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Capitolo 22

Mark
Avrei dovuto sapere che non avesse mai risposto, visto il modo in cui l'ho ignorata, ma volevo davvero porgerle i miei auguri. Credo sia stato meglio così, sarei risultato ridicolo persino alle sue orecchie. Mi alzo dal letto e vado verso l'armadio, la apro e afferro la mia chitarra, forse se suono qualcosa, calmerò i miei nervi. Non riesco a smettere di pensare a lei e a chiedermi se ha già dimenticato tutto quello che c'è stato tra di noi, anche se sono un bastardo, quelle situazioni non hanno abbandonato la mia testa nemmeno per un secondo. Rimpiango molto di non averle dimostrato quanto l'amassi e ormai è tardi per farlo. Suono la chitarra e lascio che la melodia mi penetri fin dentro l'anima, ma proprio in quel preciso istante, qualcuno viene ad interrompere il mio momento di assoluta tranquillità, bussando alla porta. Pensavo che mia madre fosse uscita per la sua cena di lavoro, cosa vorrà adesso? Poggio la chitarra sul letto e sbuffando vado ad aprire la porta, restando allibito.

«Che cosa ci fai qui?» chiedo accigliato, alla vista di Chloe.

Entra in camera, senza il mio permesso e afferra la mia chitarra.

«Non pensavo che ti piacesse suonare.» Mi precipito verso di lei e come una furia gliela strappo dalle mani. Come si permette di toccare le mie cose? La guardo malissimo e lei resta spiazzata. «Calmati, non facevo nulla di male.»

«Mia madre è ancora in casa?» chiedo spazientito.

«A dire il vero, no.»

«E allora come cazzo sei entrata?» sbotto.

«Potresti moderare il linguaggio?»

Si siede sul letto, ignorando la mia domanda. Mi fa una rabbia, crede di essere la padrona.

«Ti ho appena fatto una domanda!» insisto.

«Certo, sultano.» Devo stare calmo e non lasciare che la rabbia mi sovrasti. Ho già abbastanza problemi per conto mio e ci si mette anche lei. «Ho le chiavi di casa tua.»

Non ha davvero detto che ha le chiavi di casa mia, vero?

«Come?» chiedo conferma.

«Me le ha date tua madre, due giorni fa. Sai, è convinta che io e te stiamo insieme.» ridacchia.

Porca puttana, mia madre è praticamente fuori di testa, non è normale che dia le chiavi di casa ad una ragazza qualunque, che vuole insinuarsi a tutti i costi nella mia vita, non riesco proprio a sopportarlo!

«E quindi ti senti in diritto di venire a casa mia quando ti pare e piace?»

«Diciamo di sì, lei si fida di me e credo che dovremmo realizzare il suo sogno.» si sdraia sul letto.

La guardo con gli occhi quasi fuori dalle orbite.

«Che cazzo dici?»

«Dovremmo metterci insieme, sul serio.»

«Che cosa?»

«Ma sei sordo?»

«Ho sentito, solo che non posso credere che tu lo stia dicendo sul serio.»

«Perché non dovrei parlare sul serio, tu sei un bellissimo ragazzo e... se devo essere sincera... mi piaci molto.» si copre il viso con le mani, mentre io resto sempre più allibito e senza parole. Afferro il suo polso e la tiro giù dal letto, facendola finire sulla moquette. «Ma che fai?» si lamenta.

«Questo è il mio letto e ho voglia di sdraiarmi.»

Mi sdraio e porto entrambe le mani dietro la nuca, ignorandola.

«Avresti potuto chiedermelo, invece di tirarmi via in quel modo, sei davvero un maleducato.» Cerca di sedersi accanto a me, ma non glielo permetto. «E dai, fammi posto.» Ma perché non vuole lasciarmi in pace? Le ho già detto che deve starmi lontano, soprattutto dopo il bacio della scorsa sera, ero ubriaco ma me lo ricordo bene. Mi gira sempre intorno ed è davvero estenuante, soprattutto da quando si è mollata con il suo ragazzo. Sbuffo e non mi muovo di un centimetro, allora cerca di spingermi con le mani ma non ci riesce. «Sei un bambino.» si lamenta. Continua a spingere, fino a che non inciampa su di me. «Ops!» esclama imbarazzata.

Questa scena mi pare di averla già vissuta... perché continuo a pensare ad Emy? Rivedo il suo volto in ogni gesto che fa Chloe, in ogni parola, non riesco più a vivere. Non riesco a parlare, non riesco a togliermela di dosso e non riesco a vedere il suo volto, c'è solo Emy davanti ai miei occhi. Li stringo forte e poi li riapro, finalmente ritorna Chloe.

«Che cazzo fai, ti butti senza ritegno su di me?» mi lamento, con un certo imbarazzo.

«Sei tu che non vuoi mollarmi.» Mi rendo conto di aver messo le mie mani sui suoi fianchi, allora le allontano immediatamente ma lei le afferra e le rimette dov'erano. «Perché non ti piaccio?» Mi appare di nuovo lei, non vuole lasciarmi in pace e ora avrei voglia di fare soltanto una cosa. Afferro il suo viso e le do un bacio. Emy mi accarezza le braccia e si sdraia accanto a me, non staccando le sue labbra dalle mie. Sembrano così diverse, così strane e hanno un altro sapore. Le mani di Emy vagano verso i miei jeans, sbottonandoli, allora apro gli occhi di scatto e mi rendo conto del terribile errore che sto commettendo. Lei non farebbe mai una cosa del genere, devo smetterla di paragonarle. Mi stacco da Chloe e mi alzo immediatamente dal letto, mentre mi fissa in modo confuso. «Mark...» si alza a sua volta e viene al mio fianco.

«Vattene.» sbotto.

Aggrotta le sopracciglia e resta ancora più confusa, non si aspettava quella parola.

«Ma perché, cosa ti prende?» cerca di toccarmi ma mi allontano.

«Vattene, cazzo!» le urlo in faccia.

Resta in silenzio e posso notare i suoi occhi diventare lucidi, dopodiché corre verso la porta, fino a sparire dalla mia vista. Mi siedo sul letto e afferro la mia testa tra le mani, affranto dalla situazione. Non posso credere a quello che ho fatto, il mio cervello mi sta giocando davvero brutti scherzi. Cosa sta succedendo dentro di me? Mi sento così confuso, ma anche stupido. Devo telefonarle e dirle quello che provo per lei, non posso più aspettare.

Emily
Il terribile episodio di poco fa mi ha traumatizzata, non lo do a vedere ma sono seriamente spaventata e la gamba brucia. Mi sento sporca e violata, avverto ancora le mani sudicie di quell'essere su di me. Ho temuto davvero per la mia vita e anche per quella dei miei amici, soprattutto per Harry, che ha avuto il coraggio di affrontare quell'essere psicopatico, in possesso di un coltello. Ho apprezzato molto il suo gesto, se non fosse arrivato a salvarmi, chissà ora dove sarei e il peggio è che non l'ho nemmeno ringraziato. Manca poco all'arrivo a casa e i sensi di colpa nei suoi confronti mi stanno divorando e poco fa si sono sentiti per telefono con Sam, dicendogli che avrebbe riportato domani la mia macchina. Non l'ho mai visto picchiare nessuno e mi è sembrato molto diverso da come appare.

«Sam...» richiamo la sua attenzione, un po' a disagio, visto quello che sto per chiedergli.

Volta lo sguardo verso di me per pochi secondi. «Dimmi.»

«Potresti portarmi a casa di Harry?» chiedo con un certo imbarazzo.

«Come mai?»

«Vorrei... ringraziarlo.»

«Non puoi aspettare domani? È abbastanza tardi.»

«Lo so, ma no, non voglio aspettare.»

«Va bene, come desideri.» fa inversione a U, accontentandomi immediatamente. Non so perché ho tutta quest'urgenza di parlargli ma se non lo faccio subito, potrei non riuscirci più.

Siamo appena arrivati fuori casa sua e ho chiesto a Sam di aspettarmi in macchina. Faccio un paio di passi verso la porta d'ingresso e noto immediatamente la mia macchina parcheggiata nel vialetto. Sto per suonare il campanello, quando avverto delle urla provenire dall'interno della casa. Faccio qualche passo indietro e la porta di casa si apre.

«Mi hai davvero stancato!» urla Harry e appena si rende conto della mia presenza, resta spiazzato. «Emy... cosa... ci fai qui?»

«Meglio se vai via di casa, sei solo un peso per me.» sento urlare dalla casa.

Harry chiude la porta e afferra il mio braccio. «Vieni... sediamoci in giardino.» Ci sediamo su una panchina sotto al gazebo, ancora spiazzata per le parole pungenti che ho sentito poco fa. Chi era quella donna che urlava? Non ho il coraggio di chiederglielo, sembrerei invadente. «È successo qualcosa? Come mai sei qui?» chiede titubante.

«No, tranquillo... Sono qui, perché...» mi zittisco all'istante.

Perché le parole mi si sono bloccate in gola?

«Va tutto bene?»

Annuisco e abbasso lo sguardo verso le piastrelle su cui sono poggiati i miei piedi, ricordando il viso di Mark. Che cosa strana, eppure sono così diversi.

«Io... volevo ringraziarti.» dico tutto d'un fiato e senza guardarlo negli occhi.

«Non devi ringraziarmi, tranquilla.»

«Sam mi ha detto che sei stato l'unico a renderti conto della mia assenza.»

«Be'... sì, è vero.» È in imbarazzo? Lo guardo di sottecchi e noto di aver ragione. «Piuttosto, ti ha fatto del male?»

«No, solo questi graffi.» gli mostro il polpaccio e lui resta imbambolato.

«Cavolo, devono farti molto male e sono anche gonfi.»

«Solo un po' di bruciore.»

Non mi ero accorta che le ferite si fossero gonfiate.

«Aspettami qui.» si alza e si allontana da me.

Ritorna dopo pochi minuti, con qualcosa tra le mani.

«Posso? È solo ghiaccio.» chiede, mente si china verso le mie gambe.

«Sì...» rispondo imbarazzata.

Poggia la busta di ghiaccio sul mio polpaccio ed emetto un piccolo gemito di dolore.

«Scusa, non volevo farti male.»

«Non preoccuparti.»

Mi osserva le ferite molto attentamente e poi mi guarda dritto negli occhi, sono così profondi, così blu. Distolgo lo sguardo e comincio a fissare il vuoto.

«Credo che basti così.» dice alzandosi.

«Grazie.» mi alzo a mia volta e mi ritrovo a pochi centimetri da lui. Continua a fissarmi e allunga una mano verso il mio viso, sfiorandolo. Questa situazione mi sta sfuggendo di mano, meglio dileguarsi. «Devo andare.» dico con un filo di voce.

«Sì... hai ragione.», «Buonanotte.»

«'Notte.» sussurro, mentre ritorno da Sam.

«La macchina te la riporto domani.» mi urla da lontano.

«D'accordo.»

Entro nella macchina e tiro un lungo respiro. Avrò di sicuro le guance rosso fuoco, le sento scottare. Fortuna che è notte e Sam non se ne rende conto. Non provavo una sensazione simile da quando Mark mi ha lasciata.

«Tutto chiarito?» chiede Sam.

«Sì, possiamo andare.»

Vorrei sapere che cosa mi sta succedendo, mi sento così confusa.

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