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Capitolo 38

Emily
Abbiamo appena finito la nostra cena, io ho ordinato il solito panino carico di calorie e lui, oltre quello, anche un dolce, sono rimasta sconvolta. Mi tiro su, pronta per andare alla cassa e pagare la mia parte, non voglio favori da lui. Faccio un passo e mi sento afferrare per un polso, impedendomi di proseguire.

«Cosa stai facendo?» chiede titubante.

«I-io... vorrei pagare la mia parte.» dico con un po' di difficoltà. Odio sentirmi così in imbarazzo. Mi guarda incredulo e infine scoppia in una fragorosa risata, irritandomi. Sta attirando l'attenzione di tutte le persone presenti nel locale e il mio viso diventa ancora più rosso. È davvero snervante questo suo lato. «Smettila di ridere, deficiente.» lo insulto.

«Finalmente ti riconosco. Non sopportavo più quell'aria da timidina.» ride ancora.

«Come?» chiedo incredula.

«Per tutto il tempo non hai fatto altro che fissarmi, lo so che mi vuoi, ma cerca di contenerti almeno un po'.» ammicca un sorriso malizioso.

Che sbruffone, ma chi si crede di essere?

«Non ti guarderei nemmeno se tu avessi il viso e i muscoli di Brad Pitt.» sbotto e incrocio le braccia al petto.

«Infatti non serve Brad Pitt.» sorride beffardo.

«Sta zitto!»

D'un tratto si alza dalla sedia e si avvicina al mio viso, così tanto che temo possa baciarmi. Ma dai, è assurdo. Il mio cuore comincia a battere in modo violento e non capisco cosa mi stia succedendo. Devi calmarti, è solo quell'idiota di Mark. Ed è per questo che sono nervosa. Allunga una mano verso il mio fianco sinistro e il respiro mi si blocca in gola. Comincio a farmi i soliti film mentali, fino a che non afferra la giacca sulla sedia. Resto sbigottita e senza parole, ho creduto davvero che stesse per fare qualcosa, invece voleva solo prendere la sua giacca. Che stupida! Lo vedo ridere sotto i baffi, dopodiché si dirige alla cassa e paga. Lo raggiungo e lo guardo male, perché deve sempre fare di testa sua?

«Perché mi guardi così?» chiede con una risata in gola.

Che cosa ci trova di così divertente, è il solito stupido che non capisce niente, cretino, deficiente, idiota. Ma perché lo sto insultando in questo modo? Proprio adesso che non ne ho motivo. Sei una stupida! Sta zitto anche tu.

«Così, come?» chiedo, sfidandolo con lo sguardo.

«Come se volessi picchiarmi.» ridacchia.

«Forse perché lo vorrei davvero?»

«Ah, sì?» chiede in un sussurro e si avvicina di nuovo, con il solito sguardo da ammaliatore a cui non resisto. Devo evitare di guardarlo, non posso complicarmi la vita ancora di più, Mark Johnson non dovrà farne parte, né ora, né mai! Distolgo lo sguardo e inizio a camminare, fino ad uscire dal fast food. «Ehi, non scappare.» riesce a raggiungermi e ad afferrare il mio piccolo polso. Mi volto e incontro nuovamente i suoi splendidi occhi, avvertendo ancora quella sensazione alla bocca dello stomaco, come se il tempo si fosse fermato e non fossi mai partita. Devo dirgli che lo amo, non posso più aspettare. E proprio in quel preciso istante, gli squilla il cellulare. Molla il mio braccio e risponde scocciato. «Dimmi.»

Dopodiché si allontana da me. Questa ragazza dev'essere una di quelle che non ti lasciano respirare, poverino, non lo invidio. La verità è che sono gelosa, non riesco ad immaginarlo con un'altra, era già troppo vederlo con Ashley, è più forte di me.

Mark
«Non potevo restare a casa!» sbotto al cellulare, irritato più che mai.

«Potevi almeno svegliarmi, sei scappato via come un ladro.» si lamenta Chloe.

«Ti ho lasciato un fottuto biglietto.»

«Non ho parole.»

«Allora non parlare, non fai altro da quando ti conosco.»

«Perché mi tratti così? Pensavo che stessi iniziando a cambiare.»

«Te l'ho già spiegato, sono uscito con mia madre, non ho potuto rifiutare. Ora smettila di stressarmi, cazzo!»

«C'era anche tua sorella?» Non riesco più a sopportarla, fa troppe domande. «Sei ancora lì?»

«Adesso devo riattaccare.» taglio corto.

«Aspetta...»

Riattacco, senza darle il tempo per impedirmelo, poi inserisco il silenzioso al cellulare e lo infilo in tasca, in questo modo, se dovesse ritelefonare, cosa molto probabile, non sarò costretto ad interrompermi. Emy è seduta su una delle panchine presenti nel centro commerciale, ha le mani in grembo e fissa il vuoto, chissà a cosa starà pensando. Mi avvicino e mi siedo accanto a lei, facendola sussultare. Le regalo un mezzo sorriso e sembra calmarsi un po', poi resto immobile a fissarla. Sono davvero perso di lei, come ho potuto trattarla in quel modo? Se solo avessi fatto chiarezza sui miei sentimenti, a quest'ora non sarebbero accadute tante cose, troppe cose orribili. Improvvisamente, avverto una strana risata che conosco troppo bene per scordarla. Dobbiamo andare via, prima che sia troppo tardi. Afferro la sua mano di e cerco di trascinarla all'uscita.

«Ma cosa fai, volevo andare in quel negozio di make up.» si lamenta.

«Meglio andare.» le dico quasi in un sussurro.

«La tua ragazza ti reclama?» chiede con un pizzico di irritazione nella voce.

Ancora con questa storia? Perché la mia vita dev'essere sempre così incasinata? Non importa, adesso devo portarla via da qui.

«Andiamo via, per favore.» insisto.

Mi guardo intorno e vedo Adam con il suo gruppo di amici coglioni e subito comincio ad avere paura per lei. La trascino fino all'uscita del centro commerciale, mentre continua ad imporsi. Appena fuori dal centro, il mio battito ritorna regolare.

«Ma cosa ti è preso? Per poco mi staccavi un braccio.» dice irritata. Mi era mancato questo suo lato, non posso fare a meno di sorridere al ricordo. «E adesso cos'hai da sghignazzare?»

«Dai, andiamo a casa.» le sorrido ancora.

Il suo sguardo si addolcisce e sulle sue labbra appare un mezzo sorriso, mentre resto a fissarla a bocca aperta. Possibile che sia sempre più bella? Devo smetterla e controllare i miei stupidi istinti, non posso saltarle addosso.

Siamo nella mia macchina da ben dieci minuti e nessuno dei due ha detto una parola, lei non è mai stata così silenziosa, solitamente era abbastanza aggressiva e mi lanciava strane occhiatacce, ora no. Forse è sempre stata colpa mia, ero io ad irritarla, fatto sta che mi manca sentire le sue parole lamentose, devo dire qualcosa affinché si irriti, adoro ricordare i vecchi tempi.

«Come va a New York?» chiedo per spezzare il silenzio.

«Eh?» mi fissa confusa.

Cosa le avrò mai chiesto di male?

«Come va con il fidanzatino?» rido beffardo.

Aggrotta le sopracciglia, dopodiché comincia a sbuffare. Si sta arrabbiando e fatico a trattenere le risate. Sì, okay, sono uno stronzo ma la adoro quando cerca di ribattere.

«Sei un idiota! Non sei cambiato affatto.» mi insulta.

«Perché sarei dovuto cambiare?»

«Speravo... di sì.» dice con molta difficoltà

«Non è cambiato nulla, Emy.» Mi guarda in modo deluso e scuote la testa in senso negativo, come a voler dire "che coglione". Quello che voglio farle capire è che, nulla è cambiato, neppure quello che provo per lei, ma è questo il momento giusto per dirle tutto? Non sono mai stato tanto vigliacco in vita mia, ho sempre affrontato le cose, ma con lei mi sento impotente. Volta lo sguardo verso il finestrino ed io accendo lo stereo, non sapendo più cosa dire. Appena acceso parte immediatamente il cd inserito. Cazzo, quei distraction! Chloe... è stata lei a contaminare il mio stereo. Emy mi guarda in modo confuso e divertito allo stesso tempo, starà pensando: Dici di odiarli e poi li ascolti? «Oh, cazzo.» mi lamento.

Lei ride, prendendomi in giro, ma non posso dirle che quel cd appartiene a Chloe, quindi me ne resto in silenzio, aspettando che l'imbarazzo passi.

«Da quando li ascolti?» chiede, appena smette di ridere.

Deglutisco, senza degnarmi di risponderle. Okay, è arrivato il momento di spegnere tutto. Emy allunga una mano verso la radio, proprio mentre sto per farlo anche io e le nostre dita si sfiorano. A quel piccolo contatto non posso fare a meno di rabbrividire. Ritrae immediatamente la mano, imbarazzata e mi lascia spegnere lo stereo.

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