Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Pegaso




[Posizione]

Che è?

Non è ovvio?


Ma che devo farci?

Aprire il navigatore e seguire le indicazioni
Non funziona così la tecnologia?☺️

Sono a scuola!!

Lo so
Il posto è dentro la scuola
Non l'hai notato?

Ovviamente no????

Nel cortile interno
Ti aspetto


Avere una scopamicizia segreta è eccitante, divertente.

Avere una relazione — o il principio di essa, qualcosa da far funzionare come tale — senza che nessuno lo sappia è...

Manuel non ha ancora trovato la giusta definizione, però è sicuro che esiste, non che sia troppo importante averla.

Lui sta bene, è felice.

È visto, è compreso, è amato ed è tutto ciò che davvero conta, anche se, per il momento, non possono farlo alla luce del sole, per evidenti motivi.

Invia l'ultimo messaggio a Simone con ampio sorriso sulle labbra, prima di riporre il telefono nella tasca interna del giubbotto di pelle.

Non mette piede nel suo vecchio liceo da anni. Come ha potuto appurare soltanto dall'aspetto esterno, nota che nemmeno dentro è cambiato qualcosa, nonostante i lavori di ristrutturazione. C'è addirittura un cantiere ed è pressoché certo che sia finto o messo lì da anni giusto per dare l'impressione che qualcosa stiano facendo per evitare che l'edificio crolli a pezzi.

Il luogo dove aspetta si trova nell'area interna: è un vecchio gabbiotto che durante i primi due anni passati lì veniva utilizzato dal custode della scuola — Giacomo, se non ricorda male — che se ne era andato ad un certo punto, senza particolari avvisi, e nessuno ne aveva preso il posto.

Per cui, tale luogo è semplicemente stato lasciato inutilizzato, abbandonato e trascurato, considerando la polvere, i detriti e le ragnatele presenti, ma lui ha sempre saputo come entrarci e, nonostante il tempo trascorso, il metodo è ancora valido.

Ora, se venisse scoperto, dovrebbe rispondere ad una serie di accuse, certo, tuttavia...

Meglio non focalizzarsi troppo su pericoli ed eventuali conseguenze.

Attende circa dieci minuti, sbirciando fuori attraverso i vetri della finestra sporchi di terriccio, prima di vedere Simone spuntare nel cortile. Lo osserva scrutare l'ambiente intorno con confusione, strizzando le palpebre a causa del mite sole che preannuncia l'arrivo della primavera.

Soltanto allora si sporge dal gabbiotto e «Qua! Ohi!» lo richiama, a bassa voce. Il ragazzo ci impiega un attimo a capire da dove provenga il rumore ed è evidente che a quel rifugio non ci ha mai fatto troppo caso — nessuno dei liceali attuali lo ha fatto. Lo dimostra il modo in cui Simone continua ad ispezionare ciò che lo circonda non appena vi fa ingresso, aggrottando le sopracciglia e chiede pure: «E questo che posto è?»

«Ce stava il custode una volta. Io lo usavo pe' infrattamme da ragazzino.»

«Venivi qui a infrattarte?» domanda, per sicurezza. Il suo sguardo perplesso non è molto convinto.

«Era messo meglio prima» si giustifica Manuel, il che non è una bugia, lo era davvero.

Sono uno di fronte all'altro. Gli basta un lieve movimento per far intrecciare le loro dita. Lo percepisce sussultare a causa di quel gesto.

Si rammenta che ci deve andare cauto, anche se è un po' paradossale dato che gesti da fidanzati li mettevano in atto anche quando non lo erano per davvero, ma è pur vero che per Simone è la prima volta che si addentra in una prova di relazione e non vuole rovinare ogni cosa correndo troppo.

«Comunque... che ci fai qua?» sopraggiunge un nuovo quesito da parte del più piccolo. «Non lavori oggi?»

«Ho preso ferie.»

«Addirittura!»

«Sì, cioè, domani devo partire per Bolzano e...»

«Ah.»

«So' le ultime cose per il divorzio e poi dopo sarà tutto finito e io non vedo l'ora!»

Manuel annuisce, sebbene non ne sia troppo sicuro. Ha timore che Nina continuerà a rovinargli la vita in qualche modo ed è un aspetto che lo atterrisce, il fatto che la ragazza sarà una presenza costante e opprimente fino al suo ultimo respiro.

Cerca di cacciare via dalla propria mente tale pensiero. «Però prima che vado via, ho pensato de fa' 'na cosa.»

«Cosa?»

«Beh, considerando che è la prima volta che hai un ragazzo e abbiamo già detto che è la prima volta pure pe' me» comincia e vede Simone contorcere le labbra in una smorfia che gli fa apparire una fossetta su una guancia «ho pensato che potremmo—fare una cosa insieme, se ci va, e...»

«Spero non sia una roba sdolcinata.»

«Che hai contro le cose sdolcinate?»

«Prima volta che ho un ragazzo, non posso andare da zero a cento così all'improvviso!»

Rotea gli occhi. Vorrebbe fargli notare che di cose sdolcinate ne ha già fatte — comprargli una moto, ad esempio, dormire insieme, ad esempio, passare un weekend fuori e mangiare la pizza in spiaggia, ad esempio.

Alla fine, sorvola. «D'accordo, niente robe sdolcinate!» si arrende. «Vorrà dì che avremo un primo appuntamento con un panino alla porchetta e una birra.»

Al suono del "primo appuntamento", Simone sgrana gli occhi e gli viene istintivo guardarsi intorno come se la loro conversazione potesse essere ascoltata da qualcuno – ovviamente, non è così, sarebbe impossibile (forse).

«Come...» borbotta. «Vuoi uscire per un appuntamento? Cioè, un... vero appuntamento?»

«Seh, che c'è che non va?»

«Niente, non...»

«Semo già usciti altre volte, non è tanto diverso, solo che stavolta je diamo un nome.»

Non è una bugia. Nei mesi trascorsi, hanno avuto altri appuntamenti senza definirli tali. Ne sono abbastanza consapevoli entrambi.

«E mi devo... vestire elegante?»

«Per il panino con la porchetta non credo serva, ma... puoi mettere quel che vuoi» Manuel conferma e si sporge in avanti per depositare un lieve bacio sulla sua guancia e ancora un briciolo per sussurrare al suo orecchio: «Qualsiasi cosa sia, te la leverò di dosso volentieri.»

Simone ridacchia e lo scruta, compiaciuto. «Allora vada per il nostro primo appuntamento ufficiale» attesta.

«Primo appuntamento ufficiale» ripete Manuel. Suona bene e gli schiocca un secondo bacio sulla guancia opposta.

«Ho anche io una cosa da dirti,» sente l'altro dire poco dopo «volevo farlo stasera, ma visto che sei qua...»

«Spara.»

«Io e Laura ci lasciamo.»

Finge di esserne stupito e «Tu pensa!» commenta.

Simone gli tira un pizzico sul braccio. «Scemo, so' cose a cui bisogna pensare!» lo ammonisce. «Tecnicamente siamo fidanzati da due anni. Lei è d'accordo e, in realtà, mi deve un favore, in più abbiamo pensato ad un modo perfetto per farlo.»

«Sarebbe?»

«Beh, diremo che siamo cresciuti, l'anno prossimo andremo in università diverse e abbiamo deciso insieme di chiuderla, rimanendo amici, da persone molto mature quali siamo» annuisce alle proprie parole. «Che te ne pare?»

«De che?»

«Della rottura! Fila bene. Poi dopo pensavo di cominciare a dire a mio padre che sono gay, così magari dopo se bisogna a—»

«Ou, ou, piccolè, statte calmo» Manuel deve frenarlo. Lo fa stringendo il suo viso da sotto il mento, con delicatezza, con una sola mano. «Niente da zero a cento, ma tra un po' semo a duecento.»

Aggiunge una mezza risata per non sembrare scontroso — alla fine, non lo sta davvero rimproverando. Allenta subito la presa e sfrega un pollice sul suo zigomo. «Un problema alla volta significa pure un passo alla volta, mh?»

Il fatto che Simone voglia tutto e subito non è relativo solo alla sua età, è proprio il suo carattere. Questo aspetto lo ha imparato. Lo osserva annuire e contorcere le labbra in una smorfia.

«Co' calma facciamo tutto.»

«Sì, scusa, ero—mi sono lasciato prendere.»

«Me ne so' accorto» commenta ancora e gli aggiusta due ricci di capelli che ricadono sulla fronte. «Pe' prima cosa, pensiamo al nostro appuntamento. Il resto viene dopo» si sporge in avanti e lo bacia sulla bocca rapidamente. «E la rottura co' Laura... è perfetta.»

Per quella volta, Simone non replica con una battuta piccata o del sarcasmo, piuttosto cerca di nuovo le labbra dell'altro per un bacio più profondo, dove inserisce la lingua e la saliva si mescola.

Manuel socchiude gli occhi, rilascia un sommesso sospiro, intanto che gli cinge i fianchi con entrambe le mani e lo attira di più a sé. Il punto è che deve ricordarsi che sono pur sempre in un gabbiotto nel cortile del liceo Da Vinci, lo stesso posto dove insegna Dante, quindi, ecco... dovrebbe darsi una calmata.

Dunque, si stacca piano, si costringe a farlo. «Meglio se torni in classe, te danno pe' disperso.»

«Probabile, avranno già mandato qualcuno a cercarmi.»

«E se te trovano qui è un casino» gli sta parlando vicinissimo alle labbra, tanto da percepire il suo respiro sulla pelle. Ricomincerebbe a baciarlo subito, nell'immediato, mentre un brivido gli corre lungo la schiena.

Ma no, non può.

Non lì, non ora.

Appoggia le mani sul suo petto e lo spinge con delicatezza per allontanarlo. «Devi andare.»

«Sì» conferma Simone, ma le sue azioni non corrispondono alle parole. Infatti, con la bocca cerca e trova di nuovo quella dell'altro ragazzo.

Riprende a baciarlo con più foga rispetto a poc'anzi, afferrando i lembi della giacca di pelle e attirandolo di più a sé.

Manuel mugugna qualcosa di poco comprensibile, socchiudendo gli occhi. C'è soltanto una cosa che lo distrae – lo fa con entrambi: il suono ovattato della campanella che segna l'inizio dell'intervallo.

Per una seconda volta, deve interrompere quel gesto che vorrebbe prolungare e dilatare nel tempo. È lui ad indietreggiare. La punta del suo naso si è colorata di rosso. «Devi andare, piccolè» ribadisce, a malincuore.

Simone sbuffa. «Vado» mormora. «Ci vediamo stasera» non è una domanda.

«A stasera.»

🏍️🏉

A stasera significa aspettare e non è qualcosa che, nell'ultimo periodo, Manuel riesce a fare bene.

Per quel giorno è libero e, a casa, riesce a mettere insieme i pezzi di ciò che ha rischiato di distruggere, quelli della sua nuova vita.

Deve fare i calcoli al centesimo, considerando le spese che deve affrontare nell'ultimo periodo. Perlomeno, avrà in meno quella dell'avvocato, se tutto andrà bene nella breve trasferta al nord.

Andrà bene, si ripete a mente.

Deve.

Seduto al tavolo di legno sotto il porticato di Villa Balestra, con l'aiuto della calcolatrice del telefono e il proprio estratto conto — la cifra che gli è rimasta quel mese lo fa piangere, sul serio — cerca di mettere nero su bianco le entrate che ha attualmente, quelle che avrebbe cominciando a lavorare in officina e le uscite; nel secondo caso, arriverebbe a metà mese senza un euro in tasca. Considerando che vorrebbe prendersi un appartamento, a tal punto persino una stanza, per stare con Simone in tranquillità... beh, la situazione è davvero tragica.

Tuttavia, non si abbatte, non si lascia trasportare dalla negatività, cosa che farebbe di norma.

Del resto, Giuseppe ha detto che lo aspetta: può mettere dei soldi da parte per avere un piccolo paracadute, approfittare dell'ospitalità di Anita e Dante per ancora qualche mese e poi fare il grande passo.

La retorica di un problema alla volta può essere applicata anche in altre situazioni, deve tenerlo a mente.

«Ah, sei qua!»

Manuel fa appena in tempo a recepire quella frase. Solleva il capo e nota Dante che prende posto davanti a lui. Non ha idea del motivo, ma trattiene il respiro. È sempre troppo nervoso al cospetto dell'uomo, dovrebbe darsi una regolata se non vuole destare strani sospetti.

«Sono qua» replica. Il tono in cui pronuncia quella frase suona più come una domanda.

«Ma sei passato da scuola stamattina?»

I suoi occhi sfarfallano. «Come?» manda giù a fatica della saliva.

«Non so, mi è parso di vedere una moto simile a quella che c'è in giardino stamattina. È la tua, no?»

Fa mente locale. Da quel punto di vista, è stato ben attento: ha lasciato il mezzo in una posizione tale da non poter essere individuato, in una stradina prima dell'ingresso della scuola. È del tutto impossibile che l'abbia notato.

Cerca di non agitarsi troppo. «Uhm, è mia, ma... impossibile, cioè, so' stato in giro stamattina, non ero proprio da quelle parti.»

Dante lo fissa per un attimo, accigliato. Poi scrolla le spalle. «Sarà stata una simile, allora» conclude — e il ragazzo può tirare un sospiro di sollievo. «E questi invece? Stai facendo due calcoli?»

«Sì,» borbotta Manuel e finge un colpo di tosse per schiarirsi la voce e scaricare la tensione accumulata in quei pochi secondi «per progetti futuri, tipo.»

Il professore annuisce. «È ottimo fare progetti per il futuro, dopo quello che hai passato» commenta. Fa una breve pausa, un falso sorriso e picchietta con le dita sul legno. «A proposito del futuro, uhm» continua «hai parlato con Simone, vero?»

Manuel suda freddo di nuovo.

Le chiamate perse che ha trovato l'altro ragazzo non hanno avuto troppe conseguenze, non che lui sappia, giusto una lunga ramanzina su quanto sia importante avvisare per non far preoccupare i propri cari. Perlomeno, questo è ciò che gli è stato raccontato.

Ha temuto il peggio, in tutta onestà, al ritorno a casa, invece, considerando tutto, è andata di lusso.

Agita la matita che tiene tra le dita, nervoso. «Mh-m, ma ho già detto a mamma che non serve, cioè, mica ascolta me.»

«Ma tu hai provato a insistere?»

«Insistere per cosa?»

«Sul fatto che il college sia un'ottima strada per lui!»

Gli sembra di avere un deja-vù. Possibile che la gente diventi ottusa con l'età? E soprattutto così ferma sulle proprie convinzioni e decisioni da non essere disposta ad ascoltare qualcosa di diverso.

Posa la matita per evitare di spezzarla. «Io credo che Simone sia abbastanza intelligente per sapere da solo cosa è meglio per lui» asserisce.

«No che non lo sa, è un ragazzino.»

«È un ragazzino, vero, ma... perché imporgli qualcosa che chiaramente non vuole fare?» la domanda non necessita di una risposta, non sul serio, non una che vuole. «Professó, io ho passato la mia vita intera a fare quello che volevano gli altri: me so' iscritto allo scientifico perché voleva mi' madre e non ero portato, i miei voti lo dimostravano. Dopo ho fatto architettura perché lo voleva Nina e sempre per colpa sua me so' imbarcato in un lavoro di merda. Non me pare che m'è andata bene, no?»

Dante non lo interrompe, lo lascia finire. Poi scrolla le spalle e abbozza una risata di circostanza. «Beh, la tua situazione è tutto un altro discorso!» annota. «Simone non sposerà certo Laura prima di aver terminato gli studi.»

Certo che non sposerà Laura, non è il suo tipo, si dice a mente Manuel. Evita di soffermarsi troppo sulla frecciatina che l'uomo ha lanciato nei propri confronti sulla relazione naufragata.

«Proprio perché non vuole farli quegli studi» puntualizza. «Non gli interessa. Sai che gli interessa? Il rugby. E si vede da come ne parla e te ne saresti accorto, ve ne sareste accorti tutti quanti se foste venuti ad una sola, singola partita!»

L'espressione del professore si incrina al cospetto di tale accusa. Il mezzo sorriso apparso sulle sue labbra per la battuta sul matrimonio scompare e la maschera che mette su è ben più dura, quasi offesa. «Non ho bisogno di vederlo» attesta «questa è una cosa che gli passerà, 'sta fissa è solo un capriccio da ragazzetto ribelle per dare fastidio a suo padre!»

«Non è un capriccio! Simone sa cosa vuole fare ed è meglio rincorrere un sogno e fallire provandoci che restare fermo e arrendersi a qualcosa solo perché è vista come la più giusta, soltanto perché lo vogliono gli altri.»

«Non si tratta di cosa è più giusto, parlo di cosa è più sicuro! Adesso ci siamo io e sua madre per mantenerlo e dopo? Non si campa di sogni.»

Quella frase non è nuova per Manuel.

L'ha pronunciata lui stesso soltanto qualche mese fa e se all'epoca gli avrebbe dato ragione, adesso ha una differente luce ad illuminare la propria strada, seppur flebile, debole, tuttavia presente.

Allora gli sfugge una risata. «E di che si dovrebbe campare?» sussurra. «Di rimpianti, rimorsi, tormentati dal pensiero di cosa sarebbe accaduto se avessimo osato fare ciò che davvero ce fa sentì vivi?»

Scuote appena il capo. «C'abbiamo solo 'na vita, professò. Non è giusto sprecarla a fare cose che odiamo e ci tolgono ogni goccio di felicità, no?»

Quel dialogo lo ha tramortito abbastanza. Raccoglie i fogli sparsi sul tavolo, emettendo un sospiro. Si alza in piedi, strisciando la sedia sul pavimento.

«Per quel che vale,» esclama, prima di congedarsi «Simone è davvero bravo, può diventare sul serio un campione, il numero uno. Gli manca giusto un po' di supporto da chi gli vuole bene. Il mio lo ha già.»

Non è sicuro che Dante abbia afferrato il concetto. Probabilmente no.

Si allontana, facendogli un cenno con il capo in saluto.

Con il telefono tra le mani mentre sale le scale, si accorge che Simone gli ha mandato dei nuovi messaggi:

[Foto]
Abbiamo delle nuove maglie
Ti piace?

L'immagine è un selfie scattato allo specchio in quello che pare essere lo spogliatoio: il ragazzo stringe tra gli incisivi il colletto della maglietta bordeaux con i bordi bianchi e due loghi che fanno da sponsor alla squadra.

Sorride alla visione e risponde:

Te sta da Dio😘




Il resto delle ore di quella giornata a tratti infinita passa più in fretta, anche perché Manuel cambia d'abito per cinque volte.

Non è troppo importante cosa indossa, però non vuole sfigurare.

Vorrebbe essere... carino, ecco.

Alla fine, opta per un paio di jeans neri stretti sulle cosce e un maglioncino verde scuro con lo scollo a V.

Manuel manda a Simone la posizione su WhatsApp, dicendogli di raggiungerlo lì alle nove in punto dopo l'allenamento.

Sembra un posto qualsiasi, uno come un altro, scelto a caso e che potrebbe essere meglio per certi aspetti.

«Il nostro primo appuntamento è al chiosco di Antonello?» esclama il più piccolo appena arriva. Spegne il motore di Paperella, sgancia il cavalletto e si leva il casco.

Ad attenderlo c'è Manuel, accanto al suo mezzo ancora privo di nome, il giubbotto di pelle ed entrambe le mani in tasca. Dietro di lui, il chiosco dove il proprietario è intento a sistemare gli ingredienti dei panini in dei contenitori di metallo.

«Ho pensato a tanti posti» comincia il più grande, mentre osserva l'altro chiudere il bauletto della moto e muovere dei passi nella propria direzione. «Pure di rinunciare al panino con la porchetta e andare in uno di quei ristoranti dove mangiare una pasta al pesto degna di essere definita tale» non gli è andata giù quella con il condimento confezionato «in una pizzeria di lusso dove avresti preso comunque quella con i würstel e le patatine a parte» ammicca «ma alla fine ho ragionato sul fatto che qui ci siamo già venuti per un appuntamento, anche se non credevamo lo fosse ed è un buon punto per... cominciare, credo.»

Simone è fermo davanti a lui. Indossa una giacca felpata verde scuro, con una grossa tasca beige sul lato destro. Le sue labbra si curvano in un sorriso sincero. «È un buon punto» conferma.

Prendono due panini imbottiti con tanto ketchup – e una porzione di patatine fritte a parte, ovviamente.

Consumano il cibo seduti su un muretto di mattoni, nella fioca luce del chiosco e dei lampioni, uno accanto all'altro.

Simone si sporca il naso con la salsa e stavolta Manuel non desiste e lo pulisce con un tovagliolo di carta. «Fai sempre 'n macello» commenta, abbozzando una risata. Lo vede arricciare il naso e borbottare: «Perché è buono!»

Finiscono la loro cena non parlando molto, anche a causa della bocca piena, e gettano la stagnola nel cestino apposito.

Poi restano su quel muretto.

Manuel si siede divaricando appena le gambe tra le quali Simone prende posto, appoggiando la schiena al suo petto.

Da tale posizione, riesce a depositare un bacio sulla tempia del più piccolo e sulla guancia. Lo sente ridacchiare. «Ti faccio il solletico?» sussurra «L'ho fatta la barba.»

«No» biascica Simone «no, per niente.»

«Sei agitato?»

«Nemmeno. Tu?»

«No, so' tranquillo. Poi qui non ci vede nessuno.»

È vero: il chiosco di Antonello è abbastanza isolato ed è improbabile che qualcuno che li conosce passi per puro caso da quelle parti e li possa notare.

Sotto tale aspetto, non devono preoccuparsi.

Intanto, Simone socchiude le palpebre per mezzo secondo. «Ho trovato un nome» non specifica a cosa, ma è chiaro si riferisca alla moto.

«Mh-m, sentiamo.»

«Pegaso.»

«Pegaso?»

«Sì. Vuoi sapere perché?»

«C'è un perché?»

«Certo! Tipo Paperella si chiama così perché quando ero bambino la vedevo e la parte davanti mi sembrava una papera.»

«Ovviamente» Manuel sogghigna e lo stringe di più a sé, intanto che gli dà un ulteriore bacio poco sopra lo zigomo.

«Non ridere» Simone si lamenta fintamente. Ha preso a giocherellare con un filo sfuggito all'orlo della manica del giubbotto dell'altro ragazzo. «Ho scelto questo perché è un simbolo di libertà e superamento dei limiti imposti dal destino, che è quel che mi ricordi tu.»

«So' proprio l'esatto contrario.»

«Tu la vedi così, ma dovresti guardarti con gli occhi degli altri per un giorno per sapere come appari e ti assicuro che rimarresti sorpreso.»

A Manuel quella frase non è nuova, una volta gliel'ha detta Chicca e ha sempre messo in discussione la cosa poiché pensa che l'immagine che gli altri hanno di lui sia distorta e l'unica davvero fedele appartenga alla propria visione, il che è sbagliato.

Alla fine, si è i peggiori critici di sé stessi, mentre per le persone all'esterno si può essere diversi.

Si è sicuramente diversi.

«E cosa vedrei se mi guardassi con gli occhi degli altri?» chiede in un sussurro.

Cosa vedrei se mi guardassi coi tuoi, di occhi?

«Vedresti un uomo che si è sempre mortificato e non si è mai dato il giusto valore, che ha lasciato che gli altri lo definissero per troppo tempo, che si è adeguato ai loro desideri per compiacerli, ma che adesso ha deciso di riprendere in mano la propria esistenza, un passo alla volta. Qualcuno che vuole essere libero e che sta capendo che ciò che vale non dipende da ciò che dicono gli altri, che la loro opinione rimane soltanto un'opinione e non deve contare o influenzarlo troppo per il futuro e questa cosa è... è bellissima.»

Lo ascolta in silenzio e, mentre tali parole scorrono, gli pare di assistere ad ogni scena della propria vita che gli scorre davanti come un film, a lui che al liceo non era così, che non gli importava l'idea altrui, il problema è sopraggiunto dopo, in una triste storia che ha lasciato lo inghiottisse.

«Che poeta» è ciò che gli viene fuori di bocca. La butta su ironia e sarcasmo, cosa che succede spesso quando è in difficoltà.

«Sono serio» sussurra Simone. Con polpastrelli ora sfiora le nocche delle mani del più grande. «Ed è un bel nome per la moto, se ti piace.»

Manuel si morde piano il labbro inferiore e il suo sguardo guizza per un breve istante sulla moto parcheggiata a qualche metro di distanza.

«Lo è» mormora.

«Se ti fa schifo ne trovo un altro, eh!»

«Non me fa schifo! Poi ce sta bene, ha la faccia da Pegaso!»

Simone riconosce il tono appena ilare e per risposta gli tira un pizzico sul polso, senza fargli male. «Scemo» mormora.

«Come?»

«Scemo

«Come?» cantilena Manuel ed ha già preso a fargli il solletico sui fianchi. Simone prova a dimenarsi, ma entrambi stanno ridendo.

Insieme.

Il resto del loro appuntamento, in un luogo insolito o meno che sia, trascorre tra chiacchiere su vari argomenti — musica, cinema, aneddoti su di loro da bambini, davvero qualsiasi cosa — interrotte da momenti di silenzio in cui si accarezzano e basta e sono gli attimi più belli, quando non serve dire nulla per stare bene.

Non ci sono baci, non sulle labbra.

Quando decidono di tornare a casa, solo perché, nonostante la primavera appena iniziata, la sera fa comunque freddo, è l'una di notte. Col senno di poi, non è una grande idea, considerando che Manuel deve partire l'indomani e gli aspettano ore ed ore di guida.

Sono Da Antonello ognuno con la rispettiva moto, per cui percorrono la strada all'unisono, a volte affiancandosi, a volte superandosi per gioco e alzando la visiera del casco per guardarsi e sorridersi con gli occhi quando sono fermi ad un semaforo.

Nell'ultimo tratto, nel momento in cui Villa Balestra comincia a scorgersi all'orizzonte, Paperella accelera e Pegaso rimane un po' più indietro.

Non può essere visto, certo, però le labbra di Manuel sono curvate verso l'alto e lo rimangono per tutto il tempo finché non giungono all'abitazione, davanti al portellone del garage e i motori vengono spenti.

«Ti ho battuto!» esclama Simone, togliendosi il casco.

Manuel compie il medesimo gesto, smonta dalla sella e «T'ho lasciato vincere!» trilla.

«Ah, si dice così adesso.»

«Certo, poi devo ritoccare ancora delle cosette! Dopo non te lo sogni nemmeno di superarmi.»

Intanto che parla, Simone ha riposto l'oggetto di protezione nel bauletto e si appropinqua a lui a passo lento, inclinando la testa su di un lato. «Scommettiamo di no?»

«Me stai a sfidà?»

I loro visi sono molto vicini, la distanza di un bacio, che è quello che Manuel vorrebbe tanto, considerando che le loro labbra non si sono sfiorate per tutta la sera.

È tardi, non si guarda intorno che tanto è piuttosto convinto che Dante e Anita dormano da almeno due ore se non di più. Si sporge semplicemente in avanti, cercando di raggiungere la sua bocca.

«Manu? Simo?»

Si ferma prima, interrotto da una voce fin troppo familiare e, infatti, gli basta spostare lo sguardo per vedere Anita appena fuori dal porticato, stretta in un cardigan beige e con in mano una tazza fumante di tisana alle erbe.

Non crede che da tale posizione la visione sia ottimale per lei, comunque si affretta a distanziarsi dall'altro ragazzo, fingendo un colpo di tosse. «Ma'! Che ce fai sveglia a quest'ora?»

Muove qualche passo verso l'ingresso della casa e Simone gli va dietro, più lentamente, per non essere troppo attaccati.

La madre abbozza un sorriso storto. «Non riuscivo a dormire» spiega «me so' fatta una tisana e me so' seduta qua fuori pe' prende un po' d'aria fresca.»

«Capito. Come mai?»

«Pensieri» scrolla le spalle. «Voi due siete usciti insieme?»

Lo sguardo di Manuel incrocia per mezzo secondo quello di Simone, adesso al suo fianco. Poi scuote il capo e «Nah, ce semo beccati sulla strada tornando a casa» attesta. Non c'è troppa esitazione nella sua voce, riesce a inventare una simile scusa senza incespicare nelle parole.

Non lo nota, ma Simone corruccia l'espressione in una smorfia sorpresa e, al contempo, soddisfatta, dato che, di solito, le false giustificazioni le trova lui. «Sì, anche se, tanto per essere precisi, sono arrivato prima io» precisa.

Anita sembra crederci, tanto da annuire. «Okay» borbotta.

«Vabbè, io ho scuola domani, quindi... vado a dormire.»

«Seh, me sa pure io, devo partì presto» aggiunge Manuel. In realtà, non ha neppure troppo sonno, vuole soltanto defilarsi, salire al piano di sopra e dare una silenziosa buonanotte al suo ragazzo, tutto qui.

Quando entrambi stanno per congedarsi — Simone è già sulla soglia della porta, Manuel subito a seguire — quest'ultimo viene fermato dalla madre: «A che ora vorresti partì domani mattina?»

Non gli va davvero di parlarne, però non vuole essere scortese. In maniera impercettibile, fa cenno a Simone di andare pure, che tanto può sbrigarsela in fretta, e lui gli obbedisce.

«Uhm, boh, magari per le sette, dovrei farcela. Non me va di stare lì tanto, il tempo de firmà delle carte, recuperare delle cose e torno» spiega, in breve.

Anita beve un sorso di tisana e muove due passi in direzione del figlio. «Quindi, dopo 'sta firma, Nina non sarà più un problema.»

«Pregando tutti i Santi e le Madonne, sì. Non ne sentirò più parlare.»

A parte l'assegno mensile, ovviamente.

«Beh, ottimo. Un capitolo che si chiude.»

«Già.»

«E con Simone hai fatto pace, allora.»

Manuel rimembra la conversazione nel garage qualche giorno prima, la presupposizione della madre e dunque: «Non... non avevamo litigato.»

«Vi comportavate in modo strano prima, adesso no.»

«È stata una tua impressione.»

«Capita di discutere in famiglia, l'importante è risolvere.»

«Ma', non avemo litigato!» deve insistere e accenna una risata nervosa. «Ora se non te dispiace, vado a dormire altrimenti a Bolzano non c'arrivo.»

Anita si limita ad un sorriso prima di lasciarlo andare.

Di riflesso, Manuel tira un sospiro di sollievo, intanto che entra in casa. Si leva il giubbotto, sistemandolo sull'appendiabiti all'ingresso, deposita le chiavi nello svuotatasche e poi sale di fretta le scale.

L'unica luce accesa proviene dalla fessura sotto la porta della propria stanza, per cui non si premura di andare in quella accanto.

Difatti, quando spinge l'anta, trova Simone seduto sul bordo del letto, con ancora la giacca verde addosso.

Quest'ultimo si alza in piedi non appena lo vede. «Tutto okay?» chiede.

Manuel serra la porta alle proprie spalle. «Sì,» esclama «m'ha chiesto solo di domani, nulla di che.»

«Mh-m» Simone fa cenno d'assenso con il capo, intanto che si avvicina a passo lento all'altro e si ferma soltanto quando la distanza che li separa torna ad essere minima. «Senti, ma... ho letto da qualche parte che, di solito, se il primo appuntamento va bene, alla fine ci si bacia.»

«Hai... letto da qualche parte?»

«Sì, e sono sicuro di ricordare bene, insomma...» si indica una tempia con un dito «memoria fotografica, hai presente?»

«Ah, allora non può essere sbagliato.»

«Nessun margine di errore.»

Quella breve conversazione prosegue mentre loro due si avvicinano impercettibilmente e, alla fine, il bacio c'è sul serio: un delicato sfioramento delle labbra, un gesto dolce, romantico, ciò che conclude un appuntamento (uno vero).

Manuel appoggia un palmo sul lato del collo di Simone e riesce a premere un pollice sulla sua guancia. Si stacca poco dopo e deposita un secondo bacio sulla punta del suo naso.

«Così avemo rispettato le regole» soffia.

L'altro annuisce e sorride. Dopo indietreggia di mezzo passo. «Allora... buonanotte.»

«Buonanotte, piccolè.»

Non c'è bisogno di chiedere di dirlo, a Manuel viene fuori in maniera spontanea, mentre lo osserva arretrare ancora e, in seguito, uscire dalla stanza, chiudendo con lentezza la porta.

Sorride pure.

Sa che la notte che lo attende riuscirà a dormire, conscio di essere amato, visto e capito dal ragazzo nella stanza accanto.

Peccato per lui che il tempo non gioca a suo favore e la sveglia che ha puntato alle cinque e mezza suona presto e gli fa spalancare gli occhi.

Col senno di poi, avrebbe potuto partire il giorno prima e fare le cose con calma.

L'organizzazione non è il suo forte.

Per non abbandonarsi nuovamente nella culla del sonno, si dirige in bagno e si ficca sotto la doccia.

Nemmeno quella è una buona idea, considerando l'acqua calda che comincia a scorrere sulla sua pelle e potrebbe sul serio addormentarsi sotto a quel getto.

Socchiude gli occhi, buttando il capo all'indietro.

Tra il rumore dell'acqua che si infrange sul piatto di ceramica, il tenue vapore che ha riempito il minuscolo ambiente e le palpebre calate, Manuel si accorge che qualcuno lo ha raggiunto soltanto quando percepisce le sue dita affusolate sfiorargli i fianchi. Di riflesso, le proprie labbra si curvano verso l'alto.

«Perché sei sveglio?» chiede, in un soffio.

Simone preme il petto contro la sua schiena e da una simile posizione riesce a depositargli un bacio sulla spalla. «Perché starai via tre giorni, volevo salutarti bene» bisbiglia.

Manuel amplia il sorriso, intanto che, con lentezza, gira su sé stesso per essere faccia a faccia. Nota che i suoi capelli sono ancora asciutti, dunque ci passa una mano sopra e tra i ricci scompigliati, glieli tira all'indietro, scoprendogli la fronte.

La luce nel bagno è poca, il vapore che si è creato non aiuta a vedere bene. Tuttavia, i suoi tratti sono chiari ai propri occhi. «Mh-m, chissà come farò per tre lunghissimi giorni» borbotta.

«Ah, sprofonderai di sicuro in una crisi nera e profonda, cadrai in mille pezzi.»

Scherza, ma lui è abbastanza convinto che ci sia un fondo di verità. Si limita ad annuire, prima di baciarlo piano sulle labbra. Il getto d'acqua calda ricade su entrambi adesso. Sperano che esso sia sufficiente a coprire i rumori che producono — i leggeri gemiti, i sospiri sommessi.

«Mi chiami quando arrivi a Bolzano?» pigola Simone ad un tratto. La sicurezza che, di solito, contraddistingue ogni sua frase viene meno.

È la sua parte più fragile a parlare.

Intento a torturargli il collo con la bocca, tanto da lasciarci un segno, Manuel se ne accorge con qualche secondo di ritardo. «Pure prima» mormora ad un suo orecchio.

«E torni prima?»

Si scosta, così da poter vedere nuovamente il suo volto. A quanto pare, la cosa dell'essere a pezzi vale per entrambi. «So' tre giorni» dice, sottovoce «ma certo che se me sbrigo prima, torno al volo. Tanto co' la testa rimango qui.»

«Okay» il sorriso di Simone stavolta è storto e più spento.

C'è la foschia e l'acqua che scroscia, eppure Manuel lo realizza lo stesso. «Che c'è?» chiede, dunque.

«No, nulla.»

«Simó...» insiste. Gira appena la manopola della doccia, la temperatura sta salendo troppo.

L'altro scrolla le spalle. «Niente, cioè, vai nella sua vecchia città, dalla tua ex moglie...»

«Cose di cui non mi interessa minimamente» si affretta a precisare Manuel. «Le volte che ce semo urlati al telefono le hai sentite, mh?»

«Sì, certo, intendevo solo...»

Frena le sue parole con un rinnovato bacio, leggero e delicato. «Nina e Bolzano non rientrano assolutamente nei nostri problemi.»

Simone diventa appena rosso sulle guance. Non lo dice ad alta voce, ma di sicuro darebbe la colpa alla temperatura elevata. «Assolutamente» borbotta, sdrammatizza.

«Assolutamente» conferma Manuel. «E poi Roma è più bella.»

«Non ci vuole tanto.»

«Non in quel senso.»

«E in quale?»

«Beh, a Roma ce stai tu.»

All'udire quella frase, Simone ammutolisce. Si morde piano il labbro inferiore.

Manuel cerca di decifrare la sua espressione, si aspetta quasi una risposta piccata e ironica come "certo, lo so", la quale non arriva. Pensa persino di aver sbagliato ad esternare una simile confessione, forse un po' banale e sdolcinata, solo che gli è venuta fuori in maniera spontanea senza rifletterci.

Gli viene naturale essere sdolcinato con lui.

Schiude la bocca per poter aggiungere qualcosa, è interrotto prima proprio dall'altro che replica: «Sai, non... avevo in mente di fare cose sdolcinate quando mi sono spogliato e sono entrato nella doccia.»

«Oh... sì, scusa, stavo solo...»

«No, no, però va—va bene. Mi piace.»

«Ti piace?»

«Sì, cioè... magari non da zero a cento, ma a venti o trenta possiamo arrivarci.»

Non replica ulteriormente a tale frase, si limita ad annuire.

I baci ricominciano in quel momento, si fanno più intensi, più lunghi, nonostante le dita abbiano iniziato ad arricciarsi.

A nessuno dei due importa.

Permangono nel bagno, insieme, per i successivi quindici minuti — a toccarsi, sfiorarsi, abbracciarsi.

Poi Simone è il primo ad uscire dalla cabina vetrata, raccattare un asciugamano e abbandonare il luogo per permettere all'altro di finire di lavarsi e prepararsi.

A dire la verità, adesso la voglia di partire di Manuel si è quasi del tutto dissolta; non che prima ne avesse, ovvio, solo che ora è peggio.

Indossa qualcosa di comodo per il viaggio, un jeans e una felpa garzata celeste che ha comprato da poco. Indugia per un attimo di fronte ai completi giacca e cravatta appesi sulle grucce: non vede l'ora di darli via; ne terrà giusto un paio per le grandi occasioni.

Ha sentito che su Vinted può guadagnarci addirittura qualcosa.

Chissà.

Ad ogni modo, quando è pronto, scende al piano inferiore con in mano uno zaino dove ha ficcato due cambi e l'essenziale per stare via in quei pochi giorni. È presto, non si aspetta di trovare qualcuno, ma si sbaglia quando si accorge che, nella sala da pranzo, è già tutto pronto per la colazione.

Guarda l'orologio sul telefono e... in effetti, non è così presto. Si è alzato prima per nulla.

Beh, è stato più tempo con Simone, quindi ne è valsa comunque la pena.

«Buongiorno» dice alla madre, intenta a portare a tavola del pane che ha appena tostato. «Sei riuscita a dormire poi?» domanda. Appoggia lo zaino a terra, vicino allo stipite.

La donna gli rivolge uno sguardo distratto. «Sì, più o meno» replica. «Dai, siediti, mangia qualcosa prima di andare.»

Non ne ha voglia, Manuel, ad essere onesto, può mangiare qualcosa nel primo Autogrill. Poi ragiona che gli sfilerebbero minimo dieci euro per un cappuccino e una brioche... magari può fermarsi e approfittarne.

Annuisce e si siede al posto usuale. Versa del caffè in una tazza di ceramica verde e una seconda per Anita, la quale gli si accomoda davanti e «Grazie» borbotta.

La osserva bene, gli pare agitata per chissà che. «Tutto bene?» pone un nuovo quesito.

Lei sembra sentirlo con lieve ritardo. Sbatte le palpebre. «Come?»

Manuel accenna una risata priva d'entusiasmo. «Ho chiesto se va tutto bene, c'hai 'na faccia strana.»

«Ah, quello! No, no, è che se non dormo bene, poi tutta la giornata va uno schifo.»

«È successo qualcosa?»

Anita sospira e mette due cucchiaini di zucchero nel suo caffè. Scuote il capo. «No, solo qualche pensiero in più su delle cose, te l'ho detto. Passerà, basta dormire» taglia corto.

Conosce abbastanza la madre per sapere che c'è di sicuro un problema, un aspetto di una situazione che la turba e una parte di lui vorrebbe indagare, anche se forse non è il momento adatto.

Afferra un biscotto ai cereali dal barattolo in plastica trasparente, ne prende un morso.

«Che ci faceva Simone in camera tua ieri sera?»

Con quello stesso biscotto rischia di strozzarsi al cospetto del quesito che pone Anita. Finge un colpo di tosse e beve un sorso di caffè per camuffarlo. «Come?» replica. Spera di non essere troppo rosso in viso e di non avere qualche espressione strana stampata in viso.

La donna scrolla le spalle, gira la bevanda calda con lentezza. «Ieri stavo per tornare a letto, l'ho visto uscire da camera tua.»

Gli occhi di Manuel guizzano verso la porta, quasi a sperare che il ragazzo nominato faccia la sua comparsa e lo aiuti in quel pasticcio. Sta annaspando.

No, okay, non è niente, una domanda come tante.

Sospira. «Gli serviva il cavo del telefono» esclama. La trova un'ottima scusa.

«Sì? E tu eri nella sua la sera prima per...»

«Sempre il cavo, il suo si è rotto. Che è, un interrogatorio?»

«È solo per sapere! Perché ti agiti?»

Eh.

Va bene che Anita è curiosa di natura, ancora fruga nella propria stanza e ultimamente deve nascondere bene ogni cosa quando esce, ma...

Deve per forza credere che sia semplice curiosità e basta, niente di più, altrimenti significherebbe che la situazione sta andando dritta verso un'immane catastrofe e non può affrontarla sapendo che sarà via per qualche giorno.

«Ma chi se agita» borbotta.

«Tu, evidentemente! È solo 'na domanda. Guarda che a me fa piacere se andate d'accordo.»

«Infatti andiamo d'accordo.»

«Ed è un bene andare d'accordo tra fratelli!»

Quell'inciso non è necessario, loro due sono tutto tranne che fratelli, solo che ricorda che devono fare le cose un passo per volta e, per il momento, è ciò che devono far credere. «Sì, sì, certo» biascica, infine, e spera sia sufficiente a concludere il discorso.

Lo è, poiché Anita comincia a controllare le notizie sul sito dell'Ansa e, in seguito, le e-mail e non gli presta più attenzione.

Manuel ringrazia a mente. Finisce in fretta la colazione. Si alza e saluta la madre con «Meglio che m'avvio! Ciao, ma'!»

La vedere sollevare con distrazione il capo e «Dimmi quando arrivi» concludere, prima di tornare a focalizzarsi sullo schermo del telefono.

«Seh, certo. Ce sentiamo.»

Raccatta lo zaino e si accinge ad uscire di casa. Lancia un'ultima occhiata verso le scale intanto che apre la porta. Una parte di lui spera di vedere Simone in cima ai gradini, ma rammenta che si sono già salutati.

Può sopravvivere (forse).

Abbandona la Villa con un sospiro. Raggiunge l'Audi, sistema il piccolo bagaglio sui sedili posteriori e si mette alla guida.

Avrebbe usato Pegaso, però non è sicuro che avrebbe retto un viaggio così lungo, ha bisogno di ulteriori piccole riparazioni prima di ciò.

Un giorno, di sicuro, ci andrà ovunque.

Non deve impostare il navigatore per tornare a Bolzano, purtroppo la strada la conosce. Sistema lo stesso il telefono nell'apposito supporto, può essergli utile se durante il viaggio ha necessità di usare l'apparecchio.

È in quel momento che lo schermo si illumina e mostra delle nuove notifiche di WhatsApp. Sono tutte da parte del contatto Piccolè.

Clicca sopra i pop-up per scoprirne l'anteprima:

Roma sarà pure più bella perchè ci sono io
Però ha una luce diversa solo da quando ci sei tu

Lo so così sono arrivato ai 50

Forse pure 60-70

Aspetto la tua chiamata quando arrivi

Ps. Mandami foto (di te dopo la doccia sarebbe gradito)

Pps. Anche di altro genere

Ppps. Sto già facendo il conto alla rovescia per quando tornerai (okay siamo a 80 ora rallento)

Ciao😘

Un sorriso si dipinge sulle sue labbra. Di riflesso, lancia uno sguardo verso la Villa. Da una simile posizione non può vedere il balcone della stanza di Simone, purtroppo.

Riprende in mano lo smartphone per poter rispondere:

Basta non arrivare a cento, no?

Ps. Me lo annoto

Pps. La richiesta è reciproca

Ppps. Pure io

Ciao a te🥰

***

[Note autore:

Grazie per aver letto fin qui.

Dante ha visto la moto, Anita fa troppe domande...

Hanno capito qualcosa?

Verranno scoperti?

Alla prossima #tortini

Un bacio

Lilith.]

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro