Capitolo 32
Emily
La partenza è domani e ho già preparato tutto il necessario, valigie incluse, Sam mi ha dato una mano, anche se sembrava un po' turbato, forse non vuole che parta da sola.
«Emy, non dimenticare di mettere questo in valigia.» mi mostra un pacchetto che guardo stranita.
«Che cos'è?»
«Mettilo in valigia, lo aprirai quando sarai all'aeroporto.»
«Perché non ora?»
«E dai, fa come ti dico.» mi fa un occhiolino.
A volte è proprio strano, cosa c'è di così importante in quel pacchetto? Lo afferro e noto che è molto leggero, dopodiché faccio come mi ha detto. Sam mi regala un sorriso strano, diverso dal solito, poi va via dalla stanza, lasciandomi con i miei pensieri. Mi siedo sul letto e resto a fissare la valigia sul pavimento. Magari potrei dare una sbirciatina a quel pacchetto, non lo saprà mai. Meglio di no, ci sarà un motivo se mi ha detto di aprirlo all'aeroporto, però muoio dalla voglia di sapere cosa c'è all'interno. Afferro il cellulare sul comodino e consulto la rubrica, il mio sguardo si posa sul numero di Tiffany e penso che sia molto che non la sento, allora faccio scorrere il dito sul numero e le telefono. Purtroppo risponde la segreteria, forse avrà da fare. Dopo pochi secondi, il cellulare squilla, guardo lo schermo e mi acciglio; è un privato.
«Pronto, chi parla?»
«Emy.»
«Tiffany, come mai mi telefoni con il privato?»
«Sto usando il cellulare di Hunter» Pensava che avrei rubato il suo numero? «non voleva che telefonassi con il suo numero visibile.» Che ragazzo stupido. «Mi hai telefonato, è tutto a posto?»
Dal tono di voce sembra strana, come se le fosse accaduto qualcosa di brutto. A quel pensiero il mio cuore perde un battito e rabbrividisco.
«No, tranquilla, è che non ci sentiamo da un po', che fine hai fatto?»
«Scusa, ho avuto molto da fare...»
«Capisco.» Non mi convince. «Sai, domani tornerò a casa.»
«Ah, davvero?»
Mi pare di capire che non sia interessata, è distaccata e indifferente...
«Tiff, va tutto bene?»
«Sì, perché non dovrebbe?»
«Non lo so, ti sento strana.»
«Come mai torni a casa?» cambia discorso.
«Purtroppo, i miei hanno organizzato una festa per il loro anniversario e non posso mancare.»
«Perché, purtroppo?»
«Per via di Mark, ovviamente.»
«Ah, giusto.» Sto parlando con la mia amica oppure no? «Adesso devo riattaccare, è stato bello risentirti. Ciao.»
«Aspetta...»
Ha riattaccato, senza darmi il tempo per salutarla. Ho paura che quando tornerò a casa non mi aspetterà nulla di buono, inclusi Mark e la sua nuova ragazza.
Sam
È più di un'ora che Emy è partita ed era molto agitata quando l'ho lasciata all'aeroporto. Avverto già la sua mancanza, come se una parte di me fosse andata via con lei, per sempre. So già che appena varcherà la soglia di casa sua e incontrerà il suo fratellastro, dimenticherà tutto il male che gli ha fatto. Avrei tanto voluto partire con lei, per sostenerla e starle vicino il più possibile, ma non ha voluto. Mi chiedo se ha già scartato il mio regalo e letto la lettera, ora che ci penso mi sento uno stupido, forse non avrei dovuto scriverla.
«La smetti di bere? È il quarto bicchiere.» mi rimprovera Katy.
Siamo usciti a bere qualcosa insieme, avevo bisogno di confidarmi con qualcuno di cui mi fido e lei è proprio una buona amica.
«Sto bene, okay?»
«Capisco come ti senti, ma così ti farai solo del male. Cazzo, Sam, perché non l'hai accompagnata a Seattle?»
«Te l'ho detto, non ha voluto.»
«Avresti dovuto insistere, sei proprio pessimo con le ragazze!»
«Grazie, ma non ho mai avuto una ragazza, non ci sono abituato.»
Mi strappa il bicchiere di vodka dalla mano e lo scola tutto, guadagnandosi una mia occhiataccia. Perché non vuole che beva? È l'unico modo che ho per dimenticare.
«Adesso andiamo via da qui!» mi afferra per un braccio e mi costringe a seguirla fuori dal locale. «Vedi, Sam, la vita è troppo breve, devi lottare per ottenere ciò che vuoi!»
«Ma cosa dici, io bevo e tu sei ubriaca?»
«Sta zitto ed entra in macchina.» Ubbidisco, senza dire un'altra parola. Non ho mai capito perché parla sempre del fatto che la vita sia breve, eppure, ha solo ventiquattro anni. Katy entra in macchina, al lato del guidatore e mi fissa con aria di sfida. Quando fa così non ha in mente nulla di buono. «Prendi quel telefono e inviale un messaggio!» ordina con tono duro.
«Non lo leggerà, è in viaggio.»
«Lo leggerà quando sarà scesa dall'aereo.»
«Allora ci penserò domani.»
«Eh, no, bello, non mi freghi. Prendi quel cazzo di telefono!» insiste.
«Me lo stai ordinando?»
«Sì!» Tiro fuori il cellulare dalla tasca e glielo porgo. Scuote la testa e aggrotta le sopracciglia. «Non fare il coglione, inviale un messaggio dove le dici tutto quello che provi per lei.»
«No, cosa dici...»
«Sam, fallo!»
Resto immobile a fissarla, non voglio inviarle un messaggio, non posso proprio farlo.
«Che senso avrebbe, lei ama quell'altro.»
«Ma almeno ci avrai provato.» È davvero intenzionata a farmi inviare quel messaggio. «Allora, lo farai?» Non le rispondo, mi gira la testa e mi viene da vomitare. «Sam!» Apro la portiera della macchina, mi chino verso l'uscita e comincio a vomitare. Che schifezza, doveva capitarmi proprio ora? Posa una mano sulla mia spalla e si avvicina. «Scusami, sono stata inopportuna.» Perché si sta scusando, in fondo ha ragione, sono un vigliacco. Dopo aver rovesciato tutto fuori, mi poggio con la testa allo schienale e alzo gli occhi al cielo, vedendo le stelle. «Torniamo a casa, va bene?» chiede.
Annuisco, senza degnarmi di risponderle, sono troppo stanco per farlo e poi mi sento un completo idiota.
Mark
A quest'ora, Emy dovrebbe essere a metà strada e io non riesco a chiudere occhio al solo pensiero che domani sarà qui. Ormai sono le due di notte e Chloe stringe un braccio intorno alla mia vita, dormendo serenamente e non immaginando neppure cos'è successo in passato. I miei non erano affatto d'accordo sul fatto di trasferirmi da lei, hanno persino minacciato di sbattermi fuori casa, ma sono adulto e decido io per la mia vita, quindi ho fatto di testa mia. Dopo quella volta, io e Chloe non abbiamo più provato a fare sesso o per meglio dire, io non ci ho più provato, lei sembra che non aspetti altro, ma è stato un errore e non dovrà ripetersi. Mi sono cacciato in un bel guaio, come ho fatto a finire in questa strana situazione? Probabilmente era scritto nel mio destino, dovevo incontrare questa trombetta e scoparmela, come ogni ragazza insignificante che incontro... Emy era l'unica a contare qualcosa... cazzo, lo è ancora. Cerco di alzarmi dal letto, facendo attenzione a non svegliare Chloe, ma purtroppo ottengo il risultato opposto.
«M-Mark...» accende l'abat-jour e mi guarda con gli occhi socchiusi. Mi metto a sedere e resto in silenzio, mentre lei torna ad avvicinarsi al mio petto nudo e poggia la testa su di esso. «Che cos'hai?» chiede con la voce impastata dal sonno.
Tiro un lungo respiro e me la scrollo di dosso. Non so perché mi comporto così, lei non ha colpe per quello che sta accadendo dentro di me, eppure non riesco a lasciarmi andare, non riesco a non trattarla diversamente. Mi sento come se stessi per essere inghiottito da una balena, provo ansia e paura allo stesso tempo. Il suo sguardo è un misto tra preoccupazione e incredulità, si starà chiedendo perché mi comporto in questo modo quando, fino a ieri, andava tutto bene tra di noi.
«Non ho niente.» dico con voce atona.
«Non è vero, stai mentendo.»
«Ti ho detto che sto bene!» sbotto irritato.
«È per via di tua sorella?» Sgrano gli occhi, senza incontrare il suo sguardo e resto in silenzio, non può averlo capito sul serio. «Allora, è così?»
«No, Chloe, non me ne frega un cazzo di mia sorella!»
Mia sorella... certo.
«E allora cos'hai, perché sei così distante?»
Un'altra delle cose che odio di lei, è l'insistenza, non capisce quando è il momento di tacere, deve sempre infierire. Non ho alcuna intenzione di dirle la verità e parlarle della mia vita, come non ho intenzione di stare qui a discutere. Mi alzo dal letto ed esco dalla stanza, lasciandola sola. Raggiungo il divano al piano di sotto e mi sdraio su di esso. Spero solo che non mi stia raggiungendo, ho bisogno di restare da solo per riflettere, la sua presenza non fa che peggiorare le cose e comincio a pensare di aver commesso un errore, avrei dovuto restarmene a casa.
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