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Eric


C'era qualcosa che non andava.

Controllai le spie dell'automobile, ma erano tutte spente e il tachimetro segnava la velocità alla perfezione, eppure avevo la netta sensazione che la macchina non rispondesse come doveva. Tenni lo sguardo fisso sull'asfalto mentre le sagome indistinte di lampioni e palazzi sfrecciavano oltre il finestrino, cercando d'ignorare quel campanello d'allarme che mi risuonava nella testa. Stavo diventando paranoico.

Seguii la curva cercando di assecondarla il più possibile e mentre la Mustang perdeva il contatto con l'asfalto sul lato destro capii cos'era che non andava.

La ruota stava perdendo aderenza, il copertone doveva essersi bucato. Non era una cosa strana, poteva capitare, ma non di certo pochi minuti dopo l'inizio di una corsa per la quale avevo controllato con cura maniacale ogni centimetro dell'auto. L'unica spiegazione plausibile era un sabotaggio, il che avrebbe spiegato anche perché Noel e quegli idioti che si era portato dietro avevano sghignazzato tutta la sera come delle maledette copie dello Stregatto.

Assestai un colpo contro lo sterzo, imprecando sonoramente, consapevole che non avrei mai potuto vincere con solo tre gomme.

La Camaro di Noel rallentò mentre mi si affiancava e l'idiota si fermò accanto al mio finestrino sporgendosi con un sorrisetto dipinto sul volto.

- Gomma a terra? Che sfiga, amico. –

- Va a farti fottere – ringhiai per tutta risposta.

Rise di cuore, ripartendo con una sgommata mentre sventolava la mano in segno di saluto.

Risposi alzando con rabbia il medio dritto vero il cielo.

Un modo come un altro per sfogare la rabbia, ma che non avrebbe cambiato nulla. Noel avrebbe vinto la corsa e conoscendo lo stronzo avrebbe chiesto qualcosa che non sarei mai stato disposto a concedergli.

E allora avremmo avuto un problema, uno di quelli belli grossi e che sarebbe degenerato alla velocità della luce.

Stavo giusto per valutare se provare comunque a giocarmela rischiando di finire fuori strada oppure rassegnarmi e tornare direttamente al Gato Negro quando il cellulare prese a squillare.

Il nome che lampeggiava sullo schermo era quello di Flame.

- Senti già la mia mancanza? –

- Sei piuttosto spiritoso per uno che ha una gomma a terra e perderà anche le mutande se Noel taglia quel traguardo. –

- Già, sono nella fase dell'accettazione visto che non c'è poi molto che possa fare -, ironizzai, - a meno che tu oltre a conoscere la causa di ogni mio male non abbia anche un'idea su come uscirne. –

La sentii fare una pausa dall'altro lato del ricevitore e non ebbi alcun dubbio sul fatto che stesse sorridendo come se ne sapesse una più del diavolo.

- Togliti dalla strada e cerca un posto in cui la Mustang non attiri l'attenzione, tra poco ci sarà un bel po' di compagnia in strada. –

Mise giù e come a confermare le sue parole il rumore delle sirene in lontananza mi avvolse.

Rimisi in moto, sorridendo incredulo, e puntai dritto verso il vicolo dietro il palazzo alla mia sinistra. Parcheggiai con cura e inserii l'antifurto prima di allontanarmi a piedi rigirando le chiavi tra le mani. Sarebbe stato comico se avessero finito con il rubare l'auto proprio a me.

Mentre ripercorrevo la strada tenendo la testa bassa e il cappuccio della felpa ben calcato sul capo un'auto mi affiancò.

- Serve un passaggio o preferisci fartela tutta a piedi? –

La voce familiare mi spinse ad alzare la testa per incrociare due iridi azzurro chiaro che mi fissavano con un luccichio che era un misto di divertimento e compiacimento.

Dietro di lei stavano seduti Blaze e Raphael mentre il sedile anteriore del passeggero era stato lasciato libero per me.

Aprii lo sportello, accomodandomi mentre mi sforzavo d'ignorare l'emozione che mi martellava nel petto.

Flame non mi aveva solo protetto facendo in modo che la corsa venisse interrotta dall'arrivo della polizia, ma era persino tornata a prendermi.

Poco importava quello che lei stessa si ostinava a dire, doveva significare per forza qualcosa.

- Mi riporti a casa? –

- Dopo, prima facciamo una deviazione. Blaze vuole mangiare qualcosa. –

- Blaze vuole sempre mangiare -, intervenne Raphael ricevendo per tutta risposta una gomitata nelle costole, - quindi qual è la novità? –

- Flame ti dispiacerebbe molto se ricoprissi il sedile posteriore di sangue? –

- Flame dille che deve smetterla di minacciarmi di morte un giorno sì e l'altro pure. –

- Blaze non puoi minacciare di morte Raphael, o ti decidi a farlo una volta per tutte oppure lasci perdere ... e se lo fai di certo non sui sedili della mia macchina, ci vuole una vita a togliere il sangue dalla tappezzeria. –

Ridacchiai.

Certe cose non sarebbero mai cambiate.

Raphael protestò indignato bofonchiando qualcosa in spagnolo che non riuscii ad afferrare, ma che era evidentemente una rimostranza per come veniva trattato dalle due ragazze, poi tacque e nell'abitacolo calò il silenzio.

Raggiungemmo il parcheggio di Barday's nel giro di una decina di minuti, ordinando d'asporto e mangiando seduti sulla panchina lì vicino. Si stava bene all'aperto e non c'era alcun bisogno di correre il rischio che qualcuno dei clienti sentisse la nostra conversazione.

Mentre scartava il suo cheeseburger arrivò un messaggio sul cellulare di Blaze.

Lo girò verso di noi, mostrando che il mittente era Manny e che a quanto pareva la storia della corsa era giunta fino a lui.

"NOEL FITZPATRICK ARRESTATO?! Vi lascio da sole una sera e finite con il far scoppiare un casino di proporzioni epocali?!"

Fece vagare lo sguardo prima su Flame e poi su di me.

- Spero che sappiate che avete appena fatto scoppiare la terza guerra mondiale. –

Flame inserì la cannuccia nella sua lattina di coca e la sollevò al cielo come se volesse fare un brindisi.

Aveva lo sguardo impavido, sorrideva fiera come se non avesse paura nemmeno del diavolo in persona, e in quel momento tornai indietro con la mente alla prima volta in cui l'avevo vista e al perché mi avesse attratto tanto fin dal principio.

Sprizzava coraggio e sicurezza da ogni poro, era determinata e concentrata sui suoi obiettivi, e se qualcuno fosse stato tanto sciocco da mettersi sulla sua strada si poteva pur stare certi che lo avrebbe asfaltato passandoci sopra con la stessa forza di un bulldozer.

- Se è la guerra che ci aspetta vorrà dire che andremo in guerra. –

Feci scontrare la mia lattina con la sua, annuendo con serietà.

- Puoi starne certa. –


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