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Eric



Mi appoggiai al cofano dell'auto mentre aspettavo che Raphael uscisse da scuola. Ci eravamo dati appuntamento per le tre esatte fuori dal cancello, ma l'orario concordato era passato da dieci minuti e di lui non c'era ancora l'ombra.

In aggiunta a ciò c'era una Camaro verde parcheggiata a qualche metro da me e conoscevo fin troppo bene gli energumeni all'interno per non sapere che la loro presenza dicesse a chiare lettere "guai in vista".

Inoltre la targa recitava "Flip me" e, insieme al quadrifoglio che svettava sul lunotto posteriore, avrebbe fugato qualsiasi ulteriore ipotetico dubbio che io potessi mai avere.

I Fighting Fitzpatricks.

Una famiglia di quindici irlandesi, uno più fuori di testa dell'altro, che si diceva vantassero legami diretti con nientemeno che la True IRA.

Non sapevo se fosse vero o se avessero messo in giro la voce solo per spaventare i loro avversari, ma di una cosa ero certo: dove c'erano i Fitzpatrick automaticamente arrivano i guai... e spesso la polizia.

E io non potevo correre il rischio di vedermi i piedi piatti ficcare il naso nei miei affari. Motivo per cui giunsi alla conclusione che avrei strangolato Raphael non appena si fosse degnato di farsi vedere.

Come se l'avessi appellato magicamente, lo vidi uscire dall'atrio fianco a fianco con Flame. Poco dietro di loro venivano Nathaniel e una bella ragazza dai capelli castani, che non avevo mai visto prima e che chiacchierava allegramente con lui.

Alzai una mano, rivelando la mia presenza, e non mi sfuggì come lo sguardo di Flame si assottigliasse pericolosamente prima di rifilare una gomitata nelle costole a Raphael.

Lo vidi borbottare, mentre incassava il colpo, e immaginai che stesse cercando una scusa per giustificare la mia presenza.

Una volta passavo spesso fuori dalla scuola, pensai mentre avanzano verso di me, ma quel periodo sembrava lontano anni luce ormai.

Ero a pochi passi quando uno dei Fitzpatrick aprì lo sportello della Camaro e tutti gli altri lo imitarono.

Il movimento mi misi sul chi vive; scattai in piedi a mia volta e sentii distintamente ogni muscolo irrigidirsi.

Erov pronto al combattimento e se cercavano problemi ero più che lieto di darglieli.

Flame saltò giù dal muretto, che separava il cortile dal parcheggio, e puntò a testa alta verso i Fitzpatrick. Non c'era traccia di paura nei suoi occhi, ma la conoscevo abbastanza bene da notare la rigidità con cui teneva le braccia.

Era preoccupata.

- Noel -, salutò asciutta, - come mai da queste parti? –

- Ho saputo che Brody ha avuto una discussione con tuo cugino – replicò l'autista della Camaro, le cui iridi sondano il profilo di Nathaniel quasi si stesse chiedendo che sapore avesse e se valesse o meno la pena sbranarlo.

- Nate non ha discusso con nessuno, è tuo fratello che ha cominciato trascinandosi dietro metà squadra di football. Dimmi, è così che risolvono i problemi i famigerati Fighting Fitzpatricks? –

Non serviva che rispondesse.

No, non era così.

Si facevano vanto di avere una serie di pugili veramente temibili, tanto da poter abbattere facilmente più di un avversario alla volta, perciò il comportamento di Brody era indice di codardia persino ai loro occhi.

Eppure Noel era partito in quarta per difendere suo fratello e, ormai che era lì, non poteva permettersi di fare una figuraccia e andarsene con la coda tra le gambe.

Suo cugino Connor si fece avanti e lanciò un'occhiata a Brody.

- È vero? –

L'idiota abbassò appena il capo, in cenno d'assenso, vergognandosi come un ladro per quell'umiliazione.

Noel dal canto suo rimase in silenzio e parve immerso in chissà quali elucubrazioni mentali.

- Per come la vedo io, Brody e Nathaniel possono risolvere la questione di Savannah questa sera al Gato Negro. –

Era un'idea inaspettatamente buona per un imbecille come lui, avrei voluto commentare, ma sapevo già come sarebbe andata a finire.

- Nate non corre – replicò all'istante Flame.

Lo vidi provare a protestare, ma Raphael scosse il capo e gli strinse la spalla, intimandogli di rimanere in silenzio.

Con quella gamba debole non sarebbe mai riuscito ad avere abbastanza coordinazione tra il piede della frizione e quello dell'acceleratore.

- Allora abbiamo un problema. –

- Non se corro io – rilanciò lei.

Sul volto di Noel comparve un sorriso da lupo che non prometteva nulla di buono; in quel momento realizzai la sua strategia ed ero sicuro che l'avesse compresa anche Flame.

Il suo intento era stato quello di correre contro di lei fin dall'inizio.

- A me sta bene e sono pronto a correre io al posto di Brody. Ovviamente sempre ammesso che sua altezza sia disposta a mettere sul piatto qualcosa di più interessante di una semplice discussione tra adolescenti. –

- Cosa vuoi? -

- Mi sembra che la questione stia degenerando. Il problema è di Nate e Brody, non vostro -, intervenni alla fine, infischiandomene dell'espressione di Flame che diceva chiaramente che non voleva che mi immischiassi, - Ma, se sei proprio interessato a correre contro qualcuno, correrai contro di me. La posta la decidi tu – aggiunsi poi, consapevole di averlo ingolosito con quell'ultima frase.

- Ci sto –, accettò all'istante Noel, - ci vediamo questa sera per le undici. –

Annuii.

Ci sarei stato e lo sapevamo entrambi.

Noel e Connor rimontarono in macchina, portandosi con sé Brody e il resto della loro piccola delegazione, lasciandoci finalmente soli.

Appena la Camaro uscì dal parcheggio e svoltoò l'angolo, Flame si trasformò in una furia.

- Perché accidenti ti sei intromesso? –

- Perché la Camaro di Noel monta il protossido d'azoto, non hai speranze di vincere con la tua. –

Mentre io sì.

Avevo corso con il NOS per anni e ormai sapevo dosare il piede sull'acceleratore quanto bastava per essere sicuro di non finire con il saltare in aria.

- Posso montarlo anche sulla mia. –

- Non con quel piede pesante che ti ritrovi. Salteresti in aria dopo mezzo secondo. –

Strinse i pugni, ma incassò il commento senza replicare.

Era la verità e lo sapevamo entrambi.

Flame non aveva paura e amava la velocità, ma pigiava troppo sul pedale e per un sistema come il protossido d'azoto ci voleva una delicatezza particolare.

- Non mi piace l'idea di essere in debito con te – ammise a denti stretti.

La capivo perfettamente. Ero stato un vero stronzo con lei, anche se per un'ottima ragione, ed era normale che mi odiasse a morte; specialmente visto che non avevo potuto dirle nemmeno qual era la vera motivazione per la quale ero stato costretto a scaricarla, mi ero limitato a un generico "sono io, non tu".

- Considerale delle scuse per tutto quello che è successo. –

Era il massimo che potessi offrirle per il momento.



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