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Capitolo 72

Emily
Qualcuno sta cercando di aprire la porta dall'esterno, ne avverto i colpi, ma resta chiusa. Sono venuti a salvarmi, me lo sentivo che, prima o poi, sarebbe successo.

«Aiuto...» urlo nella penombra. Avverto altri boati, fino a che la porta non si apre e la luce illumina il viso della persona, mentre il mio sorriso si allarga. Mi ha trovata, sapevo che si sarebbe dato da fare, ne ero convinta. «Mark.» piango. Resta fermo sulla soglia e sembra che con lui ci sia qualcuno; una ragazza. Li guardo in maniera confusa e poi riesco a capire di chi si tratta. Non può essere insieme a lei. Perché se ne sta fermo e non corre a liberarmi? Chloe avvolge le sue luride braccia intorno al suo collo e lo stringe a sé, mentre lui ricambia in maniera amorevole, posando un bacio sulla sua testa. Il mio cuore va in mille pezzi e comincio ad avvertire una fitta al ginocchio. «Smettetela!» urlo e piango. «Basta!»

Apro gli occhi di scatto e davanti a me c'è John. Era solo un incubo.

«Va tutto bene?» chiede preoccupato.

«Non va bene per niente!» urlo con le lacrime in gola.

«Mi dispiace...» mi guarda dritto negli occhi riesco a percepire la sua tristezza. «Non avrei dovuto partecipare a questa cosa orribile, dovevo impedire tutto questo, ma sono stato troppo cieco.»

Lo guardo in modo strano, non capisco cosa sta cercando di dirmi. Sta per aprire nuovamente bocca, quando la porta del magazzino si spalanca e Adam fa la sua entrata, regalandomi uno dei suoi sorrisi da psicopatico. Volto lo sguardo dall'altra parte e spero che vada via.

«Vi state confessando?» chiede sarcastico.

«Le stavo dando l'antidolorifico.» risponde John.

Adam si avvicina a me e spinge via John, dopodiché si siede al mio fianco, mentre continuo ad evitare il suo sguardo. Non so cosa si sia messo in testa, ma giuro che la pagherà per tutto quello che sta facendo. Poggia le sue luride dita sotto al mio mento e mi costringe a voltare la faccia verso di lui.

«Hai mangiato tutto, piccola?» Non gli rispondo, guardandolo con disprezzo e la sua presa diventa violenta, provocandomi dolore alla mascella. «Rispondi!» ordina duro.

«Sì...» mormoro.

«Perfetto.» sorride. «Ragazzino, lasciaci soli.»

«Non ci penso nemmeno.» si oppone John.

«Non farmi perdere la pazienza!» lo minaccia Adam.

«Ci è stato detto di non farle del male.»

«Non ho intenzione di farle del male, voglio solo parlare privatamente con lei.»

«Parlerai con me presente.»

Oddio, ti prego, fa che John non vada via. Adam si alza di scatto e lo afferra per il colletto della maglietta, sbattendolo contro il muro e pronto a sferrargli un pugno.

«Che cosa stai combinando?» urla qualcuno sulla soglia della porta, impedendogli di colpirlo.

Sembra che abbia camuffato la sua voce, il suo viso è coperto da un passamontagna, lo stesso che aveva Adam la prima volta. Non ci capisco più niente, chi è quest'altra persona?

«Nulla, stavamo solo parlando.» si giustifica Adam, sorridendo maligno.

«Lo spero per te.» volta il viso verso John. «Tienila d'occhio.»

«Chi diavolo sei, perché hai quel coso sulla faccia?» urlo.

Ignora le mie domande ed esce dal magazzino, portando Adam con sé, mentre John mi rivolge un'occhiata di compassione. Odio essere guardata in quel modo, mi fa sentire ancora più debole e patetica. Poi esce anche lui dalla stanza, lasciandomi piena di dubbi.

Sam
Sono passati otto giorni da quando Emy mi ha telefonato per avvertire che non sarebbe tornata a New York e oggi mi è capitata una cosa davvero strana; sono stato chiamato dal rettore dell'università, chiedendomi sue notizie, dato che ha provato a telefonare alla sua famiglia ma non ha ricevuto alcuna risposta. La mia reazione è stata incredula e confusa allo stesso tempo, e ho dedotto che Emy non abbia avvertito che non sarebbe rientrata. Mi è venuto da pensare che fosse scappata di casa con Mark, ma perché non dirmelo? È davvero una strana situazione, non vorrei che si fosse cacciata in qualche guaio, appena termineranno i corsi le telefonerò, ho bisogno di sapere cosa sta succedendo.

La giornata è passata in maniera lenta e fiacca, tra meno di un mese ci saranno le vacanze di Natale e ho deciso di tornare a casa dai miei. Ho chiesto a Katy di accompagnarmi e ha accettato, lasciandomi stupito. Percorro il corridoio del college e mi imbatto in Harry, che è alquanto nervoso. Il nostro scontro lo fa finire al suolo e non fa altro che guardarmi in cagnesco.

«Ma che cazzo, guarda dove vai.» ringhia cattivo.

Gli porgo la mano, nonostante i sui modi bruschi.

«Scusa, ho molta fretta.» dico, mentre lo aiuto a rialzarsi.

Devo telefonarle, ho una brutta sensazione.

«Cosa c'è di così importante?»

Non so se confidarmi con lui, oppure fare finta di nulla e inventare una scusa. Ci penso un attimo su e vedo che mi scruta molto attentamente.

«Si tratta di Emy.» dico tutto d'un fiato.

Il suo viso diventa pallido e deduco che stia già pensando al peggio. La colpa è mia, gli ho detto quella frase come se fosse accaduto chissà cosa.

«Cos'è successo?»

«Non lo so, per questo voglio telefonarle.»

Riprendo a camminare, seguito da lui e insieme ci dirigiamo fuori dal college, raggiungendo la mia macchina. Entro al suo interno ed Harry fa lo stesso, accigliandomi. Chi gli ha dato il permesso di entrare?

«Vuoi spiegarmi?» chiede impaziente.

«Questa mattina sono stato bloccato dal rettore, che voleva avere notizie di Emy.» Aggrotta la fronte e continua a fissarmi, senza dire una parola. «Mi è parso strano, dato che lei stessa mi ha telefonato per avvertirmi che non sarebbe rientrata.»

«È molto strano.» precisa. «Cazzo, dev'esserle successo qualcosa, telefonale subito!»

«Sì.»

Frugo all'interno del mio zaino e non riesco a trovare quel cazzo di telefono, poi mi ricordo di averlo lasciato a casa. Porca miseria, perché sono così sprovveduto?

«Usa il mio.» mi porge il suo telefono. Lo afferro e compongo il numero di Emy. Squilla e devo solo attendere che risponda. Ho il cuore in gola, le parole di Harry mi hanno allarmato ancora di più, se le fosse accaduto davvero qualcosa, non so cosa farei. Non ci devo pensare, anche perché la sua famiglia avrebbe avvisato, se così fosse. D'un tratto, smette di squillare, subentrando la segreteria telefonica, come se avesse rifiutato la chiamata. Riattacco e guardo Harry confuso. «Riprova!» dice allarmato più di prima.

Provo a telefonare nuovamente, ma risulta spento.

«Ha spento il cellulare.» lo avverto.

«Non possiedi un altro numero? Che ne so, quello dei suoi genitori o quello di suo fratello.»

«Sì, ho quello di Mark, ma è sul mio telefono.» mi colpisco la fronte col palmo della mano. «L'ho lasciato a casa.»

«Andiamo a prenderlo.»

Annuisco e metto in moto. Devo scoprire cosa sta succedendo e Harry sembra più preoccupato di me, ora capisco che prova dei sentimenti seri verso di lei ed io sono solo uno stupido indeciso.

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