con gratitudine
Robert si sedette con aria sfinita su una graziosa sedia a dondolo. Davanti a lui, sua sorella era abbracciata da Morfeo. Sembrava serena, nel dormire. Il viso non tradiva nessun tipo di dolore.
La sua vecchia stanza l'aveva accolta con naturalezza, l'intera casa Black sembrava essere rimasta lì ad aspettarli, come se non fosse passato neanche un giorno da quando se ne erano dovuti andare per rifugiarsi a Grimmauld Place, e poi alla Tana.
Era sfinito, puzzava, era pieno di fango e sentiva freddo fin dentro le ossa. Guardare Kayla dormire serena grazie a quei sonniferi del San Mungo, gli permise di ricominciare a respirare ad un ritmo quasi normale, mentre fuori l'alba si preparava a regalare all'Inghilterra un nuovo giorno.
Con passo leggero, qualcuno aprì la porta.
Martha guardò il suo primogenito con aria preoccupata. «Pensavo dormissi da George»
Lui indicò con un cenno della testa la sorella. «Volevo passare a controllare»
«Aaron ha detto che la prima cosa che farà appena si sveglierà, sarà dirtelo»
Lui si mostrò perplesso. «Aaron è qui?»
Martha annuì muovendo qualche passo nella stanza e senza staccare gli occhi dalla figlia. «Sai quando ... quando eravate piccoli, mi rilassava molto guardarvi dormire. Io avevo gli incubi e non riuscivo a chiudere occhio, ma voi accanto a me eravate così tranquilli che guardarvi era la sola cosa che mi aiutasse»
Robert annuì. «Anche la nonna ti guardava dormire» contestò.
Martha guardò Robert con aria interrogativa.
«Una volta ... eravamo andati al Luna Park e siamo tornati tardi, ti abbiamo trovata addormentata sul divano con un libro in mano. Lei ti ha tolto il libro e ti ha messa addosso una coperta. È rimasta qualche secondo a guardarti, poi ti ha dato un bacio in fronte e mi ha detto che nessuno meriterebbe di fare brutti sogni, eppure tu ne avevi sempre fatti e lei ti aveva sempre baciato la fronte, sperando che così potessero passare»
Martha si appoggiò alla finestra per guardare le luci dell'alba e prendersi qualche istante per pensare a sua madre.
«Una volta a me disse ... che Sirius ti guardava dormire perché cercava di capire cosa sognassi. E io le ho detto 'mamma, cosa vuoi che sogni un bambino di pochi mesi?' lei ha sorriso e mi ha detto 'un mondo più semplice'. Sul momento non ci ho dato peso, ma ... è vero. Ogni cosa che tua nonna mi abbia mai detta era vera, mi ci è solo voluto del tempo per capirlo» Sul viso di Martha si dipinse un sorriso malinconico. «E quando Kayla ha compiuto cinque anni, mi ha detto 'questa è una bambina diversa dalle altre, Martha, e non parlo del fatto che sia una strega; intendo che è così sensibile e intuitiva che sarà difficile, per lei, questa vita'. Quando si è innamorata di Fred io ho tirato un sospiro di sollievo, perché sapevo che nonostante tutti i problemi che avrebbero avuto, lui sarebbe stato la persona più adatta per esser il suo porto sicuro, nonostante tutto e tutti. E adesso ... adesso ho davvero, davvero paura»
Robert si lasciò cadere sulla sedia, senza impedire di dondolare avanti e indietro. «Anche io» ammise, sottovoce.
«E ho paura ... ho paura di non essere stata in grado di insegnarle a difendersi da certe cose, da certi dolori. A volte ho paura di non essere stata abbastanza forte da insegnare a voi, ad esserlo»
Robert si alzò e raggiunse la madre per abbracciarla, e lei lo lasciò fare, appoggiando la testa sul suo petto e ascoltando il cuore del ragazzo.
«Non dire mai certe scemenze: se siamo i guerrieri che siamo, è grazie a te»
Kayla si svegliò, ma decise di aspettare qualche secondo ad aprire gli occhi.
Sentiva un profumo diverso, ma non nuovo: profumo di pulito, di cane bagnato, di vecchie coperte. Attorno a lei sentiva dei cuscini morbidissimi e un profumo più che familiare. Le ci volle solo qualche secondo per realizzare: era a casa.
La casa di Watford. La casa che Martha aveva voluto quando Sirius era tornato, la casa piena di stanze con finestre enormi, il tavolo grande per la famiglia numerosa che avevano creato e che volevano attorno.
Erano davvero tornati a casa.
Era davvero tutto finito.
Pensò che forse, allora, si sarebbe potuta permettere di aprire gli occhi. Dopotutto, non entrava in quella casa da anni. Stava per farlo quando si rese conto di non essere sola nella stanza: c'era un altro profumo, e poté udire un lungo sospiro.
«Lo so che sei sveglia» disse suo padre con tono dolce. «E so anche che ci senti»
Lei aprì gli occhi e vide suo padre seduto sulla sedia a dondolo nell'angolo della stanza. «Buongiorno» le disse, sorridendo.
Pensò che forse sarebbe stato il caso di dire qualcosa, ma in quel momento, la porta della stanza si spalancò e Remus Lupin fece il suo ingresso con in mano una tazza di tè bollente. «Oh, buongiorno» disse, sorridendole. Poi, guardò l'orologio che portava nel taschino. «Sei straordinariamente puntuale»
Kayla, di nuovo, si sforzò di accennare un sorriso.
«Vuoi un tè?» le chiese il padrino.
Lei scosse la testa.
«Hai intenzione di dire qualcosa?» domandò Sirius.
Lei ci rifletté qualche secondo. Poi, di nuovo, scosse la testa e si guardò attorno con aria insistente.
«Lo stiamo cercando» rispose Sirius, sebbene lei non avesse parlato. «Io sono appena tornato, la mamma mi ha dato il cambio. Robert, Ron e George non si danno pace. Ti ho giurato che lo troveremo, e lo troveremo»
Kayla sorrise e scosse la testa.
«Mi posso alzare?»
La voce era flebile e la gola le faceva tremendamente male.
«Hai una gamba rotta» rispose Remus, portando una mano avanti come ad impedirle di alzarsi e fare sforzi.
«Non mi interessa» replicò lei velocemente. «Harry con un braccio rotto era stato in Infermeria solo una notte»
«Le fatture di Allock non sono esattamente come quelle di Greyback» sorrise Sirius. «Ci metterai un po' di più a rimetterti in piedi»
«Greyback è morto?»
I due Malandrini annuirono nello stesso modo, mentre Remus si sedeva a terra per sorseggiare il tè.
«E Bellatrix?»
Remus annuì di nuovo, mentre Sirius sfoggiò il migliore dei suoi sorrisi.
«Tua madre ... ci teneva particolarmente, ecco»
«Passerà dei guai, per questo?»
«Non più di quanti non ne dovrà passare ognuno di noi»
Kayla annuì, mentre suo padre si alzava con aria stanca per sedersi ai piedi del letto. «Ci sono delle cose che vorrei dirti, principessa. E non fare quella faccia: lo farò comunque, anche se non vorrai»
Kayla incrociò le braccia sul petto con aria stufa: quel discorso non era ancora iniziato, eppure lei ne aveva già abbastanza.
«La vita è ingiusta» cominciò lui, per poi girarsi verso il suo amico. «Non farmi certe facce, Moony, sono padre da molto più tempo di te e non sono mai stato famoso per addolcire la pillola. Dunque, dicevo» si schiarì la voce. «La vita è ingiusta. Ti guardavo dormire e pensavo che fosse sciocco raccontarlo proprio a te, e che fosse ancora più sciocco che fossi io a raccontarlo a te, ma è una cosa che mi sento di dire. E questo è un discorso che dovrebbe farti tua zia Rose o James Potter, ma ... immagino che abbiano lasciato a me l'arduo compito. La vita è ingiusta. Lo sapevo ben prima di perdere i miei fratelli, lo sapevo ben prima di rendermi conto che saresti nata senza di me. L'ho capito nel momento in cui mi sono reso conto che le cose che sfuggono al nostro controllo sono quelle che vorremmo controllare di più. Ci sono cose che vorremmo potessero durare in eterno e ci sono persone che vorremmo accanto per tutta la vita, ma ...»
«Non dirlo, ti prego, non dirlo» lo bloccò lei.
«Lo so, tesoro, lo so: ma è così. Io ho giurato che lo troverò, e sai che se do la mia parola, non mi arrendo. Ma voglio che tu sia preparata a tutto, anche al peggio. Voglio che tu non ti dimentichi mai che la vita è ingiusta, perché nel momento in cui te ne dimentichi e abbassi la guardia, è allora che arriva la bastonata. Vorrei poterti proteggere, da tutto. Avrei voluto poterti proteggere anche da questa attesa terribile o da questa gamba rotta, e giuro che se avessi saputo che Greyback aveva provato a farti del male, lo avrei ucciso io»
Kayla buttò la testa indietro, rendendosi conto di avere gli occhi pieni di lacrime.
«Se avessi potuto scegliere, bambina mia, ti avrei protetto da ogni singola cosa che ti ha portato a non avere la voglia di sorridere»
Anche Sirius aveva gli occhi colmi di lacrime, mentre Remus fissava inerme la sua tazza di tè.
«Non ho potuto. E non ho potuto perché sono uno stronzo testardo, e tu e i tuoi fratelli siete pure peggio di me. Però una cosa la posso fare: posso giurarti che hai la forza per non abbassare mai la testa. È dentro di te. È fatta di me e di tua madre, di Rose, dei tuoi nonni, dei tuoi fratelli, ed è fatta anche di Fred. Chiunque ti abbia amata ti ha dato un pezzettino di quella forza»
Sirius posò una mano su quelle della primogenita, che gli fece segno di abbracciarla. Lui, allora, si stese accanto a lei e lasciò che lei piangesse tutte le sue lacrime, rovinandogli la camicia. Le accarezzò la schiena e i capelli per ore, mentre Remus restava a guardarli inerme, riuscendo ad immaginare più che chiaramente la faccia di Rosalie Redfort se avesse visto quella scena.
Si addormentarono, stretti l'uno all'altro in un letto troppo piccolo.
Martha se ne stava in piedi in mezzo alla foresta, con i capelli al vento e un vestito grigio, lungo fino alle caviglie.
Guardandola stando solo qualche passo dietro di lei, Harry pensò che sembrava un quadro di un momento mai vissuto.
Invece, erano lì e lo stavano vivendo. Si avvicinò e mise una mano sulla spalla della donna, osservando ciò che lei stava osservando con espressione indecifrabile.
«Non mi è mai piaciuto» disse, con un tono di voce. «e sicuramente non mi piace dover fare questa cosa ... ma glielo devo»
Davanti a loro, una lapide bianca, sotto un albero imponente.
La scritta sul marmo recitava: Severus Piton. 1960 – 1998. Con gratitudine.
Harry si perse a guardare quella scritta impressa sul marmo, senza poter fare a meno di rivivere gli ultimi momenti di Piton, e tutto ciò che aveva visto nel Pensatoio. Erano passate quasi due settimane, ed era ormai abituato ai ricordi che lo travolgevano all'improvviso: aveva imparato a lasciarli fare e sperare che passassero.
«Martha, io ... ho delle domande»
Martha si voltò per guardare il ragazzo, piegando gli angoli delle labbra in un dolce sorriso. «Camminiamo un po'?» domandò, facendogli segno di passarle avanti. Lui eseguì, muovendo qualche passo prima di girarsi per aspettarla. Lei lo raggiunse immediatamente, ed uscirono dall'ombra della foresta. Il sole di metà giugno splendeva su di loro, facendo sembrare Martha più bionda che mai, mentre il castello di Hogwarts, davanti a loro, si ergeva maestoso, quasi fiero di essere ormai quasi completamente ricostruito.
Harry si concesse ancora qualche secondo di passi silenziosi.
«Quando ... quando Piton è morto, mi ha lasciato dei ricordi da mettere nel Pensatoio» iniziò.
Martha lo guardò senza stupore. «E li hai guardati?»
Harry annuì.
La madre, allora, accennò un altro sorriso. «Cosa ha voluto che vedessi?»
«Tutto» rispose Harry d'istinto.
Martha si limitò ad annuire.
«Io, beh ...» Harry si dovette fermare. «Perché non me lo avete mai detto?»
«Che cosa, Harry?» sorrise Martha. «Che tutti abbiamo dei punti deboli? Che nessuno è solo buono o solo cattivo? Che anche lui aveva un cuore e dei sentimenti? Non è nulla che tu non sapessi già, tesoro mio»
«Lui ... lui l'amava! Oh, Martha! L'amava tantissimo! L'amava e odiava James, e odiava me, ma mi ha protetto! Per tutto il tempo, mi ha protetto!»Harry si passo una mano nei capelli con aria nervosa. «Non hai mai detto a nessuno di ... quando loro sono morti? Di lui che l'abbraccia e ... e piange? Come hai fatto a non dirlo mai a nessuno?»
Harry era evidentemente sconvolto, mentre guardava il castello per non guardare Martha.
Si concesse qualche secondo per rivivere quegli istanti, sentendo quasi l'istinto, come allora, di portarsi la mano sul ventre per proteggere quella che un giorno sarebbe stata Kayla Lily Black. Sentì il freddo fin dentro le ossa e i brividi lungo tutta la schiena così come li aveva provati in quel momento, trovandosi davanti al corpo inerme di Lily e al pianto disperato di Piton.
«Non ho mai raccontato a nessuno di aver trovato Severus abbracciato al corpo di Lily» ammise, con tono calmo. «Ma ho imparato a chiamare le cose con il loro nome, e non aver mai paura delle parole»
Harry fece un sospiro ancora molto nervoso. «Perché non lo hai detto a nessuno?»
«Lo hai visto, no? Si è portato il dito alla bocca in segno di silenzio»
Il ragazzo alzò un sopracciglio. «Ed è un motivo abbastanza valido?»
Martha chinò la testa. «Semplicemente, è rispetto. E poi, è ciò che mia madre mi ha insegnato: 'non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te'. Se qualcuno avesse visto me in condizioni del genere, anche io avrei gradito che la cosa rimanesse privata; e al piano di sotto c'era Sirius che urlava a James di svegliarsi, e non ho mai detto a nessuno neanche quello, quindi ... credo di poter dire di aver avuto per entrambi lo stesso rispetto. O almeno di averci provato» Mosse qualche passo verso il ragazzo e gli mise una mano sulla spalla. «Non c'è niente che tu ti possa rimproverare, non c'è niente che nessuno potesse fare perché le cose potessero andare in modo diverso per Severus Piton, se non Severus Piton stesso: non puoi rimproverarti cose che non sapevi o di un mondo in cui non c'eri. Niente di quello che è successo è stata colpa tua, o di Lily, o mia, ma sua e soltanto sua nel momento in cui ha scelto di prendere la strada che ha preso, nel momento in cui ha scelto di usare le parole che ha usato e di comportarsi come ha fatto»
«Era ... non avrei mai immagino che mi stesse proteggendo ... insomma, lui mi odiava! Mi ha odiato dal momento in cui ho messo piede al castello!»
Martha allargò il suo sorriso. «Sei identico a tuo padre, sedevi accanto a Robert Black ed eri appena stato adottato da me e da Sirius: posso capire che non gli andassi a genio»
«E allora perché non odia Kayla?»
Lei si strinse nelle spalle. «Kayla è troppo buona e troppo furba per essere odiata. E non dimenticarti che il suo secondo nome è Lily, su ogni documento, ogni compito a sorpresa che ha dovuto consegnate a Piton, c'era scritto Kayla Lily Black»
Harry si prese di nuovo qualche secondo per respirare profondamente. «Tu lo sapevi? Sapevi che ha passato sei anni di scuola a proteggermi?»
Anche Martha esitò. «Non me lo ha mai detto» disse, dopo un po'. «Ma l'ho capito»
Harry non disse nulla, ma la sua espressione parlava chiaro.
«Al tuo secondo anno, quando ... quando sembrava che tu e gli altri aveste pietrificato la gatta di Gazza e scritto quelle robe sul muro con del sangue. Stavo cercando di convincere Gazza che i miei figli non avrebbero mai fatto una cosa del genere, quando è arrivato Piton e con qualche parola lo ha zittito ed è riuscito a farvi proclamare 'innocenti fino a prova contraria'. Non che ci fosse bisogno di dirlo, ma ... non ha esitato, neanche un secondo. Ci siamo guardati per un attimo, lui ha subito distolto lo sguardo ... e ho capito»
Harry sentì un sorriso nascere sul suo viso ripensando a quel momento.
«Sirius lo sa?»
Martha fece una smorfia. «Sirius non è così acuto da capire una cosa del genere senza che qualcuno glielo dica»
«Qualcun altro lo sa?»
«Sono quasi sicura che Minerva lo sappia e potrei giurare su tutti e quattro voi che anche Rose lo avesse capito, quando è arrivata a Grimmauld Place»
Harry s'incupì sentendo nominare la primogenita Redfort, e Martha non poté fare a meno di notarlo.
Guardò il ragazzo con espressione perplessa.
«Quando ho preso in mano la Pietra della Resurrezione, non ... non c'erano solo i miei genitori. C'era anche Rose»
Martha sorrise. «Certo che c'era anche lei» disse, allargando il sorriso, mentre camminavano verso il castello.
«Mi ha detto che ... che l'aveva sempre saputo, che ce l'avrei fatta»
Martha si voltò a guardare il ragazzo. «E ti stupisci? Mia sorella è stata sempre un passo avanti. All'inizio questa guerra la spaventava a morte, ma ... anche nella paura, era avanti: non aveva paura di morire, aveva paura di perdere. Non aveva paura per lei, ma per noi. Lei era ... sempre avanti» si bloccò, guardando il viso di Harry con espressione malinconica. «Sempre la prima»
Harry, ripensando allo stesso momento a cui stava pensando lei, l'abbracciò così rapidamente da coglierla di sorpresa. Lei non esitò e lo strinse forte, guardando il cielo per cercarvi delle tracce di James, Lily e Rose, per poi rendersi conto che erano lì, lì, in quell'abbraccio.
Si staccò quel tanto che bastò per prendergli il viso tra le mani.
«Rifarei tutto, Harry James Potter» sussurrò. «Tutto, lo giuro: anche i dieci anni senza Sirius, se servissero a proteggerti o a proteggere i tuoi fratelli. Rifarei tutto, se potesse aiutarti ad evitare o vincere lo scontro con Voldemort. E sono più che certo che rifarebbero tutto anche James e Lily, e anche Rose rifarebbe tutto, salterebbe di nuovo per prendersi quel dannato Anatema, se servisse» prese il viso del ragazzo tra le mani. «Ma non c'è nulla, figlio mio, nulla che ti possa salvare dallo scontro con te stesso e con ciò che hai nella testa e in mezzo al petto. Io posso solo darti i mezzi per combattere anche questa battaglia e guardartela affrontare» gli baciò la fronte. «I sensi di colpa non servono a nulla se non a farti venire mal di pancia e qualche idea per fare qualcosa di nuovo, di magico, di speciale»
Harry la strinse di nuovo forte a sé, fino a sentire i loro cuori sfiorarsi.
«Ti voglio bene, mamma»
Martha si sarebbe commossa, ma in quello stesso istante Minerva McGranitt, apparve all'orizzonte, chiamandoli a gran voce e correndo verso di loro.
«Harry! Martha! Oh, Merlino! Eccovi!»
Martha raggiunse Minerva di corsa, preoccupata nel vederla con il fiatone.
«Aaron ha mandato un gufo ... l'hanno trovato! L'hanno trovato, l'hanno trovato! Dobbiamo andare al San Mungo! Subito!»
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