Capitolo 45
Chloe
È passato soltanto un giorno da quando mi ha lasciata, ma è come se ne fossero passati mille e sono ormai ventiquattro ore che non ho sue notizie, non credo di riuscire a vivere senza di lui. È come se una parte di me fosse andata persa, era diventato fondamentale. Non so come, ma devo escogitare un piano per riprendermelo, non può lasciarmi per un'altra, è una cosa totalmente assurda. Ho faticato tanto, affinché stesse insieme a me, non permetterò ad una ragazza qualunque di rubarmelo così facilmente. Qualcuno bussa alla porta di casa mia e in me ritorna nuovamente la speranza, ma appena vado ad aprire resto delusa.
«Che diavolo ci fai qui?» sbotto contro John e poi comincio a colpirlo sul petto.
In parte è anche colpa sua se Mark mi ha lasciata.
«Ehi, sta calma!» afferra i miei polsi e mi trascina in casa.
«Che cazzo vuoi?» cerco di liberarmi ma mi risulta abbastanza difficile, è molto forte. «Lasciami immediatamente!»
«Voglio solo parlarti.»
«Non sono interessata a parlare con te, ti odio!»
«Sei acida!» dice serio. «Non ti ho fatto nulla, perché ce l'hai con me?»
«Sei nato!»
«Quando ti serviva il mio aiuto non ti lamentavi.»
Sfilo le mie braccia dalla sua presa e le incrocio al petto. Continuo a guardarlo male, aspettando che vada via. Non posso credere che sia venuto di nuovo qui, non vuole proprio lasciarmi in pace, mi assilla in continuazione. Da quando ha saputo che Mark si era trasferito per qualche giorno da me, ha perso la testa, non so come, ma viene a sapere sempre tutto, credo che abbia installato delle cimici in casa mia.
«Be', cosa aspetti ad andartene?» chiedo irritata.
«Non ho alcuna intenzione di andarmene.» va verso il divano e si mette seduto, come se niente fosse. Quanto odio questa sua testardaggine, non l'ho mai sopportata, è dall'orfanotrofio che mi tormenta, il peggio è che inizialmente lo trovavo persino carino. Appena diventammo maggiorenni, decidemmo di lasciare quel posto insieme, ormai mi ero rassegnata al fatto che nessuno mi avrebbe adottata, così abbiamo convissuto per un po' in una piccola casa, sembrando una stupida coppia sposata; lui lavorava ed io mi occupavo della casa. Ma le cose iniziavano a starmi strette, volevo di più, anche se ammetto che è stato il primo ragazzo ad avermi procurato delle belle sensazioni, ma non ho mai detto di voler stare con lui. Ora che siamo cresciuti, è convinto che possa aver cambiato idea, la verità è che mi serviva solo il suo aiuto, nient'altro. «Allora, ti sei auto-lesionata qualcos'altro per quel deficiente?» chiede divertito.
«Come ti permetti, il deficiente sei tu.» sbotto.
«Chloe, ormai ti conosco da anni e so come sei fatta. Non hai mai sopportato che qualcuno giocasse con le tue cose, nemmeno da piccola, ne hai fatte passare tante anche alla tua piccola amica/nemica, a sua insaputa.»
«E questo cosa c'entra?»
«Sei arrabbiata perché la tua cara amichetta possiede l'unica cosa che vuoi e che è stata tua per qualche mese, ma non capisci che non puoi pretendere che lui stia con te?»
«È quello che ti ripeto da anni!»
Si alza dal divano, mi raggiunge e afferra le mie mani, stringendole.
«Io e te, invece, siamo sempre stati insieme, siamo uguali.» mi posa un bacio sul collo, procurandomi un brivido.
Non ha tutti i torti, siamo molto simili, entrambi ci battiamo per ottenere ciò che vogliamo, siamo forti e decisi, ma non posso amarlo, il mio cuore appartiene a Mark. Continua a lasciare una scia di baci lungo il mio collo, fino ad arrivare alla clavicola. La situazione è molto piacevole e potrei addirittura cascarci, ma non posso, devo concentrarmi sul mio unico obiettivo.
«Ora smettila!» lo spigo via.
«E va bene, non te la senti ancora, ma cambierai idea.» sorride malizioso.
Non ha intenzione di arrendersi, a quanto pare. A questo punto, non mi resta altra scelta che rassegnarmi, si stancherà, fino ad andare via di sua spontanea volontà.
Mark
Non capisco proprio perché ogni volta che sta per accadere qualcosa tra di noi, arriva sempre qualcuno a rovinare tutto, sarà che questa vita ce l'ha con me, sarà il destino ad essere stronzo, o semplicemente sono io che non riesco a fare le cose in tempo. Mia madre è venuta in camera solo per chiedermi che fine avesse fatto Chloe, ormai sono due giorni che non viene a casa e la cosa l'ha preoccupata. Non sopporto l'invadenza della donna che mi ha messo al mondo, non riesce a capire quando è il momento di farsi gli affari propri, è un problema che affligge tutti gli psicoterapeuti, oppure solo lei è così? Ormai è da tempo che penso alla serata di ieri, al modo in cui le ho detto ti amo e al modo in cui l'ha fatto lei, era a causa dell'alcol oppure lo pensava sul serio? Se lo ricorderà? Non riesco mai a capirla e la cosa mi rende molto nervoso, odio non avere il controllo. Percorro il corridoio e mi dirigo al piano di sotto, in soggiorno, dove trovo la tv accesa ma la stanza deserta. Allora decido di sedermi sul divano e approfittarne per guardarla. Sto per cambiare canale, quando arriva Emy, con una lattina di coca in una mano e un'aria stranita. Pensavo di essere rimasto solo in casa.
«Che cosa fai?» chiede accigliata.
«Guardo cosa danno in tv.» rispondo ovvio.
«Non credo proprio.» cerca di afferrare il telecomando ma non glielo permetto.
Cosa le prende, perché si comporta in modo così aggressivo? Be', credo che sia consapevole del fatto che non le permetterò di guardare la tv. Non posso fare a meno di ridere, notando la sua espressione irritata.
«Sono arrivato prima io.» le dico con aria da superiore.
«Non è affatto vero, ero andata a prendere qualcosa da bere.»
«Mi dispiace per te, hai lasciato il telecomando incustodito e ora tocca a me guardare la tv.» rido sarcastico.
«Tra pochissimo ci sarà l'ultima stagione di american horror story, non posso perderla.» si lamenta.
«Be', credo proprio che dovrai.» continuo a ridere.
«No, invece!» afferra prontamente il telecomando e lo tira. «Non ti permetterò di rovinarmi l'esistenza, ancora.» Non mollo la presa e le risate si fanno più forti, mentre lei è chiaramente arrabbiata. Non riesco a restare serio, la sua espressione corrucciata è troppo divertente e mi piace vederla in questo stato. Magari può sembrare un comportamento infantile, però è l'unico modo che posso usare per avere un contatto con lei. Continua a tirare, fino a rovesciare della coca cola sul divano. Finalmente molla la presa e fissa la macchia con occhi quasi fuori dalle orbite. «Sei uno stronzo, guarda cosa mi hai fatto fare.» alza un po' la voce.
«La colpa è tua, devi sempre esagerare.» ribatto convinto.
«Non ti sopporto!» urla, mentre corre in cucina. Penso che finirà nei guai, mia madre ci tiene moltissimo al divano, insomma, lei tiene ad ogni cosa. Pochi secondi dopo, ritorna in soggiorno, con uno strofinaccio umido e dello scottex. Cerca di pulire il disastro ma la macchia non accenna a sparire. «E adesso cosa faccio?» si dispera.
«Chi se ne frega del divano.» dico strafottente.
«La colpa è sempre tua!»
«Sei tu quella svampita e imbranata.»
«Perché non la smetti di tormentarmi?» urla. «Ogni volta che mi illudo che tra di noi possa filare tutto liscio, ecco che ti comporti da coglione!» Resto sorpreso nel sentire le sue parole, è davvero arrabbiata, stavolta. «Posso sapere che problemi hai?» Resto in silenzio, senza degnarmi di risponderle. Mi alzo dal divano e comincio a scrutare tutto il suo corpo, non posso farne a meno, è più forte di me. «Smettila di fissarmi!»
«Non ci riesco.» dico serio. Comincia a boccheggiare, a disagio e non posso biasimarla, ma ormai non ho più veli, le ho detto quello che provo e spero solo che le ritorni in mente. Mi avvicino di più a lei e le sorrido malizioso. «Siamo soli in casa.» le faccio un occhiolino ammiccante.
Afferro i suoi fianchi e la tiro verso di me, poi mi siedo, portandola a sedersi a cavalcioni su di me. Ora siamo corpo a corpo e amo l'effetto che mi provoca. Comincio a pensare che se non le dico chiaramente che sono pazzo di lei, non lo capirà mai.
«M-Mark... io...»
Faccio scivolare le mani lungo la sua schiena, fino ad arrivare al sedere e stringerlo con decisione, poi la spingo contro la mia erezione, strusciandola lentamente e facendola diventare sempre più dura. Oddio, voglio baciare quelle labbra, voglio sentire la sua pelle bruciare sotto le mie mani e procurarle mille brividi, fino a farle desiderare di scopare. Le poso un bacio sotto l'orecchio e lei sussulta, mentre continuo a strusciare le sue parti intime contro di me. Desidero solo entrare dentro di lei e sentirla impazzire, mentre le dico che la amo da morire. La sua espressione è chiaramente estasiata e scommetto che lì sotto è già molto bagnata e pronta per me. Il suo respiro diventa pesante e non può fare a meno di lasciarsi scappare un gemito, che conferma la mia teoria.
«Non voglio più nascondere i miei sentimenti.» le sussurro.
Avverto il suo respiro farsi più pesante e penso che non le sono indifferente. Come fa a non rendersi conto che mi fa impazzire? È stata l'unica a farmi battere il cuore, pensavo di non averne uno e invece l'ha tirato fuori dalle tenebre. Inutile che me lo chieda, so bene che la colpa è solo mia, non ho fatto altro che tormentarla per anni, come una vera testa di cazzo. L'unica cosa che posso fare ora, è dirle che la amo, nonostante l'abbia già fatto ieri notte.
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