Flame
Trascinai nervosamente i piedi, guardando di sottecchi l'uomo che mi stava davanti. Da quando Eric aveva portato fuori la mia famiglia Patrick non aveva più aperto bocca, si era limitato a rimanere a fissarmi in silenzio con quel suo sguardo gelido e inquietante, come se avesse tutto il tempo del mondo.
- Hai voluto che rimanessi -, decretai alla fine stanca di quella sorta di gioco del silenzio, - eppure non hai ancora aperto bocca. Vuoi spiegarmi cosa intendevi? –
Un luccichio illuminò gli occhi dell'irlandese, qualcosa che ricordava vagamente dell'approvazione.
Si appoggiò al bancone, indicandomi con un cenno del capo uno degli alti sgabelli poco distanti.
- Dritta al punto, ottimo. Tuttavia è una storia lunga, perciò sarà il caso che ti metta comoda. –
Era inaspettatamente cordiale, come se si fosse dimenticato che appena una manciata di minuti prima aveva sparato a mio padre e che mi stava trattenendo lì dentro sotto ricatto. Però avevo la netta sensazione che non mi avrebbe rivelato nulla finchè non mi fossi decisa ad assecondarlo.
Nella sua concezione distorta quella doveva essere effettivamente una chiacchierata in famiglia, come l'aveva definita, anche se ancora non mi era minimamente chiaro di cosa parlasse.
Sedetti sullo sgabello, incrociando le caviglie, e lascia dondolare le gambe avanti e indietro con nervosismo.
Patrick increspò le labbra in quello che nelle sue intenzioni doveva essere un accenno di sorriso, ma che somigliava più ad uno snudare di zanne.
- Quanto ne sai di tua madre? –
Feci spallucce.
La verità era che non sapevo quasi nulla di lei né, a dire il vero, mi ero mai incaponita nel chiedere maggiori informazioni su di lei. Mio padre era stato vago, ma dal suo sguardo avevo capito che parlare di lei lo feriva ancora, e io avevo visto il suo allontanarsi come un vero e proprio tradimento. Mio padre era rimasto, lei se ne era andata... non ci voleva molto a capire chi dei due avesse davvero tenuto a me.
- Il necessario. –
- Quindi praticamente nulla – indovinò.
Inclinai la testa di lato, allontanando una ciocca dal viso, e inarcai un sopracciglio.
- Immagino che tu sia qui per illuminarmi, no? –
- Il nome di tua madre era Maureen -, rivelò lentamente, - Maureen Fitzpatrick. –
Impiegai alcuni secondi per metabolizzare la rivelazione, sforzandomi di rimanere impassibile per non dargli la soddisfazione di vedermi colpita dalle sue parole.
Sapevo che c'erano stati dei problemi tra mio padre e gli irlandesi, ma avevo sempre pensato che fossero legati a questioni di territorio e a tutta quella storia della contrapposizione tra bianchi e "chicani". L'idea che mia madre potesse essere stata un membro di quella famiglia di esaltati non mi era mai passata per la testa nemmeno per sbaglio. E adesso invece Patrick mi sbatteva in faccia il fatto che tra noi esistesse un legame di sangue, che fossimo zio e nipote, come se nulla fosse e come se l'idea di aver sparato a suo cognato non lo impensierisse minimamente.
E probabilmente era davvero così, visto che quell'uomo era un fottuto psicopatico.
- Tuo padre e mia sorella si misero insieme durante l'ultimo anno di liceo -, riprese a raccontare, - e mantennero segreta la loro storia. O almeno il piano era quello, ma poco dopo il diploma Maureen rimase incinta. Sapeva che nessuno di noi avrebbe mai accettato quella relazione, perciò si limitò a sparire. Mio padre la trovò e la riportò a casa. La situazione degenerò. –
- Lo scontro del 2003 – mormorai.
Conoscevo la storia degli scontri tra le nostre famiglie, ma a quanto sembrava la versione che mi era stata propinata era molto più semplice e lineare di quella originale.
- L'onta era insopportabile per la nostra famiglia e tua madre non voleva saperne di tornare sui suoi passi -, scosse la testa amareggiato, - Maureen è sempre stata così testarda. Bisognava pareggiare i conti e decisi che sarei stato io a farlo. –
Sollevò l'orlo della maglietta, mostrando una cicatrice vecchia di parecchi anni. Il segno lasciato dal foro d'ingresso del proiettile era ben evidente sulla carnagione alabastrina e spiccava chiaramente pochi centimetri sopra l'ombelico.
- Tuo padre è stato più veloce di me... quando uscii dalla sala operatoria venni a sapere che Maureen se ne era andata. Sapeva che ci saremmo vendicati e credo che non volesse essere testimone della morte di qualcuno di noi. –
- E mi lasciò con mio padre – conclusi per lui.
Potevo comprendere quali fossero state le sue ragioni, sempre ammesso che la storia che mi aveva propinato Patrick fosse vera, ma non riuscivo comunque ad accettare il fatto che mi avesse abbandonata.
- Non avremmo permesso che una Fitzpatrick venisse portata via. –
- Una Fitzpatrick?!? –
Gli feci eco, incredula.
- Non sono una di voi, io sono una Reyes. –
- Sei anche una di noi -, obiettò, - e assomigli ogni giorno di più a Maureen. –
Avremmo potuto discuterne in eterno e saremmo sempre giunti a una conclusione diversa. Lui poteva anche considerarmi come un pallido ricordo della sorella che non vedeva da anni, e che forse nel suo distorto modo di vedere le cose aveva davvero amato di quell'incondizionato amore fraterno, ma questo non faceva di noi una famiglia.
C'era stato troppo dolore, troppo odio, per mettere fine alle ostilità e giocare all'allegra famigliola allargata.
D'altro canto Patrick era un uomo machiavellico e poco incline ai sentimentalismi, perciò non mi bevevo affatto l'innocenza di quel viaggio sul viale dei ricordi.
Assottigliai lo sguardo, scrutandolo freddamente.
- Perché hai voluto raccontarmelo? –
Rividi quel lampo nei suoi occhi e il sorriso tornò a increspare le sue labbra sottili.
- Questa storia non ti ha ammorbidita nemmeno un po' -, constatò, - hai continuato ad essere vigile e attenta a ogni dettaglio. Sei davvero una ragazzina sveglia. –
Mi irrigidii, incrociando le braccia sotto al seno.
- Cosa vuoi? –
- Ho trovato Maureen. È stata dura, si era nascosta davvero bene, ma l'ho trovata. Puoi riunire la famiglia, vivere un pizzico di normalità una volta per tutte, e non dovrai più preoccuparti di noi o di qualsiasi altra questione d'affari qui a Corona. –
- Purchè io convinca mio padre a cedervi il controllo – conclusi.
- Un piccolo prezzo per vivere un frammento di quell'infanzia che non hai potuto goderti. –
La voce era bassa, carezzevole, e dovevo ammettere che si stava davvero mettendo d'impegno per spingermi ad acconsentire.
Eppure, anche se era mio zio, non mi conosceva per nulla. Non abbastanza da sapere che nemmeno la promessa di riavere mia madre mi avrebbe convinta a rinunciare alla vita che conoscevo e che avevo imparato ad amare incondizionatamente.
- Un'offerta davvero generosa -, cominciai, - ma c'è un problema. Ho smesso di sognare un'infanzia normale da un pezzo, perciò temo che tu non abbia nulla da offrirmi. –
I suoi occhi persero ogni traccia della cordialità che aveva finto fino a quel momento.
Rividi il vero Patrick, quello che tutti conoscevano lì in città e che avevano imparato a temere.
- Allora immagino che avremo un altro sanguinoso 2003. –
Saltai giù dallo sgabello, fissandolo dritto negli occhi, e gli rivolsi il mio miglior sorriso fintamente cordiale.
- Immagino che tu abbia ragione, zietto. –
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