella sera, mentre Harry e Ron le raccontavano tutto ciò che si era persa, e Robert ascoltava per la prima volta il racconto di quanto accaduto nella Camera.
"Ragazzi, lo sapete tenere un segreto?" domandò Kayla, sedendosi accanto a loro.
"Dipende." Rispose Fred Weasley, ma convertì immediatamente la sua risposta in "Certamente!" quando Kayla lo fulminò con lo sguardo.
"Penelope Light sta con Percy."
Robert scoppiò a ridere, mentre George si ingozzò con la carne.
"Davvero?!" domandò Ron. "Percy ha ... una ragazza?! Cioè, esiste una ragazza che voglia stare con Percy?"
"Se c'è chi va con Robert, c'è anche chi va con Percy." Rispose prontamente Hermione.
"Tu sei solo invidiosa per ciò che non potrai mai avere, piccola Hermione." Rispose Robert, con tono galante.
"Oh, no: non posso invidiare tutte quelle oche che ti strisciano ai piedi, voglio dire io ho un cervello!"
Fu il turno di Robert per scoppiare a ridere, mentre Harry e Kayla osservavano Hermione con aria perplessa. Prima che la più giovane dei tre potesse chiedere spiegazioni, udì una voce che solitamente era arrogante, farsi timida alle sue spalle: "Ehm, Black?"
Sia Robert che Kayla si voltarono verso il giovane Malfoy, ma il primogenito capì subito che il richiamo non era rivolto a lui.
"Credo di doverti delle scuse, per ... per averti accusata ingiustamente di coprire Potter, ecco."
Kayla sorrise. "Scuse accettate, Draco."
"Si, ehm, ecco, ci ... ci vediamo, allora."
Detto, questo, il biondo si allontanò, e tutti, questa volta, fissarono Kayla. "Che volete?!" domandò lei, visibilmente irritata.
"Niente, niente." Disse subito Harry. "Ma porta a casa Malfoy, che ..."
"Papà ti disereda." Constatò Robert.
"Perché avete la convinzione che mi piaccia Malfoy, si può sapere?"
"Per come lo guardi, Kayla." Le rispose Hermione.
"Oh, e tu come guardi mio fratello?" replicò immediatamente la Serpeverde.
Fu così che i ragazzi conclusero l'anno scolastico. Robert non trovò tracce di Alex, Kayla riuscì ad avere un dialogo pacifico con Draco, durante l'ultima lezione di Incantesimi, augurò a Piton buone vacanze e lui le disse di non cacciarsi nei guai. Harry venne acclamato, nuovamente, come l'eroe dell'anno, e la sola cosa a cui pensò sul treno per Londra era che sperava che quei dieci giorni passassero in fretta: aveva davvero voglia di scoprire di quale 'sorpresa' parlasse Sirius.
"Che cosa?!"
"Kayla, ti prego, prova a capirci."
"Che vuol dire ' problema con l'impianto idraulico', mamma?"
"Che dovremo stare lontani da casa per un po'."
"Ma a casa ho tutte le mie cose!" protestò la ragazzina, seduta in auto.
"Oh, no: zia Rose ha già portato tutte le tue cose nella casa di papà."
"Io amo la mia stanza, mamma. È così grande!" tentò di nuovo.
"Potrete scegliervi la stanza più bella." La consolò Sirius. "E poi, casa di mia madre è tutta verde e argento."
"Oh, bello! Come rimanere nei sotterranei anche d'estate!"
Martha rallentò ad un semaforo babbano, guardando sua figlia imbronciarsi ed incrociare le braccia: anche lei, si disse, era cresciuta troppo in fretta.
"Perché voi due maschietti non dite niente?" domandò Sirius, girandosi ad osservarli.
"Oh, immagino che ci sarà da divertirsi!" esclamò Robert. "Poso invitare Fred e George?"
"Certo, tesoro." Rispose Martha. "Harry, cosa ne pensi?"
"Sembra quasi che ci stiamo nascondendo." Rifletté lui.
Robert fu quasi sicuro di aver visto le mani di sua madre stringersi attorno al volante. "Ma no." lo rassicurò allora il primogenito. "Siamo solo una famiglia che cambia spesso casa."
"Non ti illudere, Robert: non credo che Hermione verrà a stare da noi." Lo prese in giro Kayla.
"Oh, perché non inviti Dracuccio?" rispose l'altro. "Papà e mamma ne sarebbero felici!"
Harry scoppiò a ridere, mentre Martha inchiodò. "Sentite, dannatissimi Black: non è facile guidare in una strada babbana, e mi sareste davvero d'aiuto se rimaneste fermi!"
Sirius, Robert, Kayla e anche Harry si misero a sedere composti e, fino a quando Martha non ebbe parcheggiato, poco lontano da Grimmauld Place, nessuno disse una parola.
"Ragazzi, chi ha vinto la Coppa delle Case?" si informò Sirius, scendendo dall'auto.
"Grifondoro." Ringhiò Kayla. "Silente dà loro punti bellamente a caso!"
Harry finse di non saperne niente, ma sorrise. Sirius gli scompigliò i capelli, afferrando la sua valigia.
"Perché non la fai Levitare?"
"Perché è un quartiere di Babbani." Rispose Robert, afferrano il suo baule.
"Meglio non dare nell'occhio." Aggiunse Martha, dirigendosi verso una delle tante case. I ragazzi, immediatamente, notarono che si era fermata dove il numero tredici ed il numero undici combaciavano. Sirius raggiunse Martha immediatamente, ed entrambi si guardarono attorno svariate volte. Dopo un paio di minuti, le case si mossero, lasciando che tra il tredici e l'unici apparisse la casa numero dodici.
Appena Sirius mise piede in quella casa, spalancando la pesante porta scura, si sentì invadere i polmoni del soffocante profumo che sua madre si spruzzava ogni mattina. Tenne la mano sulla bacchetta, in attesa che una qualche trappola lasciata da Walburga lo riconoscesse, ma niente: di lei nemmeno l'ombra. Alzò lo sguardo, e per un secondo gli parve di vedere Regulus attaccato al corrimano delle scale, mentre lui se ne andava di casa e Orion urlava cose sul disonore.
"Quella vacca non può avermi reso le cose così semplici."
"Sirius!" lo richiamò Martha sottovoce. "Non dire queste cose!"
"Inutile negare, Redfort: Walburga era una vacca."
Poi si ricordò una cosa: non era il primo ad entrare lì dentro dopo un decennio, poiché Rose, Remus e Tonks stavano lavorando da due giorni per renderla vivibile. "Moony!" strillò.
"Chi altri osa profanare la casa dei miei padri?!" tuonò una voce femminile davanti a lui.
Lui la riconobbe immediatamente. Fece due passi in avanti, e si trovò davanti ad un ritratto di sua madre in dimensioni reali. "Buongiorno, mammina." Ghignò.
Robert, Kayla e Harry, incuriositi, si avvicinarono a Sirius. La giovane Serpeverde si portò una mano sul viso: quella donna era identica a lei, solo più vecchia e con uno sguardo furioso che la piccola mai aveva adottato.
"Oh, Padfoot, maledetto te: ero appena riuscito a farla stare zitta!" esclamò Remus, apparendo all'inizio delle scale.
Ma Sirius non riuscì a rispondere, perché fu interrotto da una voce rauca che conosceva bene.
"Padron Sirius! Oh, è tornato a casa: padron Regulus sarebbe così contento!"
Kayla abbassò lo sguardo con aria schifata. Trovò, sotto di sé, un elfo fin troppo vecchio e rancoroso. Di nuovo, Sirius non fece in tempo a rispondere, perché l'elfo aveva abbassato la voce ed eliminato il tono gentile: "Oh, se la mia padrona sapesse ... lui, il Traditore, con la moglie Mezzosangue ... rinnegati, rinnegati ... e poi, i Black impuri! Oh, se la mia padrona sapesse che anche il ragazzo che ha sconfitto l'Oscuro Signore è qui, oh, se sapesse ..."
"Kreacher, ti prego, smettila di blaterale." Ordinò Sirius.
"Come desidera, padrone!" esclamò la creatura, sparendo.
"Tu!" tuonò il quadro. "Vergogna della mia carne, traditore del mio sangue, come osi tornare sui tuoi passi?"
"Lui non ti deve una spiegazione, Walburga." La interruppe Martha con tono fermo.
"Oh, tu, ladra, feccia, sgualdrina, non ..."
"Immagino che tu sia mia nonna, eh?" Robert, senza dubbio, era quello che si divertiva di più. "Beh, piacere, sono Robert Sirius Black." Detto questo, sul suo viso apparve un ghigno Malandrino.
La donna de quadro passò lo sguardo dal nipote al figlio. "Vergogna della mia carne, come hai osato? Come hai potuto accoppiarti con una Mezzosangue e dare alla luce un Black impuro, come ..."
"Oh, si: era proprio nostra intenzione avere un figlio a diciassette anni!" esclamò Martha, sorridendo.
"Fuori dal matrimonio, per giunta! Tu, sporco Traditore, se tuo padre sapesse dell'erede impuro che hai donato alla Nobile e Antichissima Casata ..."
"Siamo due, in realtà." Si difese Kayla, che era rimasta dietro a sua madre.
"Oh, voi, piccoli impuri, non ..."
"Dimmi, nonna" la interruppe nuovamente Robert. "Impuro è l'insulto peggiore che conosci, vero?"
"Essere impuri è la cosa peggiore per un Black, ragazzo, non ..."
"E tu quanto pura sei, nata da un incesto?" rispose prontamente il primogenito, facendo ridere il Malandrini come non facevano da tempo.
"Mamma?" sussurrò Kayla. Martha la guardò. "Voglio tornare a casa."
"Siamo a casa, Kayla. Casa è dove siamo noi, ricordatelo sempre." Le baciò la fronte e poi annunciò: "Ognuno scelga la camera!"
Kayla fissava impietrita le due porte che aveva davanti. Erano assolutamente identiche, distanziate da mezzo metro circa. Sulla prima c'era il nome di Sirius, ma sulla seconda c'era un nome che mai aveva sentito: Regulus. Non conosceva la storia di quell'uomo, ma sapeva dai racconti di Robert che era stato suo zio. Rimase appoggiata al baule a fissare le due porte.
"Tu lo adoreresti, Regulus." Disse la voce di Sirius alle sue spalle.
Si voltò e guardò suo padre. "Dici?" domandò, curiosa.
"Si, si: tu lo ricordi molto, in alcune cose."
Kayla abbassò la testa, tornando a fissare le due porte. "Per quanto hai vissuto qui?"
"Quindici anni." Rispose lui. "Non c'è una scelta giusta o una scelta sbagliata, principessa: puoi aprirle entrambe e decidere."
"Si, lo so." Ammise lei. "Sono uguali, dentro?"
"No, no: una è ordinata, con i colori di Serpeverde, la spilla da Prefetto appesa e niente fuori posto. La seconda ha sciarpe Grifondoro appese, poster di modelle babbane appesi con incantesimi di Adesione Permanente, libri ovunque, foto sparse, l'armadio è rotto, e ..."
"Okay, afferrato." Lo bloccò lei. "Prendo quella di tuo fratello." Senza pensarci, spalancò la porta con scritto il nome dei secondogenito, trovandosi in una spaventosa riproduzione del dormitorio Serpeverde. Vi si addentrò con cautela, mentre Sirius rimaneva sulla soglia, ad ammirare quanto Regulus fosse rimasto pignolo e attento ai dettagli fino alla fine: i libri erano in ordine alfabetico, le camicie nell'armadio piegate e le giacche appese. Il letto aveva l'aria morbida e la lampada sul comodino sembrava essere stata spenta solo un paio d'ore prima. Ma fu un'altra cosa ad attirare l'attenzione di Padfoot: incorniciata, accanto al letto, vi era una foto magica di due bambini quasi identici, con i capelli neri e gli occhi grigi, la pelle diafana e un sorrisetto pestifero. Sirius riuscì a distinguersi da Regulus solo perché, visti i due anni di differenza, lui stava in piedi mentre il secondogenito era seduto a terra, con le gambe cicciottelle dei bambini che ancora non camminano.
Improvvisamente, il Sirius bambino tese le mani verso suo fratello, aiutandolo ad alzarsi. Ma Regulus si fidò troppo della forza di Sirius, e, senza volerlo, caddero entrambi, scoppiando a ridere. Pochi secondo dopo, la scena si ripeté. Si sedette sul letto e la afferrò, mentre Kayla spalancava la finestra, disperdendo l'odore di chiuso e di perfezionismo. Notò che suo padre teneva in mano quella foto, e si sedette accanto a lui, senza sapere cosa dire.
"Tuo zio era un grande uomo. È stato un bastardo, ma è morto da eroe. Sii fiera di assomigliargli tanto, principessa."
Kayla ne era sicura: la sua voce tremava.
"Ti dispiace se la tengo, questa?" domandò poi.
"Papà, è già tua." Gli rispose.
Sirius si alzò dal letto e si affacciò al pianerottolo: Robert aveva stracciato Harry a morra cinese, ottenendo la camera con i poster di modelle babbane.
"Ma le teste di elfo le togliamo, vero?" domandò Rose, a cena. "Voglio dire, fanno paura."
"Non credo si possano togliere." Rispose Andromeda Tonks. "Se non ricordo male, Orion ci era davvero affezionato."
"Ecco: bruciamole." La contraddisse Sirius. "Non ti preoccupare, Rosalie, dobbiamo solo capire come hanno agito i miei e levare ogni cosa."
"Ma come fai a dire questo di Orion, Padfoot?" domandò Martha. "Io farei di tutto per avere indietro mio padre anche un solo minuto, e tu ..."
"E anche io farei di tutto per riavere indietro Charlus Potter anche un solo minuto: Orion era l'uomo che mi ha insegnato a impugnare la bacchetta e montare su una scopa, ma Charlus Potter mi ha insegnato a vivere, mi ha insegnato cosa significa avere una famiglia."
Dopo queste parole, sul tavolo calò un silenzio teso e carico di ricordi.
"Ci sono cose interessanti, comunque. Ad esempio" Rose alzò il cucchiaio che aveva accanto al piatto "le manie di egocentrismo con lo stemma della Casata ovunque."
"Ci fai un sacco di soldi, con quelli." La informò Tonks.
"Oh, davvero?" domandò Rose. "Potrei aprire un traffico illegale di oggetti originali dei Black per arrotondare." Ironizzò.
Robert si schiarì la voce. "Papà?"
Sirius alzò la testa.
"Hai vissuto qui fino al quinto anno, giusto?"
Lui annuì.
"Allora, come hai applicato Incantesimi di Adesione Permanente, se eri minorenne?"
"Non so se hai notato, Robert: a me le regole non stanno simpatiche." Rispose Sirius.
Harry sorrise. "E non ti hanno detto nulla, i tuoi genitori?"
"Oh, mi hanno detto di tutto: per quello me ne sono andato!"
Martha decise che era ora di troncare il discorso sul nascere. "Domani sistemeremo il salotto." Annunciò.
"Oh, non ci tengo." Precisò Sirius. "C'è l'arazzo con l'albero genealogico."
"C'è anche un sacco di spazio che guadagneremmo, libri storici, il camino, e ..."
"Esiste un arazzo con l'albero genealogico dei Black?!" domandò Kayla.
"In effetti, si. Ma non è importante, davvero."
"Andavi molto d'accordo con tua mamma, eh?"
Sirius sorrise. "Sì, così pare." Poi tornò a guardare Martha. "Ad ogni modo, tesoro, potresti chiedere aiuto al nostro caro elfo."
"Nemmeno se mi mozzassero una mano, amore." Mise un'evidente nota di finto disprezzo nella parola 'amore', come Sirius aveva fatto con 'tesoro'. Si alzò e, con un gesto della bacchetta, raccolse i piatti. "Vedi? Me la cavo benissimo da sola!"
Andromeda rise. "Che hai contro gli elfi?"
"Oh, niente: Kreacher è adorabile!"
Nessuno riuscì a trattenere le risate, e poco dopo Andromeda se ne andò, mentre Rose, Tonks e Kayla, ridendo, seguirono Robert a guardare i poster che Sirius aveva attaccato, Harry rimase seduto a quel lungo tavolo di legno scuro. "Sei agitato perché devi tornare dai tuoi zii?" domandò Martha, cercando di decifrare la sua espressione.
"Fosse per me, rimarrei con voi per sempre."
Martha sorrise. "Fosse per me, ti terrei sempre con me."
Harry ricambiò il sorriso: non sapeva cosa si provasse per una madre, ma era sicuro che l'affetto che sentiva per Martha si avvicinasse molto all'amore di un figlio per la madre.
"Che cosa?!" Robert quasi saltò sulla sedia. "Quindi è per quello che siamo qui! Per Minus!"
"Abbassa la voce, per Salazar!" lo rimproverò Martha. "Tua sorella non deve sentire!"
"Ma è vivo, quindi? Ed è a spasso per Londra?" domandò, schifato.
"Non lo sappiamo, ma sicuramente non è morto." Rispose Sirius. "Ora, pulce, la sola cosa importante è che Harry rimanga all'oscuro da questa faccenda quanto più possibile: non la prenderebbe affatto bene, se sapesse come stanno davvero le cose."
"Pensi che se io mi trovassi davanti quello schifoso ci parlerei amichevolmente, Padfoot?" domandò il ragazzo.
"No, affatto: ma ti credo abbastanza responsabile ed affezionato a Harry da sentire che l'istinto di proteggerlo è più forte dell'istinto di vendicare James e Lily!"
"Quell'uomo è la ragione per cui lui è orfano, e per cui tu sei stato lontano da noi per dieci anni! Non dirmi che non avresti voglia di ammazzarlo!"
"Harry ha una famiglia, ora." Rispose duramente Martha. "E tuo padre è qui. È questo che conta, il rancore e la sete di vendetta ti corroderanno lo stomaco, Robert."
"Non è rancore, è odio." Precisò il ragazzo. "E tanta rabbia!"
"Ed è qui che sbagli." Lo riprese la madre. "Stai mettendo al primo posto te stesso, mentre in questo caso dovresti mettere davanti Harry."
Robert si alzò e iniziò a fare avanti e indietro per la cucina. "E Kayla?" domandò, passandosi una mano tra i capelli. "A lei, che dirai?"
"Le stesse cose che diremo a Harry." Rispose Sirius. "Diremo che Peter è coinvolto nella morte di James e Lily, non che ne è il colpevole. Diremo loro solo ciò che possono sopportare, Robert."
"Le bugie sono insopportabili, Sirius."
Padfoot rimase colpito dalla freddezza con cui Robert lo aveva chiamato per bene.
"Lo sappiamo." Rispose Martha. "E fa male anche a noi nascondere le cose. Ma pensaci un secondo: come credi reagirebbe tuo fratello se sapesse che è per colpa di Wormtail che i suoi genitori sono morti?"
Robert finse di pensarci, ma sapeva benissimo come Harry avrebbe reagito, impulsivo com'era. Bastava pensare che pochi giorni prima aveva aperto la Camera dei Segreti per salvare Ginny Weasley. "Okay." Disse.
"Ho bisogno di sapere che stai dalla nostra parte." Disse Sirius con aria cupa.
"Beh, dalla tua parte fino alla morte, papà."
Sirius alzò lo sguardo, fiero di suo figlio: era quella la sua miglior vendetta tra quelle mura. Essere riuscito a creare una famiglia assolutamente normale, essere riuscito ad amare i suoi figli e ad avere accanto la donna della sua vita. Alla faccia dei loro matrimoni combinati e arazzi bruciati!
Guardò Martha, e poi guardò Robert: era quello, era la sua nuova famiglia (Martha, Robert, Harry e Kayla) erano loro il suo vero riscatto a quanto Orion e Walburga gli avevano portato via.
Sirius osservava il viso addormentato di Kayla, posato sulla sua pancia. Dormiva beatamente, come una vera principessa: niente sembrava in grado di disturbarla. Si era addormentata poche ore prima, dopo aver convinto Sirius a leggerle un libro a alta voce. Padfoot aveva borbottato che non aveva mai letto un libro in vita sua – fatta eccezione per il libro di poesie che Martha gli regalò il loro primo Natale: quello lo teneva ancora sul comodino – mentre sua moglie aveva giustificato il comportamento della bambina dicendo che, probabilmente, aveva chiesto a suo padre di leggerle quel libro perché era una cosa che nella sua infanzia le era mancata. Lui allora si era lasciato convincere da questo, e, mentre leggeva quel libro chiamato Il principe Caspian si domandava per quale motivo Remus aveva consigliato alla figlioccia libri che parlassero di un mondo magico nascosto dietro un armadio. Aveva messo subito da parte questo quesito, perché Kayla, prima di chiudere gli occhi, gli aveva confessato che lei amava il principe Caspian, per le ricordava il suo papà.
Perfetto, aveva pensato Sirius. La ragazzina è già innamorata.
Così, quando lei era delicatamente scivolata tra le braccia di Morfeo, lui aveva continuato a leggere quel libro con interesse. Si stava meravigliando di come per i quattro ragazzi fosse passato un solo anno, mentre a Narnia ne erano passati milletrecento, quando trovò, tra una pagina e l'altra, una foto magica.
Non ci mise più di qualche secondo per riconoscere i due soggetti: erano lui e Martha, il giorno del loro matrimonio. Ancora si stupì per la bellezza disumana di Martha, quel giorno. Stava per posarla, quando notò che, da una pagina più avanti, spuntava un'altra foto. Una foto che lui non aveva mai visto.
Era Martha, sudata e stanca, come lui l'aveva vista solo in sala parto, ma, questa volta, gli occhi della donna erano vuoti. Spenti. Sirius ci mise qualche secondo per collocare nel tempo quella foto: Martha teneva in braccio un neonato avvolto in una tutina rosa, e, accanto a lei, gli occhi vispi di Robert ed i suoi riccioli ribelli davano allegria all'immagine. Quello era, senza alcun dubbio, il giorno della nascita di Kayla. Sirius sentì il cuore stringersi nel petto: quello, per lui, ad Azkaban, era stato un giorno come gli altri, privo di ogni valore, di ogni emozione diversa dalla rabbia. Il solo pensiero che lo aveva tenuto in vita era la limpida consapevolezza di essere innocente, ed il ricordo di Martha. Martha, Martha, Martha, la donna della sua vita, che, inconsapevolmente, lo aveva tenuto in vita per dieci anni.
Fu la stessa Martha, che, in quell'istante, aprì la porta della stanza appartenuta a Regulus, trovandovi Kayla addormentata su suo padre con aria beata,e Sirius intento a leggere un libro. "Mi stavo preoccupando." Sussurrò.
Lui rimase a guardarla, così, in piedi, con la mano sulla maniglia, per qualche secondo. "Lo sai che se qui passa un anno a Narnia possono passarne anche milletrecento?"
Lei sorrise. "Si, li ho letti, quei libri."
"Davvero?" s'illuminò lui.
"Si, al sesto anno: li ho consigliati io a Remus."
Sirius scosse la testa. "Quell'uomo mi delude." Scherzò.
Lei sorrise. "Hai intenzione di dormire lì?"
Padfoot guardò il viso della ragazzina. "Se serve a recuperare gli anni persi, si."
Martha lo guardò, e, con passi leggeri, si avvicinò a lui e gli baciò dolcemente le labbra. "Come quando eravamo in dormitorio." Scherzò. "Buonanotte, Padfoot. Vengo a svegliarti per colazione."
"Ti amo, Martha." Sussurrò lui.
"Ogni tanto fa bene sentirselo dire."
Si baciarono di sorrisi. Poi lei si allontanò, chiudendo la porta dietro di sé. Quando la signora Black si ritrovò in un letto matrimoniale da sola, si costrinse a convincersi che suo marito non l'avrebbe nuovamente lasciata: era di sopra, con la loro bambina. Nonostante questo, non riuscì a non stringere il cuscino del marito, come faceva sempre quando era sola.
Così, quando all'alba Sirius scese in camera loro, la trovò abbracciata al cuscino con espressione preoccupata, e, immediatamente, capì quali erano stati i suoi pensieri della sera prima. Quindi sistemò a cucchiaio dietro di lei, e le sussurrò "Sono qui, Martha."
Lei, nel sonno, sorrise.
"Redfort!"
Martha si bloccò, di colpo. Beccata.
Le sembrò tanto di essere tornata a scuola, quando scorrazzava per i corridoi di notte, per combattere l'insonnia e scoprire la bellezza di quel castello al calar del sole. Ma ora, la faccenda era molto più seria: non era stata beccata dalla McGranitt o dal Caposcuola che faceva la ronda, no. Quello sarebbe stato un lusso.
Si voltò e riconobbe il viso di Kingsley Shacklebolt.
"Redfort, che ci fai qui?" domandò l'uomo, quando fu abbastanza vicino.
"Oh, ma io non sono qui." Rispose lei, immediatamente. "Io sono a casa Black, nascosta come se la criminale fossi io. Tu non mi hai vista."
Fece per andarsene, ma Kingsley le afferrò un braccio. "Se non mi dici per quale motivo sei al Ministero alle sette di mattina, giuro che lo dico a Silente."
Martha si finse offesa. "Ti prego, Shacklebolt: Silente manderà me, Sirius e i ragazzi in Norvegia fino al primo settembre, se sa che sono stata qui!"
"Che hai contro la Norvegia?"
"Fa freddo! Ed è lontana!"
"Esatto." Ribatté l'uomo. "Allora dovresti dirmi che diamine ci fai qui."
Lei studiò il viso dell'uomo per qualche secondo. "Voglio sapere a che punto siete con le ricerche di Minus."
"Oh, benissimo: proprio quello che non posso dirti!"
"Tu no, Kingsley, infatti non stavo cercando te."
"Non andrai a torturare i tuoi stagisti, vero?"
Di nuovo, Martha si sentì colta con le mani nel sacco. Per conservare la sua dignità, decise che sarebbe stato meglio non rispondere.
"Martha!" la richiamò l'uomo. "Non è del tutto etico, trattarli male e poi sfruttarli!"
"Oh, ci sono un sacco di cose al mondo che non sono etiche! La prima è che io sia chiusa in una casa con il quadro parlante di mia suocera all'ingresso!"
Kingsley non riuscì a non sorridere. Poi si guardò attorno, come preoccupato. "Non posso dirti che non abbiamo niente, su Minus."
"Niente?!" domandò lei. "Come niente? Oh, dì a quel troll di Caramell di farmi tornare a lavorare, io posso trovarlo!"
"No, non puoi. Però c'è una cosa che potresti fare per me."
Martha scrutò il volto del collega. "Che genere di cosa?"
"Dovresti parlare con una persona. Un uomo che chiede di te."
"Oh, no. Non ci penso proprio, conoscendoti ti sei messo d'accordo con Malocchio per portarmi da uno strizzacervelli."
"Nessun strizzacervelli: è uno Spezzaincantesimi." Rispose l'uomo, fiero.
"E che ho a che vedere io, con uno Spezzaincantesimi, di grazia?"
Ma Kingsley le aveva fatto segno di seguirlo, in silenzio. Lei, furiosa, era stata presa da quel suo vecchio istinto curioso. Perché uno Spezzaincantesimi voleva parlarle? Forse era stato un'avventura di Rose e stava cercando lei, non Martha. Probabile: non sarebbe stata la prima volta.
Kingsely, dopo parecchi giri assurdi, la condusse ad una stanza chiusa nell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, e Martha era troppo presa dal fissare quello che probabilmente era un mago africano Evocare un'intera tribù impegnata in una danza tipica per notare l'uomo estremamente affascinante seduto dietro la scrivania.
Avvertì l'inconfondibile sensazione di averlo già visto.
Dovette guardarlo bene, per metterlo a fuoco. Aveva dei giganteschi occhi scuri, ma erano tutt'altro che caldi. Erano freddi, vuoti, e con uno sguardo, ne era sicura, avrebbe potuto uccidere qualcuno. Era pallido, con lunghi capelli scuri legati in una coda tenuta composta sulla schiena. Se ne stava seduto dietro la sua scrivania, con in mano la bacchetta e un sorrisetto soddisfatto, guardola attraverso degli occhiali rettangolari con una montatura dorata.
"Tu devi essere Martha."
Nel momento in cui parlò, si rese conto perché le era sembrato di averlo già visto. Era identico a Rose.
"Dipenda da chi sei tu."
Non sapeva dire perché, ma quell'uomo la innervosiva. Aveva un tono saccente e sembrava credersi il re del mondo.
"Oh, che maleducato. Mi chiamo Aaron White." Si alzò e le porse la mano, mantenendo il sorrisetto soddisfatto. "La ringrazio, Shacklebolt, per avermela portata. Aveva ragione, sa? Dal vivo è ancora più bella."
Martha si voltò verso Kingsley, rivolgendogli uno sguardo furioso. L'uomo, senza indugi si dileguò, e Martha provò un irrefrenabile desiderio di urlargli contro che gliel'avrebbe fatta pagare cara.
Non fece in tempo a fare niente, però, perché Aaron White richiamò la sua attenzione. "Posso offrirti da bere, Martha?"
"No, grazie." Rispose lei. "Vado di fretta."
"Prego, allora: siediti pure. Come fossi a casa tua."
Martha, dubbiosa, si sedette davanti al quell'uomo dall'aria familiare, aspettando che lui le rivelasse la natura di quell'incontro.
"Tuo padre si chiama Robert Redfort, è esatto?"
"Sì."
"E tua madre e tuo padre si sono sposati nel 1957."
"Sì."
Insomma, che scherzo di cattivissimo gusto era, quello? E come faceva quell'uomo a sapere quelle cose?
"Oh, grandioso! Ora, dimmi: ti risulta che tuo padre abbia fatto un viaggio in Australia, diciamo,pochi mesi prima di conoscere tua madre?"
"Sì. Due anni prima di sposarsi."
"Oh, perfetto." Si girò sulla sedia. "Davvero, davvero perfetto."
"Scusa, White, perché questo ti sembra perfetto?"
"Perché io sono nato in Australia. Due anni prima del matrimonio dei tuoi genitori, e, diciamo, nove mesi dopo il viaggio di tuo padre nella cittadina natale di mia madre."
Martha incrociò le braccia sul petto. "Complimenti. Cosa intendi dire?"
"Non lo so: che succede, di solito, in nove mesi?"
"Ho tre figli, White: so come funziona." Rispose lei, sempre più infastidita.
E aveva la maledettissima impressione che quell'uomo stesse insinuando di essere figlio di Robert Redfort. Come si permetteva?
"Tre? Perché su tutti gli articoli su tuo marito se ne citano solo due?"
Martha alzò gli occhi al cielo. "Non è affare tuo, come funziona la mia famiglia."
"Oh, davvero? Perché mia madre, Amelia White, ancora sostiene che mio padre si chiami ...."
Non lo stava per dire.
"... Robert John Redfort."
Lo aveva detto.
"Tua madre ha molta fantasia, White." Rispose pronta, con un sorrisetto sarcastico. Le sembrò quasi di vedere James sorridere di quella risposta.
Forse, quella prima settimana a Grimmauld Place le aveva dato il sangue freddo che aveva contraddistinto i Black per generazioni.
"No, Martha, non credo: negli ultimi trentotto anni, mia madre ha sempre avuto ragione."
"Mi dispiace deluderti, Aaron White dei miei stivali, ma sono più che sicura che mio padre me lo avrebbe detto, se io e mia sorella avessimo avuto un terzo fratello."
"Semplicemente, tuo padre non lo sa." Sorrise lui. "Perché non gliene parli? Mi piacerebbe molto incontrarlo."
Martha scrutò l'uomo, di nuovo curiosa, mentre nella sua testa vide Rose piegata dal dolore alla notizia della morte di Robert Redfort, nell'ufficio di Silente. "Sei venuto fino a qui dall'Australia per domandarmi di parlare con mio padre?"
"No, in realtà, ero anche estremamente curioso di conoscere te e Rosalie. E i miei nipoti. Poi vorrei fare un Incantesimo del DNA, nel caso Robert non fosse sicuro, ma ho delle foto e delle prove schiaccianti."
Martha si fece interessata. "Foto?"
"Foto dei miei genitori insieme in Australia, nel loro breve ma intensa storia d'amore."
"E perché non te le tieni per raccontare una bella favola ai tuoi figli?"
"Perché lui è ripartito prima che lei si rendesse conto di aspettare me: questo non la rende una bella favola."
Martha si lasciò nuovamente andare sullo schienale della sedia. Forse, quello che stava dicendo quell'uomo, in parte era vero. Sicuramente, Robert aveva avuto moltissime donne prima di Marie, e non era da escludere che magari avesse commesso delle distrazioni. I figli illegittimi erano una realtà nascosta, erano una cosa di cui semplicemente nessuno parlava mai. Ad esempio, di Black illegittimi ne era pieno il mondo. Solo che nessuno mai aveva osato dirlo.
"Allora" la richiamò l'uomo. "credi di potermi annunciare a Robert?"
Martha si ritrovò costretta a scuotere la testa. "Robert John Redfort è morto il ventisei marzo millenovecentosettantotto, mio caro Aaron White."
Aaron fu visibilmente scosso da quella notizia. "Non sta scritto da nessuna parte ..." disse, sconcertato.
"No, certo che no: è stato ammazzato a sangue freddo sulla soglia della casa dei cugini di mio marito. Al Ministero non fa comodo ricordarlo o scriverlo da qualche parte."
Aaron sembrò pensarci sopra ancora un pochino. "Oh ... mi dispiace, Martha, io ... quanti anni, avevate, voi? Sarei potuto arrivare prima, sarei ..."
"Non ha importanza. Io ero incinta e comunque c'era la guerra, qui. Solo uno stupido sarebbe venuto qui a cercare un uomo che crede suo padre." Rispose Martha, con tono dolce, per la prima volta da quando aveva messo piede in quell'ufficio.
"No, no: io non credo che lui sia mio padre, io ne sono sicuro."
"E io non credo che mio padre non mi avrebbe avvertita di una cosa simile, White: era davvero un brav'uomo."
"Lui non lo sapeva."
"Gli uomini lo sanno sempre."
"No, non è vero." Poi batté un pugno sul tavolo. "Mia madre ... sarà distrutta ... lei lo amava, lo ... lo ha sempre amato."
Il dolore nello sguardo di quell'uomo era quanto di più reale avesse mai visto. Evidentemente, al mondo aveva solo sola madre. Avrebbe tanto voluto dire che Robert amava Marie, l'aveva sempre amata, perché loro erano il principio del mondo, ma lui scattò.
"Vorrei fare comunque l'Incantesimo del DNA. Con te, o con Rosalie. Per avere delle certezze."
"Hai appena detto che sei certo che Robert fosse tuo padre."
"Oh, infatti lo sono: le certezze sono per voi."
Martha lo guardò, allibita. "Senti, mio padre non ha lasciato soldi, se è questo che ti interessa."
"No, non è quello. È che vorrei provare ad avere una vera famiglia, per una volta nella vita."
"Ma la famiglia non è una questione di sangue, White, non solo." Sorrise lei amorevolmente.
"Che intendi dire?"
"Hai presente che ho detto di avere tre figli? Ecco, in parte hai ragione tu: io ho messo al mondo due bambini, e quasi tre anni fa ho adottato il figlio dei miei migliori amici."
Aaron la guardò, inclinando la testa. "E i tuoi amici dove sono?"
"Merlino, White, ma in Australia siete tagliati fuori dal mondo?!"
"Ciao, nonna." Kayla passò accanto al quadro con aria curiosa.
La donna del ritratto rispose subito. "Tu! Piccola feccia, che porta il nome di una Sanguesporco, come ..."
"Come facevi a domare i ricci?" domandò la bambina. "Voglio dire, non stanno mai a posto!"
"I ricci, ragazzina? Cosa c'entrano i ricci?!"
"Li trovo bellissimi ma insopportabili. Quelli di mio fratello e papà sono belli ed eleganti, i miei sembrano un cespuglio!"
Kayla era in pigiama, con i capelli che sopra la testa sembravano davvero un brutto incrocio tra un cespuglio ed un nido di rondine. Quelli della donna nel quadro, invece, erano raccolti dietro la testa, ma Kayla era sicura che anche i suoi fossero stati indomabili, al tempo.
"Certo che i loro sono belli ed eleganti, sono uomini!" esclamò il ritratto. "Oh, se il mio caro marito sapesse ... se solo ..."
"Kayla?" domandò Sirius, scendendo le scale. "Che stai combinando?"
"Sto chiedendo alla nonna come faceva a rendere belli i suoi capelli, visto che i miei sono orribili." Rispose lei.
Sirius scosse la testa. "Avrei potuto dirtelo io, come faceva."
"Si, ma tu dormivi. E la mamma non c'è."
Sirius sembrò sorpreso. "Pensavo fosse già in cucina."
"No, no: l'elfo ha detto che è uscita prestissimo, stamattina."
"Kayla, ti ho detto ..."
"Di non parlare con l'elfo, si, lo so: ma tu dormivi." Ripeté.
Lui scrutò la ragazzina, e si rese conto che anche sua madre, nel ritratto, la stava scrutando con il medesimo sguardo. "Mi sembra che Walburga preparasse uno strano intruglio di miele, olio e limone, per ammorbidire i ricci. La ricetta esatta è ancora nell'armadietto del suo bagno." Le disse, dopo un po'. "Era la sola cosa che preparasse con le sue mani." Le si avvicinò e le baciò il naso. "Per me, sei bellissima anche così."
Kayla sorrise. "Grazie, papà." Poi si voltò, domandando alla donna del ritratto e domandandole se quanto appena detto dal padre fosse vero.
"Oh, lui, Traditore, come può rivelare i miei segreti a ..."
"A tua nipote." Disse la bambina. "Scommetto che a te lo disse tua nonna."
Walburga gonfiò il petto con aria offesa. "Non osare dire a nessuno quanto ti ha appena rivelato tuo padre, ragazzina!"
Kayla scoppiò a ridere, come se la donna avesse appena detto qualcosa di estremamente divertente, e poi fece per allontanarsi dal quadro e tornare di sopra, ma l'urlo di Sirius la fermò. "KAYLA!"
Lei corse in cucina. "Che c'è?"
"Corri a svegliare tuo fratello!"
"Che succede?!" domandò, sempre più preoccupata. Sirius stava solo smistando la posta.
"È arrivata una lettere di Alex!"
Sirius entrò in quella che un tempo era stata la sua stanza, provando una sensazione stranissima: Robert, nel letto al centro della stanza, dormiva abbracciato al cuscino, in mutande e con la bocca aperta, come un cane. Era esattamente come Sirius alla sua età, e quando iniziò a chiamarlo per svegliarlo capì tutte le imprecazione di Remus, che per sette anni aveva svegliato lui e James.
"Robert, su, per Godric, svegliati!" esclamò, spazientito. "Oh, al diavolo. Aguamenti!"
E Robert si ritrovò con il viso ed i capelli coperti da acqua ghiacciata. "Aaaargh!" urlò, mettendosi a sedere, e notando suo padre davanti a lui. "Ma che ti prende, per Merlino?" domandò, visibilmente irritato.
"Il sole è alto nel cielo, Robert." Iniziò Sirius.
"Oh, bene. Non è affare mio." Rispose il ragazzo.
"Si, invece: hai quindici anni, quasi, e devi vivere."
"Vivrò dopo le quattro del pomeriggio, allora."
Robert fece per rimettersi a dormire, ma Sirius lo bloccò di nuovo. "Robert Sirius Black."
"Oh, perché tutti siete in fissa con il mio nome intero?"
"Perché è un nome fantastico: lo abbiamo scelto con cura."
"Non è vero, papà: è un nome privo di fantasia." Robert desiderò che quelle potessero essere le sue ultime parole prima di abbracciare nuovamente Morfeo, ma suo padre lo fermò di nuovo.
"Dovresti vestirti e scendere a fare colazione."
"Dov'è la mamma?"
"Non ne ho idea, ma seriamente, dovresti scendere: c'è una lettera di Alex per te."
Robert sembrò recuperare immediatamente le forze, perché si alzò di colpo, e, con addosso solo quei boxer grigi, corse per tre piani di scale.
"Robert, dannazione: ho detto di vestirti! Se tua madre torna e ti vede così, mi ..."
Ma il ragazzo, naturalmente, non lo stava ascoltando: si catapultò in cucina, ignorando bellamente il fatto che Walburga fosse svenuta nel vederlo girare per 'la casa dei suoi padri' così conciato, non si accorse di Remus che era appena entrato in casa, e nemmeno del fatto di aver gettato a terra un paio di sedie per arrivare alla lettera che stava posata su uno dei banconi della cucina.
Si fermò solo quando ebbe la busta tra le mani, ignorando Kayla ed i due Malandrini che se ne stavano in piedi sulla porta della cucina.
"Chiama Tonks, Fred e George." Sussurrò Padfoot a Moony. "Io devo scoprire dove è finita la donna che ho sposato."
"Robert Sirius Black!"
Un ragazza con una folta chioma di capelli rosa acceso bussava insistentemente alla porta di legno scuro con la targhetta 'Sirius'.
"Robert, giuro che sfondo la porta!"
Tonks stava perdendo la pazienza, quando sentì dei passi dietro di lei e vide Fred, George e Remus.
"Che è successo?" domandò Fred.
"Non apre." Rispose Tonks. "E non risponde."
"Qualcuno sa cosa dicesse la lettera?" domandò ancora Fred.
"No." rispose Moony. "Si è chiuso in camera prima di aprirla."
Allora, Tonks picchiò di nuovo la mano sulla porta. "Robert, per Merlino: mi sto arrabbiando!"
Di nuovo, nessuna risposta. Allora, George Weasley si avvicinò alla porta. "Robert, ho della Burrobirra, e me la berrò da solo, se non mi apri."
"Burrobirra alle dieci della mattina?" domandò Remus.
Tonks alzò gli occhi al cielo. "Guardali, Lupin: ti sembra che abbiano con loro delle Burrobirre?"
Remus la zittì con un gesto. "Non importa, Ninfadora."
Tonks non fece nemmeno in tempo a rispondere, perché Robert aprì la porta, e senza che se ne accorgesse i suoi tre amici si erano già catapultati dentro la stanza, ed i gemelli fissavano Tonks.
"Che è successo con Remus?" domandò Fred.
"Niente." Rispose irritata. Ma gli sguardi dei tre Grifondoro lasciavano chiaramente capire che non le credevano. "Mi ha vista brilla in un locale babbano." Sminuì poi.
"Solo questo?"
"Un ragazzo ci stava provando."
"E lui lo ha Schiantato?" domandò Robert ,sorridendo.
"No."
"Ed è questo il problema?" Fred si sedette sulla sedia che stava davanti alla scrivania.
"No. il problema è che mi ha caricata in spalla come un sacco di patate e mi ha portata via."
I gemelli scoppiarono a ridere.
"Vienimi ancora a dire che non vi piacete." La incalzò Robert.
"Ciò che dico è vero, Robert!"
"Certo: anche io, ogni volta che una ragazza ci prova con Fred, poi me lo carico in spalla e lo porto via."
La ragazza, in tutta risposta, gli fece una linguaccia. "Non siamo qui per parlare di me, ad ogni modo."
Fu Robert, allora, a mostrare la lingua. Poi guardò i gemelle e gettò la lettera al centro della stanza.
"Se ne va in Germania." Disse, poi. "E non credo tornerà mai."
Si gettò sul letto, posando i piedi sul muro, e si perse ad osservare il soffitto, mentre i suoi amici leggevano la lettera che lui ormai sapeva a memoria.
Robert,
mi dispiace tanto.
Avrei dovuto scriverti prima. Avrei dovuto farmi viva. La verità, è che ancora sento sulle labbra il sapore di quel bacio, e a volte mi sembra di vederti, tra la gente.
Mi dispiace tanto, Robert.
Mi dispiace di non essermi fermata a parlarti, come prima cosa: ero al castello per prendere i M.A.G.O. – si, così tardi: per un po' ho preferito fare la mamma – ma quando ti ho visto non sapevo come fare. Era come trovarmi davanti tutti i miei rimpianti, che avevano preso la tua forma e la tua voce.
Avrei davvero voluto darti di più, Robert: avrei voluto che avessimo quella possibilità. Sono passata alla stazione, e ho visto la scritta sul muro. Ero con Zoe, nel passeggino, e le ho raccontato tutta la storia. Non temere, gliela racconterò anche quando sarà più grande: gliela racconterò quando la potrà capire, quando potrà capire le scelte che sua madre ha fatto e quando imparerà dai miei sbagli. Vorrei che lei avesse quel domani che noi non ci siamo concessi, un giorno, con la persona che amerà.
Sto piangendo, Robert, e non te lo nascondo. Non posso, non a te. Ho deciso di partire. Io e Zoe andremo a vivere in Germania, con i genitori del suo papà. Lui non la vuole, non l'ha mai voluta, ma loro possono offrirle una bella vita e dare a me un lavoro dignitoso. Magari un giorno torneremo, magari no: non so niente, so che non riesco ad essere felice, così vicina a te. Non sarò felice là, ma proverò ad andare avanti, tenendoti dentro.
Ti prego, amore mio, fa lo stesso. Tienimi dentro.
Tua,
Alex
"Tienimi dentro." Ripeté Tonks.
"Già." Rispose Robert. "Come se lei non fosse già abbastanza dentro di me."
"Lasciala andare, fratello." Lo invitò Fred, passeggiando per la stanza. "Ti sta ammazzando lentamente."
Martha e Rose entrarono nella casa di Grimmauld Place con aria sconvolta, solo nel tardo pomeriggio.
"Martha!" esclamò Sirius, vedendola entrare da fuori dello studio di Orion. Scese le scale di corsa, notando l'espressione vuota della moglie. "Dove eri finita, dannazione? E perché non mi hai avvertito?"
Lei si levò la felpa e rimase con la vecchia maglia rovinata dei Chudley Cannons. "Devo parlarti, Padfoot."
"Si che lo devi fare!" Sbraitò lui. "Ho dovuto pettinare Kayla e tirare insieme un gruppo di amici per dare sostegno morale a Robert, e Harry non risponde alle nostre lettere!" poi, notò che aveva un cerotto sul braccio. "Che hai fatto, al braccio?"
"Incantesimo del DNA." Rispose Rose. "Avrei potuto farlo io, che non sto cercando di rimanere incinta, ma ..."
"Perché hai fatto l'Incantesimo del DNA?" domandò Remus, accanto al suo amico.
"I bambini dove sono?" domandò Martha in risposta.
"In camera."
"Perché abbiamo scoperto di avere un fratello, Remus."
Alla fine della storia, i due Malandrini erano letteralmente a bocca aperta. "Quindi è seriamente vostro fratello?"
"Così ha detto l'infermiera del San Mungo." Rispose Rose al cognato.
"E ora cosa farete?" domandò il Lupo Mannaro.
"Niente, non faremo niente. È un uomo antipatico che cerca di disturbare il nostro precario equilibrio."
"Pensa che voleva conoscere Sirius e i bambini." Aggiunse Rose.
"Secondo me cerca davvero una famiglia." Provò a contraddirla Remus. "Insomma, è solo, lontano da casa, e ..."
"E nessuno lo ha invitato, Moony: avrei vissuto benissimo fino alla fine dei miei giorni senza sapere che mio padre andava in giro a mettere incinte australiane appena conosciute." Rispose Martha.
"Non è che cerca eredità?" azzardò Sirius.
"Gli ho detto che papà non ha lasciato nulla, ma lui ha detto che era venuto qui per conoscere me e Rose."
"E allora che avete fatto?"
"Abbiamo provato a chiedere alla mamma se ne sapesse qualcosa." Rispose Rose. "Ma lei era convinta che noi fossimo sua madre e sua sorella, quindi ..."
Le due abbassarono lo sguardo: il ricovero di Marie in una casa di cura babbana era per loro una sconfitta.
"Come hai detto che si chiama?" domandò Remus.
"Aaron White." Rispose Martha.
"Potremmo dire ai tuoi stagisti di fare ricerche su di lui."
"Non posso mettere piede al lavoro, ricordi?"
Martha si sedette sulle ginocchia di Sirius: era una bellissima abitudine nata in Sala Comune Grifondoro, che non avevano mai perso.
"Oh." Rispose il licantropo. "E ai ragazzi lo dirai?"
Le sorelle Redfort scossero la testa.
"Perché dovrei? Non lo rivedremo mai più."
"Ma è vostro fratello!" protestò Remus.
"No, Moony: mio fratello è morto la notte di Halloween. Non ne voglio un altro."
Remus scosse la testa. "Tu non cambierai mai, Martha."
Sirius sorrise. "A me vai benissimo così."
Lei poi si voltò verso il marito. "Ma che è successo a Robert?"
"Robert, sono la mamma."
Disse, bussando. Non ricevette alcuna risposta.
"Robert, possiamo parlare?"
Bussò di nuovo. Silenzio totale.
"Robert, conto fino a tre."
Incrociò le braccia sul petto e attese una risposta.
"Robert, uno, due ... due e mezzo ... tre."
Silenzio assoluto.
"Per Morgana, Robert, non mi lasci scelta."
Martha si costrinse ad aprire la porta, trovando la stanza assolutamente deserta. "SIRIUS!" strillò. "SIRIUS BLACK, TUO FIGLIO È SPARITO!"
La risposta che ottenne non fu quella che sperava. "MARTHA REDFORT, ANCHE LA TUA MACCHINA È SPARITA!"
Martha si posò le mani sul viso. "Oh, Godric, aiutami."
Kayla uscì dalla stanza accanto, incuriosita dalle urla.
"Ciao, principessa." Le disse Martha, notando che i capelli erano più ordinati: cadevano sulle spalle con eleganza degna di una Black. "Che hai fatto ai capelli?"
"Miele, olio e limone: papà ha detto che la nonna faceva così!"
Martha annuì. "Miele, olio e limone. Un rimedio degno di una nonna." Disse tra sé, sorridendo. "Kayla, Robert ti ha per caso detto dove andava con la mia macchina?"
Kayla annuì. "Si, si: ha detto che non posso dirtelo, ma non è ciò che tu stai pensando."
Sirius, intanto, corse su per le scale e si catapultò in camera di Robert, perché solo lui riusciva ad orientarsi in quel disordine. Guardandosi attorno come un vero segugio, trovò posata sul letto una lettera con la grafia di un bambino.
Robert, ho bisogno di aiuto.
H.
Sirius lesse il biglietto ad alta voce, e poi alzò lo sguardo verso Martha. "Harry!" esclamò.
Martha si passò una mano tra i capelli, con aria sempre più nervosa. "Sirius, prendi la moto. Andiamo a Privet Drive."
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