22.Capitolo
22.Capitolo
Hermione Granger era stanca.
Stanca di essere una strega.
Stanca di essere una mezzosangue.
Stanca di essere a detta degli altri, la so-tutto-io del Castello.
Voleva cambiare.
Voleva essere qualcuno di diverso, qualcuno che si sentiva realmente libero, e non per finta.
Le mancava Draco in un modo strano.
Ogni minima cellula del suo corpo sentiva la mancanza del biondo Serpeverde.
Erano passati sette giorni. Sette lunghissimi giorni in cui l'unica cosa che aveva fatto era stato pensare, studiare, e guardarlo di nascosto sperando che lui non si rendesse conto dello sguardo insistente che lo seguiva sempre con gli occhi.
Il primo giorno era stato forse quello più duro.
Quel giorno aveva pianto, e tanto anche.
Ginny si era accorta che qualcosa non andava, e aveva provato a parlarle, ma lei le aveva solamente risposto che voleva rimanere sola.
La rossa Weasley aveva quindi aspettato, ma una volta raggiunto il terzo giorno la situazione non era cambiata poi molto, così si era vista costretta a chiedere aiuto a Blaise.
Quest'ultimo le aveva detto che anche Draco in quei giorni era abbastanza strano, ma non ne sapeva la causa, e che sarebbe stato meglio non intromettersi.
Il quarto giorno la giovane Grifondoro, aveva iniziato di nuovo, dopo una breve pausa, a frequentare le lezioni, facendo illuminare l'animo della professoressa McGranitt nonché preside di Hogwarts, la quale aveva sentito la mancanza della sua alunna migliore.
Quel giorno le cose sembravano essere migliorate, ma ormai è risaputo che dietro un finto sorriso si nasconde sofferenza, dolore, vendetta, e Dio solo sa quale altro sentimento.
Le persone indossano ogni giorno maschere differenti.
Le indossano per sentirsi accettati, per sentirsi amati, per sentirsi parte di qualcosa di cui in realtà non vogliono neanche fare parte.
Hermione Jane Granger indossava una maschera che piano piano si stava spezzando in due parti.
Una maschera ricoperta da piccole crepe.
E indossava questa maschera da così talmente tanto tempo, che forse era finalmente arrivato il momento di togliersela e gettarla via, mostrando agli altri chi realmente lei fosse.
"Non c'è mai una seconda occasione per fare una prima buona impressione" citò uno dei suoi artisti babbani preferiti, Oscar Wilde.
E come darli torto, d'altronde?
Lei aveva fatto la sua prima buona impressione. Si era dimostrata studiosa, intelligente, tenace e furba.
Si era guadagnata la fiducia di alcune persone e l'odio da parte di altre.
Ma lei era questo.
Era una persona che teneva a se stessa e a chi le stava attorno. Teneva al suo futuro così come teneva al suo presente.
Un giorno voleva diventare qualcuno di importante.
Una donna libera e indipendente.
Voleva provare stima nei propri confronti.
Il quinto giorno Ginny Weasley si era stancata di vederla, a detta sua come:"una vecchia decrepita che non combinava nulla dalla mattina alla sera se non piangersi addosso".
Così, l'aveva costretta, seppur con una mezza bugia a vestirsi e ad andare con lei.
Quella sera la sua migliore amica l'aveva portata ad una festa.
Una festa simile a quella dov'è qualche mese prima si era scambiata il suo primo bacio con il giovane Serpeverde.
«Questa sera devi bere, divertirti e non pensare a nulla»aveva urlato l'unica sorella Weasley, porgendole un bicchiere colmo di uno strano liquido ambrato.
Lei aveva sorriso amaramente, annuendo.
La serata era passata velocemente, ma allo scoccare della mezzanotte si sentiva esattamente come qualche ora prima, nulla era cambiato.
E in quel momento, quella stessa sera, aveva realizzato di non essere la Cenerentola della vita reale. Perché la vita reale non è una fiaba, non esiste il principe azzurro, i topini parlanti e gli uccellini che ti terranno il velo mentre percorrerai la navata per pronunciare il fatidico sì.
La sua non era neanche una vita normale, lei era una strega.
Prima degli undici anni nemmeno credeva nella magia!
E ora invece? Ora si ritrovava con una bacchetta in mano, mentre il sesto giorno di quella che era stata una lunga settimana iniziava.
Quel giorno era stato il giorno in cui aveva realizzato di essere una giovane ragazza, che aveva davanti agli occhi una vita tutta da scoprire.
Ricca di sconfitte, certo, ma ricca anche di vittorie. E lei voleva vivere ogni ora, minuto, secondo di quella vita.
«Ti desidero, mezzosangue. Ti desidero come un assetato desidera l'acqua nel deserto, ma non sono in grado di amare».
Aveva mormorato quella sera il Serpeverde, e poteva anche andare bene, se non fosse che lei non voleva essere desiderata, ma voleva essere amata.
Draco Malfoy era stato l'eccezione alla regola. Una piccola parte della sua vita che sarebbe rimasta per sempre indelebile dentro di sé, ma come tutte le cose presenti in questo modo, avvolte si arriva semplicemente a quel punto in cui il cambiamento è l'unica via d'uscita da un vortice senza luce.
Lei aveva raggiunto quel punto, e ora si stava preparando ad uscire dal guscio che da sempre le aveva fatto da protezione, per diventare una vera donna.
Il settimo giorno andò dall'ultima persona a cui avrebbe mai pensato di rivolgere la parola.
«Ho bisogno del tuo aiuto»mormorò, prima che la vecchia Granger subisse la sua metamorfosi.
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