Capitolo 65
Emily
Mark mi ha lasciata sola, dicendomi che non mi ha mai amata, infine è andato via con Chloe. Non sono riuscita a sopportare la situazione e sono finita in depressione. Non pensavo che potesse fare tanto male, perché mi ha mentito così spudoratamente? Sono sempre stata sincera, gli ho aperto il mio cuore e lui cosa fa? Va via con Chloe! Ora mi ritrovo qui, in questa stanza buia e non riesco a muovermi, vorrei gridare, ma non ho più voce. Avverto come un peso, proprio sul cuore, come se potesse esplodermi da un momento all'altro. Mark, dove sei? Ti prego, ritorna da me, ho bisogno di te, vivo di te.
Apro gli occhi di scatto e mi rendo conto che è stato tutto un sogno, ma il vero incubo è questo che sto vivendo. Sono legata da ore su questa maledetta sedia e non è più venuto nessuno a farmi visita. Mi muovo, cercando di trascinarla, intenta a raggiungere quel tavolo, ho visto il mio telefono, per mia fortuna, non è inchiodata al suolo, ma è molto pesante da trascinare, infatti riesco a muoverla di pochi centimetri, sfinendomi. Non ce la farò mai. Le lacrime scendono di nuovo, bagnando il mio viso e d'un tratto, la grande porta si apre, rivelando una figura scura.
«Chi sei?» chiedo con voce rotta.
La luce si accende e davanti a me c'è un uomo vestito di nero, con un passamontagna sul viso e sono certa che non si tratta di John, la sua statura è molto più minuta, mentre questo tizio è un energumeno. Il cuore sta per uscirmi dal petto, non riesco a capire cosa vogliano da me, non ho fatto nulla per meritarmi ciò. L'uomo sghignazza, dopodiché si avvicina a me, mostrandomi il mio telefono.
«Adesso telefonerai la tua famiglia, per avvertirli che sei giunta a destinazione sana e salva.» La sua voce... mi sembra così familiare. «Lo stesso farai con i tuoi sciocchi amici di New York.»
«Voglio andare via!» urlo, dimenandomi.
«Sta zitta!» dice brusco.
«Non ho alcuna intenzione di chiamare la mia famiglia per dirgli il falso.»
L'uomo afferra il mio collo e lo stringe, non abbastanza forte da farmi soffocare. «Se non farai come ti dico, il tuo stupido ragazzo farà una brutta fine.» Come fa a sapere di Mark? «Anche se è già abituato a prenderle da me.» ride cattivo.
Le lacrime si fermano e resto a fissarlo con gli occhi quasi fuori dalle orbite, mentre una strana idea mi sta balenando nella testa. Deglutisco e attendo un suo movimento.
«Puoi... mostrarmi il tuo viso?» chiedo con timore.
«Emy, tesoro, non mi hai riconosciuto dalla voce? Mi deludi molto.»
«Per favore, voglio vederti in faccia.»
«Dovrai aspettare!» toglie il blocco al mio telefono e comincia ad usarlo. «Prima farai ciò che ti ho detto!» mi poggia il telefono all'orecchio. «Mi raccomando, usa un tono calmo e deciso.»
Annuisco e attendo che qualcuno risponda. Qualche istante dopo, la telefonata viene accettata.
«Pronto?» la voce assonnata di Cindy mi fa scendere una lacrima.
«Mamma... sono Emy.»
«Tesoro, scusami, mi ero appisolata e non ho letto il tuo nome sullo schermo. Tutto bene il viaggio?»
«Sì...»
Non riesco a mantenere un tono calmo, la voce mi trema e il tizio mima qualcosa con la bocca ma non capisco, dato che indossa il passamontagna. Di sicuro mi starà dicendo di essere più convincente.
«Va tutto bene? Ti sento strana.»
«Benissimo, sto aspettando il taxi.»
«Pensavo che il tuo amico Sam sarebbe venuto a prenderti.»
«Non mi sembrava il caso svegliarlo.»
«Sei davvero una ragazza speciale, ti preoccupi sempre per gli altri.»
«Già...» L'uomo mi fa segno di stringere con la telefonata, vuole che saluti. Non posso credere a ciò che sto facendo, ma non posso permettere che venga fatto del male a qualcuno della mia famiglia. «Mamma, adesso devo andare, ci sentiamo in questi giorni.»
«Ti telefono domani.»
«Perfetto... ciao.» L'uomo riattacca, senza dare il tempo a mia madre per salutarmi e poi poggia il cellulare sul tavolo. «Ho fatto come mi hai detto.» gli dico, mentre ritorna da me.
«Sei ubbidiente.» mi accarezza il viso, ma mi sposto immediatamente.
«Sei tu l'artefice di tutto questo?»
Ignora la mia domanda e con fare veloce si toglie il passamontagna, rivelando il suo viso. Lo guardo sconcertata e senza parole. Purtroppo i miei sospetti erano fondati. Non posso crederci, mi ha rapita per tenermi lontana da Mark e vendicarsi di lui?
«Ciao, dolcezza.» mi fa un sorriso sghembo.
«Adam... tu... come puoi...»
«Shh, non farmi perdere la pazienza, sai bene che non ti conviene.» mi minaccia.
«Cosa vuoi da me?»
«Proprio niente.»
«Allora perché mi hai fatto rapire?»
Scoppia in una fragorosa risata. Questa situazione diventa sempre meno chiara e ho i pensieri completamente in subbuglio. La sua risata mi irrita molto, ma non posso farci nulla, devo restarmene in silenzio e sperare che, prima o poi, qualcuno si renda conto della mia assenza. Questo gioco malato non durerà per sempre... almeno spero.
Mark
Ho passato così tanto tempo con Tiffany, che non mi sono reso conto di che ore fossero e dopo aver realizzato che Emy fosse arrivata da un pezzo, mi sono chiesto perché non mi abbia telefonato. Mi piacerebbe sapere che cosa le sta succedendo, è un modo carino per lasciarmi?
«Aspetta, devo effettuare una telefonata.» dico a Tiffany.
«Va bene.» Mi alzo dalla sedia ed esco dal bar, con il cellulare tra le mani e il battito cardiaco accelerato. Compongo il suo numero e metto in chiamata, ho bisogno di una spiegazione e spero che ne abbia una. Purtroppo non risponde e una strana rabbia si sta facendo strada in me. Porca puttana, ma che fine ha fatto? «Non risponde?» la voce di Tiffany alle mie spalle, mi fa sussultare. Mi volto e la guardo con preoccupazione. Non è da Emy non rispondere al telefono, che le sia accaduto qualcosa? Maledetti pensieri negativi, ma cosa vuoi che le sia accaduto, forse non può rispondere, o non vuole, semplice! Ignoro la domanda di Tiffany e comincio a camminare per la strada, mentre provo a richiamarla, con scarsi risultati. Lei mi segue e resta in silenzio, come se avesse percepito il mio stato d'animo e sono grato che non mi asfissi con le sue domande. Sono quasi le tre del mattino, mentre a New York dovrebbero essere le sei, dev'essere crollata, appena arrivata nel suo appartamento, è l'unica spiegazione plausibile. Aumento il passo, quasi corro. «Mark, aspetta.» mi afferra per un braccio. «Che cosa sta succedendo, perché sei così preoccupato?»
«Preoccupato? Ti sbagli.»
«Hai paura che Emy non ti ami abbastanza?»
Quelle parole mi fanno stringere il cuore, non riuscirei a sopportare una cosa del genere.
«Non lo so, okay?» ammetto imbarazzato. «Solo che...» Perché mi sento così esposto? È solo quella stramba dell'amica della mia ragazza. «avrebbe dovuto telefonarmi e non l'ha fatto.» concludo.
«E pensi che lei sia con un altro.» afferma convinta.
«No...», «Non lo so, sono troppo confuso.»
«Ehi, guardami.» mi volto verso di lei e la guardo dritto negli occhi. Sono davvero belli, non li avevo mai notati. «Emy è troppo innamorata di te, non andrebbe mai con un altro. Non tormentarti, avrà avuto qualche contrattempo. Ora è molto presto a New York, probabilmente starà riposando.»
Perché sta cercando di consolarmi? Non ci siamo mai sopportati.
«Hai ragione.» dico, dopo averci pensato per un po'. «È troppo innamorata?» le sorrido soddisfatto.
«Certo, idiota, non te ne rendi conto da solo?»
Ridacchio e le faccio cenno con la testa di seguirmi. «Andiamo, ti accompagno a casa.»
«Non accetto favori da te!» dice acida.
«Non fare la stupida, è tardi ed è pericoloso per una ragazza andare in giro da sola.»
«Come mai sei così gentile?»
«Sarà l'influenza di Emy. Dai, andiamo.»
Mi guarda stupefatta, ma poi mi segue. Non capirò mai la sua diffidenza nei miei confronti, eppure non sono mai stato aggressivo con lei, tanti anni fa la trovavo addirittura carina, mi vengono i brividi al solo pensiero, non perché non sia bella, ma perché è l'amica petulante di Emy. Devo ammettere che le sue parole mi hanno dato forza e il minimo che possa fare adesso è riaccompagnarla a casa, per evitare che finisca nelle grinfie di qualche maniaco.
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