Eric
Attesi pazientemente finchè non fui sicuro che non provenisse alcun suono da dietro la porta della camera di Flame, poi l'aprii lentamente e mi avvicinai cautamente al letto. Afferrai il telefono, storcendo il naso alla vista dell'ennesima sfilza di messaggi provenienti da Rockett, e feci scorrere il polpastrello per attivare la tastiera.
Ricordavo a memoria il codice di sblocco e pregai silenziosamente affinchè non l'avesse cambiato. Doveva essere il mio giorno fortunato perché l'accesso venne consentito.
Disattivai le sveglie che aveva impostato e prima di uscire dalla stanza le rimboccai la coperta, resistendo alla tentazione di sfiorarle il volto con la punta delle dita. Non potevo rischiare che si svegliasse e mandasse all'aria il mio brillante piano per escluderla dall'azione.
Scesi la rampa di scale e mi richiusi la porta d'ingresso alle spalle. Di Saffron non c'era traccia, ma al suo posto c'era una Plymouth Barracuda del 1970 rosso fuoco. La portiera venne spalancata e ne uscì una ragazza dai lunghi capelli neri, spessi occhiali dalle lenti specchiate e più pelle addosso di quanta ne avessi mai vista su qualsiasi altra persona in vita mia.
- Sono Adriane. –
In circostanze normali quella frase non avrebbe avuto alcun significato per me, ma quel nome accese una lampadina.
- La nipote di Mustang? –
Mustang ne parlava spesso, diceva che gli ricordava moltissimo la defunta sorella, e se anche solo la metà di quello che raccontava di lei era vero allora la sua presenza lì non mi sorprendeva per nulla.
- Già. Saffron ci aspetta allo sfascio, sarò io ad accompagnarvi -, poi storse il capo accennando alla porta, - La tua ragazza? –
Mi avvicinai alla Barracuda, spalancando lo sportello.
- Lei non viene. –
Mi venne dietro, la mano ferma sulla chiave in attesa di mettere in moto.
- Mio zio dice che è una tosta, mi riesce difficile credere che non venga di sua iniziativa. –
Il mio silenzio doveva essere una risposta eloquente, perché Adriane si voltò verso di me, scostando gli occhiali da sole per guardarmi negli occhi.
Erano verdi come quelli di Mustang, ma con una punta di castano a scaldarli e una scintilla furba che suo zio non aveva.
- Hai deciso di non avvisarla del mio arrivo, vuoi fare il cavaliere in armatura scintillante pronto a difendere la sua bella? –
- Non è la mia bella, ma a parte questo ... sì, ragionare con lei è impossibile e non c'è bisogno che corra rischi inutili. Non quando posso pensarci io. –
- T'impegni davvero molto per una che non è la tua ragazza – osservò con un sorrisetto prima di mettere in moto e uscire dal vialetto.
- E tu chiacchieri davvero molto per essere la nipote di Mustang. Sicura di essere davvero parenti? –
- Ho ripreso dal ramo loquace della famiglia. Prossima domanda ... come mai non sei curioso di sapere cosa ci faccio qui al posto del tuo amico? –
Non c'era un modo semplice per dire che conoscevo la sua storia né potevo dire di comprendere davvero il suo dolore. Perciò mi limitai a scrollare le spalle.
- Conosco il motivo per cui Mustang odia gli irlandesi e so che è forse una delle poche cose che tu e tuo zio avete in comune. –
- Che risposta diplomatica, Mustang non mi ha mai detto che fossi così abile nel districarti tra le domande scomode. –
- Non sapevo di esserlo nemmeno io fino a qualche giorno fa. –
Adriane fece schioccare la lingua, tamburellando contro il volante mentre scalava la marcia e s'immetteva sulla strada principale, poi rimase in silenzio finchè non fui io a decidere di riprendere il discorso.
- Riparti non appena mi avvicino alla Camaro. –
Mi rivolse un beffardo saluto militare, le labbra increspate in un sorrisetto sfrontato.
- Ricevuto, oh Capitano mio Capitano. –
Cominciavo a capire perché il taciturno e scontroso Mustang non parlava quasi mai di sua nipote. Quei due erano come il giorno e la notte e non sapevo ancora se questo mi facesse piacere Adriane o meno.
- Ho un'altra domanda ... -
Inarcai un sopracciglio, incoraggiandola ad andare avanti.
- Perché fai tutto questo per una che non è la tua ragazza? Cioè, io ho la mia personale teoria e immagino sia corretta ma voglio sentirmelo dire da te – chiarì.
Aveva l'espressione convinta di saperne una più del diavolo, ma se pensava seriamente che le avrei permesso di condurre quella conversazione nella direzione che preferiva stava sbagliando di grosso.
- Tieniti pure le tue teorie, è tutto quello che saprai su questa storia. –
Adriane mise su un broncio e allungò una mano per assestarmi un buffetto sulla spalla.
- Cattivo, mi stavo cominciando a divertire. –
- Oh, che dispiacere. –
La scintilla furba divampò nuovamente nel suo sguardo.
- Tanto lo scoprirò, alla fine ci riesco sempre. –
- Auguri –, replicai imperturbabile prima d'indicarle l'angolo più vicino, - accosta lì. –
Adriane tornò improvvisamente seria e concentrata mentre eseguiva le mie indicazioni. Lasciò il motore acceso mentre aprivo la portiera e sentì il suo sguardo su di me mentre m'incamminavo lungo il marciapiede. Attraversai la strada a passo svelto, calandomi il cappuccio sulla testa e tenendo lo sguardo basso. Ero a pochi metri dal punto di ritrovo per eccellenza degli irlandesi e lì in mezzo c'era fin troppa gente che conosceva la mia faccia. Se avessi attirato l'attenzione su di me avrei finito con il far naufragare ogni possibilità di buona riuscita del piano. Mi avvicinai alla Camaro, armeggiando nella tasca della felpa per ripescare lo spadino, e rallentai in prossimità della portiera lato conducente.
Infilai lo spadino nella giuntura dello sportello e diedi un colpo secco. Il rumore del meccanismo d'apertura che cedeva sotto la forzatura mi parve il suono più bello che avessi sentito in vita mia. M'infilai all'interno dell'auto proprio mentre Adriane ripartiva sfrecciando.
Le andai dietro, premendo forte sul pedale dell'acceleratore mentre scalavo una marcia dopo l'altra e macinavo i primi chilometri verso l'officina di Mustang e la nostra giusta vendetta.
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