15.Capitolo
15.Capitolo
Dicono alcuni che dall'odio, non può nascere l'amore.
Ma invece, è proprio dall'odio più profondo, che prende vita il sentimento più bello di questo mondo.
Per più di sette anni lo aveva odiato, con tutta se stessa.
Per più di sette avrebbe voluto lanciargli incantesimi di tutti i tipi.
Per più di sette anni, avrebbe pregato tutti i maghi esistenti al mondo, per non incontrarlo.
Ma ora... Ora si sentiva semplicemente, incondizionatamente e stupidamente innamorata di lui.
Non esisteva più Ron, non esisteva più Grifondoro o Serpeverde, non esisteva più nulla di tutto questo, e nulla aveva senso.
Nulla, tranne lui.
Lui, che in qualche strano modo, con la sua arroganza, con il suo essere "bello e dannato" le aveva letteralmente rubato il cuore.
Mai, mai avrebbe pensato che un giorno avesse potuto provare qualcosa per il ragazzo che l'aveva sempre insultata.
Ma quando si è innamorati, non conta più nulla.
Il passato viene automaticamente dimenticato, come se non fosse successo niente.
E questo era successo a lei.
Le loro labbra erano ancora incollate, e questo era ciò a cui pensava.
Non si sarebbe mai voluta separare da quel calore che in poco tempo, era diventato famigliare.
Anche lui, provava una strana sensazione nei suoi confronti.
Sentiva la necessità di proteggerla, di starle accanto.
Ma, cosa provava realmente?
Perché voleva sempre starle vicino.
Perché non la trattava come le altre?
Perché non se la portava a letto, e dopo la lasciava stare?
Perché tutto questo?
Sentiva il desiderio, un desiderio profondo di assaporare le sue labbra, ogni secondo, minuto e ora del giorno.
Sempre.
Sentiva il desiderio di lei.
E, se proprio lo doveva ammettere, almeno a se stesso, tutto questo gli piaceva.
Hermione Granger gli piaceva.
Al diavolo le scopate e le scommesse, al diavolo Blaise e tutto il resto.
In pochi giorni l'odio che provava per lei si era trasformato in qualcos'altro.
Non amore, no.
Amore mai.
Ma in qualcosa a cui ancora non sapeva dare un nome.
Si allontanò da lei piano.
Sei la mia droga.
Le aveva detto.
LA MIA DROGA.
E, in un modo o nell'altro, lui la sentiva sua, veramente, a tutti gli effetti.
Ripensò a quando avevano trascorso la notte su, alla Torre di Astronomia.
Ripensò a come avevano dormito quella notte.
Ripensò al cielo stellato, e ripensò anche a quello che aveva pensato quella notte.
Aveva pensato che sarebbe stato piacevole svegliarsi ogni mattina con quella sensazione di calore che gli procurava il respiro di Hermione sulla sua pelle.
Scosse il capo al ricordò, e riconcentrò la sua attenzione sulla ragazza.
La prese per man0, e intrecciò le loro dita.
Proprio come quella notte, anche questa la trascorsero sotto le stelle, stretti gli uni agli altri.
***
Quando la mattina seguente si svegliarono, si scambiarono qualche bacio e scesero giù dalla Torre.
Si separarono prima di raggiungere la Sala Grande.
I corridoi erano vuoti, e questo fu una fortuna.
Quando Hermione raggiunse il proprio tavolo, si sedette lontano da tutti, lontano da quelli che nonostante non sapessero niente, l'avrebbero giudicata anche solo per aver lasciato Ron.
Non aveva fame, però alla fine si convinse a prendere del succo di mirtilli, che sorseggiò lentamente, immersa tra i suoi pensieri, immersa tra quelli che erano diventati ricordi della sera prima.
Vide una figura sedersi difronte a lei, ma non alzò lo sguardo.
«Herm?»disse Ginny, con voce debole, quasi impaurita dalla reazione che avrebbe potuto avere l'amica.
La Grifondoro non rispose, fece finta di non sentirla.
«Ieri ti ho cercato dappertutto...»continuò la rossa«.. Ho riflettuto, e credo che tu abbia ragione. Non sono nessuno per giudicarti, insomma, mi sono innamorata di Blaise Zabini!»esclamò, forse a voce un po' troppo alta, dal momento che alcune teste curiose si voltarono confuse verso di lei.
Quella reazione fece scoppiare a ridere Hermione, che dalle troppe risate si portò le mani a coprire la bocca.
Presto anche Ginny si unì alla risata, mentre un paio di occhi le guardava dall'altra parte della sala.
Ma il suo sguardo, i suoi occhi color ghiaccio, erano concentrati soltanto su una di quelle due figure.
Erano concentrati soltanto su una ragazza, una ragazza che lentamente, lo stava facendo impazzire.
***
Finite le lezioni, quando Hermione stava tornando nel suo dormitorio, come ormai succedeva forse troppo spesso, Draco l'aveva presa per una mano e l'aveva portata dietro la solita statua, le aveva dato un bacio leggero sulle labbra, e prima di salutarla, le aveva detto di vedersi dopo cena nella Stanza delle Necessità.
Ed era lì, che si stava dirigendo la Grifondoro.
Invece della solita divisa, aveva deciso di indossare un paio di jeans, e una maglietta bianca.
Non voleva che Draco pensasse che fosse solo una so-tutto-io.
Certo, non si era messa un vestito che a malapena le copriva il sedere, ma andava bene vestita così, diversa dal solito.
Inoltre, aveva fatto pace con Ginny, e questo la rendeva estremamente felice.
Anche se alla fine, non era stata nemmeno una vera litigata, ma lei si era comunque sentita giudicata, e nonostante si sentisse infantile ad ammetterlo, si era offesa.
Offesa, perché è orrendo quando la tua migliore amica, invece di aiutarti ti volta le spalle.
Quando arrivò al settimo piano, Draco Malfoy era già la, davanti all'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll. Quando vide la ragazza, sorrise mentalmente, non le lo avrebbe mai detto, ma la trovava bellissima.
Si guardarono negli occhi, prima che Il Serpeverde passasse tre volte davanti, pensando alla necessità di cui aveva bisogno.
Quando si formò la porta sulla parete, prese la Granger per mano e la portò dentro.
La ragazza rimase sorpresa trovandosi all'interno della Stanza delle cose nascoste.
Perché aveva desiderato proprio quello?
In realtà, c'era un motivo se aveva deciso di portarla la.
Qualche ora prima, Blaise lo aveva fatto riflettere.
Lui aveva una vita complicata, forse anche troppo, anzi, la sua vita era letteralmente complicata.
Non sapeva il perché, ma Blaise gli aveva detto se Hermione era ancora soltanto una stupida scommessa, o qualcosa di più, qualcosa che andava oltre una semplice scopata.
E lui non aveva saputo dare una risposta, anche se le stesse cose le aveva pensate la sera prima, era rimasto zitto a fissare il vuoto davanti a sé.
Magari le persone cambiavano veramente, e lui era cambiato.
Così, aveva deciso di portare Hermione li dove era iniziato tutto.
Li, dove per giorni si era esercitato di nascosto.
Li dove si era dato da fare per far funzionare un armadio svanitore, li dove anche i giorni di Silente erano stati contati.
Trascinandosi Hermione dietro, iniziò a camminare tra tutti quegli oggetti, alcuni anche senza senso, e parecchio strani.
Come per esempio un'accetta insanguinata o un busto di marmo.
Hermione si guardò intorno, era convinta che dopo la seconda guerra magica quella stanza fosse stata distrutta, l'aveva visto lei con i suoi stessi occhi quando Vincent Tiger utilizzando maldestramente l'incantesimo Ardemonio era finito con il perdere la vita.
Forse quando il Castello era stato ricostruito, anche quella stanza era in un certo senso rinata.
Forse la magia era più forte, e più potente di quello che si poteva immaginare.
«Avvolte mi sento in colpa... sai?»mormorò Draco, attirando l'attenzione della mora.
«In colpa?»ripeté questa, confusa.
«Già...»confermò lui«..se io non avessi riparato l'armadio svanitore, nessuno di quei Mangiamorte sarebbe arrivato qui, e forse Silente sarebbe ancora in vita»fini.
Draco Lucius Malfoy, si sentiva in colpa.
Mai, mai Hermione Jane Granger avrebbe pensato che quelle parole sarebbero potute uscire dalla bocca di quel ragazzo.
«Non ti devi sentire in colpa»sussurrò lei«tutto questo, sarebbe successo lo stesso, magari non quella notte, magari la notte seguente, o dopo un mese, un anno, ma alla fine tutto sarebbe andato a finire così».
«Si ma se io...»stava per dire Malfoy, e dal tono di voce sembrava anche esasperato, quando si interruppe.
«Se tu cosa?»domandò con tono debole Hermione.
«Se io avessi fatto qualcosa, qualsiasi cosa, se mi sarei ribellato, adesso Bellatrix non ti avrebbe fatto del male.
Io ero lì. Ero lì mentre la tua pelle veniva lacerata, mentre tu venivi marchiata a vita. Ero lì, e non ho fatto niente per impedire tutto ciò»disse infine, piano.
Per una volta Draco Malfoy stava mostrando una parte di sé che non aveva mai mostrato a nessuno, la sua parte debole, ferita.
Alle parole del Serpeverde, i ricordi di quel giorno si presentarono nella mente della Grifondoro come dei piccoli flashback.
Scosse la testa, non doveva pensarci.
«Il dolore ci rende soltanto più forti. E il marchio che mi porto giorno dopo giorno sul braccio, è soltanto un modo per ricordarmi chi sono, per ricordare a me stessa quanto tutto questo mi abbia solamente fortificata»disse, poggiando la sua testa sul petto del biondo«e tu non ti devi preoccupare del mio di dolore, perché sono sicura che il tuo sia molto superiore rispetto a questo»fini, mostrandogli il braccio, dove c'era scritto "mezzosangue".
Il ragazzo fisso quelle lettere, quella parola, per secondi che presto si trasformarono in minuti.
«Il mio... Dolore?»mormorò in fine, prendendo delicatamente il braccio di lei.
Così delicatamente come se avesse avuto paura di poterlo rompere, come se questo fosse uno dei diamanti più pregiati al mondo.
«Si Draco, il tuo dolore»confermò«è non il dolore fisico, ma il dolore mentale. Quello che sono sicura la tua famiglia, tuo padre, ti avrà fatto provare»aggiunse poi, puntando di nuovo i suoi occhi in quegli del Serpeverde.
E in quegli occhi color ghiaccio, ora leggeva soltanto disperazione.
«Io non ho una famiglia»
«Hai tua madre. E... Anche se non posso considerarmi la tua famiglia, ora hai anche me».
A quelle parole il Serpeverde non attese altro, quando la vedeva sentiva il bisogno, lo strano bisogno di averla sempre accanto, poggiò le sue labbra sulle sue, facendo intrecciare le loro lingue, che sembravano fatte le une per le altre.
Pezzi di puzzle, che finalmente avevano trovato la loro metà.
Passarono i secondi, i minuti e forse le ore così, stretti, vicini, labbra su labbra.
Quando si staccarono avevano entrambi il respiro pesante.
«Forse è meglio andare»disse Draco, non attese la risposta della mora, che così come erano entrati uscirono, con le mani intrecciate.
Draco accompagnò la mors alla sua casa, non avrebbe voluto lasciarla andare, ma doveva, non potevano passare tutte le notti insieme.
La salutò davanti al ritratto della Signora Grassa, mentre questa si lamentava per l'orario in cui avevano deciso di disturbarla.
Quando Hermione entrò nella Sala Comune, non avrebbe mai pensato di poter trovare un immagine simile.
Ron Weasley era davanti a lei, una bottiglia vuota di qualche strano alcolico in una mano e gli occhi iniettati di sangue.
«Sei una lurida troia»ringhiò tra i denti, prima di lanciare la bottiglia dall'altra parte della stanza, la bottiglia sfiorò il viso di Hermione, che al contato sentì la guancia bruciare, e si andò a frantumare in tanti piccoli pezzettini di vetro sul pavimento.
L'amore è distruttivo.
Ti distrugge dall'interno, ti distrugge lentamente, fino a distruggerti l'anima.
Pensò lei, portandosi una mano sulla guancia ferita.
Ciaooooo! Spero che il capitolo vi sia piaciuto :) sto cercando di aggiornare più spesso per recuperare i mesi in cui non l'ho fatto :') Tra qualche giorno pubblicherò il prossimo capitolo, intanto vi volevo soltanto ringraziare.
GRAZIE a tutti quelli che leggono, commentano o mettono una semplice stellina a questa storia.❤️💕
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