Eric
Era lì.
Ovviamente.
Nell'ultimo periodo avevo frequentato poco le feste di quella zona, mandando avanti Verne o Saffron.
Mi ero rifugiato dietro al fatto che ormai avessi scalato rapidamente i vertici nel mio ambiente lavorativo e che un capo non poteva certo mischiarsi a ragazzini strafatti, pusher che si affannavano a soddisfare le richieste dei vari clienti o ragazzi di strada affamati di soldi che non aspettavano altro che ripulire le tasche di qualche sprovveduto.
Saffron e Verne avevano fatto finta di crederci, non sollevando alcuna obiezione, ma dai loro sguardi era ovvio che non se la fossero minimamente bevuta.
Forse era stato proprio questo loro atteggiamento quasi di commiserazione, che se fosse stato manifestato da qualcun altro del gruppo mi sarei volentieri prodigato nel far scomparire a suon di pugni, a pungolarmi l'orgoglio e spingermi a prendere parte a quella serata.
Niente d'impegnativo, solo un po' di buona musica e alcolici discreti, magari un paio di belle ragazze.
Qualcosa che mi distraesse.
Per la prima parte della serata il piano aveva anche funzionato.
Avevo chiacchierato con un paio di ragazzi del liceo, interessati a racimolare abbastanza grana per pagarsi il college e togliere le tende da quel buco dimenticato da Dio una volta per tutte, scolato qualche birra e poi come d'incanto mi si era appioppata al braccio Mary.
O almeno ero ragionevolmente convinto che si chiamasse così.
Avevo dimenticato il suo nome esattamente mezzo secondo dopo che l'aveva pronunciato. Tuttavia sembrava che a lei non dispiacesse particolarmente il mio essere così distaccato. La maggior parte delle ragazze che da un po' a quella parte avevano cominciato a ronzarmi attorno non erano interessate né a me né a gesti romantici o a essere trattate in modo particolare. Importava chi fossi, che posizione rivestissi, e che tutti sapessero che se le frequentavo allora anche loro erano automaticamente delle persone importanti.
Nulla di meno vero, ma chi ero io per infrangere le loro aspettative?
- Eric? –
Mi voltai verso di lei, rendendomi conto che dal modo in cui mi guardava era in attesa di una mia risposta.
Ero stato talmente preso nel rimuginare tra me e me che non avevo la minima idea di cosa avesse cinguettato fino a quel momento.
Non poteva essere nulla di troppo importante comunque visto lo spessore del tipo.
- Certo, nessun problema. –
- Perfetto -, sorrise allegra, - allora appena Candice finisce di raccontarmi quello che deve torno a cercarti. –
Annuì appena, degnando di una rapida occhiata Candice.
Niente. Anche ammesso che ci avesse presentati o che l'avessi già vista in giro, aveva un volto assolutamente comune e il resto di lei non aiutava certo a differenziarla in qualche modo: vestiti striminziti, tacchi alti, labbra tinte di rosso, volto truccato nel disperato tentativo di apparire più grande e più sexy.
Sulla prima poteva anche aver avuto ragione, visto che dimostrava abbondantemente più di diciotto anni.
Sulla seconda dubitavo fortemente che in tutto il mondo esistessero abbastanza cosmetici da renderla attraente agli occhi di qualcuno.
- Sì, certo, come vuoi. –
Se solo fosse stata un po' più sveglia avrebbe capito al volo che il mio livello d'interesse era prossimo allo zero, ma nel suo perfetto mondo idilliaco contava solo il pettegolezzo di cui la sua amica voleva informarla.
Mi allontanai, puntando dritto verso la zona in cui avevano accatastato i barilotti di birra e una decina di bottiglie di super alcolici.
La folla in attesa di riempirsi il bicchiere si aprì davanti alla mia avanzata senza neanche che ci fosse bisogno di sfiorare qualcuno e ci misi meno del previsto a conquistare un bicchiere e afferrare la bottiglia più vicina.
Ed era lì che per la seconda volta incontrai una figura dolorosamente familiare.
Flame era alta poco meno di un metro e settanta eppure sembrava calamitare l'attenzione generale neanche fosse stata una sorta di gigante.
Probabilmente era dovuto alle lunghe onde scure che le accarezzavano la schiena mezza nuda oppure al delizioso fisico a clessidra che shorts e crop top mettevano in evidenza in modo sfrontato.
I tatuaggi sembravano danzare sulla pelle alabastrina sotto le luci intense del patio mentre alzava una mano ad allontanare una ciocca dal viso e poi gettava la testa all'indietro ridendo di cuore.
C'era un tizio davanti a lei.
Aveva un giubbotto di pelle nera con il nome di una qualche gang di motociclisti, ma da come era posizionato non riuscivo a decifrare il nome. L'unica cosa che saltava immediatamente all'occhio era il gigantesco teschio tribale che s'intravedeva sul retro.
Il tizio aveva l'aria da idiota ed era palese che ci stesse provando con tutto se stesso; la guardava in un modo che avrebbe fatto arrossire anche il più sfrontato dei playboy e sfruttava qualsiasi occasione per sfiorarla in modo più o meno repentino.
La mano, il braccio ... il fianco.
Poi si chinò verso di lei a mormorarle qualcosa all'orecchio.
Flame scosse la testa, roteando gli occhi al cielo, tuttavia le labbra tinte di borgogna s'incresparono in un sorrisetto.
E quel sorriso fu l'ennesimo colpo.
Una fitta all'altezza del cuore, intensa e dolorosa, e pensai che di un dolore del genere sarei anche potuto morire.
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