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Capitolo 1

Mark
Mi piace osservare il suo viso innocente, mi mette addosso una tale tranquillità, che non avrei mai creduto di provare in vita mia, lei mi completa. Per quanto abbia cercato di reprimere quello che provo, non è servito a nulla, questa ragazza mi è entrata dentro, dalla prima volta in cui l'ho sorpresa a ficcanasare in camera mia, i suoi occhi scuri erano così profondi, che non riuscii a controllare i miei brividi, dovetti cacciarla via e odiarla, faceva parte di me e forse è ancora così. Non sono in grado di confessarglielo apertamente, in fondo, avrebbe dovuto già capirlo da un pezzo, dato che sono qui con lei. Non so se riuscirò mai a liberarmi del mio essere così scontroso e arrabbiato con il mondo, ma so che provo qualcosa di profondo e questo mi fa una paura fottuta.

Siamo sdraiati sulla sabbia fredda, lei è accoccolata fra le mie braccia ed è notte fonda, ma non ho idea di che ore siano, non ho controllato. Ci siamo allontanati il più possibile da quel bungalow, l'uomo aveva una mazza da baseball tra le mani e mi ha fatto molto ridere, ma devo ammettere di aver avuto anche paura per lei, avrebbe potuto farle del male. Emy non è mai stata una ragazza pronta a trasgredire le regole, si è sempre comportata in modo attento e questo mi faceva perdere le staffe, era una perfettina del cazzo, però sapevo che sotto quell'aspetto nascondeva qualcosa di più. Non so perché, ma il suo corpo è pura adrenalina, un suo bacio è medicina per il mio cuore malato e mi fa rinascere completamente, ho bisogno di lei per stare bene. Intreccio la mia mano nella sua e le poso un bacio sulla testa. Resterei così per tutta la notte ma sta iniziando ad alzarsi il vento e il mare si sta agitando.

«Meglio se ci vestiamo.» consiglia, con voce imbarazzata.

Siamo ancora in intimo e mi era completamente passato di testa, il peggio è che potrebbe arrivare qualcuno e vederla e non so in che modo potrei reagire.

«Sì.» confermo, mentre afferro i miei vestiti sulla sabbia e li indosso. Poi mi ritrovo ad osservare i suoi movimenti, lo fa in modo veloce, come se volesse coprirsi da me. Incredibile, lo abbiamo fatto per la terza volta e si vergogna ancora, non so perché ma la trovo una cosa davvero carina. «Ti va di raggiungere quella festa?» le chiedo, con un sorriso beffardo.

«Vuoi andare alla festa?» chiede titubante. Perché sembra così sorpresa? Ho voglia di ubriacarmi e magari scoparla ancora, fino a che non mi stancherò, ma credo che ciò non accadrà mai. Al solo pensiero mi vengono i brividi. Maledizione, devo tenere a freno l'emozione, sembro un idiota.

«Va bene.» mi accontenta.

Mi alzo e le porgo la mano, che afferra prontamente. Il suo sguardo resta basso, non vuole incontrare i miei occhi, probabilmente è ancora troppo timida nei miei confronti. Le cingo un braccio in vita e insieme ci dirigiamo agli scalini che conducono in strada. La casa dove si trova la festa è molto vicina alla spiaggia e questa è una fortuna, non avevo voglia di farmi chilometri a piedi, soprattutto non a quest'ora della notte e in sua compagnia.

«Come sta il tuo braccio?» chiedo, per spezzare il silenzio.

«Bene, ormai non ho più i punti.»

«Mi fa molto piacere.» cerco di sorridere.

«Come mai sei a New York?» chiede accigliata.

Non so se sia stupida davvero o faccia finta, ancora non ha capito quello che provo per lei? Va bene che sia troppo orgoglioso per confessarle tutto e la nostra situazione familiare è incasinata, però anche i ciechi se ne renderebbero conto, non è così difficile.

«Guarda, siamo arrivati.» indico la casa davanti a noi, non rispondendo alla sua domanda.

È enorme, molto più di casa nostra. Aspetta... ho detto nostra? Intendevo dire casa di Emy! Mi guarda, finalmente, anche se in maniera delusa. Non ho alcuna intenzione di fare il mieloso, in questo momento ho solo voglia di divertirmi.

«Già...» si guarda intorno, un po' a disagio.

Muoio dalla voglia di sapere cosa le passa per la testa, ma sarà meglio non fare domande o potrebbe porgermene alcune lei stessa. Raggiungiamo l'enorme porta bianca e suono il campanello. Ho il dubbio che qualcuno possa aver sentito, la musica è molto alta e si avvertiva dalla strada. Allora suono con insistenza, fino a che, un ragazzo con in mano una bottiglia di birra e delle occhiaie enormi, è sulla soglia. Ci scruta per un paio di secondi e non posso fare a meno di minacciarlo con lo sguardo. Intimorito, si fa da parte per lasciarci passare. Appena siamo dentro, la musica ci sovrasta i timpani e il posto è molto affollato, nonostante sia grande; ci saranno almeno duecento persone. Afferro la mano di Emy, leggendole chiaro in faccia l'imbarazzo che prova ad ogni mio tocco. Adoro la cosa che sia così timida, mi fa venire voglia di ricominciare. Nel soggiorno ci sono almeno trenta persone che ballano sulle note di Paradise di Chris Brown, adoro questo genere di musica. La luce non è abbastanza e i bagliori colorati rendono la mia vista un po' offuscata, ma questo non mi impedisce di notare l'espressione contrariata sul viso di Emy. Non ha mai sopportato questo baccano e le canzoni che ascolto, a lei piacciono quegli sfigati, com'è che si chiamano, i distraction? Una stronzata del genere. Stringo più forte la sua mano e la sua reazione cambia, regalandomi un sorriso, non riesco a non emozionarmi, ma poi mi ricordo che devo darmi un contegno. La trascino in pista, poggiando le mani sui suoi fianchi e inizio a muovermi contro di lei, che resta immobile.

«Avanti, fammi vedere che sai divertirti.» le urlo all'orecchio, sfidandola.

Mi guarda accigliata e subito dopo si muove in maniera abbastanza goffa, costringendomi a soffocare una risata.

«Smettila!» mi ordina, dopo essersene accorta.

Quando sono con lei mi ritrovo sempre di buon umore e non riesco a non ridere come un idiota. D'un tratto, smette di guardarmi e volta il suo sguardo altrove, come se cercasse qualcuno e non sembra per niente tranquilla, probabilmente sarà alla ricerca di quel finocchio del suo amichetto. Da quando mi ha confessato la sua reale natura, sono più tranquillo e devo ammettere che non è così male, visto che mi ha aiutato a rivederla, ho la brutta abitudine di giudicare le persone prima di conoscerle.

«Perché continui a guardarti intorno?» le chiedo, conoscendo già la risposta.

Si avvicina al mio orecchio e ciò mi provoca un brivido. Cazzo, devo mantenere il controllo, non vorrei commettere una sciocchezza proprio qui, davanti a tutti.

«I miei amici avevano detto che sarebbero venuti qui.» urla.

Siamo insieme e pensa ai suoi amici, pazzesco! Le afferro la mano e la porto via dalla pista, ho bisogno di bere e di certo non la lascio lì da sola. Ci aggiriamo per la casa, fino a trovare la cucina. Apro la porta e Emy si copre gli occhi, imbarazzata; c'è una coppia che sta per scopare, lei è seduta sul tavolo e fruga nei pantaloni del tizio. Appena si rendono contro della nostra presenza, si compongono immediatamente. Varco la soglia, non curandomi di loro e inizio a cercare dell'alcol. D'un tratto, il ragazzo afferra il mio braccio, impedendo la mia ricerca sfrenata. Mi volto di scatto e incontro degli occhi furenti.

«Qui non ci puoi stare, stronzo!» mi sputa addosso il suo insulto.

«Ah, no?» chiedo con vena ironica.

«No, stavamo per... insomma, hai capito.»

Non riesce neppure a dire la parola scopare, davvero patetico. Lo squadro e posso notare che è soltanto un ragazzino. Gli rido in faccia e lo afferro prontamente per la maglietta.

«Mark, andiamo via.» dice Emy, afferrandomi per le spalle.

«Sono loro che se ne vanno, vero?» mi rivolgo al ragazzino davanti a me.

«Non andiamo da nessuna parte, prendi la tua puttanella e andate a fare roba altrove.» ringhia il tizio.

Lo sbatto contro i mobili della cucina, talmente forte che una delle ante cade a terra.

«Ripeti quello che hai detto, non ho sentito bene.» lo minaccio.

Mi guarda impaurito e mi chiedo perché vogliano fare gli eroi e poi alla prima rissa se la fanno addosso.

«Mark, ti prego, basta.» Emy cerca di convincermi, ma la ignoro.

Nessuno può permettersi di chiamarla puttana, cazzo!

«Allora?» chiedo al ragazzo, più incazzato di prima.

«Adesso... andiamo via.» dice con voce tremante.

Gli sorrido in modo trionfante e lo scaravento sul pavimento. Si tira su a fatica e poi afferra la mano della ragazza, fino a levarsi dalle palle.

«Era davvero necessario comportarti in quel modo violento?» chiede Emy, irritata.

«Sì, lo era!» le dico beffardo e con un sorrisetto stampato sul viso. Scuote la testa ed alza gli occhi al cielo, un gesto che fa spesso quando è contrariata o nervosa. Continuo a cercare l'alcol, aprendo tutti i mobili, ma non riesco a trovarlo. «Merda!» impreco.

Dev'esserci una fottuta bottiglia nascosta in qualche angolo.

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