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1. The Pink Haired Man

Giorno 86 da vigilante a Los Angeles, intorno alle 2:20 am

Ancora una volta, un altro criminale che tentava di uccidere dei ragazzini perché non volevano cooperare. Perché volevano fare la cosa giusta e liberarsi, andare a casa, dalle loro famiglie. Ragazzini che avevano una madre, dei fratelli, delle sorelle. Alcuni di loro erano lì di loro spontanea volontà, avevano acconsentito a fare quelle cose, senza sapere davvero com'era il traffico illegale di esseri umani. Altri, invece, erano lì perché convinti da quelli che avevano acconsentito. L'avevano descritto come un giretto in città che gli avrebbe dato dei soldi, quindi perché no? Altri ragazzini ancora- più che altro ragazze, quella volta- erano la merce. Quelli che dovevano essere venduti a un compratore, i sacrificabili, che non valevano assolutamente nulla. 

E poi, c'era il capo. Quello che aveva organizzato tutto. Che a sua volta aveva altri capi a dirgli quanti e quali ragazzi doveva scambiare, dove e per chi. Era da anni che andava avanti questa cosa, e Josh era da anni che tentava di capire da dove proveniva, che organizzazione era e quali interessi aveva. Perché doveva essere un'organizzazione, era un'immagine troppo precisa e nitida, quella degli schieramenti che formavano gli spostamenti della merce, sia umana che militare che di altre risorse. 

«Non ho tutta la notte, andiamo!» ordinò quello che doveva essere il capo delle operazioni, spingendo un paio delle ragazze che venivano usate come merce. «Il signor Jackson non aspetterà tutto il giorno, su!» gridò ancora, spronando anche gli altri a collaborare. Il ragazzo deciso a fermarli era vestito interamente di nero, e aspettava il momento giusto per attaccare rannicchiato su alcuni container color verde scuro. In quel punto della città, vicino al porto, andavano e venivano un sacco di navi, così era facile per loro imbarcare quello che volevano.

Lui rimase lì sopra, accovacciato, senza muovere un muscolo, seguendoli solo con uno sguardo attento. Poi, quando vide che erano abbastanza vicini, fece un balzo e scese dal container, andando dietro di esso. Si mosse con cautela, andandogli incontro, sapendo che erano dall'altra parte. Il capo si era voltato, perciò prese di sorpresa le guardie, gli impedì di parlare mettendogli una mano davanti alla bocca e le trascinò dietro il container, dove le dava un pugno facendole svenire. Ripeté l'azione cinque o sei volte, velocissimo e precisissimo. 

Quando il capo si rese conto che c'era effettivamente qualcuno con loro, diede l'ordine di sparare. Josh sapeva che l'avrebbe fatto, e sapeva anche che non sarebbe riuscito a sopravvivere a una sparatoria diretta su di lui. Perciò, optò per rimanere nascosto dietro l'oggetto metallico verde, per poi entrare in azione quando fu costretto. Ovvero pochi secondi dopo, grazie ai ragazzi con le armi che lo assaltarono. Gestì la situazione abbastanza bene, però: prese via le armi dalle loro mani e le lanciò via, prima di prenderli a pugni e calci nello stomaco. Gli dispiaceva per loro, ma doveva farlo per il loro stesso bene futuro. Superati loro, scappò indietro, andando dall'altra parte del container da dietro, cercando di cogliere di sorpresa il loro capo, un uomo sulla quarantina che tutti chiamavano Il Sudicio, era il capo di tutte le situazioni in quella parte della città. C'erano altre due zone molto attive come quella, ed erano controllate dal Buono e dal Cattivo. Era incredibile quanto avesse imparato in quei pochi mesi indagando con Tyler, un altro vigilante che aveva incontrato mentre faceva uno dei suoi giri notturni.

In ogni modo, riuscì ad andare dietro al suo avversario, sì, ma lui lo stava aspettando, con una pistola in mano e puntata verso di lui. «Sapevo che saresti arrivato, i miei fratelli mi avevano avvertito.» disse solo, senza staccare lo sguardo o la pistola dall'uomo. Lui invece, si guardò intorno, gli occhi balzavano da un punto all'altro, cercando un modo di scappare a quella situazione, preferibilmente vivo. «Hai causato molti problemi negli ultimi tre mesi, ma oggi morirai e noi potremo continuare i nostri affari in santa pace.» aggiunse, avvicinandosi sempre di più, sembrando sempre più minaccioso e intenzionato a sparargli. 

Però, non lo fece. Nemmeno un proiettile lasciò il suo posto all'interno della pistola, e questo perché si sentì il rumore di un altro sparo prima. Proveniva dall'alto, leggermente angolato, e il proiettile si scontrò con la tempia dell'avversario di Josh, il quale cadde a terra miserabilmente, gli occhi aperti e la vita ormai strappata dal suo corpo. L'uomo ancora in piedi guardò il corpo curioso, chiedendosi chi aveva ucciso il Sudicio. Si guardò intorno, dappertutto, dopo aver detto ai ragazzi di chiamare la polizia e tornare a casa loro, senza discutere. Non trovò nessuno.

Nessuno che poteva sembrare la persona che aveva salvato la sua vita.

Nessun vigilante.

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Giorno 39 da vigilante a Los Angeles, intorno alle 7:32 am

Doveva ammetterlo, quel lavoro gli piaceva. Andava contro i suoi principi etici di poliziotto, certo, ma ormai la polizia non serviva più a molto. C'erano quei vigilanti che si prendevano cura delle minacce peggiori, e a loro toccava solamente ripulire. Lui, però, voleva sconfiggerle, quelle minacce, e da sé, non con l'aiuto di qualche fuorilegge. Aveva comprato un paio di armi, e adesso faceva il turno di giorno al posto di quello notturno. 

Dallon e Ryan, i suoi due colleghi più stretti, avevano già notato qualcosa, ma lui li lasciò fare. Tanto, prima o poi l'avrebbero scoperto in ogni modo. Da più di un mese faceva quella sottospecie di mestiere, e lo nascondeva piuttosto bene. Inoltre, salvava delle vite, che era quello che aveva sempre voluto fare da quando era diventato poliziotto. 

Si era svegliato presto per lavarsi le mani dal sangue della sera precedente, e gli balzò in mente il ricordo di quell'uomo. Era sicuramente più giovane di lui, aveva i capelli coperti da un cappellino di cotone nero, ma lasciava vedere alcuni ciuffi tinti di rosa, leggermente mossi. In più, aveva tratti asiatici e la pelle incredibilmente chiara. O almeno, gli pareva li avesse, visto che era abbastanza distante da lui. Però il modo in cui combatteva significava che aveva avuto una qualche forma di addestramento, anche se non approfondita. Tirava dei bei pugni, e le sue gambe erano abbastanza forti da gettare via un uomo ad almeno un metro da lui. Ergo, era molto forte, per un uomo sotto i trent'anni.

Era anche intelligente, stava seguendo una strategia per far fuori il capo- che poi ha dovuto uccidere lui per salvargli il culo, ma sono piccoli dettagli. Doveva essere uno di quei tre o quattro vigilanti che avevano cominciato ad aiutare la polizia da quasi sei mesi ormai. Il primo, se lo ricorda bene, era un certo Tyler Joseph. L'avevano anche preso, ma il suo avvocato l'ha scagionato. Da allora, il suo studio ha la custodia vigilata dell'uomo trentenne. Si chiamava Stump, gli sembrava di ricordare, e il suo socio era Hurley, un attivista per gli uguali diritti o una cosa simile.

Si chiese per un'istante se quel ragazzo e Tyler lavorassero insieme. E se anche Stump e Hurley gli dessero una mano. Ce li vedeva, lì a discutere del più e del meno, nel loro studio mentre compilano fogli su fogli per i loro casi, che ascoltavano Joseph e il ragazzo mentre raccontavano la loro serata. Ogni tanto Joseph avrebbe detto qualche parola poco gentile per enfatizzare la cosa, e Stump lo avrebbe sgridato. Oh sì, se ce li vedeva.

In realtà, però, non sapeva se fosse effettivamente così, ma si ricordava un altro caso simile a quello di Joseph, di due ragazze. La prima si chiamava Melanie Martinez, figlia di un miliardario che viveva a New York, ma lei si trasferì lì perché non voleva più vedere il suo vecchio. Lei e una sua amica, una certa Ashely con un cognome strano, avevano sventato un paio di rapine, e ucciso dei criminali, ma anche loro furono scagionate da Wentz e Trohman, altri due avvocati. Cominciava davvero a pensare che si fossero messi tutti d'accordo per fare quelle messe in scena. E lui non ci capiva più nulla. Quindi, era meglio immergersi nel loro mondo e risolvere quel maledetto caso.

Si vestì con la sua divisa, prese il necessario per lavorare e si avviò per fare colazione da Bill's. Si incontrava sempre lì con Ryan, visto che abitavano abbastanza vicini. Dallon, invece, viveva dall'altra parte della città, perciò li raggiungeva direttamente alla centrale. Però, quella mattina, qualcosa non quadrava. Dietro il bancone non c'erano Bill, il proprietario del locale, o Jordan, suo figlio, ma lo stesso ragazzo che aveva visto ieri sera, quello con i capelli rosa. Sorrideva a tutti, li serviva, parlava con piacere con loro. Come una persona normale. 

Il suo studio del ragazzo fu interrotto da Ryan, che arrivò e lo tirò per un braccio, fino a un angolo della stanza. L'uomo non si accorse davvero cosa stesse succedendo, perché quel movimento fu troppo veloce per lui, così tanto che quando si ritrovò con le spalle al muro, doveva ancora capire chi ci fosse di fronte a lui. 

«Che cazzo stai facendo?» chiese l'uomo contro il muro, cercando di liberarsi dalla presa dell'amico, il quale lo spinse però ancora più contro di esso.

«Io che cazzo sto facendo?» ripeté, sempre più arrabbiato. «Tu che cazzo stai facendo, brutto figlio di puttana!» esclamò, attento a non urlare, anche se avrebbe voluto. «Sei un poliziotto, cazzo, non dovrei trovare in casa tua dei fucili e delle pistole sparse sotto al letto, o...» si fermò un momento, spostando la testa per cercare di continuare la frase, «o del sangue fresco nel lavandino.» sussurrò, avvicinandosi a lui. Brendon chiuse gli occhi, stringendo i denti. «Cosa stai combinando, Bren?» chiese ancora lui, stavolta con tono preoccupato, così come il volto. «Bren, non hai ucciso qualcuno, vero?»

A quella frase, la testa dell'uomo si alzò all'improvviso. «No! Certo che no, Ryan!» si difese, quasi stupefatto che l'amico avesse pensato che l'avesse mai potuto fare.

«Allora che cosa, Brendon? Perché ho trovato quelle cose in casa tua?» chiese, sempre più preoccupato. Adesso, l'unico motivo per cui l'altro era contro il muro era perché non voleva avere a che fare con la realtà. Sapeva che Ryan avrebbe fatto di tutto per fargli cambiare idea, che gli avrebbe elencato tutti i motivi per cui non avrebbe dovuto farlo, che sarebbe stato preoccupato per lui il doppio del solito. Non voleva rovinargli la vita così. Nonostante questi suoi pensieri, non disse nulla, così l'amico continuò con le domande. «Perché c'era del sangue nel lavandino? è per questo che hai voluto cambiare i turni? Sai che Dallon ha dei problemi a-»

«Lo so, Ryan.» lo interruppe lui, prima che potesse continuare. «So dei problemi di Dal con...» si fermò un attimo, per poi continuare, «con la notte. Ma volevo aiutare, e non c'era altro modo.» concluse lui. Il moro sembrava sul punto di parlare ancora, ma lui lo precedette. «Non ho ucciso nessuno comunque. Non degli innocenti, almeno.»

Lui sbuffò, sconfitto e già stufo di tutta la faccenda. «Non ci posso credere.» commentò, alzando gli occhi al cielo e sbuffando ancora. La sua attenzione tornò di nuovo verso il collega. «Sei stato tu a uccidere il Cattivo due sere fa?» chiese, con una faccia quasi arresa a quello che stava succedendo.

Lui scosse la testa come risposta. «Ho ucciso il Sudicio questa mattina però. Verso le due e quaranta.» aggiunse, facendo scostare Ryan, che tremava. Non cercò nemmeno di rimanere in piedi, si appoggiò al muro con la schiena e scivolò dolcemente fino al pavimento, con una faccia che esprimeva disperazione. 

«Brendon, hai giurato.» mugolò lui, quasi come se lo stesse pregando di smettere. Lui sapeva che avrebbe avuto una reazione del genere, dopotutto nessuno dei due aveva mai ucciso nessuno prima d'ora, o disobbedito alle regole. Cosa che Brendon aveva già fatto diverse volte, ma decise di non dirlo all'amico. «Non puoi finire come Joseph o la Martinez, andiamo.» si lamentò ancora, appoggiando le mani sulle ginocchia e muovendole in avanti con uno scatto, come se fosse sul punto di prendere a pugni qualcosa.

«Ry,» cominciò lui, abbassandosi al livello dell'amico per parlargli come tale, «non finirò come Joseph. Lui uccide tutti quelli che ritiene criminali, e lo fa senza pensarci due volte.» disse, sorridendogli. L'altro sembrò leggermente più tranquillo con quel gesto, così Brendon continuò a parlare. «Non mi stupisco se adesso lo chiamano Blurryface, la sua faccia è continuamente sfocata in ogni foto, dal gran che la muove in fretta.» scherzò amichevolmente, facendo sorridere leggermente Ryan. «E poi, opero a distanza, entro in azione solo quando ce n'è bisogno.» aggiunse, attirando lo sguardo del moro.

Si accigliò, e sembrò leggermente confuso da quella dichiarazione. «Quindi mi stai dicendo che c'era bisogno che tu uccidessi una persona questa mattina alle due e quaranta?» chiese, sbattendo gli occhi incredulo. In tutta la stazione di polizia, lui era quello con i principi morali più saldi di chiunque altro, e se giuravi di non uccidere, non lo facevi, nemmeno se il soggetto in questione era un criminale pericolosissimo. 

Brendon sbuffò, e si maledisse mentalmente quando decise di dargli quell'informazione. Si avvicinò poi a lui, sussurrandogli la risposta. «Stava per uccidere il ragazzo al bancone.» disse, velocemente, dando un'occhiata al ragazzo dai capelli rosa, ancora sorridente. Ryan seguì il suo sguardo e spalancò gli occhi, probabilmente senza aspettarsi una cosa simile. «Che, vorrei aggiungere, ha messo fuori gioco le guardie e i ragazzini con lui da solo.» disse ancora, per poi alzarsi e avviandosi verso di lui, senza dare il tempo all'amico di reagire a quella frase.

Arrivò al bancone, e non appena fece contatto visivo con il ragazzo, gli sorrise. Lui fece lo stesso. «Cosa vuole ordinare, signore?» chiese lui, guardandolo con i suoi occhi a mandorla color nocciola. Spostò poi lo sguardo verso Ryan, che si era appena alzato e lo stava raggiungendo. «Anche il suo amico vuole qualcosa da mangiare o da bere?» domandò gentilmente, gesticolando verso il collega dell'uomo.

«Uh... sì, un cappuccino e una pasta per me e un caffè latte e un french toast per il mio amico.» rispose lui, aspettando che se ne andasse per poi girarsi verso il moro, ancora con un sorriso in volto. «Ryan-»

«Oh no, questa non sarà la tua ennesima scappatella con un tizio vagamente carino a cui sei interessato, Brendon.» lo interruppe lui, con tono serio e vagamente arrabbiato. «Prova a innamorarti o provare anche solo attrazione fisica verso quel ragazzino e lo giuro su Dio, Urie, ti spezzo il collo e ti do' in pasto alla Jackson nel periodo in cui è mestruata.» lo minacciò, guardandolo negli occhi senza mai sbattere le palpebre. Ryan era certamente un ragazzo dolce e carino e tutto il resto, ma dentro di sé, era un vero e proprio stronzo. Uno di quelli che se giurano una cosa la fanno. Perciò, potete credermi quando vi dico che farlo arrabbiare non fu la cosa più intelligente che poteva fare Brendon.

«Okay.» disse solo, aspettando che l'altro prendesse il solito posto come tutte le altre mattine. Brendon sbuffò, mentre guardava l'amico sedersi scocciato al tavolo, con le braccia incrociate sul petto. «Cazzo.» sussurrò tra sé e sé, senza accorgersi che il ragazzo dai capelli rosa era tornato.

«Qualcosa non va tra voi due?» chiese all'improvviso, dopo aver dato un'occhiata veloce al comportamento dei due uomini. Brendon si voltò verso di lui, trovandolo ancora sorridente. «Oh, la vostra colazione dovrebbe arrivare tra pochissimo, mi dispiace se sta tardando.» si scusò, smettendo di sorridere per una frazione di secondo e scuotendo la testa.

Brendon gli sorrise. «Non preoccuparti.» lo rassicurò, per poi fare un sospiro. «E sì, è arrabbiato con me, ma... beh, non so come riavvicinarlo.» gli disse con franchezza, per poi sedersi sullo sgabello di fianco a lui. Vide che l'altro lo guardò curioso, e gli piacque essere soggetto di quello sguardo, così innocente. «Tu chi sei? Non ti ho mai visto qui, in tre anni che frequento questo posto.» domandò, piegando leggermente la testa, con fare curioso. «Conosci Bill oppure sei un nuovo lavoratore?»

Lui rise sotto i baffi, per poi scuotere la testa, senza però smettere di sorridere. «Sono suo figlio, Josh. Jordan è mio fratello minore.» spiegò lui, facendo spalancare gli occhi del moretto. Non si aspettava sinceramente che Bill avesse un altro figlio, o che quel figlio fosse un vigilante, o che fosse così... carino.

Ora, non prendete Brendon come uno di quei ragazzi che ci provano subito quando vedono qualcuno di carino, ma... era esattamente uno di quei ragazzi. E quel Josh era oggettivamente carino. Aveva delle guance carnose al punto giusto, la pelle chiarissima che faceva contrasto con gli occhi color nocciola, le fattezze asiatiche rendevano solo la sua faccia molto più gradevole da guardare. Inoltre, il rosa sui capelli gli stava benissimo accanto alla sua carnagione chiara, per non parlare del suo modo di vestire. Indossava una bella maglia nera a maniche corte che lasciava a intravedere i muscoli- ancora, una vista ben gradita- che mostravano un allenamento almeno settimanale dietro, dei jeans leggermente attillati neri e un paio di scarpe alte rosse e nere. Ovviamente, gli piaceva il nero.

«Signore?» lo richiamò alla realtà la voce del ragazzo. Lui sbatté le palpebre e scosse la testa, per poi guardarlo di nuovo. «Le ho chiesto come si chiama.»

«Oh, sono Brendon.» disse, per poi girarsi verso il compagno che ancora aveva uno sguardo assassino. Lui sbuffò. «Quello invece è Ryan, siamo colleghi alla stazione di polizia.» spiegò, notando che il barista aveva accennato a una risatina.

«L'avevo notato dalla divisa, Brendon.» disse, spiegando il suo comportamento, sempre con un sorriso dolce e caldo in viso.

L'uomo si grattò il retro della testa, per poi guardarsi intorno, senza sapere che dire. «Umh, beh, ci vediamo in giro?» chiese, facendo caso all'ora. Tra poco dovrà essere in centrale.

Lui sorrise. «Certo. E so che non dovrei dartelo, ma,» si fermò, prendendo un foglietto vicino a lui, scrivendoci sopra qualcosa con una penna, «ecco qua.» glielo diede, facendogli vedere cosa ci aveva scritto. Era una calligrafia elegante per un ragazzo, Brendon la poteva leggere senza troppe difficoltà: "Josh (quello del bar)" seguito da una serie di numeri. «Se ti va, chiamami o scrivimi. Se non lo fai, non mi offendo, tranquillo.» aggiunse, con tono soffice.

Brendon annuì sorridendogli, e Josh gli allungò quello che aveva ordinato. Lui mise il foglio in tasca, e portò i due piatti dal tavolo in cui era seduto il collega.

«Ti ha dato il suo numero.» disse Ryan, senza nemmeno lasciarlo sedere. Brendon annuì sconfitto, e l'altro sbuffò. «Sappi che se ti metti nei guai, non ti aiuterò.» aggiunse, facendo sorridere l'altro.

«Già, ma l'ha fatto di sua volontà.» lo corresse.

«Anche io e Dallon, Brendon. Andiamo, chi potrebbe resistere a un sorriso come il tuo?» gli rispose acidamente lui, cominciando a mangiare il suo toast.

Il moro rise di gusto. «Oh, non lo so, non io di certo.»

«Sei narcisista da far schifo.»

A quel commento, Brendon scoppiò in una risata fragorosa, e notò che il ragazzo lo guardava ancora con la coda nell'occhio. Già, aveva destato il suo interesse, e non gli dispiaceva affatto.

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Giorno 277 da vigilante a Los Angeles, 3:58 pm

Era da quella mattina che Tyler non vedeva Josh. Ma non si preoccupò più di tanto, ormai sapeva badare a sé stesso. L'aveva addestrato meglio che poteva, così come aveva fatto con Melanie e Ashley. Lui era stato il primo vigilante lì a Los Angeles, e si occupò di formare un team abbastanza addestrato per coprire tutte le parti della città di notte, per renderla un posto più sicuro.

Anche lui, a sua volta, fu reclutato. Lo fece un uomo intorno alla quarantina, che tutti chiamavano Message Man, famoso per rimanere nell'ombra per molto tempo e far andare comunque nel panico la polizia della città. Anche quando non era attivo in prima persona, causava comunque dei guai. E Tyler e il suo pseudo team ne erano la prova vivente.

In ogni modo, Message Man propose a Tyler di usare le sue prestazioni fisiche per aiutare la gente, cosa di cui il ragazzo all'inizio non voleva avere a che fare. Poi, suo fratello Zack venne ucciso da un criminale. La rabbia e i sensi di colpa erano troppo presenti nel corpo del ragazzo, così indagò per un paio di giorni e trovò l'assassino di suo fratello. Non esitò due volte a ucciderlo, colpendolo ripetutamente con un pezzo di ferro. Quando il castano se ne andò, l'uomo era ridotto a un corpo insanguinato con diverse interiora fuori posto.

Cercò ancora Message Man, e gli disse che voleva diventare un vigilante, per salvare la gente come avrebbe dovuto salvare Zack. L'uomo annuì, e cominciò ad addestrarlo nel New Jersey, affiancandolo a Frank Iero, un vigilante già in attività da tempo. Quel periodo non contò come fare il vigilante, perciò il ragazzo cominciò a contare da quando tornò a Los Angeles, dov'era rimasto per ordine di Message Man, che intanto si era spostato in altre città per mettere su diversi team.

Però, la polizia beccò Tyler. Solo una volta, in quei quasi sei mesi di attività. Lo mandarono a processo con la scusa di multipli omicidi, ma per fortuna l'attività legale di Stump e Hurley era riuscita ad arrivare a un accordo: libertà vigilata per un anno.

Ed era ancora lì, dopo 28 giorni.

«Joseph, avevamo detto niente più armi sporche di sangue in studio, Santo Dio!» gridò un uomo bassino, con i capelli color biondo cenere e gli occhi che in quel momento sembravano verdi. Tyler aveva vissuto con loro abbastanza da sapere che il colore degli occhi di quell'uomo era uno dei grandi misteri dell'umanità, visto che a volte erano color nocciola, a volte marroni, a volte verdi e a volte blu. Indossava un completo elegante nero, con sotto una camicia bianca, ed era leggermente grassottello. Spesso aveva anche degli occhiali da vista con le lenti abbastanza grandi e la montatura nera, come quel giorno. Altre volte si metteva le lenti a contatto, spesso quando doveva andare in tribunale.

L'uomo castano sbuffò, girandosi per guardare l'altro in faccia. «Dove dovrei metterle, su per il buco del culo?» chiese scocciato e con fare stanco. «E poi, non posso prendermi una casa, la polizia ha ancora il mirino su di me, ti ricordo.» aggiunse, facendo sospirare l'uomo. Gli piaceva far arrabbiare la gente, lo ammetteva. Inoltre, spesso, se reggevano il gioco, finiva con una notte insonne a fare sesso. Il che non gli dispiaceva per niente. Era finita così anche con qualche poliziotto, nel periodo in cui era rimasto alla stazione di polizia. Sono state cose veloci, ma si era divertito, soprattutto quando lo fece con Urie, il principale poliziotto che dirigeva le indagini. Lui sì che aveva esperienza in campo. Gli era quasi  dispiaciuto lasciarlo lì a dormire quando ritornò nella sua cella, era gentile e, soprattutto, bravo a fare quello che voleva fare. In quel momento era il sesso, in un altro poteva essere il poliziotto, in un altro il vigilante. Ma era sempre stato bravo.

Oh sì, sapeva dello stato di vigilante dell'uomo. Non era un esperto nel nascondere la sua doppia identità, non come lui. Gli aveva dato un mese e mezzo al massimo prima che potesse dirlo a qualcuno. E, con tutte le probabilità, l'aveva fatto di recente. Con un suo amico, probabilmente, o quel Ryan o l'altro tipo troppo alto per i suoi gusti. Non che lui fosse basso, era comunque un metro e ottantatré di altezza (a/n: so che non è così nella realtà ma shush), ma quell'uomo sarà stato alto almeno dieci centimetri in più di lui.

«Almeno usa un nome falso, o dalle a qualcuno dei tuoi amici.» si lamentò ancora il biondo, con tono ovviamente scocciato di tutto quel casino. «Se la polizia entra qui per controllare come va e trovano quelle, io potrei perdere il mio lavoro e la mia libertà, così come Andy.» disse, facendo roteare gli occhi a Tyler, che ormai non ne poteva più di quella situazione.

Così, si alzò appoggiando una mano sullo schienale della sedia su cui era appoggiato da una mezz'ora. «Okay Stump, quando passerà Josh gliele darò con molto piacere.» decise, con tono molto alterato. Non molto lontano da lui, il biondo lo ringraziò con un cenno del capo, per poi tornare a rovistare tra fogli e figli di materiale per un processo o per un altro.

In quel momento, si fece sentire un'altra voce, più acuta di entrambi gli uomini. «Patrick, Pete vuole che tu gli dia i dettagli dell'uccisione del Cattivo, Donnie gli ha affidato quel caso particolare.» disse rivolgendosi al biondo un uomo più possente, di fianco a Tyler. Era ricoperto di tatuaggi, e quasi non aveva capelli. Sembrava un teppista appartenente alla mafia, ma in realtà era innocente almeno quanto il biondo, se non di più. Era conosciuto per andare a diverse manifestazioni per gli uguali diritti di tutti, ed era vegano da quando era un adolescente. Un coniglietto tenero, insomma.

Patrick lo guardò confuso. «Aspetta, hanno già trovato l'assassino del Cattivo?» chiese, per poi guardarsi intorno come per accertarsi che non ci fosse nessun altro oltre a loro. «Hanno scoperto che è stato Josh?» aggiunse, abbassando la voce.

«Non ne ho idea.» disse l'altro, alzando le spalle. «Ma non credo, Pete parlava di un uomo mascherato. Sai quant'è contro tutta la cosa delle maschere quel ragazzo.» lo rassicurò, sospirando. Tyler gli aveva detto di mettersi una maschera, ma lui non l'aveva ascoltato e, al momento, era quello più a rischio di tutti loro. Era l'unico ancora con una famiglia viva o  che non sapeva della faccenda, dopotutto.

Il biondo si grattò la testa perplesso, chiedendosi sul da farsi. «Okay, vado da Pete quando arriva Josh.» decise, chiudendo gli occhi e mettendosi il pollice e l'indice sull'osso del naso. «Andy, tu stai qui con quei due, va bene?» gli chiese, per una conferma. L'amico annuì, e come se fosse stato evocato dal nulla, comparve l'uomo dai capelli rosa.

«Oh ciao Josh,» salutò Patrick, prendendo la giacca e avvicinandosi alla porta, «devo andare un momento da Pete. Ascolta Andy e ignora Tyler, ci vediamo dopo.» si rassicurò di dire prima di uscire, lasciando le chiavi dello studio in mano all'altro.

Se ne andò di fretta, lasciando da soli i tre. Subito, il castano rivolse un sorriso a Josh, per poi alzarsi in modo vivace e avvicinandosi a lui. «Josh!» esclamò, sorridendo. Quel comportamento aveva sempre spaventato a morte l'altro. Sembrava uno psicopatico. «Dimmi un po', cos'è successo ieri sera quando hai rischiato la morte?» chiese, senza togliere il sorriso dal viso.

Josh sbatté gli occhi incredulo, chiedendosi come facesse sempre a sapere tutto senza mai lasciare quell'ufficio legale. O forse, lo faceva e non lo diceva a nessuno. Non si sarebbe sorpreso, in realtà, se quell'ipotesi fosse vera. «Uh... Mi sono lasciato prendere alla sprovvista dal Sudicio e qualcuno mi ha salvato uccidendolo.» rispose lui, a bassa voce, quasi vergognato. Sapeva che Tyler gli avrebbe detto qualcosa a riguardo, e non sarebbe stata una cosa positiva.

E infatti, lo fece. «Josh, Josh, Josh.» si lamentò, avvicinandosi a lui con fare minaccioso. Lui si allontanò sempre di più, finché non si ritrovò con le spalle al muro. «Ti ho addestrato per una ragione. Message Man credeva fossi una risorsa per il team, e mi fido ciecamente di lui.» sussurrò, non appena fu abbastanza vicino per l'altro da sentire il suo respiro in viso. «Ma non puoi abbassare la guardia con persone del genere, sperando che qualcuno ti salvi.» aggiunse, dopo essersi fermato di fronte a lui. I suoi occhi stavano cominciando ad avere dei riflessi rossi. E quando Tyler Joseph aveva dei riflessi rossi negli occhi marroni, era meglio non farlo arrabbiare. «Quindi Josh, se succede un'altra volta, ti affiancherò Urie.» concluse, per poi fare dietrofront e dirigersi di nuovo verso la sedia di poco prima.

L'uomo lo fissò confuso, non capendo chi fosse il nome pronunciato dal castano. Ma a lui non piaceva lavorare in compagnia, aveva sempre preferito la solitudine sul campo, motivo per cui aveva rifiutato di far parte di un team effettivo, o anche solo di un duo. «Chi?» chiese solamente, alla fine.

Tyler si girò e gli sorrise. «Urie.» ripeté. «È in giro da poco più di un mese, Message Man vuole contattarlo per sapere se vuole unirsi alla squadra.» spiegò, per poi sospirare pesantemente, come se la faccenda fosse incredibilmente più complicata di quello che pareva. Ed effettivamente, Tyler aggiunse un paio di parole a riguardo. «Però è un poliziotto. Ha degli ideali, e gli sto incredibilmente antipatico. Quindi Josh,» si girò verso di lui con le mani unite e un sorriso in volto, «questa volta dovrai reclutarlo tu.»

Lui lo guardò stupefatto. «Cosa?» domandò, insicuro se aveva capito o meno la richiesta dell'uomo.

«Dovrai convincere Urie a lavorare con noi.» ripeté con calma il castano.

Josh sbatté le palpebre, confuso. «Perché proprio io?» chiese ancora, incredulo. Lui era l'ultimo arrivato, perché doveva farlo lui? A malapena riusciva a cavarsela la notte contro i criminali, figuriamoci far entrare qualcuno nella squadra. Ma di nuovo, era lui il testardo che non voleva essere messo in un duo. 

«Perché ti hanno preso alla sprovvista e devi imparare a lavorare bene in squadra.» rispose Tyler senza guardarlo in faccia, concentrato sull'orologio nero che indossava al polso. «Perciò tu cercherai Brendon Boyd Urie e cercherai di farlo entrare nella squadra. Per lui non serve un addestramento, è già un poliziotto ed è abituato alla vita da vigilante.» lo informò, per poi sorridere compiaciuto. «Però lavorerete insieme, come una squadra.»

A quelle parole, l'altro sbuffò, ma annuì. Preferiva lavorare in squadra che attirare la rabbia di quello che veniva chiamato da tutti Blurryface. «Dammi il suo indirizzo, andrò a parlargli.» disse lui, cominciando già a pensare cosa dire.

Lui sorrise. «Oh, non ce n'è bisogno.» rispose, facendo destare qualche dubbio nella testa del ragazzo dai capelli rosa. «Gli hai dato il tuo numero stamattina, ci contatterà lui questa volta.» aggiunse, spiegando la situazione all'altro.

Ci vollero un paio di momenti prima che Josh capisse a cosa si stava riferendo l'uomo. Dopo aver capito che Brendon Urie era lo stesso Brendon che aveva incontrato al bar e al quale aveva dato il suo numero, gli crebbe una voglia immensa di sbattere la testa contro il muro finché quella non si sarebbe rotta in due dal troppo sforzo di rimanere insieme. Perché dava il suo numero a tutti i vigilanti della città? Prima Tyler, poi Ashely e infine anche Brendon. Sembrava quasi che il mondo gli volesse dire che doveva per forza stare con dei vigilanti per il resto della sua vita, che fossero amici, compagni o altro.

«Quindi cosa dovrei fare?» chiese il ragazzo dai capelli rosa, piegando leggermente la testa di lato. Non era sicuro di aver capito l'obiettivo dell'uomo, tutto quello a cui riusciva a pensare era come aveva fatto a incontrare proprio quel poliziotto quella mattina e con quel bel viso. Doveva proprio provare attrazione verso un altro vigilante, vero?

Tyler sorrise ancora una volta. «è semplice. Per adesso assolutamente nulla. Aspetterai la sua chiamata o un suo messaggio, fissate un appuntamento e dì che fai parte di una squadra e che il capo di quella squadra- che vorrei precisare, non sono io- vorrebbe che lui si unisse.» gli spiegò lui, con calma. Josh si fece una nota mentale di tutto quello che aveva detto il castano, ripassando tutto più e più volte. «Beh, adesso puoi andare.» aggiunse il castano, facendogli un cenno verso la porta.

Lui annuì, e si incamminò verso di essa, pensando a come avrebbe dovuto presentarsi a Brendon. Avrebbe dovuto salutarlo normalmente? Abbracciarlo? Stringergli la mano? Lo avrebbe salutato in che modo, ancora? Gli avrebbe dato un bacio sulla guancia? Avrebbe solamente fatto un cenno? Lo avrebbe salutato verbalmente? O tutti questi messi insieme?

«Josh!» la voce di Tyler lo risvegliò dai suoi pensieri. Si girò verso di lui, per vederlo tenere delle armi sporche in mano. Sapeva già dove sarebbe finita quella conversazione, perciò si avvicinò e prese le armi, uscendo dalla porta posteriore e avviandosi verso i tetti delle case. In quel modo, nessuno lo avrebbe visto trasportare delle armi vagamente sospette e ricoperte di sangue.

Adesso, doveva solo aspettare che Brendon si facesse vivo.

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DOVEVA ESSERE UNA OS OKAY. MA TANTO SO CHE SCRIVO TROPPO E HO UNA TRAMA TROPPO LUNGA IN TESTA PER FARE SOLO UN CAPITOLO QUINDI VI BECCATE QUESTE 5400 PAROLE E SPERO VI SIANO PIACIUTE U.U

+ sì, sto prendendo ispirazione dalle serie Marvel/Netflix don't judge me.

++ ci sono troppe poche brosh, dovevo contribuire.

+++ non so quando aggiornerò okay, per scrivere questo ci ho messo intorno alle due settimane e mezzo rip.

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