Capitolo 35
Mark
Ho raggiunto il bar in cui sono solito andare, dove non chiedono documenti, avevo bisogno di bere, prima di fare quello che ho in mente. Ho capito che non ha senso continuare a scappare, non posso più reprimere quello che provo e lasciar perdere la compagnia di Chloe. Volevo solo scoparmela e sono rimasto con lei, affinché non restasse delusa, ma non ha più senso ormai.
«Ehi, portami un'altra birra.» dico al barista.
Annuisce e mi serve immediatamente. Non intendo ubriacarmi, mi serve solo trovare la carica giusta. Mentre bevo un sorso della mia birra, intravedo una persona che conosco; ma quella è Tiffany, l'amica stramba di Emy. Cosa diavolo le è accaduto? Si è trascurata molto dall'ultima volta in cui l'ho vista. Resto a fissarla ancora per un po', quando si rende conto della mia presenza ed esce immediatamente dal bar. Il suo comportamento era indubbiamente sospetto, Emy ne sarà a conoscenza? Be', chi se ne frega, ora ho altro a cui pensare.
Dopo aver scolato la mia terza birra, decido che può bastare così, non posso ubriacarmi troppo, altrimenti non avrò la forza per trascinarmi fino a casa. Lascio i soldi sul bancone ed esco dal bar, barcollando appena.
Sono quasi arrivato, quando il mio telefono squilla, riscuotendomi. Guardo lo schermo ed impreco, dopodiché sbuffo. Se non gli rispondo potrà pensare chissà cosa e me la ritroverò alle calcagna.
«Ehilà.» rispondo un po' brillo.
«Come mai rispondi in questo modo?»
«Di che modo parli?»
«Ehilà.» cerca di imitarmi e non posso fare a meno di ridere. «Mark, sei ubriaco?»
«Certo che no.»
«Dove sei?»
«Sto arrivando.» mento.
«Ti aspetto.»
Riattacco, senza nemmeno degnarmi di salutarla e mi chiedo come facciano le donne a capire che sei ubriaco solo ascoltando la tua voce al telefono.
Appena arrivato fuori casa, inserisco le chiavi nella serratura e apro la porta, varcando la soglia e respirando in modo irregolare. C'è un silenzio spettrale e quindi deduco che non ci sia nessuno... Senza pensarci oltre, raggiungo velocemente il piano di sopra e poi mi blocco in corridoio, cominciando a pensare se sto facendo la cosa giusta, ma poi mi ricordo che è questo il motivo per cui ho bevuto. Vado dritto alla sua camera, apro la porta di scatto e resto deluso nel scoprire che non c'è. Decido di entrare comunque, chiudendo la porta alle mie spalle e raggiungendo il suo letto, fino a sdraiarmi completamente. Afferro una maglietta posta vicino al cuscino ed inizio ad annusarla, inebriandomi e scatenando in me una valanga di ricordi.
«Sono patetico.» borbotto e poi rimetto la maglietta dov'era.
Peccato che lei non ci sia, anche se non sapevo esattamente cosa dirle, però avrei voluto almeno vederla. Improvvisamente, avverto un rumore provenire dal corridoio e spero solo che non si tratti di mia madre, potrebbe fraintendere, vedendomi qui. Mi alzo di scatto dal letto e mi dirigo a passo svelto verso la porta. Sto per aprirla, quando quest'ultima si apre da sola, rivelando la persona davanti a me.
Emily
Sento le guance andare a fuoco e scommetto che il mio viso è diventato paonazzo alla vista di Mark. Cosa ci fa in camera mia? Sono persino in accappatoio e la vergogna si moltiplica. Devo mantenere la calma, lui ha la ragazza. Ed è tuo fratello. Fratellastro! Perché non riesco a parlare? Mi piacerebbe tanto sferrargli un calcio alle parti intime e poi riempirlo di parole poco carine, visto il modo in cui si è comportato, invece me ne sto sulla soglia immobile. Guardo le sue braccia e noto dei nuovi tatuaggi, ormai ne è pieno e fortuna che abbiamo i riscaldamenti o morirebbe di freddo. Ma perché mi sto preoccupando per la sua salute? Per me può crepare all'istante!
«Ehm, io...» non sa cosa dire, ma il suo sguardo si posa sulla mia scollatura, che copro immediatamente.
È il solito maniaco, almeno in questo non è cambiato. Quando ha pronunciato quelle parole senza senso, ho avvertito una puzza di birra e quindi ecco svelato il mistero del perché sia qui; è ubriaco. D'altronde lui è carino con me solo in quella circostanza.
«C-cosa... ci fai qui?» balbetto.
Porca miseria, pensavo di essere guarita dalla Mark-Dipendenza e invece non riesco a mantenere la calma, nonostante siano trascorsi mesi dal nostro ultimo incontro. D'un tratto, afferra il mio polso e mi tira nella stanza, spiazzandomi completamente. Non capisco questo suo modo di fare, non ci vediamo da tanto e le uniche cose che fa sono guardarmi il seno e trascinarmi in camera? Va verso la vetrata e comincia a scrutare attraverso di essa, mentre io resto immobile, senza sapere cosa fare o dire.
«Come...» si schiarisce la voce. «Come stai?»
Mi aspettavo che parlasse di quello che è accaduto tra di noi, soprattutto di quel ti amo che mi confessò quando era ubriaco, ammesso che se ne ricordi.
«Sto bene.» mento.
Mi siedo sul letto, dandogli le spalle, non voglio che mi veda conciata in questo modo. Ti ha sempre vista, anche peggio di così, ti sei dimenticata che vivevi qui? Sta zitto, antipatico. Improvvisamente il materasso si muove, annunciando che si è appena seduto e imbarazzandomi ancora di più. Non pensavo di vederlo presto, mi ero addirittura messa in testa che ci saremmo visti domani sera alla festa, dato il suo trasferimento, invece stava ficcanasando nella mia stanza.
«Io... non avevo il coraggio di incontrarti, così mi sono trasferito da un'amica.»
Certo, un'amica, a chi vuole darla a bere? So bene che è la sua ragazza, Cindy mi ha detto tutto.
«P-perché?» cavolo, non riesco a parlare in modo tranquillo.
«Temevo la tua reazione. Sono stato un bastardo, lo riconosco.»
Almeno ne è consapevole.
«Posso andare prima a vestirmi?» chiedo timida.
«Sì, certo, ti aspetto qui.»
Ti aspetto qui. Suona proprio bene. Ora ricominci con i soliti film mentali, ricordati che quest'essere è la causa di tutti i tuoi guai, quindi contieniti. Hai ragione, però sembra più tranquillo, forse è davvero innamorato di quella tizia... non ci voglio pensare. Mi alzo dal letto, cerco qualcosa nell'armadio e mi dirigo al bagno.
Quando ritorno in camera, non lo vedo più e non riesco a fare a meno di agitarmi. Spalanco la porta e lo trovo vicino al mio comodino, con in mano la foto che ritrae me e Tiffany. Pensavo davvero che fosse andato via, d'altronde non era una cosa da escludere. Appena si rende conto della mia presenza, la posa immediatamente dov'era e si risiede sul letto, guardandomi con un sorriso. Perché lo trovo ancora così dannatamente bello?
«Puoi sederti accanto a me?» Mi ritrovo ad annuire e poi chiudo la porta alle mie spalle Ho il cuore in gola e non è accaduto nulla, com'è possibile che abbia un effetto così devastante? Mi siedo, con un po' di timore e ad almeno un metro da lui. «Hai paura di me?» chiede con sarcasmo.
«Ovviamente no!» rispondo convinta.
«Allora perché mantieni le distanze? Insomma, sono il tuo fratellastro.»
Mesi fa gli saltavano i nervi se parlavo dei "nostri" genitori, ora mi dice questo? Certo che è proprio cambiato, ho quasi paura.
«Sì, infatti, sei il mio fratellastro.» confermo.
«Non avrei mai voluto esserlo, lo sai.» Grazie a Dio, è tornato il solito arrogante. «Ma la vita ci ha giocato questo brutto scherzo.» si avvicina a me. «Sta a noi decidere se fare finta di nulla o continuare a massacrarci l'anima.» si avvicina ancora.
Non capisco cosa sta cercando di dirmi, trovo che le sue parole siano molto confuse, forse non lo sa nemmeno lui, per il semplice fatto che è ubriaco. Oramai è vicinissimo, non lo sto guardando, ma avverto il suo respiro, poi afferra la mia mano e la stringe nella sua. Quel gesto mi fa rabbrividire e mi rendo conto che basta un piccolo contatto per scaturire in me mille emozioni diverse.
«I-io... non so di cosa parli.» dico con difficoltà.
Mi costringe a guardarlo e il mio cuore perde un battito, è così vicino al mio viso che riesco a sentire il suo respiro sulle labbra.
«Voglio solo rimediare a tutti gli errori che ho commesso.» sussurra.
«In... che modo?»
«In qualunque modo possibile.» mi posa un bacio sulla guancia.
Resto spiazzata e il respiro mi diventa irregolare. Devo stare calma, si è trattato di un semplice bacetto sulla guancia, un gesto d'amore fraterno, tutto qui. Amore fraterno? Ma se non te l'ha mai dimostrato. E allora che cos'è, sentiamo? Visto che sai sempre tutto, prova a darmi una risposta sensata, ogni tanto. Non so cosa sia, ma sta tramando qualcosa. Sei il solito drammatico.
«La tua ragazza?» chiedo, senza neppure rendermene conto.
Aggrotta la fronte e mi guarda in modo strano. Ora si arrabbierà, dovevo starmene zitta, parlo sempre a vanvera, lui odia esporre la sua vita privata.
«A chi ti riferisci?»
Strano che il suo tono sia rimasto calmo. Magari devo smetterla di agitarmi e prendere in considerazione il fatto che sia cambiato per davvero.
«Nostra... cioè, tua madre, mi ha detto che hai trovato una ragazza.»
«Cosa?» sghignazza in modo nervoso. «Nostra madre è fuori di testa.»
Ha detto nostra madre? Questo vuol dire che ora mi considera come una sorella? Non so perché, ma la cosa mi rattrista, non avrei voluto essere considerata come tale, perché lo amo ancora, purtroppo.
«Perché... avrebbe dovuto mentire?»
«Non ho detto che ha mentito, solo che ha frainteso le cose.»
«Che significa?»
«Sto uscendo davvero con una ragazza, ma non stiamo insieme.» Abbasso lo sguardo verso la moquette, gelosa e a disagio. «Io... ci sto uscendo perché...» Mark che è in difficoltà? Davvero comico. «Cazzo, Emy, ti somiglia tantissimo!» E questo cosa vorrebbe dire? «Non fisicamente, ma avete i caratteri molto simili.»
Deglutisco e uno strano pensiero mi frulla per la testa, spero solo di sbagliarmi.
«Cioè, la stai usando?» chiedo accigliata.
«Non proprio.» E allora cosa stai cercando di dirmi? «Stavo aspettando te.»
Ecco che avverto di nuovo quella strana sensazione alla bocca dello stomaco. Sta cercando di dirmi che vuole stare con me? Ma allora perché ha atteso che tornassi a casa? Che ragazzo stupido!
«A cosa ti riferisci?» chiedo titubante.
«Emy, voglio solo che mi perdoni! Mi vergogno per tutto il male che ti ho fatto, ma c'erano troppe cose che non riuscivo a capire e la gelosia ha preso il sopravvento.»
«La gelosia? Troppe cose? Non riesco a capirti.»
Sono davvero confusa, le sue parole sono insensate.
«Certo che non sei cambiata affatto, sei rimasta la solita svampita.» ironizza, prendendomi in giro. Lo guardo male e tiro via la mano dalla sua, dopodiché mi alzo prontamente, chiaramente agitata. Lui fa lo stesso e si para davanti a me, per impedirmi di andare via. «Scusami, non intendevo offenderti.» Bugiardo, certo che voleva farlo! «Insomma, lo sai che per me è difficile esprimere quello che ho dentro.» Ora è tornato serio, non riuscirò mai a capirlo. «Ma... quando non ci sei, io...» poggia le mani sui miei fianchi e mi guarda dritto negli occhi. «Io...» Improvvisamente, squilla il suo cellulare, interrompendo il momento. «Ma porca puttana, il destino ce l'ha con me.» impreca. Appena guarda lo schermo, la sua espressione diventa nervosa e deduco che si tratti di una telefonata indesiderata. «Cosa c'è?» risponde poco convinto. «Non capisco niente, perché stai piangendo?» chiede accigliato. Che si tratti della sua non ragazza? «Cosa? Ma che cazzo... Arrivo subito!» riattacca e infila il cellulare in tasca. Cos'è successo? Ha un'aria così preoccupata. «Scusa, devo andare, è urgente. Parleremo ancora, ho bisogno di dirti tutto.» mi dice serio e poi corre via dalla stanza, lasciandomi piena di dubbi e confusione.
Ho bisogno di dirti tutto. Magari stavolta sarà diverso, forse ha davvero capito quello che prova? Oppure vorrà semplicemente dirmi che non ha più problemi a considerarmi parte della famiglia. Ho un gran caos nella testa e odio sentirmi così.
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