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23.Capitolo

23.Capitolo

Essere o non essere.

È una delle famose frasi scritte da William Shakespeare, nonché una delle frasi più conosciuto all'interno della letteratura babbana.

"Essere o non essere, questo è il dilemma".

Citava il principe Amleto quando scoprì l'assassinio del padre.
Vivere o morire, era in realtà quello che intendeva.

Era questo quello a cui pensava Hermione Granger in quel momento, intanto che fissava l'immagina della sua figura riflessa nello specchio, all'interno della sua stanza.

Personalmente lei vedeva quella frase più come: arrendersi o lottare? Continuare a tenere addossa la maschera che ci hanno dato nel corso degli anni, o lasciarla cadere ed essere noi stessi?

La so-tutto-io di Hogwarts aveva deciso di cambiare.

Ma non avrebbe voluto subire un cambiamento drastico.
Voleva soltanto diventare una persona più sicura di se stessa.
Voleva provare stima nei suoi confronti.
Voleva auto realizzarsi, così che un giorno sarebbe potuta andare in giro a dire:"si, sono fiera di quello che sono diventata".

Era già passata un'altra settimana da quando aveva mormorato quel famoso "ho bisogno del tuo aiuto", è ancora non riusciva a credere a quello che aveva fatto, o meglio a chi si era rivolta.

Inutile dire che Pansy Parkinson era rimasta a dir poco sorpresa alle parole della Grifondoro, e mai avrebbe immaginato che un giorno la giovane strega sarebbe andata a chiederle aiuto, tantomeno avrebbe immaginato il motivo, tuttavia, aveva deciso di aiutarla, perché in fondo - anche se non lo avrebbe mai ammesso - era merito del magico trio se erano riusciti a vincere la guerra magica, e se lei ora si ritrovava a vivere una vita normale nonostante la sua anormalità, piuttosto che ad essere sottomessa ad un uomo crudele, una bestia assassina.

Durante quei sette giorni si erano scambiate sguardi misteriosi da lezione a lezione.
E quegli sguardi non erano di certo passati inosservati.

Infatti, due occhi gelidi come  il mare in inverno avevano seguito ogni gesto della giovane strega, cercando di capire - anche se invano - quello che la sua mente stava architettando.

Era lunedì pomeriggio quando Hermione Jean Granger, raggiunse Pansy Parkinson fuori dalla Sala Grande.
I corridoi erano deserti, mentre la pioggia batteva incessante contro le spesse pareti del Castello.
Le giornate belle erano diminuite così velocemente com'erano arrivata, lasciando spazio al tipico e inglese cielo cupo, affiancato dall'immancabile compagnia del vento umido, e del freddo che questo scatenava.

«Parkinson.»la salutò la Grifondoro, non aspettandosi che il suo "gesto cordiale", come le piaceva definirlo, venisse ricambiato.

Passarono minuti in cui le due ragazze si squadrarono da capo a piedi.
Minuti carichi di tensione, sopratutto da parte della so-tutto-io del Castello.

«Allora Granger-sibillò la Serpeverde, con tono di voce gelido-a che cosa ti serve il mio aiuto?»domandò.

A che cosa le serviva il suo aiuto?  Pensò tra sé e sé l'unica femmina del magico trio.
Le serviva a diventare una persona più sicura di se stessa, questa era la risposta.

«Te l'ho già detto, Parkinson. Penso sia arrivato il momento di cambiare. Di mostrare all'intera Hogwarts quella che realmente sono... E con questo non intendo la ragazza perfetta che passa la giornata sui libri».

Pansy la ascoltò con attenzione, mentre un sorriso sadico si dipingeva lentamente sul suo volto.

«E così vuoi cambiare, eh Granger?»la stuzzicò. Quest'ultima non rispose, ma al contrario nella sua mente iniziò a maledirsi per aver chiesto aiuto alla così soprannominata "faccia da Carlino".

«Senti Parkinson, dimenticati tutto quell...»iniziò a dire la Granger, ma venne interrotta dalla ragazza, la quale continuava a guardarla con scherno.

«Ho intenzione di aiutarti, Granger. Ho intenzione di farti uscire dal guscio che da sempre ti rinchiude. Ma prima una domanda... Perché proprio io?».

Inutile dire che la giovane Grifondoro era rimasta colpita da quelle parole, mai si sarebbe immaginata che Pansy Parkinson, fedele Serpeverde, avrebbe accettato la sua richiesta di aiuto.

«Se devo essere sincera, non me lo so spiegare neanche io. Semplicemente ho pensato che tu potessi essere la scelta migliore, ed eccomi qua, pronta a chiedere aiuto a chi da sempre mi è nemico»rise, di una risata semplice ma che al tempo stesso era ricca di rammarico.

«Bene, mezzosangue, dobbiamo trovare un modo per farti entrare nei sotterranei senza essere vista dagli altri, e... Sabato prossimo si va ad Hogsmead»borbottò la Serpeverde, pensierosa.

«Ad Hogsmead!-esclamò con voce acuta Hermione-ma per questa settimana non c'è nessuna uscita organizzata per Hogsmead»ribatté sicura la giovane strega.
«Beh, la McGranitt non deve venire per forza a saperlo, e se vuoi il mio aiuto, Granger, ti conviene darmi retta»la avvertì.

Hermione Jane Granger non voleva, e mai avrebbe voluto sottomettersi a nessuno, tantomeno a una Serpeverde, ma aveva davvero voglio di cambiare, e perciò decise di rimanere zitta.

«Che andiamo a fare ad Hogsmead?»chiese, dopo qualche minuto passato nel silenzio più assoluto.

«Andiamo a cambiare il tuo stile, mia cara mezzosangue»ghignò quella in risposta.
«Io non voglio cambiare stile...»borbottò Hermione.
«Io ti offro il mio aiuto, Granger, ma tu ti devi lasciare aiutare».
«Cosa dovremmo comprare ad Hogsmead?»domandò.
«Non lo so... Vestiti, scarpe, trucchi e chi più ne ha più ne metta».

Mentre ascoltava la Serpeverde parlare, non poté fare a meno di chiedersi se aveva fatto la scelta giusta?
Insomma, c'era anche Ginny, perché non aveva chiesto aiuto a lei?
Non c'era un motivo preciso, in realtà, semplicemente non se la sentiva di chiedere aiuto a chi da sempre le era amica, preferiva la sincerità di chi le era estraneo in confronto alla compassione di chi le era famigliare.

Era passata un'altra settimana da quando non parlava con Draco.
La prima settima era forse stata quella più dura, durante gli ultimi sette giorni, invece, le cose sembravano migliorare.
Non sentiva più un costante peso opprimerli il petto, anche se la brutta sensazione di non poterlo più toccare, sfiorare, di non poter più sentire il suo odore, rimaneva lì, in un angolino del suo cuore a farle compagnia da ottima amica qual'era.

Scosse il capo, come per eliminare i pensieri. Aveva bisogno dì distrazioni.

«Vieni con me»disse la giovane strega Serpeverde.
«Dove?»chiese subito la mora Grifondoro.
«Andiamo giù»la informò la ragazza, rispondendo alla sua domanda.
«Non posso-mormorò la mora-mi vedrà qualcuno».
«Beh, se hai un metodo migliore per farti entrare giù nei sotterranei, Granger, sono tutta orecchi»la stuzzicò la Parkinson, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Potrei chiedere ad Harry il mantello dell'invisibilità»mormorò la ragazza, pensierosa.

Dopo aver approvato l'idea di Hermione, Pansy scese giù nei sotterranei, intanto che la Grifondoro andava alla ricerca del suo migliore amico.
Nel giro di qualche minuto riuscì a recuperare il mantello, compagno di tante avventure. E in altrettanto breve tempo, si trovò all'interno del famigerato covo delle serpi.

Dopo che Pansy aveva pronunciato la parola d'ordine, una porzione di muro di pietra - la quale nascondeva l'ingresso ai visitatori non graditi - era scivolata di lato.

La sala comune era fredda e gelida, a causa del fatto che si trovava sotto il livello dell'acqua del famoso Lago Nero.
La ragazza si guardò attorno curiosa, notando che i colori dominanti erano il verde e l'argento.
La cosa che più la colpì furono le grandi vetrate sottomarine, dalle quali gli studenti potevano ammirare strane creature acquatiche, tra le quali - secondo la legenda - il famoso Calamaro gigante, che da sempre dimorava nello stesso lago.

L'arredo presentava divani e poltrone di pelle nera, che rendevano il tutto ancora più lussuoso di quanto già non era. Tappeti con i colori della casa facevano da moquette, comprendo il pavimento altrimenti scuro. Un enorme caminetto di pietra si trovava posto sulla parete frontale, abbellito da statuette e teschi, e meravigliosi quadri e arazzi rappresentavano i Serpeverde più famosi e importanti, uno dei quali era Merlino.

Hermione Jane Granger, da sotto il mantello prestatogli dall'amico, seguiva la Serpeverde lungo la scala a chiocciola in legno di mogano - dove si potevano ammirare le splendide incisioni di serpenti - che portava al corridoio dei dormitori. 
Una volta dentro la stanza, la giovane Grifondoro - dopo aver controllato che non ci fosse nessuno - si tolse il lungo pezzo di stoffa che la copriva, e continuò la sua perlustrazione.

I grandi letti erano ricoperti da preziosi copriletto ricamati con filo color argento, mentre la struttura a baldacchino era abbellita da pesanti tende di seta verde.

«Ti piace, Granger?-ghignò Pansy-di sicuro molto meglio di quello che vi potrete permettere a Grifondoro»rise, sedendosi su uno dei numerosi letti.

Hermione fece finta di non sentirla, e iniziò a camminare lungo la circonferenza della stanza.
«Non c'è nessuno»domandò dopo qualche secondo, preoccupata che una delle tante Serpeverdi odiose sarebbe potuta entrare da un momento all'altro.

«A quest'ora non c'è mai nessuno»la informò la Parkinson, senza dare nessun'altra spiegazione.

Intanto che la Granger si guardava attorno curiosando tra i vari oggetti che la circondavano, la Serpeverde si alzò dal letto recuperando un piccolo pacchetto di sigarette.

«Fumi, Granger?»domandò, portandosi uno dei tanti cilindri di carta bianca alle labbra.
«Come..?-domandò la Grifondoro-...oh no. E non dovresti farlo neanche tu»sentenziò, guardandola mentre si accendeva la sigaretta.

Quella aspirò un paio di volte, e poi rilasciò il fumo.
«Dovresti provare invece, sai una volta ogni tanto può essere rilassante».
«Io...«borbottò la Grifondoro, lasciando la frase in sospeso.

Non sapeva il perché, ma si sentiva a disaggio. Molto a disaggio.
D'altronde, stare nella casa del nemico - o meglio dei nemici - non era una delle cose migliori che le sarebbero potute capitare nel corso della giornata.

«Tieni»disse Pansy Parkinson, porgendole il cilindro.
Hermione presa la sigaretta tra pollice ed indice, e la osservò quasi come se fosse spaventata.

Era sicura di quello che stava per fare? Si chiese tacitamente.
E in qualche modo, nonostante i vari tentennamenti, la risposta era si.
Si, lei era sicura di quello che stava per fare.
E si, aveva deciso di cambiare.
È questa volta il cambiamento sarebbe stato radicale.
Perché se provare stima nei propri confronti, avrebbe dovuto cambiare totalmente, allora ben venga, lo avrebbe accettato volentieri.

E mentre la Serpeverde la guardava aspettando una sua reazione, lei poggiò - delicatamente - il piccolo cilindro di carta tra le labbra, e dopo aver aspirato rilasciò andare il fumo, intanto che i suoi polmoni si riempivano di quest'ultimo, e lei iniziava a tossire, allontanando velocemente la sigaretta dalla bocca.

Pansy rise osservandola, prendendo un'altra sigaretta dal pacchetto e accendendosela per se stessa.

«Ci vuole tempo, mezzosangue.-ghignò-Inala il fumo. Trattienilo in bocca per un momento, e poi rilascialo andare»spiegò.

La giovane Grifondoro stava per ascoltare il suo consiglio, quando la porta della stanza si aprì di colpo, e mentre la sigaretta le cadeva dalle dita, la sua espressione si trasformava da spaventata per quello che stava per fare, a sconvolta per la persona che la guardava dalla soglia della porta.

***
Salve ragazze! Vi chiedo nuovamente scusa per non aver aggiornato prima.
Sono mesi ormai che questa storia è ferma al capitolo 22, e di questo mi sento in colpa. Ma come già detto questo periodo non è stato uno dei più belli, e la voglia di scrivere era veramente poca.
Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi ringrazio per non aver smesso di seguire la storia, ma al contrario le visualizzazioni sono aumentate sempre di più, e anche i voti e i commenti, quindi grazie di cuore❣🙈
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere che cosa ne pensate😉

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