Capitolo 9
Mark
Sono a casa da ben due ore, per fortuna si è liberato un posto in turistica, ma la cosa brutta è che c'era pure quella ragazza. Non ha fatto altro che parlare per tutto il viaggio e spesso non ascoltavo quello che diceva, inserendo un paio di cuffie e facendo partire la musica, ma ha provato a strapparmele dalle orecchie, più volte. È stata davvero logorroica e straziante, mi pento di averla paragonata ad Emy, almeno lei sa quando è il momento di starsene zitta. Sono riuscito a dormire solo un'ora, i pensieri non facevano altro che tormentarmi e come se non bastasse, miss trombetta, non stava un po' zitta. Non riesco a smettere di pensarla e il peggio è che mi manca, mi sento davvero un idiota. Forse sono stato impulsivo a lasciarla in quel modo e solo adesso me ne sto rendendo conto, non le ho neppure confessato quello che provo, che cazzone! Sono sicuro che mi starà odiando e so per certo che non mi perdonerà mai per questa bravata. Perché sono stato così crudele? Lei è sempre gentile, umile, carina... Sono uno stronzo egocentrico, purtroppo. Aspetto che passi un pensiero diverso da lei, ma una foto che avevo precedentemente rubato in camera sua, mi fa agitare ancora di più. La ritrae insieme alla sua amica Tiffany, ricordo di averla presa perché volevo farla dannare nel cercarla, ma mi è servita per guardare il suo sorriso, a lungo. Mi piace quando sorride, mi piace ogni cosa di lei, ma sono troppo stupido per ammetterlo e ci ho impiegato mesi per capirlo. Quando sono partito per New York ero intenzionato a dirle tutto, o meglio, speravo che capisse i motivi dietro al mio gesto, ma non è andata così. La telefonata di quel coglione maldiviano mi ha praticamente distrutto e ammetto che avrei dovuto approfondire la cosa, però non ne ho avuto il coraggio, avevo paura che stesse realmente con lui. Reagisco così quando mi incazzo, scappo via e cerco di far del male a me stesso per evitare di farne agli altri, sono pieno di problemi e ciò causa sofferenza nelle altre persone. Il cellulare squilla, interrompendo i miei pensieri tormentati. Guardo lo schermo e mi acciglio; non conosco il numero.
«Chi parla?» chiedo esitante.
«Ciao, come va?»
Quella voce... ti prego, no, non può essere lei, come ha fatto ad avere il mio numero? Questa sì che è una tragedia vera e propria.
«Chi sei?» chiedo, sperando in una risposta diversa da quella che mi frulla per la testa.
«Sono Chloe, non riconosci la mia voce?»
E come si fa a non riconoscerla, non ha fatto altro che parlare e parlare, porca puttana!
«Dove cazzo hai preso il mio numero?» ringhio.
«Sta calmo! Hai dimenticato l'agenda in aeroporto, ci ho sbirciato dentro e ho trovato il tuo numero.»
Resto allibito, io non ho un'agenda.
«Cazzate!»
«E va bene, mi hai scoperta... ma la scusa dell'agenda era geniale, devi ammetterlo.» Non le rispondo e sbuffo sonoramente. «Comunque, ho rubato il tuo numero mentre dormivi.» Cosa? Come si è permessa, ha frugato nel mio cellulare? «L'ho fatto perché sei una persona molto chiusa e hai bisogno di una come me nella tua vita.»
«Cazzo!» riesco a dire solo quello.
«Allora, Markettino, cosa fai di bello?»
Mi alzo di scatto dal letto. Non mi ha chiamato davvero in quel modo, vero?
«Come mi hai chiamato?»
Mi sto irritando sul serio.
«Markettino! Sembra un bel nomignolo, non credi?»
«Oh, cazzo, no!» urlo.
«Non c'è bisogno di urlare, se non ti piace, basta dirlo.»
«Lasciami in pace, okay? Non ho alcuna intenzione di fare nuove conoscenze.» le attacco il telefono e ritorno a sdraiarmi, ma subito dopo ritorna a squillare. Me ne libererò mai? «Cosa vuoi, ancora?» sbotto.
«Non puoi trattarmi sempre male, voglio solo parlare.»
«Non ti è bastato per tutto il viaggio?»
«A dire il vero, no. Vorrei conoscerti più a fondo.»
Dio, quanto odio le persone insistenti, mi mandano fuori di testa.
«Ti ripeto che...»
«Non vuoi fare nuove conoscenze, ho capito.» conclude la frase per me. Ora riattaccherà e mi lascerà in pace, vero? «Però vorrei riuscire a capirti.»
Ovviamente no, lei deve parlare e parlare e parlare, ne ho abbastanza!
«Elimina il mio numero. Addio!» riattacco nuovamente e spengo il cellulare.
Spero che questa volta abbia capito.
Emily
È passata una settimana da quando lui è andato via, la mia vita è diventata pesante e l'ansia è alla base di tutto, ogni cosa mi risulta difficile, persino il lavoro e non so cosa mi stia succedendo. Tra una settimana esatta inizierò il college e non riesco a trovare la stabilità mentale, credo che sia andata via con lui. Da questa storia ne è uscita una sola cosa buona; io e Violet stiamo diventando amiche. Le raccontai la mia situazione e mi meravigliò il modo in cui mi ascoltò, non mi giudicò nemmeno una volta e mi invitò a prendere un gelato, dicendo che mi servisse un po' di dolcezza. Si è aperta con me e questo mi fa molto piacere, soprattutto sapere che siamo sulla stessa barca, anche lei ha vissuto per un po' con i nonni, dato la situazione difficile che aveva a casa; i suoi genitori si separarono e le chiesero con chi volesse vivere e scelse i nonni. Avrei fatto la stessa cosa, visto la difficoltà di quell'importante decisione. Ho anche scoperto che frequenterà la mia stessa università, meravigliandomi del fatto che abbia la mia età, pensavo avesse ventiquattro anni come Katy. A proposito di età, tra poco compirò diciannove anni e sarà il primo compleanno che non passerò in famiglia, sembra abbastanza triste detta così, ma forse è un bene. Ricordo che ad ogni compleanno i miei organizzavano grandi feste, dicendo che andava sempre festeggiato, visto che arriva una volta l'anno, Mark faceva sempre dispetti, tipo tirarmi della torta in faccia e altre cose orribili. Ho sempre pensato che quel ragazzo fosse demoniaco, ma questa è una storia che conoscete già.
«Stasera usciamo, vero?» la voce di Violet irrompe nei miei pensieri.
Stiamo tornando a casa e non mi ero resa conto di essere già arrivata fuori al mio condominio.
«Ehm... uscire?» rispondo un po' perplessa.
«È venerdì sera, andiamo a divertirci un po'.» mi fa un occhiolino. Non so se mi va di uscire, mi sono dedicata solo al lavoro e allo studio da quando lui se n'è andato. Sono stanca, quindi credo che rinuncerò e poi Sam non ci sarà, non voglio uscire senza di lui. Stai inventando mille scuse. Non è vero, sono stanca sul serio. «Non rifiutare, altrimenti mi incazzo.» mi minaccia sarcastica.
«Non credo di essere dell'umore giusto per uscire.»
«Smettila di piangerti addosso, sei davvero insopportabile. Vedrai che te lo farò dimenticare, quell'idiota.» La guardo male, non mi va che lo insulti così spudoratamente. Lo so, sono incredibile, riesco ancora a difenderlo, nonostante tutto. «Ora sbrigati, va a farti una doccia che passo a prenderti tra un paio d'ore.»
«Tra un paio d'ore? Sono già le otto passate, a che ora hai intenzione di uscire?»
«Emily, siamo a New York, la gente non esce alle sette di sera.»
Sono titubante, questa ragazza è un po' pazza e da quel poco che la conosco ho capito che è peggio di Tiffany. A proposito di Tiffany, chissà che fine ha fatto, non mi telefona più, starà ancora insieme a quel ragazzo?
«Va bene, ci vediamo dopo.» concludo, mentre entro nel condominio.
Violet sorride soddisfatta e poi si allontana da me, raggiungendo casa sua, ad un isolato da qui. L'ho sempre vista venire a piedi a lavoro, anche se so che ha una volvo. Devo proprio comprare una macchina e credo che ci andrò domattina, magari chiederò a Katy di accompagnarmi, dato che conosce molto bene la zona.
Entro in casa, chiudendo la porta alle mie spalle. Odio il momento in cui varco la soglia e non trovo Sam, mi manca molto, nonostante viviamo insieme non ci vediamo quasi mai. Il mio cellulare comincia a squillare, frugo all'interno della borsa, fino a trovarlo, dopodiché guardo sullo schermo; è Cem. Non mi ha più richiamato dopo quella conversazione con Mark e non ho avuto il coraggio di telefonargli per chiedergli scusa, mi sentivo molto a disagio.
«Pronto.» rispondo con nonchalance.
«Emy, ciao. Non dirmi che hai eliminato il mio numero.»
«No, perché lo pensi?»
«Non lo so, dopo quello che accadde con tuo fratello.»
Sapevo che ne avrebbe parlato.
«Ti chiedo scusa... per quello che ha fatto.» riesco a dire con un po' di difficoltà.
«Non ti preoccupare, non ho avuto modo per richiamarti, sono stato impegnato con il lavoro.»
«Capisco.»
Fortunatamente non sembra essere turbato, almeno dal tono di voce che mi rivolge.
«Ti stai ambientando bene?»
«Sì, e tutto per merito tuo, grazie ancora per la casa e il lavoro.»
«Non ringraziarmi, l'ho fatto con piacere.», «Ascoltami, tra due giorni sarò a New York per delle commissioni, ti andrebbe di vederci?»
D'un tratto mi ritorna alla mente il bacio che mi diede quando mi accompagnò a trovare lavoro e ciò mi causa disagio. Devo accettare il suo invito? Secondo me dovresti.
«Sì, va bene, telefonami tu.» dico infine.
«Va benissimo.»
«Allora ci sentiamo in questi giorni.» taglio corto.
«È stato un piacere risentirti. Buona serata.»
«Anche per me. Buona serata anche a te.»
Che strana sensazione avverto dentro di me, quando Cem ha parlato di Mark, il mio cuore ha perso un battito... non credo di poter aspettare oltre, devo fare quello che avevo in mente dall'inizio della settimana. Cerco il suo numero e metto in chiamata, col cuore in gola e l'ansia che aumenta sempre di più. Purtroppo non ricevo risposta e un po' me lo aspettavo. Ora mi sento peggio, soprattutto stupida, non avrei dovuto telefonargli. Esatto, non avresti dovuto.
Mentre ero sotto la doccia non facevo altro che pensare a lui e una brutta sensazione alla bocca dello stomaco mi ha invasa. Che gli sia accaduto qualcosa? No, non credo, altrimenti Cindy mi avrebbe messa al corrente. Ti sta ignorando! Forse hai ragione e devo solo trovare un modo per accettare la situazione, ma mi sento troppo inquieta. Perché ti manca e non riesci ad accettare il fatto che lui sia lontano. Non ho mai capito questa tua fissazione verso quell'essere. Come puoi essere comprensivo ed irritante allo stesso tempo? Penso che ogni anima meriti di essere salvata, quindi sono convinta che un giorno cambierà e capirà tutti i suoi errori. Qualcuno bussa alla porta di ingresso e credo proprio che sia arrivata Violet. Era pure ora, visto che sono le undici.
«Alla buon'ora.» dico un po' irritata, mentre apro la porta.
«Lo so, ho avuto un contrattempo, scusami.» si giustifica.
«Cos'è successo?» le chiedo titubante.
Spero che mi dica la verità, è un tipo abbastanza chiuso.
«Uhm... nulla. Andiamo?» Incrocio le braccia al petto e continuo a fissarla stranita. È ovvio che le sia capitato qualcosa, perché non me ne parla? «Dai, Emily.» mi afferra per il braccio e mi trascina sul pianerottolo.
«Violet, aspetta...» mi libero dalla sua presa e metto il broncio.
«E adesso perché fai quella faccia?»
«Voglio sapere cosa ti è successo, sembri sconvolta.»
«Ti sbagli.» mi rivolge un sorriso falso e si gratta la nuca.
Continuo a fissarla, fino a notare il suo strano abbigliamento; indossa una maglietta bordeaux attillata, a collo alto e le maniche di velo nere, sotto degli shorts neri, delle calze a rete e degli anfibi dello stesso colore. Non ha caldo conciata in quel modo? Certo che il suo modo di vestire è alquanto bizzarro, un misto tra dark ed emo... sta di fatto che la trovo strana in questi giorni, più di quanto non fosse già.
«Siamo solo noi due?» chiedo, rassegnata al fatto che non si confiderà con me.
«No, ci sono due miei amici, ti piaceranno, vedrai.» mi guarda in modo malizioso.
Oh, no, un altro appuntamento al buio? Non ho alcuna intenzione di conoscere gente nuova, non voglio che si riveli un disastro come Adam.
«Violet!» la riprendo con disapprovazione.
«Che c'è?»
«Avresti potuto avvisarmi, lo sai che non ho voglia di fare conoscenze.» mi lamento.
«Che noia! Vivi la vita, Emily, divertiti e basta!»
«Potresti chiamarmi Emy, come fanno tutti?»
«Bella, io non sono tutti.» fa un occhiolino e mi trascina fino all'ascensore.
Spesso è così antipatica, però so che in fondo è una brava ragazza.
Siamo appena uscite dal condominio e noto immediatamente una macchina molto grande parcheggiata di fronte, precisamente una Nissan Qashqai. Mi chiedo perché tutti abbiano delle belle macchine ed io neppure una bicicletta.
Violet fa un lungo respiro e mi prende per mano. «Sono già qui, andiamo?»
Sembra molto agitata e non capisco il perché. Annuisco e la seguo fino alla macchina. Pensavo che questi amici fossero già sul posto in cui dovremmo andare, non credevo che sarebbero venuti a prenderci, sembra proprio un déjà-vu. Violet entra in macchina, di fianco al guidatore, mentre io mi sistemo sui sedili posteriori.
Subito dopo, un ragazzo dai capelli biondo-castano mi porge la mano e sorride. «Ciao, io sono Harry.»
«Ciao, sono Emy.» mi presento, afferrando la sua mano.
Perché mi sembra familiare?
«Che bel nome.» ironizza il guidatore.
«E dai, Alex, sii gentile.» lo rimprovera Violet.
Questo tipo mi sta già sulle scatole e non si è neppure degnato di presentarsi, che maleducato. Alex lancia un'occhiataccia verso Violet e lei volta lo sguardo verso il vetro, a disagio. Sembra quasi che abbia paura di lui.
«Violet mi ha detto che sei di Seattle.» dice Harry, con tono gentile.
«Ehm... sì.»
Non capisco perché Violet si metta a raccontare i fatti miei.
«Mi piace molto, un giorno vorrei trasferirmi proprio lì.»
«Ah, capisco.» rispondo in modo breve e conciso.
Non sono antipatica, solo che mi sembra tutto surreale, questo ragazzo è fin troppo gentile e non mi fido, visto i miei trascorsi. Mi chiedo perché ho accettato di uscire stasera, quando avrei potuto starmene a casa a guardare la tv.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro