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Flame

Manny era scomparso dieci minuti fa dietro alle due biondine che lo fissavano come se volessero spogliarlo e farselo lì davanti a tutti e non avevo alcun dubbio che avessero trovato un luogo più riservato in cui soddisfare le loro lussuriose fantasie.

Non che mi dispiacesse particolarmente dal momento che non avevo mai voluto essere la palla al piede di nessuno, figurarsi di un buon amico come lui.

E poi rimanere da sola ha i suoi vantaggi.

Uno tra tutti era il ragazzo che mi sta davanti in questo momento e che non faceva altro che sorridermi da quando ha visto Manny allontanarsi con le ragazze e aveva capito che ero sola e disponibile.

Portava i capelli scuri tagliati corti ai lati e più lunghi sulla sommità, uno di quei doppi tagli che va ormai tanto di moda tra i ragazzi, e aveva dei brillanti occhi verdi che non perdevano di vista i miei nemmeno per un secondo.

Era una costanza ammirevole visto e considerato che avevo perso il conto delle volte in cui mi ero sentita fissare tette e culo durante la serata da praticamente ogni ragazzo di passaggio.

Non c'erano gentiluomini o tipi particolarmente sofisticati da quelle parti della contea. La maggior parte dei presenti considerava il massimo del romanticismo portarti con la macchina in qualche angolo deserto e buio e abbassare i sedili per far festa alla loro maniera.

Una vera sfortuna per loro che io non avessi la minima intenzione di avere a che fare con idioti del genere nemmeno per sbaglio.

- Sai è veramente incredibile che non ti abbia mai vista prima. –

Sorrisi.

Sapevamo entrambi che non era vero, ma era gentile a cercare di farmi credere che non fosse così.

Era una fatica del diavolo mantenere fede alla reputazione del mio cognome; certe volte mi veniva voglia di indossare un abitino bon ton di pizzo rosa, acconciare i capelli in boccoli e battere le ciglia con espressione vuota e frivola come una di quelle bambole di porcellana che regalano alle bambine.

O almeno credevo che fosse come una di quelle, perché io non ne avevo mai avuta una.

Le bambole non mi avevano mai interessata particolarmente, probabilmente era anche per questo che non avevo mai stretto molta amicizia con le ragazzine del vicinato, e mio padre non era mai stato il tipo di genitore che si precipitava nel più vicino negozio di giocattoli per acquistare delle bambole.

Comunque sarebbe stato divertente vedere le persone sgranare gli occhi e spalancare la bocca, incredule davanti all'idea che la figlia di Negan potesse essere una signorina dai modi delicati e raffinati.

Frenai la fantasia.

Se fossi stata così nessuno per strada mi avrebbe dato il rispetto che in questi diciassette anni mi ero guadagnata; potevo anche essere la figlia di Negan, ma quando mi assecondavano e mi trattavano con riguardo non lo facevano solo per quello ma perché sapevano che se non mi fosse piaciuto il loro atteggiamento non mi sarei fatta problemi a rifilargli un calcio nelle palle e magari a lasciare un ricordino del passaggio del mio coltello a serramanico sulla pelle.

- Già, è strano non essersi mai incontrati prima – confermai.

- Se non altro questa sera abbiamo posto rimedio alla cosa. –

Mi sorrise e le iridi verdi scintillarono allegre.

Era facile sorridergli di rimando, questa volta un po' più sincera di prima.

- Non mi hai ancora detto qual è il tuo vero nome – gli feci notare.

Si era presentato come Sin, ma era evidente che non poteva essere davvero quello il suo nome di battesimo.

Insomma io avevo avuto una madre di schifo, ma nemmeno lei si sarebbe mai sognata lontanamente di chiamarmi "peccato".

- Cynric. Ma il mio nome non mi piace particolarmente, perciò Sin va più che bene. –

Lo guardai meglio, studiando il bel volto e il fisico asciutto e muscoloso.

Non era molto alto, ma era decisamente proporzionato ed era evidente che passasse parecchio tempo a fare attività fisica. Ero sicura che qualsiasi ragazza sana di mente avrebbe dato di tutto pur di toccare un po' di quella pelle olivastra e molto accattivante.

- Allora vada per Sin, dopotutto è un soprannome che mi piace. –

- Ah, sì? E c'è altro in particolare che ti piace? –

- Svariate cose -, dissi decidendo di reggergli il gioco, - ci vorrebbe troppo a fare la lista. –

- E io c'entro qualcosa in questa lista? –

Ammiccai.

- Diciamo che c'è qualche parte di te. –

Era interessato e intrigato da quel girarci intorno, lo capivo da come si umettava le labbra e continuava a sfiorarmi utilizzando qualsiasi pretesto.

Ero brava a capire le persone e con Sin non ci voleva certo una laurea per sapere che aveva voglia di toccarmi almeno quanto io ne avevo di scoprire se sotto quel giubbotto e la maglietta ci fossero gli addominali che immaginavo.

- Del tipo? –

Finsi di pensarci su, ma sapevo già più che bene cosa mi piaceva in ciò che vedevo.

- Decisamente gli occhi, i tatuaggi, e quei muscoli non guastano di certo – conclusi, sfiorando il profilo del bicipite gonfio con l'indice.

Lo sentii fremere appena e un altro sorrisetto compiaciuto si dipinse sul mio volto.

Mi era sempre piaciuto avere il controllo della situazione e quel gioco di seduzione non faceva eccezione.

- Sono un bel po' di cose ... -

S'interruppe, lanciando un'occhiata scontenta al ragazzo che era comparso accanto a noi e che con le braccia muscolose incrociate sul petto lo folgorava con i suoi occhi color acciaio.

- Ti serve qualcosa? – domandò poi, facendo a sua volta lo sguardo da duro.

Era incredibile come cambiavano atteggiamento gli uomini quando qualcuno entrava nel loro territorio di caccia.

Del Sin allegro e gioviale non c'era più traccia e al suo posto c'era un ragazzo dalla mascella serrata e lo sguardo serio.

Peccato per lui che Eric non fosse minimamente il tipo che s'impressionava.

- Sì, mi serve che ti togli dai piedi. Devo parlare con Flame. –

Avrei voluto aprire bocca per ribattere che non avevo proprio nulla da dirgli, ma sapevo già che quando si metteva in testa una cosa sapeva essere testardo e insistente quanto me e se proprio dovevamo confrontarci era meglio farlo subito. Se non altro poi avrei potuto tornare a cercare di sollevare un po' questa serata.

- Ci si vede in giro, Sin – intervenni, sollevando le dita in un saluto pigro mentre con gli occhi gli intimavo di lasciar perdere.

Non ero in vena di sedare una rissa.

Sembrò capire, ma non ne era contento ed era evidente.

Allungò una mano verso di me tenendo bene il palmo disteso verso l'alto e davanti alla mia espressione perplessa disse: - Dammi il cellulare, ti segno il mio numero. –

Gli passai il dispositivo e quando me lo restituì nella mia rubrica svettava il suo nome a chiare lettere.

Mi sorrise un'ultima volta e poi raggiunse il resto dei suoi compagni Demonios dall'altro lato del cortile.

Ed ecco che magicamente mi ritrovai da sola con Eric.

Era ironico come fossi riuscita a girargli lontano per interi mesi e all'improvviso mi ritrovassi costretta ad affrontarlo e senza la presenza di un intermediario.

Presi un respiro profondo e inarcai un sopracciglio, sforzandomi di non permettere al mio volto di far trasparire ciò che provavo nello stargli nuovamente vicina.

- Allora di cosa volevi parlarmi? –

Mi fissò in silenzio come se stesse provando a trovare qualcosa d'intelligente da dire.

- Come stai, Flame? –

Il sopracciglio mi svettò quasi all'attaccatura dei capelli e dovevo avere l'espressione più scettica che avessi mai sfoggiato nel corso della mia intera vita.

- Sei davvero venuto a interrompere la mia chiacchierata solo per sapere come sto? –

- È un modo come un altro d'incominciare una conversazione tra persone civili. Io comunque sto abbastanza bene, grazie per l'interessamento – aggiunse poi, sarcastico.

Persone civili?

Quindi era questo che saremmo stati io e lui?

Buono a sapersi, perché nella mia testa non c'è assolutamente nulla di civile nei nostri rapporti; non ero mai stata una di quelle persone convinte che tra ex si potesse rimanere amici e anche se lo fossi stata di sicuro la cosa non si sarebbe applicata a Eric.

C'erano almeno una decina di ragioni se tra noi non aveva funzionato e tutte quelle ragioni erano ancora tremendamente valide e applicabili tanto a una relazione sentimentale quanto a una semplice amicizia.

Tuttavia ingoiai ogni commento piccato e mi limitai a rispondere alla sua domanda.

- Fino a qualche minuto fa avevo un bicchiere di tequila e un ragazzo sexy al mio fianco, stavo una meraviglia finchè qualcuno non è arrivato a interrompermi con stupidi convenevoli. Perciò vieni al punto Eric così io posso continuare a far finta che non mi abbia appena rovinato la serata e tu puoi tornare da quella moretta che ti stava appicciata come una sanguisuga ed entrambi saremo molto più contenti. Cosa vuoi? –

- C'è una corsa al Gato Negro domani sera, volevo essere sicuro che la zona fosse libera. –

L'indomani ci sarebbe stata una grande festa di una qualche Confraternita, perciò Manny e i ragazzi si sarebbero imbucati lì per vendere la merce.

Non c'era motivo per negargli il monopolio del Gato Negro per quella serata e sapevo già che mio padre si sarebbe incazzato di brutto se avessi minato i fragili equilibri che reggevano la tregua tra noi e i ragazzi di Eric.

- So della corsa, Raphael ne ha parlato prima con me -, gioii internamente nel vedere l'espressione scocciata all'idea che l'organizzatore dell'evento avesse chiesto per prima a me di rifornirlo di merce, - Ma noi abbiamo già un altro evento domani, perciò vi facciamo questa concessione d'esclusività. –

Sventolai la mano con aria magnanima, come se gli stessi lasciando solo le briciole.

Sapevo che quell'atteggiamento lo mandava in bestia e che stavo facendo la stronza senza una vera e propria ragione, ma non riuscivo a essere imparziale quando avevo a che fare con lui ed ero abbastanza certa che avesse volutamente allontanato Sin per rovinarmi il finale di serata.

Per quale motivo l'avesse fatto non lo sapevo, ma ero più che decisa a vendicarmi.

- Bene, allora non ci sono problemi ... la tua ombra sta tornando – mi informò, accennando a Manny che avanzava verso di noi.

Quando ci raggiunse lo presi sottobraccio e decretai: - Andiamocene, questa festa sta diventando un mortorio. –

Degnai appena di uno sguardo Eric prima di oltrepassarlo e mi imposi di non camminare troppo alla svelta.

Non volevo dargli l'impressione che stessi scappando da lui come se avesse vinto quella nostra piccola schermaglia silenziosa.





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