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Capitolo 16

Mark
Ho cercato in tutti i modi di sfuggire ai pedinamenti di Chloe, ma non ci sono riuscito. È venuta a casa mia alle otto in punto, non ero neppure pronto e come una pazza è entrata in camera mia, sorprendendomi in boxer. È rimasta a bocca aperta, fino a che non mi ha chiesto scusa. Ho ignorato le sue patetiche scuse e come una furia l'ho cacciata dalla stanza. È davvero senza vergogna e il peggio è che mia madre le permette sempre di entrare, credendo sia la mia ragazza, non so più in che modo convincerla del contrario. Dopo essermi preparato, sono uscito furtivo dalla stanza, ho raggiunto il piano di sotto come un ladro e nessuno si è reso conto della mia presenza. La stalker era in cucina con mia madre, stavano parlando indisturbate, così ho recuperato le chiavi della macchina appese sulla parete vicino alla porta d'ingresso e sono sgattaiolato via. Avevo un'aria trionfante quando ho raggiunto il garage, ma purtroppo è durato pochi minuti; lei era sulla soglia della porta, con le braccia incrociate al petto e uno sguardo contrariato. Ho dovuto portarla con me, nonostante non volessi. Ora siamo nella mia macchina e non fa altro che parlare del suo gruppo preferito, non la sopporto più.

«Potresti stare zitta? Cazzo, mi stai perforando i timpani.» sbraito, non distogliendo gli occhi dalla strada.

«Mark Johnson, riuscirò a farmi amare da te e ti farò amare anche gli One direction!» Porca miseria, è matta da legare, mi irrita e non poco. Volto lo sguardo su di lei e solo ora mi rendo conto che ha indossato un vestito molto corto ed elegante e ha acconciato i capelli in modo da scoprire il collo. Siamo diretti ad una festa non ad un ballo di gala. «Perché mi fissi in quel modo?» chiede titubante.

«Vuoi saperlo davvero?» Annuisce, in attesa di una mia risposta. «Ti sei messa in ghingheri, esattamente per cosa?»

«Non lo so, mi andava di vestirmi così. Non ti piace?»

«Stiamo andando ad una semplice festa.»

«Ma ti piace?» Perché vuole sapere la mia opinione sul suo abbigliamento? Non mi importa il modo in cui si veste, non è un mio problema, credo solo che non sia adatto al luogo dove andremo. Alzo il volume dello stereo, stanno trasmettendo Mirrors di Justin Timberlake, non è esattamente il genere che preferisco, ma meglio che ascoltare le sue stupide domande. Ovviamente abbassa il volume e mi guarda in attesa. Cazzo, non la sopporto più! «Allora, ti piaccio o no?» ripete.

«Smettila di chiedermelo.»

«E tu rispondimi!» La ignoro e ritorno ad alzare il volume, mentre lei incrocia le braccia e scuote la testa, incredula. Fortunatamente siamo arrivati a destinazione, non so per quanto avrei potuto resistere con la sua voce nella mia testa. Parcheggio in strada, dato che il vialetto è pieno di macchine e non sono ancora le dieci di sera, mi chiedo quanta gente ci sia lì dentro. Entrambi scendiamo dalla macchina e raggiungiamo l'entrata. D'un tratto afferra il mio braccio, stringendolo a sé e spero solo che non decida di restare così per tutta la sera, non ho intenzione di trascinarla. «Sei solito andare a questo genere di feste?»

La guardo scocciato e lei sbuffa.

«Sì e se non ti piacciono puoi anche andartene.» mi libero dalla sua presa e suono il campanello.

«Non ho detto questo.»

La porta si apre e la musica invade i miei sensi, ora sì che mi sento a casa, era da un po' che non venivo a queste feste. Entriamo in casa e mi meraviglio del fatto che c'è molta più gente di quella che immaginavo. Le cose non sono cambiate dalla mia ultima festa; ragazzi ubriachi, ragazze che ballano in modo sensuale e gruppetti di amici che ridono e scherzano tra di loro.

«Benvenuta nel mio mondo.» le urlo all'orecchio.

Fa una smorfia di disgusto e per un attimo ho come l'impressione di vedere Emy. Stringo i pugni e penso che ho bisogno di bere per levarmela dalla testa. Un paio di metri più avanti, riesco a vedere i miei compagni e subito mi dirigo nella loro direzione, seguito da Chloe.

«Ehi, Johnson, non ti si vede da un pezzo.» urla uno dei ragazzi, di cui non ricordo neppure il nome.

«Bene, bene, Mark Johnson! Sei davvero tu?» una voce stridula a me familiare, mi fa voltare di scatto.

«Ciao, Ashley!» le sorrido in modo malizioso.

«Ciao.» ricambia il sorriso e a giudicare dal suo alito, è già ubriaca.

Mi avvolge le braccia intorno al collo e mi posa un bacio sulle labbra. Credevo di dover faticare un po', visto le cose come si sono messe tra di noi, invece mi si è fiondata addosso. Qualcuno mi picchietta sulla spalla, volto lo sguardo e vedo Chloe, disgustata. Avevo quasi dimenticato che fosse insieme a me.

«Hai intenzione di lasciarmi sola?» sbraita.

«Ti avevo detto di non venire, ma tu hai insistito.»

«E allora?»

«Divertiti, Chloe.» le faccio un occhiolino e trascino Ashley in pista, ignorandola completamente e beandomi della sua espressione contrariata. Credo che stasera mi divertirò moltissimo.

Emily
Il pranzo di oggi è stato fantastico, il ristorante era magnifico e mi sono sentita in pace con me stessa, era da tanto che non succedeva ma con Sam è tutto più bello. Dopo aver mangiato siamo stati in due concessionarie diverse e abbiamo finalmente trovato delle macchine, ovviamente usate, ma sono dei gioielli; io una smart brabus bianca, ho sempre avuto un debole per le macchine piccole, mentre Sam ha preso una cinquecento L. Dopo la lunga giornata siamo tornati a casa, lui è andato a lavoro e io mi sono messa a letto, ma non riesco ad addormentarmi. Sono quasi le due di notte e domani inizieranno i corsi all'università, ma l'ansia non vuole lasciarmi andare, purtroppo è ritornato tutto come prima. La verità è che ho i pensieri tormentati, mi capita ogni volta che resto da sola ed è una sensazione orribile. Chissà cosa starà facendo Mark, chissà se ogni tanto gli capita di pensare a me. Smettila, se avesse voluto, ora sarebbe qui con te. Non posso fare a meno di pensare che il mio cervello abbia ragione, lui non ci pensa affatto a me, a dire il vero, non ci ha mai pensato, è abbastanza triste come cosa, però è la realtà dei fatti. Adesso basta, devo costringermi a dormire, altrimenti domani sarò a pezzi. Chiudo gli occhi, sperando che il sonno mi raggiunga presto, ma proprio in quel preciso momento, il mio cellulare comincia a squillare, facendomi sobbalzare. Mi volto di scatto, allungando la mano verso il comodino per zittirlo, ma appena guardo lo schermo mi manca il respiro. Non riesco a credere ai miei occhi, leggo esattamente il suo nome, dopo tutto il tempo che ha lasciato passare.

Raccolgo tutto il mio coraggio e rispondo alla chiamata. «Mark?»

«Quanto ci metti a rispondere? Sai che odio aspettare.» sbotta.

La sua voce è roca e impastata, sembra proprio ubriaco. Certo, non avrebbe potuto essere altrimenti. E come osa arrabbiarsi, dopo tutto quello che mi ha combinato? È tutto totalmente illogico.

«Come mai telefoni?» chiedo un po' irritata.

«Non lo so neanche io.» ridacchia.

Non capisco perché continua ad ubriacarsi e il peggio è che mi ride pure in faccia.

«Dove sei?» chiedo, immaginando già la risposta.

«Ad una festa molto noiosa.»

«Chiedi a qualcuno sobrio di riportarti a casa.»

Ride di nuovo e la cosa mi irrita ancora di più. Mi telefona solo perché è ubriaco e non ha neppure il coraggio di chiedermi scusa per come mi ha trattato, non capisco cosa voglia.

«Sono venuto qui con una ragazza molto rompipalle, ti somiglia, sai?»

Questo dovrebbe infastidirmi? Ammetti che è così. Sì, va bene, lo ammetto, ma non posso farci nulla se lui è un idiota.

«E allora?» chiedo con voce atona.

«Oh, Emy, quanto vorrei scoparti.»

Sgrano gli occhi e trattengo il respiro. Non l'ha detto davvero...

«Non sai quello che dici...»

«Assolutamente sì! Sono ubriaco, ma riconosco ancora i miei istinti.»

«Non so cosa dire...»

Sono in un imbarazzo assurdo, mi telefona dopo settimane di silenzio, dopo che ha ignorato le mie chiamate, per dirmi che vuole farlo con me?

«Io avrei tantissime cose da dirti.»

«Cosa?» riesco a chiedergli.

«Mi manchi, ti penso ogni fottutissimo istante.» Il respiro mi si blocca in gola e sento le guance andarmi a fuoco, per non parlare degli occhi che bruciano. Senza rendermene conto, una lacrima mi riga il viso e tiro su col naso. «Stai piangendo, piccola?»

«Telefonami quando sarai sobrio.» dico con un filo di voce.

«Sai che non lo farò», «ma... ti amo, Emy, ti amo da sempre, anche se non te l'ho mai detto.»

No! Non può dirmi una cosa del genere solo adesso, continuando con i suoi giochetti perversi. Non posso più vivere così, mi sento come se avessi appena ricevuto un pugno nello stomaco... dovrei essere contenta per quelle parole, ma non lo sono. Se provasse davvero quel sentimento non mi avrebbe lasciata sola, sarebbe rimasto con me. Nonostante sia lontano chilometri, continua a rovinarmi la vita, non posso più accettarlo.

«Smettila, non puoi fare così!» dico singhiozzando.

«Perché no? Ti amo e te lo dico.» sbotta.

«Sei ubriaco, non lo pensi sul serio.»

«Non ti hanno mai detto che gli ubriachi dicono la verità?»

«Non credo a queste sciocchezze.»

«Per te il mio ti amo è una sciocchezza?»

«Ora sei solo confuso.»

«Tu mi ami?» Non mi sento pronta a confessargli tutto quello che provo, per di più da un cellulare. «Emy, mi ami?» insiste.

«Per favore... smetti di chiedermelo.»

Le lacrime scendono sempre più, ormai il mio viso ne è intriso. Sono terribilmente agitata e in preda al panico.

«Allora rispondimi.»

«A cosa servirebbe dirtelo, domani non ricorderai più nulla.»

«Mi serve in questo momento. Ti prego...» implora.

Tiro un lungo respiro. «Sì.»

«Sì, cosa?»

«Ti amo!» confermo.

La telefonata si interrompe, lasciandomi piena di dubbi ed incertezze. Avrei dovuto immaginare che avesse riattaccato, lasciandomi come un'idiota. Devo stare calma, domani non ricorderà nulla, doveva essere molto ubriaco a giudicare dalla sua voce,quindi le nostre parole resteranno tali. Asciugo le mie lacrime e poggio il cellulare sul comodino. Devo dimenticare questa conversazione e dormire, almeno per questa notte.

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